giovedì 30 dicembre 2021

Tre donne nella Rivoluzione- Silvana Sonno






Tre donne nella Rivoluzione- Silvana Sonno, edizioni EraNuova. Un libro che ci parla dell'esperienza di vita ma anche emotiva di tre donne eccezionali che si sono trovate a vivere nello stesso periodo storico e ad affrontare gli stessi sconvolgimenti sociali e culturali e ai quali hanno risposto in modo diverso, personale ma con una sensibilità femminile che le accumunava come molto bene ha saputo mettere in luce l'autrice del libro, Silvana Sonno.
Marina Cvetaeva, Anna Achmàtova ed Alekandra Kollontaj due poete e un'attivista politica, diversa provenienza sociale eppure stesso bisogno di libertà, una libertà vista "libertà come responsabilità sociale" come sottolinea Silvana Sonno. Tre donne nella Rivoluzione, russa evidentemente, che la attraversano ognuna come può, ognuna per come é e per quello che può vivere, vedere, sopportare, nelle persecuzioni, nella povertà, nelle lontananze così come Alekandra invece nel pieno dell'appartenenza politica che però la vedrà comunque reietta e combattente all'opposizione. 

Storie che si incrociano nella loro umanità e verità di intenti, sempre in favore delle donne, tutte, ma che a loro volta diventano esempi per un presente che reclama ancora un' effettiva presenza femminile nella società nonostante le conquiste che nel tempo timidamente sono state accettate dalla società contemporanea, accettate poi fino ad un certo punto, un punto ben focalizzato nell'analisi di Silvana Sonno che rende queste protagoniste nostre contemporanee, combattenti dei nostri giorni e nostre madri putative quando rivendicano, ieri come sarebbe opportuno anche oggi,  una libertà delle donne accettata socialmente come parte fondante e normale. Ognuna di queste tre donne cerca, e ha cercato, una propria via che resta per tutte noi una strada a cui guardare cogliendo nei versi che ad esempio le poete Marina ed Anna ci hanno lasciato, non senza fatica- si pensi che una delle opere di Marina fu imparata a memoria dalle sue amiche per non disperderla visto l'impossibilità di poterla pubblicare-un approdo di un passato sì ma attuale più di quanto non si possa pensare, un legame che sembra remoto e lontano ma che grazie all'analisi di Silvana Sonno trova una visione utile ed interessante anche ai nostri giorni e che si arricchisce di altre personagge russe, coeve delle protagoniste del libro per ridarci uno scenario ricco di antenate a cui guardare.


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venerdì 24 dicembre 2021

mercoledì 8 dicembre 2021

Racconti di Natale- Marchesa Colombi





Racconti di Natale- Marchesa Colombi. Maria Antonietta Torriani, la futura Marchesa Colombi, é una donna dal temperamento vivace e curioso. E' intraprendente, quando arriva in giovane età a Milano da Novara, senza contatti e con una modesta somma di denaro si propone alle nascenti riviste, giornali e case editrici e non si fa problemi a regalare le sue composizioni pur di farle pubblicare e diventare nota né a riutilizzarle, modificate ad hoc. E' curiosa delle abitudini e della cultura altrui, pur da autodidatta, legge i grandi scrittori d'Oltralpe e soprattutto d'Oltremanica che sembra apprezzare notevolmente e che non mancherà dapprima di insegnarli come professoressa presso l'Istituto femminile da lei creato insieme ad Anna Maria Mozzoni a Milano, il liceo Maria Gaetana Agnesi, e in seguito di citarle nelle sue opere ormai come Marchesa Colombi.
Se é pur vero che fu attenta lettrice ed estimatrice di autorevoli firme straniere anche le sue opere videro continue ristampe e traduzioni in particolare in Inghilterra dove il suo stile sarcastico fu molto amato e paragonato a quello di Jane Austen.
La Marchesa Colombi se da una parte contribuiva ad una cultura italica di prima formazione con i suoi scritti improntati alla descrizione della condizione femminile con l'intento di migliorare gli aspetti quotidiani delle donne, ricordiamo che ad esempio il suo romanzo "In Risaia. Racconto di Natale" sulla vita delle mondine fu citato in Parlamento per denunciarne le difficili condizioni di lavoro, dall'altra attingeva anche alle tradizioni straniere come quella inglese del Christmas Book inventato da Charles Dickens proprio in quegli anni. La Marchesa Colombi non si sottrae ma anzi coglie l'occasione a sua volta largamente sfruttata dai primi editori italiani di partecipare, ormai in qualità di nota firma letteraria, a quella che qui prende il nome di Strenna di Natale.
Scrive così nel 1873 Racconti di Natale, una silloge di quattro racconti brevi molto diversi tra loro, ognuno con un chiaro scopo educativo rispetto ai lettori e soprattutto alle lettrici.
Il riferimento stilistico al padre della tradizione inglese del genere é presente ma si arricchisce di elementi propri dello stile "marchesiano" nonché verista. 
La produzione natalizia della Marchesa Colombi durerà un arco di dieci anni e rappresenterà quindi una parte importante della sua intera produzione letteraria. Oltre il libro Racconti di Natale scriverà infatti altri racconti brevi oltre a quelli dedicati all'infanzia. 

Racconti di Natale comprende, come originariamente pensato dalla Marchesa Colombi, quattro racconti: "Sogni dorati", "Carmen", "Chi prima non pensa in ultimo sospira" e "Cavar sangue da un muro" un racconto macabro che come racconto natalizio proprio non ci si aspetterebbe. Ma la caratteristica della produzione letteraria di Natale della Marchesa Colombi, come detto, ha delle sue specificità che se da una parte possono destabilizzare chi legge dall'altra danno conto dell'abilità e capacità produttiva del talento letterario della Marchesa Colombi sempre attenta alle tendenze sociali sia che riguardino la moda e i costumi, ricordiamo anche la sua attività di giornalista di costume, sia che interessino i gusti del pubblico. La così detta Strenna Natalizia fu infatti per la Marchesa Colombi l'occasione di cimentarsi in vari generi letterari dal patetico al noir dal macabro alla letteratura per l'infanzia. 
Racconti di Natale editi ora dalle Edizioni Croce, presentano anche altri brani natalizi come "Suor Maria", "il Curare" e il racconto per l'infanzia "Il Segreto" che vede come protagonista l'irrequieta Giorgina.
La vasta composizione natalizia viene in questa edizione infatti per la prima volta proposta in un'unica opera che vede appunto anche Racconti di Natale, ripubblicati dopo quasi centocinquanta anni per la prima volta. Come potete leggere nella nota introduttiva ho rielaborato il testo per rendere la lettura più fruibile ed agevole, alle lettrici e ai lettori di oggi, commutando vocaboli ormai in disuso e di difficile comprensione come ad esempio Carnovale o Candelliere e inserendo note per spiegare e chiarire termini per l'epoca ricercati e raffinati che invece sono ormai per noi termini acquisiti o completamente desueti e il cui significato si è perso. 

Quando i Racconti di Natale uscirono ebbero molte critiche positive ma anche negative rispetto proprio alle scelte linguistiche usate dalla Marchesa Colombi che oltre a dimostrare una grande dimestichezza con termini stranieri, largamente utilizzati nel testo, a volte peccava invece di ingenuità con espressioni italiane non sempre contestualizzate correttamente come quando usa "Arrivederci" al posto di "Ciao" (nel testo anche questo è stato corretto 😉). 
Nonostante però alcuni limiti linguistici, d'altronde l'Italia come nazione era appena nata e ancora da forgiarsi anche nella sua identità linguistica ben definita, la Marchesa Colombi fu molto apprezzata e addirittura definita dagli stessi critici 'La Carlo Dickens d' Italia'
In questi racconti inoltre si possono scoprire le tradizioni natalizie che erano assai diverse dalle nostre ma ben presenti anche all'epoca; in ogni regione c'era infatti un modo diverso di aspettare e vivere le festività in cui ancora non esisteva l'albero di Natale ma il Dono del ceppo, che vedeva un albero addobbato con i regali da donare e ricevere, doni  soprattutto di vestiario e pochi dolciumi, i chicchi, per i bambini. Non c'era ancora neanche Babbo Natale ma era Gesù bambino che portava i regali. Il panettone era una squisitezza sconosciuta alla maggior parte del popolo italiano ed aveva un significato simbolico riferito alla vita campestre... 
Non sappiamo bene quale sia stato l' animo natalizio della Marchesa Colombi visto le vicende private che l'hanno toccata, il suicidio della nipote, il divorzio dal marito e la mancanza di una sua prole ma molte storie nascevano proprio dagli incontri con i suoi nipoti a cui dobbiamo quindi la verve creatrice della Marchesa che evidentemente si divertiva a scrivere per le feste natalizie racconti per intrattenere la sua famiglia e che dovevano riscuotere molto apprezzamento se poi si sentiva di scriverne altri. 
Nella nota dedicatoria ai Racconti di Natale lei stessa scrivendo a suo zio Baldassarre Torelli, descrive i suoi Natali in famiglia, quelli della sua infanzia. Natali mesti che rieccheggiavano dei ricordi del suo padrino: "Ho serbato l'abitudine di famiglia di dare grande solennità a questa festa, di celebrarla con auguri e doni. Ma ne ho serbato pure quel senso di commozione e di raccoglimento che mi ispirava nella mia prima giovinezza".  Il Natale è quindi come per  ciascuna-o di noi una festa molto privata che le ricorda momenti familiari trascorsi con i suoi cari come ci racconta appunto nella dedica firmata esclusivamente e confidenzialmente solo come Maria. 
Lei stessa poi ci dà conto, sempre nella nota dedicatoria iniziale, dell'intento con cui ha scritto ogni racconto del libro.

Infine nell'aver curato questa raccolta, ma com visto anche riedizione, che comprende appunto Racconti di Natale e gli altri brani natalizi, la maggior parte della produzione natalizia della Marchesa Colombi, ho voluto analizzare al di là dello stile letterario, la volontà con cui la Marchesa Colombi anche nella sua produzione natalizia ha un chiaro obiettivo educatore nei confronti delle donne, nonché delle bambine, attraverso cui spera di cambiare la condizione femminile partendo dalla concezione che le donne stesse hanno della realtà in cui vivono e si trovano ad agire e che è data dai condizionamenti sociali a cui sono sottoposte. Questo facendoci incontrare protagoniste diverse accumunate dalla condizione patriarcale in cui vivono e da cui riescono o meno a sottrarsi.









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giovedì 18 novembre 2021

RECOVI-EW Roma

Locandina di RECOVI-EW Roma


RECOVI-EW Roma- La situazione economica e lavorativa delle donne in Italia non è mai stata particolarmente semplice né favorevole. Come sappiamo le cariche pubbliche non erano accessibili fino al 1963 quando con Legge n.63 si sancì l'ammissione della donna ai pubblici uffici e alle libere professioni dopo che Rosanna Oliva de Conciliis  fece ricorso quando scoprì, dopo la laurea in giurisprudenza, che non avrebbe potuto fare il concorso in magistratura in quanto donna.
Ed é solo di qualche settimana fa l'approvazione in Parlamento della legge per equiparare gli stipendi delle donne a quelli degli uomini come già succede in altri paesi da anni per colmare il gender pay gap, anche se dovrebbe essere la normalità.
Una disparità economica che ha una pesante ripercussione sulle vite quotidiane delle donne e della collettività e un riflesso inevitabile sulle retribuzioni pensionistiche.
Questa situazione già complicata é stata aggravata dall'avvento pandemico che a livello lavorativo ha colpito soprattutto le donne le quali sono state le prime a pagare la crisi dovuta al Covid-19.
Sono state infatti le donne a perdere per prime il lavoro quando hanno dovuto seguire le proprie figlie e i propri figli in dad a casa, quando i datori e datrici di lavoro hanno dovuto ridimensionare il personale in mancanza di richiesta. Questa è la situazione che i dati da più parti ci dicono. La crisi dovuta al Covid-19 è gravata in modo preponderante soprattutto sulle donne.
Eppure "l'economia delle donne" é una risorsa ed é per questo che RECOVI-EW (Restarting the Economy after Covid-19 throught the Empowerment of Women) vuole "valorizzare il contributo imprescindibile alla ripresa delle donne e delle ragazze", proprio loro saranno il motore per ripartire dopo la crisi portata dal Covid-19. Quattro Hackathon in quattro città diverse, l'ultima venerdì 20 novembre a Roma. Tanti le e gli ospiti che animeranno con i loro interventi questa tappa che si basa su quattro pilastri dell'incontro di Roma alla Fondazione De Gasperi ( e online): Giovani, STEM, Sicurezza, Giustizia.
Modererà l'incontro il giornalista della Rai-Tg 1 Paolo di Giannantonio, interverranno:
Monica Lucarelli- Assessora Pari Opportunità del Comune di Roma,
Cristiana Carletti -Università Roma Tre;
Irma Conti- Donne Giuriste Italiane;
Veronique Sainte-Luce - WFP;
Consuelo Lollobrigida- University of Arkansas Rome Program;
Maria Giovanna De Vivo- Inps;
Maria Grazia Ponunzi- Aidos;
Irene Fellin- Wiis Italia;
Rappresentante USA in Italia.

Special Guess: Michela Murgia.

Con il patrocinio della missione USA in Italia  e il W20- Italia.
Comitato organizzatore:
Pierfrancesco Torrisi
Raffaella Patino
Martina Improta 

Il programma completo su:
www.recoview.it/programma-roma-19-novembre-2021/

Ci si può registrare e seguire l'evento al link:
http://docs.google.com/forms/d/1uHz6cXBPe9alQyQThzt4H1TWZRs3PrQx7kuSDcxiRLs/viewform?edit_requested=true







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giovedì 11 novembre 2021

Berthe Morisot. Le luci, le ombre- Adriana Assini




Berthe Morisot. Le luci, le ombre
Adriana Assini
Scrittura&Scritture





Berthe Morisot. Le luci, le ombre- Adriana Assini. Chi fu la più nota pittrice impressionista, tra gli impressionisti? Adriana Assini ne delinea le caratteristiche intime quelle di un carattere a volte indecifrabile, complesso, introverso con il sacro fuoco della pittura, eppure grazie al racconto di Assini, Berthe Morisot ci appare così coinvolgente, accessibile nei suoi pensieri e nelle sue voglie che convogliano sempre lì alla pittura, spauracchio della madre, soprattutto, che la vorrebbe ben maritata o comunque sistemata come si confà ad una donna nella Francia del XIX secolo.
Ma Berthe è "selvaggia" frequenta altri pittori più o meno apprezzati, più o meno risolti e come uomini e come artisti e con lei anche chi legge ha il privilegio di ascoltare i discorsi di Degas, Renoir, Monet, Pissarro, Manet...Assini infatti ci prende per mano e ci trasporta in una Parigi di fine ottocento tra le mura dei cafè, tra le scaramucce degli artisti e delle loro modelle ma anche tra il sangue dei vinti e la bagarre dei vincitori quando Thiers riprende il potere dopo l'esperienza della Comune così come tra i negozi dei primi grandi magazzini.
E sopra a tutto c'è lei, Berthe Morisot che con il suo carattere sornione, provocatorio e deciso sa solo che ciò che vuole è dipingere. 
Adriana Assini, sulla base di una grande ricerca storica ed artistica- che le appartiene in quanto apprezzata acquarellista- mai esibita ma che risalta dall'accuratezza dei dettagli e dai riferimenti, ci accompagna in una Parigi di fin de siècle dove una donna con l'arte sacra della pittura vuole perseguire il suo sogno, dare modo alla sua indole indomita e plasmata solo dalla pittura di darle forma e colore. Granitica e perseverante Berthe Morisot persegue la sua strada, una strada fatta di luci e ombre come quelle che ci vogliono per dipingere ma anche come quelle del suo carattere così enigmatico, dei chiari e scuri vividamente impressi nero su bianco da Adriana Assini in questo romanzo che non lascia dubbi né ombre: un viaggio in compagnia di Berthe Morisot, e dei suoi numerosi compagni di vita, che non si vorrebbe far finire.

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Berthe Morisot. Le luci, le ombre
Adriana Assini
ed. Scrittura&Scritture
2021
pagg. 223






  
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lunedì 18 ottobre 2021

AIWAC Annual International Women in Arts Conference



Dal 20 al 22 ottobre si terrà the First AIWAC Annual International Women Arts Conference a Roma e online. 
Qui il post dedicato a
 Consuelo Lollobrigida
La Conferenza, organizzata dall'Università dell'Arkansas di Roma, e curata dalla Professoressa di Storia dell'arte Consuelo Lollobrigida, mira a porre in luce le numerose donne che hanno, in ogni epoca, dato il loro contributo negli ambiti culturali del loro tempo e della loro società.  Molte anche le istituzioni partner dell'evento internazionale che con il loro prestigioso supporto partecipano alla Conferenza come la Fondazione Marisa Bellisario, L'EIIS European Institute for Innovation and Sustainability, l'American Academy in Rome, AACUPI Association for American College and University Programs in Italy, Donne in Vite. 

Qui il post su Giovanna Murano
Una rivalutazione del ruolo femminile che guarda anche le nuove tecnologie di ricerca messe in luce dalle numerose studiose che da ogni parte del mondo, in presenza o in collegamento, illustreranno i loro studi, tra di loro Adelina Modesti, Alexandra Massini, Elisabeth Lev, Lucia Calzona, Nadette Xuereb, Laia Moner Manonelles, Debra DeWitte, Giovanna Murano. Gli ambiti che verranno presi in esame sono quelli dell'architettura, delle arti visive e della letteratura nell'età moderna e contemporanea. Si parlerà delle donne patrone delle arti, delle donne "di bottega" ma anche delle artiste come Lavinia Fontana. 

Si partirà dal modulo letterario, il 20. Ci sarò anche io con l'intervento su 'L'educazione femminile nelle opere della Marchesa Colombi'. 



Per seguire la Conferenza basta registrarsi qui:












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lunedì 11 ottobre 2021

Il Global Gender Gap e il mito dei Paesi Nordici- Francesca Vitelli


Il Global Gender Gap e il mito dei Paesi Nordici

di Francesca Vitelli 

Presidente di EnterprisinGirls, Associazione nazionale di imprenditrici e libere professioniste

 

L’ Islanda va alle urne e - per una manciata di ore - sembra che il numero delle elette superi quello degli eletti, poi il riconteggio dei voti ridimensiona il numero e le donne elette tornano ad essere meno degli uomini, di poco, lo stacco è minimo. Ma se i risultati avessero mostrato una maggioranza di donne elette cosa sarebbe cambiato? Il Global Gender Gap elaborato dal World Economic Forum vede, nel 2021, al primo posto l'Islanda seguita dalla Finlandia. Per trovare l'Italia bisogna far precipitare il cursore lungo la colonna giù fino al 63simo posto. Il mito dei Paesi nordici lo abbiamo coltivato leggendo - negli anni - le statistiche, era un po’ come lo scudetto del campionato calcistico, si sapeva già chi lo avrebbe vinto, se la battevano in pochi.  Fondamentale è partire da un assunto: il Global Gender Gap si propone di stilare una classifica dei Paesi in base alla parità di condizione tra gli uomini e le donne e non di porre in cima quelli in cui le donne vivono meglio. Sembra scontato, basta leggere dice qualcuno, ma non lo è, ribadirlo aiuta a focalizzare l’argomento. Altrettanto importante è tener presente che stiamo leggendo una elaborazione basata su dati forniti dai singoli Stati che scelgono i loro set di indicatori, le modalità di rilevazione, di trattamento e di analisi dei dati, le fondamenta della costruzione sono, pertanto, poggiate su un terreno scivoloso perché eterogeneo. Il sistema, inoltre, è regolato dall’attribuzione di punteggi che risulta penalizzante per alcune nazioni, è il caso dell’Italia dove il maggior numero di ragazze laureate - in tempi brevi e con ottimi risultati – non può spostare la bilancia più di un tot facendo da contrappeso alla scarsa presenza di donne in ruoli istituzionali.

Il terreno scelto dal World Economic Forum è suddiviso in aree di indagine chiamate dimensioni latenti composte da indicatori elementari. Le dimensioni latenti sono: partecipazione e opportunità economiche, educazione – nel senso inglese del termine quindi istruzione, salute e presenza nell’agone politico. È tanto evidente, a guardar bene, la scivolosità, che simulando un ricalcolo che tenga presente alcune delle eterogeneità il risultato scompiglia la classifica. I numeri, le statistiche, vanno interpretate e la ricerca sul campo - arricchita dal confronto con i soggetti che vi operano - aiuta a comprendere. In Islanda e Finlandia c'è il maggior numero di donne elette e questo le fa svettare in cima però... però vanno considerati altri indicatori - come i contratti di lavoro atipici e il ricorso al part time, i percorsi e le progressioni di carriera, i casi di violenza domestica, la presenza di migranti - e non bisogna dimenticare la ponderazione rispetto alla popolazione. Già la popolazione, l’Islanda ha 369.000 abitanti, la Finlandia 5.538.000[1] e l’Italia 59.258.000 [2].

Di ritorno da un seminario tenutosi ad Helsinki, nell’ambito di un progetto Erasmus sullo scambio di buone prassi in materia di parità di genere, una domanda mi si è parata innanzi: data l'alta percentuale di donne che ricoprono ruoli istituzionali e la contenuta numerosità della popolazione non dovremmo, in Finlandia, aspettarci una maggior capacità di incisività da parte delle donne nelle politica? Non dovremmo trovarci di fronte a un mercato del lavoro caratterizzato da minor segregazione - verticale e orizzontale - femminile?  

Se hai la possibilità di scendere in campo ad osservare, ascoltare, intervistare e approfondire puoi scoprire dinamiche, caratteristiche e monoliticità che aiutano a comprendere. Incontrare alcune delle attrici istituzionali  - e non -  dell’ambito del mercato del lavoro, dell’associazionismo, del supporto ai migranti, dell’assistenza alle vittime di violenza domestica di Finlandia, Italia, Francia, Romania e Olanda ha significato aggiungere una lente attraverso la quale guardare al campionato del Global Gender Gap, campionato che ha l’indubbio merito di aver posto sul tavolo la parità di genere intesa come driver di sviluppo. Non è cosa da donne, è roba economica. Parlarne significa ragionare su punti di PIL. 

Ho deciso, perciò, nelle mie giornate finlandesi di tracciare un ideale perimetro dato dal rapporto tra l’estensione territoriale[3] e la popolosità entro il quale considerare variabili chiave come la legislazione vigente nei settori d’interesse, il livello di infrastrutturazione del territorio, la natura e la misura dello sviluppo delle aree metropolitane e di quelle periferiche, la tipologia di servizi sociali, la presenza di soggetti del Terzo settore, la mobilità sociale e il/i modello culturale prevalente di riferimento.

Allontanando il punto d’osservazione, inserendo una lente altra di lettura e ascoltando le esperienze concrete la fotografia è cambiata, la classifica si è rimescolata e se non vinciamo la coppa, per quanto mi riguarda, non meritiamo neanche il 63esimo posto. Questo non vuol dire che in Italia abbiamo raggiunto la parità di genere, il traguardo rimane lontano, ma ci sono aspetti sui quali non siamo così indietro come si potrebbe pensare guardando la classifica. Penso, ad esempio, all’obbligo dell’adozione del bilancio di genere[4], alla vivacità del dibattito sul linguaggio di genere, al proliferare di iniziative e la nascita di comitati, associazioni e organismi informali che approfondiscono e divulgano aspetti legati al dibattito di genere e alla collettiva, meticolosa, attenta opera di “scavo” che scrittrici, giornaliste, ricercatrici e cultrici della materia stanno compiendo per riportare alla luce la vita e la storia di donne sepolte sotto la polvere dei secoli. Scienziate, musiciste, compositrici, pittrici, scultrici, danzatrici, atlete, architette, poete, scrittrici, drammaturghe, giornaliste, esploratrici, botaniche, inventrici, attiviste politiche, amministratrici della giustizia, filosofe, astronome, matematiche, guerriere e donne che - in ogni ambito e settore - hanno compiuto scelte coraggiose e contro corrente sostenute dalla tenacia e la determinazione stanno emergendo dall’oblio in cui erano state relegate. C’è una pattuglia di donne competenti che impegna tempo, energia e risorse per restituire memoria e dignità ad altre donne. A questo pensavo quando in aereo ritornavo dal Nord Europa. Abbiamo molto lavoro da fare ma tante sono le persone, le idee e i progetti in movimento. La parità di genere è un percorso da fare insieme con tutte/i coloro che vogliono partecipare a un processo di cambiamento culturale, un processo dinamico che richiede tempo, pazienza, costanza, competenza, passione e concretezza.

 

 



[1] Fonte: GlobalGeografia.com

[2] Fonte: ISTAT

[3] 102.775 Km², 338.462 Km²,Italia 302.067,75 Km²,

[4] introdotto con la legge n. 15 del 2014 era già stato introdotto in Puglia con la legge Regionale per le pari opportunità n. 7 del 21/03/2007 "Norme per le politiche di genere e i servizi di conciliazione vita-lavoro in Puglia"

 

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lunedì 27 settembre 2021

Paolina Leopardi Ultima Parte- Leggere tradurre scrivere, una ragione di vita


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Paolina Leopardi Ultima Parte- Leggere tradurre scrivere, una ragione di vita




PAOLINA LEOPARDI
di
ELISABETTA BENUCCI




L’atto del tradurre innalzò la sua passione su una soglia di consapevolezza, di difesa dall’incantamento passivo. Fu grazie alla traduzione e alla sorvegliata scrittura delle lettere, che Paolina si sottrasse all’effetto incantatorio delle avventure e delle descrizioni dei romanzi.

Paolina si indirizzò quindi verso il porto relativamente sicuro dell’attività di traduzione, la quale diventò il mezzo per non rinunciare, a dispetto della sua identità di donna, ai piaceri della scrittura, alle sue possibilità di svago e conforto. Rispetto alla semplice lettura, infatti, la traduzione, che spesso è resa volontariamente “infedele” rispetto al testo di partenza, le offriva una straordinaria opportunità espressiva: nella scelta dei testi e delle parole la traduttrice aveva modo di comunicare al pubblico di lettori il proprio mondo interiore, rompendo il muro di solitudine e di isolamento nel quale si trovava confinata. Ognuna delle tre opere riproposte più oltre, che Paolina Leopardi, con poca considerazione di se stessa, diceva di aver semplicemente tradotto dal francese, svela innovazioni, motivi e finalità molto diversi da quello che può apparire a una rapida e superficiale lettura.

«Vedi meglio di me ch’io non merito verun elogio per la traduzione dell’operetta di Maistre, essa indica soltanto che ho molto ozio, e che Nobili ha voluto stamparla: il libro nel suo originale è graziosissimo, vorrei che si potesse dir lo stesso nella lingua nostra», scriveva il 7 dicembre 1834 a Marianna Brighenti, alla quale un esemplare era stato inviato dall’editore. Era un modo per schernirsi, impossibilitata ad ammettere che quella versione dal francese era molto di più di una traduzione; era invece una scrittura creativa che prendeva le mosse da un testo che tanto le si attagliava.

Quando nel 1835 cessò il lavoro per la rivista paterna, Paolina non volle rinunciare a questa occupazione che le riempiva la vita. Non voleva ritornare alla routine di un’esistenza senza luce, inghiottita dagli obblighi di sempre. Determinata a continuare i suoi studi e i suoi impegni letterari, riuscì a crearsi una fitta rete di collaborazioni, entrando in contatto con le redazioni di vari giornali. Intensificò così la sua attività di traduttrice freelance, spedendo articoli, oltre che alla «Voce della Verità» e all’«Amico della gioventù» che si stampavano a Modena, a tanti altri periodici, in primo luogo alle gazzette di Bologna, Genova, Milano e Venezia, oltre che al giornale «Il Cattolico di Lugano. Alla fine i suoi scritti ammontarono a più di 450 titoli, dei quali almeno 304 videro la luce nella «La Voce della Verità». Se poi si considera che per «La Voce della Ragione» aveva tradotto e pubblicato ben 227 articoli, più quelli, dei quali conosciamo l’esistenza ma che non videro la luce, possiamo dire che la contessa si sia cimentata in circa un migliaio di testi brevi. Le traduzioni edite e inedite di Paolina erano talmente tante che Monaldo pensò di proporle al tipografo-editore Geminiano Vincenzi di Modena per dar vita a una pubblicazione periodica, «un tometto al mese», che raccogliesse le traduzioni inedite della figlia. Ma Vincenzi dopo qualche esitazione rifiuterà.

Nonostante che la trattativa con Vincenzi non fosse andata in porto, Paolina continuò a dedicarsi alla sua occupazione preferita che, dal 1832 al 1842, quando uscì a Loreto la traduzione La Conversione di Alfonso Maria Ratisbonne esposta da lui medesimo, le aveva permesso di manifestare il suo attivismo, le sue idee, i suoi gusti. Soprattutto leggere, tradurre e scrivere avevano contribuito a sedare quella sete di conoscenza che, oltre a farle conquistare un patrimonio intellettuale sempre più considerevole, l’avevano spinta a tenersi aggiornata sulle voci del mondo letterario europeo, in massima parte francese, quasi identificando in esse la parola magica che le permettesse di uscire dall’isolamento di Recanati.

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lunedì 20 settembre 2021

Paolina Leopardi XI parte- La letteratura di viaggio e le traduzioni

Continua dal post precedente
Paolina Leopardi XI Parte- La letteratura di viaggio e  le traduzioni



PAOLINA LEOPARDI
di
ELISABETTA BENUCCI

Nella formazione culturale di Paolina, grande rilevanza ebbero anche i libri e le relazioni di viaggio. La passione di Paolina per i testi di viaggio era nata tra le mura del suo palazzo, dove sia Monaldo che Giacomo erano particolarmente interessati a quel genere letterario. La libreria di casa Leopardi, non dissimile in questo da altre biblioteche marchigiane, era ricca di libri di viaggio classici e moderni, indigeni ed esotici, ingenui e sentimentali; c’erano guide per il viaggiatore e descrizioni anche fantastiche di paesi lontani. D’altronde c’era in Giacomo, ma anche in Monaldo e nella stessa Paolina, un forte desiderio di viaggio, o di immaginazione del viaggio. Paolina aveva così a disposizione descrizioni di tutto il mondo: non solo delle aree europee, in particolare della Francia, della Svizzera, dell’Inghilterra, della Germania, della Spagna, del Portogallo e della Russia, ma anche di quelle extra europee, quali il Nord America, la Cina, il Giappone, la Nuova Zelanda, l’Egitto, la Persia, l’Alasca. Non mancavano poi i testi di geografia, né le carte geografiche, sulle quali spesso Paolina passava il tempo a tracciare gli itinerari dei suoi ipotetici viaggi. All’amica Marianna Brighenti, che si trovava in tournée in Portogallo, Paolina confidava il 2 febbraio 1837 il suo desiderio di vedere il mondo, «come le ghiacciaie della Svizzera, il cielo di Napoli, un’aurora boreale e Pietroburgo», ma soprattutto rivelava la disperazione che l’assaliva nel leggere le descrizioni di luoghi che lei non avrebbe mai potuto raggiungere.

La decisione di Paolina di servirsi delle traduzioni per esprimere le sue idee, i suoi gusti e i suoi sentimenti potrebbe essere interpretata come una conseguenza della rinuncia alla scrittura creativa, per la quale sentiva di non possedere competenze e autorità necessarie. A dimostrazione di ciò sta il carattere delle sue traduzioni: quando le fu possibile, libri e articoli non furono scelti mai a caso o per ragioni diverse da quella di una loro corrispondenza con particolari contenuti del suo animo e del suo pensiero. La contessa Leopardi, insomma, affidò agli scrittori che scelse di tradurre la responsabilità di giudizi e sentimenti che sentiva appartenerle. Del resto, la rassegnazione di Paolina al modello di comportamento familiare e al «sistema di vita incominciato da sua madre», comportava anche una svalutazione delle proprie capacità di letterata, incapace lei per prima di prenderle sul serio, come confidava in una lettera all’amica Marianna Brighenti, nel febbraio 1842: «In quanto poi a quello che dici ch’io debbo scrivere e non rimanere oziosa, io ti darei ragione se potessi. Ma so ben io quanto valgo, e so bene che non è in mio potere di lasciare dopo di me un nome non indegno di associarsi a quello del nostro Giacomo».

Paolina dunque non fu solo una avidissima lettrice di romanzi che la facevano sognare. Fu lei stessa raffinata traduttrice/interprete, se non di romanzi veri e propri, di due forme particolari del romanzesco: il Viaggio notturno intorno alla mia camera di Xavier de Maistre e una vita di Mozart.

L’eccezionalità di questi scritti sta anche nel fatto che il Viaggio notturno è la prima traduzione italiana del testo di de Maistre, mentre Mozart risulta essere una delle primissime opere biografiche sul famoso musicista scritte nella nostra lingua. Senz’altro Paolina Leopardi è stata la prima donna a cimentarsi con la vita dello straordinario musicista austriaco ed è questa operetta il suo capolavoro.

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lunedì 6 settembre 2021

Paolina Leopardi X Parte- La passione per la lettura e i classici francesi

Continua dal post precedente
Paolina Leopardi X Parte- La passione per la letteratura e i classici francesi





PAOLINA LEOPARDI 
di
ELISABETTA BENUCCI


Paolina o la passione della lettura e della scrittura


Scrisse molto, moltissimo Paolina. Si può dire che trascorse la sua lunga vita con la penna in mano, vergando giorno e notte lettere, biglietti, appunti, traduzioni, testi originali. Conservava tutti gli scritti, tranne le lettere ricevute che distruggeva subito, per timore che i genitori le potessero leggere.

Con i suoi voluminosi appunti, mise insieme un vero e proprio zibaldone, simile a quello del fratello Giacomo. In pagine di piccolo formato, con una grafia chiara e priva di sbavature, Paolina era solita trascrivere brani, tratti principalmente da libri o da recensioni su periodici. Il suo zibaldone, però, a differenza di quello ben più famoso del fratello, non contiene riflessioni o considerazioni personali, ma solo trascrizioni, come era d’altronde uso comune all’epoca. Alla fine di ogni anno con precisione quasi maniacale Paolina faceva rilegare personalmente quelle pagine piene di appunti in graziosi volumetti, dalla copertina in carta marmorizzata: i tanti volumetti vanno dal 1823 al 1869, anno della sua morte.

La pratica della scrittura nasceva essenzialmente da quella che era la sua occupazione preferita e irrinunciabile: la lettura. Confesserà un giorno di aver letto più di duemila volumi, con quello spirito meravigliosamente letterario che la spingeva a dichiararsi «affamata di libri». Paolina era infatti un’appassionata lettrice: di giornali, di periodici, ma soprattutto di romanzi.

Un’occupazione che la emozionava e che le permetteva di interrompere la disperante ripetizione dei soliti gesti quotidiani. Nei suoi pensieri arrivavano i riflessi di altre vite, delle vite che animavano quelle storie; e quel romanzesco entrava, attraverso le ore di lettura, nella sua immaginazione. Un’altra piccola biblioteca, contigua e contrapposta a quella paterna, prendeva forma con libri di piccolo formato, con «libri moderni», cioè con i romanzi, che Paolina riusciva a procurarsi tra mille difficoltà.

Tra i titoli delle opere lette che Paolina registrò nel suo zibaldone ci sono i nomi di tanti autori contemporanei: Victor Hugo, Honoré de Balzac, George Sand, Alexandre Dumas, Gustave Flaubert. Un posto speciale era riservato anche ai testi di altri importanti autori stranieri, da Shakespeare a Goethe, da Scott a Cooper e a Swift.

Paolina amava oltremodo le opere francesi, che leggeva in lingua originale. Oltre Corinne, il famosissimo romanzo di Madame de Staël, Paolina predilesse gli scritti di Stendhal, in particolare le Promenades dans Rome. Continuò nel tempo ad amare le opere dello scrittore d’oltralpe, delle quali nel suo zibaldone ne ricorderà la lettura: in data 1843 annoterà il titolo delle Promenades dans Rome (probabilmente una seconda lettura), nel 1851 de Le Rouge et le Noir, negli anni 1858-1859 de La Chartreuse de Parme e nel 1867 della Correspondance inédite; quest’ultimo testo riporta l’annotazione in francese, autografa di Paolina, «Naples, 5 avril 1867»: l’acquisto dunque risaliva al viaggio che ella fece nella città partenopea per visitare la tomba del fratello. 

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lunedì 30 agosto 2021

Paolina Leopardi IX parte- Gli ultimi giorni di Paolina

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Paolina Leopardi IX Parte- Gli ultimi giorni di Paolina





PAOLINA LEOPARDI
di 
ELISABETTA BENUCCI

Un po’ di serenità familiare arrivò nel 1867, quando i due nipoti presero moglie, a breve distanza l’uno dall’altro. Luigi fu il primo a unirsi in matrimonio, l’ 11 aprile, con la ventenne Giuditta Bovari (nata nel 1847), dalla quale ebbe sei figli. Nell’ inverno, il 7 novembre, Giacomo junior celebrò le nozze con la nobildonna ventunenne Sofia Bruschetti  (1848-1929): dalla loro unione nacquero otto figli.

Il 1868, invece, non fu un anno favorevole per Paolina. Aveva sofferto molto per motivi di salute, in particolare per una malattia ai bronchi. Per questo, in data 3 aprile 1868, aveva dettato il suo testamento: alla sua morte, il nipote Luigi avrebbe ereditato le sue sostanze, mentre Giacomo junior sarebbe stato l’erede universale del patrimonio di Monaldo.

Hotel Victoria di Pisa sul Lungarno, oggi.
A dicembre del 1868, sempre sulla scia dei ricordi del fratello Giacomo, decise di trascorrere l’inverno a Pisa, luogo anche più adatto alla sua malferma salute per il clima meno rigido. Prese alloggio sul Lungarno, presso l’Albergo Reale della Vittoria (oggi  Royal Victoria Hotel ). Nella città toscana, Paolina trascorse giornate piacevolissime con molti amici e conoscenti, in particolare con il letterato Felice Tribolati, che l’accompagnava spesso a soirées teatrali. Incontrerà anche Teresa Lucignani (1807-1897), che nel 1828 aveva conosciuto il fratello Giacomo.

Il 27 febbraio 1869, di ritorno da una gita dall’amata e mai dimenticata Firenze, Paolina si ammalò gravemente, forse per il troppo freddo. Il 13 marzo morì, con il conforto della cognata Teresa, accorsa da Recanati al suo capezzale. I sacramenti le furono somministrati da padre Everardo Micheli. Dopo alcuni giorni, le spoglie di Paolina furono ricondotte nel paese natale per essere tumulate nella chiesa di Santa Maria Varano, dove erano sepolti tutti i Leopardi, tranne Giacomo.

Teresa e Carlo vollero che sulla tomba fosse posta questa epigrafe:


Paolina Leopardi

nata in Recanati il 10 ottobre 1800

morta in Pisa il 13 marzo 1869

volle essere qui ricondotta

a dormire fra i suoi cari

anima dolce

Teresa tua

che corse per trovarsi alla tua partenza

e Carlo

che per ultimo nominasti

posero questo segno di una memoria

che durerà in loro quanto la vita


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