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lunedì 23 settembre 2019

Victoria Claflin Woodhull broker editorialista e prima candidata alla Casa Bianca



Victoria Claflin Woodhull illustrata
come candidata alla Casa Bianca






Almanacco del 23 settembre:




Oggi ancora è una realtà vista solo nella fiction “Una donna alla Casa Bianca" (Commander in Chief) con Geena Davis ma più di un secolo fa era ritenuto un qualcosa di auspicabile, proponibile e realizzabile nonostante le donne americane non avessero neanche il diritto di voto.

Incarnò questo “sogno americano” del XIX secolo Victoria Woodhull Claflin nata il 23 settembre 1838 in Ohio nella città di Homer.






I primi anni della vita di Victoria Claflin sono poco conosciuti e difficilmente rintracciabili. Nata da una famiglia di proprietari di mulino, ricevette un’istruzione poco continuativa alla chiesa metodista della città ma quando l’attività legata al mulino venne meno per un incendio che lo distrusse la famiglia perdette tutto e fu costretta a lasciare la città di Homer decidendo di creare una compagnia nomade di chiaroveggenza e guaritori incoraggiando le doti paranormali che la madre di Victoria sosteneva di avere.


All’età circa di 14 anni Victoria sposò quello che sarà il suo primo marito il medico Canning Woodhull con cui ebbe due figli: il primogenito Byron, disabile, e la figlia Zulu ma dopo numerose relazioni extraconiugali del marito che aveva anche dipendenze dall'alcol, nel 1865 divorziò diventando libera di sposare il colonnello ed eroe della guerra civile, James Harvey Blood con il quale rimase dieci anni e dal quale non ebbe figli ma lo vide al suo fianco nelle battaglie più importanti come quella per il suffragio femminile.
Infatti nel 1868 i due e la sorella di lei, Tennessee, si trasferirono a New York dove stavano nascendo i primi movimenti sociali in favore dei diritti civili e politici in seguito alla guerra civile che aveva emancipato gli schiavi. Da questa realtà infatti le donne mossero le prime rimostranze per rivendicare la loro importanza nella società alla quale non corrispondeva una loro rappresentanza politica.


Grazie all'aiuto di uno dei personaggi più influenti a New York, il magnate Cornelius Vanderbilt, Victoria riuscì in una serie di operazioni speculative nel mercato dell’oro e così insieme alla sorella Tennessee nel 1869 fu in grado di aprire la prima società femminile di agenti di borsa a Wall Street, la “Woodhull Claflin & Co. Bankers and Brokers”. Viste come le regine della finanza, il loro successo fu salutato con entusiasmo e visto, con le parole di Susan B. Anthony nel 1870, come ‘una nuova fase della questione dei diritti delle donne’.


Con quegli stessi introiti aprirono un loro giornale il settimanale “Woodhull and Claflin Weekly” nel 1870 che si occupava appunto di tematiche legate al voto alle donne, al raggiungimento dell’uguaglianza, all'occupazione femminile, al controllo delle nascite ma anche di temi legati al loro lato più anticonformista e stravagante che in qualche modo aveva da sempre riguardato il loro stile di vita come il libero amore, l’educazione sessuale, l’uguaglianza sessuale, la legalizzazione della prostituzione, l’abolizione della proprietà privata. Temi quest’ultimi che suscitarono non poco scandalo e le valsero gli attacchi dei non riformisti per tanti anni, epiteti come "Strega impudente" "vile carcerata" e addirittura dipinta e letteralmente raffigurata come un demonio sulla rivista Harper’s Weekly.

Victoria Claflin
 caricatura di Thomas Nast 1872.
Ma la loro attività procedeva spedita grazie comunque al successo che i loro articoli avevano sia quando si occupavano del diritto di voto delle donne sia quando denunciavano frodi fiscali, così che le maggiori agenzie di broker e banche non mancavano di acquistare spazi pubblicitari sulle prime pagine del loro giornale.
E a loro e al loro giornale è dovuto tra l’altro la prima traduzione ed edizione negli USA, del “Manifesto del Partito Comunista” di Karl Marx, uscito nel numero 30 del 1871 che non mancò anch'esso di produrre scandalo.
Nello stesso anno Victoria fu la prima donna che si presentò davanti alla Commissione Giudiziaria della Camera dei Rappresentanti per reclamare il suffragio femminile poiché nessun articolo della Costituzione negava formalmente alle donne il voto.


Durante il suo soggiorno a New York conobbe numerosi personaggi che l’aiutarono ad introdursi nei movimenti per i diritti delle donne e per i quali molto spesso teneva discorsi pubblici e conferenze per riuscire ad interessare anche il Congresso su questo tema. Fu l’unica dopo Elisabeth C. Stanton ad indirizzare una petizione sulla questione direttamente al Congresso, guadagnando pagine intere sui giornali dell’epoca che la raffiguravano mentre declamava le sue argomentazioni in favore delle donne, ribattezzandola come la regina delle tribune, una tra le più abili avvocate delle donne, piena di originalità e potere. I suoi sostenitori spaziavano dalle suffragiste come Elisabeth Cady Stanton, Lucretia Mott, ai riformatori liberali, ai pacifisti, agli spiritisti come il Congressista Benjamin F. Butler e Stephen Pearl Andrews grazie al quale entrò nel gruppo socialista chiamato Pantarchy che auspicava il libero amore, l’abolizione della proprietà privata in favore di una condivisione della proprietà e una responsabilità comunitaria dei bambini.
Qui puoi leggere il post su
Elisabeth C. Stanton 
e
Susan B. Antonhy
Continuò comunque in modo tenace la sua attività in favore della condizione femminile in particolar modo per il suffragio femminile, così nel 1871 tenne una sua deposizione sull'argomento di fronte al Comitato Giuridico; il discorso, scritto insieme al deputato Benjamin Butler, sosteneva il diritto di voto delle donne in base al tredicesimo e quattordicesimo emendamento della Costituzione americana che lo prevedeva per tutti i cittadini, poiché: “le donne erano uguali di fronte alla legge, e lo erano quindi rispetto anche a tutti gli altri diritti”.
Questo discorso le valse l’ammirazione della National Woman Suffrage Association, NWSA, che cominciò a promuoverla quale sua figura di spicco nei discorsi pubblici in favore del voto alle donne e la volle per l’apertura del Terzo Congresso del NWSA a Washington.
Tuttavia molte attiviste dell’associazione non furono così contente di essere rappresentate da una donna così 'scandalosa' che predicava anche il libero amore, la legalizzazione della prostituzione e altre tematiche ad esse legate.
Tra i più accaniti detrattori della Woodhull c’era il reverendo Henry Beecher che cominciò una forte azione di demolizione della reputazione della candidata alla rappresentanza femminile all’interno dell’associazione.
Nonostante però le numerose critiche Victoria fu nomiata da un gruppo isolato del NWSA alla Presidenza del partito per l’uguaglianza dei diritti: l’ Equal Rights Party che nel 1872 la candidò alla Presidenza degli Stati Uniti d’ America per acclamazione con 1500 voti di uomini e donne: liberali, suffragiste, pacifisti, internazionalisti...

In questo periodo però si intensificarono gli attacchi alla sua vita privata, demonizzata quale donna dissoluta, fu più volte denunciata per immoralità, questo causò a lei e alla sua famiglia problemi finanziari che portarono anche alla sospensione della pubblicazione del settimanale da lei creato. Probabilmente stanca della situazione creatasi, rivelò più volte in pubblico la relazione extra coniugale che il reverendo Beecher ebbe con la moglie di un altro suo grande detrattore l’editore, nonché autore di una biografia a lei dedicata, Theodore Tilton, accusandolo esplicitamente di ipocrisia e doppia morale. Non contenta pubblicò parte della notizia sul numero del Weekly.
Questo però portò all'arresto suo e della sorella per aver distribuito materiale osceno proprio nel giorno in cui si tennero le votazioni presidenziali per le quali Victoria pur concorrendo non ebbe la possibilità di farsi campagna elettorale e non ricevette quindi neanche un voto.


Nel 1876 divorziò anche dal secondo marito e terminò definitivamente anche la pubblicazione del Weekly.  Tentò invano di impugnare il testamento di Cornellius e poi Victoria, i figli e la sorella si trasferirono in Inghilterra dove si risposò con il facoltoso banchiere John Biddulph Martin.
Qui usando il suo nuovo nome da sposata, Victoria Woodhull Martin scrisse altre opere insieme alla sorella che nel frattempo sposò Lord Francis Cook.
Tornò solo saltuariamente negli Stati Uniti e nel 1892 fu di nuovo nominata come candidata alla Casa Bianca per il Humanitarian Party.


Nel 1895 fondò un nuovo giornale l’ Humanitarian insieme alla figlia Zulu, aprì una scuola e una fiera agricola. Si interessò al movimento per il suffragio femminile in Inghilterra promosso da Emmeline Pankhurst e a varie cause umanitarie. Morì in Inghilterra nel 1927 a Londra.
Qui puoi leggere il post su
Emmeline Pankhurst


Il suo esempio di donna manager, broker, editorialista nonché prima  candidata alla Presidenza degli Stati Uniti, di donna che lottò per rivendicare la libertà all'autodeterminazione della sua vita e al diritto di tutte le donne di votare e di esprimersi per i propri diritti è stato alla base delle future richieste di rivalsa a noi più vicine anche se ne abbiamo perso, anche solo in parte, la memoria e forse per questo ancora in parte stiamo in attesa che si realizzino.

Negli ultimi anni infatti l'esempio di Victoria e di sua sorella Tennessee è stato accostato da qualcuno al movimento del metoo grazie alla loro storia e soprattutto per il loro esempio nel denunciare gli abusi e la doppia morale del reverendo Beecher, come ebbe a dire Victoria nel suo discorso alla Steinway Hall di New York nel 1871 "La verità vi renderà libere"1 .














1 N. Katz, "Outrages: the Victoria Woodhull Saga 2: Fame, Infamy and Paradise Lost", LLC, New York, 2018.








COPYRIGHT dei contenuti dove non diversamente specificato

lunedì 30 ottobre 2017

Margaret Fuller- L'uomo contro gli uomini. La donna contro le donne. La grande causa.






L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La Grande Causa di Margaret Fuller ha un formato molto curato, si presenta come un libretto ma lo è tuttavia solo nell'aspetto, racchiude infatti un grande testo dai contenuti dirompenti, oggi e ancor di più allora, nell'800, stupefacentemente moderni tanto che alcune sue prospettive sono ancora lontane dall'essere recepite ed applicate.

Questo testo è qui tradotto, con molta cura e attenzione anche al lessico di genere, da Giuseppe Sofo, per la prima volta in italiano.
Qui puoi leggere il post sul film
Il testo è l'insieme delle lezioni che Fuller tenne a Boston nella libreria di Elisabeth Peabody tra il 1839-44 alle bostoniane (vi ricordate? Ne abbiamo parlato con questo film); stampate sul giornale trascendentalista The Dial nel 1943 e poi pubblicate in un unico volume nel 1845 con il titolo di “Woman of the Nineteenth Century” che in poche settimane le regalò il meritato successo editoriale.
Questo suo scritto, basato appunto sulle lezioni bostoniane, diventerà un testo di riferimento anche per Elisabeth Cady Stanton e compagne, alla base del Congresso di Seneca Fall del 1849.

E' considerato quindi il primo manifesto femminista americano. Un manifesto che a tutt'oggi presenta aspetti ancora attuali per le tematiche e gli spunti di riflessione e indagine che è in grado di suscitare.



Margaret Fuller analizza sì la condizione femminile, e non solo di quella statunitense ma anche di quella europea e dell'antichità, ricavandone non tanto i motivi culturali di assoggettamento, quanto le misure con le quali questa situazione può, e deve, evolversi affinché le donne stesse siano in grado di emanciparsi.

Quella di cui parla Fuller non è tuttavia una lotta da intraprendere contro il nemico- uomo ma bensì una crescita personale che la donna deve fare, un continuo lavoro da fare con se stesse per acquisire fiducia personale nelle proprie capacità, una presa di coscienza della donna: “la società dovrà essere educata e modificata da chi parla con autorità, non con rabbia e fretta1.

Fuller quindi auspica un'emancipazione della donna non con modalità violente, rabbiose ma con la fermezza di chi ha chiaro chi è e cosa vuole né dal voler però essere come un uomo “Se fossero libere (le donne), da sviluppare a pieno la forza e la bellezza propria delle donne, non desidererebbero mai essere uomini o come gli uomini"2.

La vera difficoltà secondo Margaret è proprio come arrivare a questo obiettivo: “la difficoltà sta nel portare al punto di sviluppare naturalmente il rispetto di se stesse e la domanda è come ottenere questo risultato3.



Le donne infatti “nella schiavitù, la schiavitù riconosciuta, le donne sono alla pari con gli uomini4 la donna è schiava quindi al pari dell'uomo ma perciò “come l'amico dell'uomo nero ritiene che un uomo non possa tenere un altro in prigionia, l'amico della donna dovrebbe ritenere che l'uomo non può per diritto, porre restrizioni alla donna neanche se con buone intenzioni5.

Fuller ritiene quindi che la donna si trovi nella stessa condizione di schiavitù che condiziona l'esistenza dei neri e delle nere e auspica una liberazione per entrambi, alle donne augura “di crescere come essere, di percepire come intelletto, di vivere liberamente come anima e, una volta priva di impedimenti, di sfruttare a pieno le facoltà che le furono assegnate6. E incalza “le donne devono smetterla di rivolgere agli uomini le loro richieste e di essere influenzate da loro, ma ritirarsi in se stesse, ed esplorare le fondamenta dell'esistenza finché non trovano il loro segreto originale. Allora quando riemergeranno, rinnovate e battezzate, sapranno come trasformare i rifiuti in oro7 quindi “lasciate che si liberi dalla pressione delle altre menti e che mediti in una solitudine illibata8.




La grandezza del suo pensiero investe però anche l'uomo perché come visto per Margaret Fuller l'uomo non è un nemico ma piuttosto un compagno che è anch'esso condizionato e limitato “anch'essi subiscono il giogo della schiavitù dell'abitudine9 infatti, continua “si può dire che neanche l'uomo abbia una vera opportunità, le sue energie sono represse e distorte dall'intervento di ostacoli artificiali ma egli ha creato da solo quegli ostacoli10 perchè se è vero che “per quanto compiuta solo in maniera imperfetta, (l'idea dell'uomo) lo è stata comunque molto più dell'idea della donna...11.


Analizza il matrimonio e delinea vari tipi di rapporti familiari presenti e auspicabili tra uomo e donna, fino a regalarci una sorprendente analisi sulla natura stessa del maschile e del femminile che risulta più moderna della concezione che é attualmente percepita o considerata.

Quindi la donna ma anche l'uomo devono evolversi in un continuo miglioramento di se stessi, da qui il titolo dell'opera, alla ricerca delle proprie inclinazioni e coltivando l'intelletto in una costante ricerca personale, un percorso che porta alla vera realizzazione personale ed intellettuale di ogni anima, esplicitata nella libertà, così che “il Divino ascenderebbe nella natura a un'altezza ignota per la storia delle epoche passate...per generare un'incantevole armonia12, “ci sarebbe armonia nella varietà, accordo nella differenza13.

Margaret Fuller d'altronde non voleva altro se non che la donna camminasse da sola “evitando di prendere cammini che non siano rischiarati dai suoi raggi. La vorrei libera dal compromesso, dalla compiacenza, dall'impotenza, perchè la vorrei abbastanza capace e forte da amare un essere e tutti gli esseri, nella pienezza e non nella povertà dell'esistenza14.

Vedeva un mondo in cui “ogni barriera fosse abbattuta. Vorremmo che ogni strada, ogni percorso, fosse libero e aperto per la donna quanto lo è per l'uomo15 perchè infatti “quando gli uomini cominciano a rendersi conto che non tutti gli uomini hanno avuto le stesse opportunità, essi sono propensi a dire che nessuna donna ha avuto una vera opportunità16.


L'autrice Margaret Fuller: Nell'introduzione, affidata a Maristella Lippolis troviamo delineata la figura di questa straordinaria donna, straordinaria perché quello che fece nella sua vita, e forse anche come finirla, lo scelse lei.

Il ritratto, appassionato e affettuoso, che ci regala Lippolis delinea una donna che ha lottato per scegliere e che rivendica la stessa libertà di scelta per ogni donna. Rifiuta infatti il ruolo di brava donna di casa perché ama lo studio e la letteratura e quando rimane orfana di padre, ed è l'unica a poter provvedere ai suoi fratelli e a sua madre, diventa maestra e insegna ad altre donne nella scuola di Almos Bronson Alcott, il papà di Louisa May Alcott, ma le continue aspettative che sua madre le addossa la spingono ancora di più a cercare una sua realizzazione personale, dopo anni di aiuti alla famiglia.
Viaggia e lascia i suoi ricordi in un'opera per la quale entra nelle sale della Biblioteca di Harvard, prima volta per una donna, e si documenta sui libri di viaggio.
Negli anni 1840 abbraccia a Boston la fede trascendentalista e diventa redattrice del suo organo di stampa, il giornale The Deal per il quale pubblica numerosi contributi tra cui quello che sarà la base del suo grande successo “Women of the Nineteeth Century” in cui teorizza l'autodeterminazione femminile17. Un concetto anche oggi assai lontano dal realizzarsi. In poche settimane l'opera è esaurita e deve essere ristampate più e più volte.

Margaret viene incaricata dal New York Tribune di occuparsi di cronaca e inchieste, diventando la prima giornalista a mantenersi con il proprio lavoro. Viene nominata reporter estera, prima donna, e mandata a Londra, Parigi dove diventerà amica di Mazzini e poi a Roma allo scoppio della rivoluzione del '48.
A questa sua esperienza dobbiamo ciò che ci rimane delle cronache di quei giorni concitati, di lotte e sangue che devastarono Roma.

Ma proprio in questi giorni di violenza e morte Margaret invece conosce l'amore, l'aristocratico Angelo Ossoli che rinnegando le sue radici aristocratiche aveva scelto di far parte della Guardia civile e difendere la Repubblica. Dalla loro unione nasce Angelino e forse si sposano ma i continui scontri rendono chiaro che ormai la Repubblica non sopravvive e avendo anche difficoltà economiche, i due decidono di imbarcarsi per gli Stati Uniti. Lascia quindi la direzione dell'ospedale Fatebenifratelli di Roma a cui era stata nominata da Mazzini stesso e da Cristina di Belgioioso.

Con il marito e il figlio si imbarca quindi verso la sua patria natìa ma il destino non è affatto clemente e la nave commerciale sulla quale avevano rimediato un passaggio ben più economico delle navi di linea, a pochi metri dal porto di New York, affonda dopo essersi incagliato.

Annega così Margaret Fuller a poche onde dall'approdo, dalla salvezza, ingoiata dalle acque di un oceano che non lasciano scampo neanche a suo marito e a suo figlio, né all'ultima sua creatura: Le Cronache Romane.
Muore a quarant'anni, vittima di un destino che l'ha resa grande, indimenticabile e nonostante tutto comunque padrona del suo destino se, come raccontano alcuni testimoni, negli ultimi momenti della sua vita rimase bloccata come colta da rassegnazione e d'altronde essa stessa più volte appellandosi alle altre donne, sosteneva che era un impegno di tutte quello di impegnarsi ciascuna per la propria parte; e la sua, lei, la fece egregiamente:
Quante volte ancora dovrò raccontare su questo fatto, se vivrò ancora, cosa che non desidero affatto poiché sono molto stanca di battermi contro ingiustizie enormi; desidererei invece che qualche altra donna più giovane e forte di me si facesse avanti per dire ciò che andrebbe detto, o meglio ancora per fare ciò che andrebbe fatto18...

Note
__________________________________

1Margaret Fuller, L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La Grande Causa, a cura di Maristella Lippolis, traduzione di Giuseppe Sofo, Ortica editrice, 2016, pag.89.
2Pag. 76.
3Pag. 61.
4Pag. 76.
5Ibidem.
6Pag.57.
7Pag. 119.
8Pag.120.
9Pag. 118.
10Pag. 67.
11Pag. 43.
12Pag. 56.
13Pag. 71.
14Pagg. 117-118
15Pag. 56.
16Pag. 43.
17Pag. 10.
18Pag. 17.





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giovedì 17 agosto 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #42


# 42 The Help




L'attualità internazionale è focalizzata sui recenti avvenimenti razzisti di Charlottesville a cui OG vuole rispondere con il film di questa settimana. Infatti OG vi propone una commedia, dai temi però seri, del 2011 basata sul romanzo, best seller, di Kathryn Stockett, e che vede protagoniste Jessica Chastain ed Emma Stone.
Vincitore di un Oscar come miglior attrice non protagonista, questo film non ha ottenuto molta visibilità in Italia, invece meriterebbe di essere conosciuto e visto.

Trama:
Mississipi anni '60 una giovane ragazza (Emma Stone) sogna di diventare scrittrice e cogliendo ispirazione dal suo quotidiano decide di scrivere un libro su come le donne di colore, le domestiche delle borghesi mamme di famiglia bianca, concepiscono la loro condizione. Chiede aiuto alla domestica interpretata da Octavia Spencer (premio Oscar come miglior attrice non protagonista) a cui si aggiungeranno mano a mano altre colf decise ad aiutare la giovane nel suo intento anche perché si scopre che la ragazza è stata cresciuta dalla sua Tata di colore a cui in questo modo vuole dare atto dei bei momenti e dei valori che le ha trasmesso rispetto ad una madre scostante attenta solo alle apparenze.
Quando il libro uscirà, farà scandalo tra le benestanti signore “per bene” della borghesia americana.

Scelto perché:
Questo film ci permette di entrare in un'ottica diversa, duplice facendoci vedere una condizione femminile duale, quella delle donne sì ma che hanno un 'handicap' in più, quello del colore della pelle che le ha condizionate da sempre rendendole per forza delle domestiche di signore bianche di famiglie “per bene” ma proprio in quegli stessi anni ('60) Betty Friedman scriverà analizzando proprio la condizione di quella classe borghese femminile che apparentemente sembra essere appagata, sembra avere tutto, essere benestante e libera ma che è in realtà succube di altrettanti condizionamenti sociali di cui le donne “bianche” stesse non sono consapevoli, la “mistica della femminilità” come la definì Friedman.
Queste donne vengono meno anche alle femministe, suffragette, della così detta “prima ondata” che a fine '800 appoggiavano le rivendicazioni razziali per scoprire che le loro stesse, seppur bianche, non avevano diritti, come Lucretia Mott o Elisabeth Cady Stanton.
Un film commedia quindi che però propone un tema serio che dà vari spunti di riflessione e che andrebbe fatto conoscere e vedere.

Titolo: The Help
Nazionalità: USA, Emirati Arabi Uniti, India
Anno: 2011
Durata: 146 min
Regia: Tate Taylor

Cast: Emma Stone, Jessica Chastain, Octavia Spencer




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mercoledì 19 aprile 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #25




Vanessa Redgrave è Olive, suffragetta bostoniana.
credits: screenshot by Opportunità di GenereOG
in base all'art.70  Legge sulla protezione del diritto d'autore 633/41
 e successive modifiche.



#25  Le Bostoniane 



Il film di questa settimana ci porta a Boston alla fine del 1800 ispirato al romanzo di Henry James da prima pubblicato a puntate su un giornale del 1885 e l'anno seguente edito in un unico libro ma in tre volumi con il titolo “Le Bostoniane” che narra le vicende del movimento suffragista di Boston.

La trasposizione cinematografica è del 1984, la regia è di James Ivory e la co-protagonista, Vanessa Redgrave, fu nominata agli Oscar e ai Golden Globe del 1985 come miglior attrice protagonista.



Trama:

Nella Boston di fine 1800 la rivalsa del movimento femminista sui diritti delle donne è ormai una realtà che interessa tutti gli Stati membri dell'unione e a Boston è ben radicato grazie a donne facoltose che non solo sostengono la "causa" ma che partecipano anche attivamente a far conoscere e radicare il movimento con sempre più sostenitori.
Tra le nuove leve si distingue una giovane ragazza, Verina,  figlia di un guaritore, che viene subito presa nelle grazie della guida del movimento bostoniano, Olive il cui cugino in visita da New York ma proveniente dal sud tradizionalista, l'avvocato Ranson, si intromette nel rapporto tra la giovane Verina e Olive che cerca di istruirla alla causa per il voto alle donne.
Olive decide quindi di prendere le distanze dal suo aitante ma retrogrado cugino che manifesta disapprovazione per le rivendicazioni femministe, così come per la abolizione della schiavitù nel sud del paese, e i due cominciano a contendersi la giovane promessa femminista. 
Verina va a stare a casa di Olivia dove viene istruita secondo le sue raccomandazioni per fare di lei una nuova figura carismatica per il movimento in grado di scuotere l'interesse e l'azione di molti altri cittadini americani, Verina infatti è eloquente e molto graziosa e aggraziata ma per gli stessi motivi il cugino di Olive cerca invece di corteggiarla e allontanarla dalla causa femminista per sposarla.
Olive porta Verina con se' ai raduni di altre suffragiste e con lei spera di creare un movimento sempre più forte e ampio grazie all'appoggio e al confronto con altre veterane come Miss Birdseye, compagna niente meno di Susan B. Anthony, Elisabeth Cady Stanton e Lucretia Mott.
Ma Verina comincia a vacillare quando rivede il cugino di Olive che non ha smesso di cercarla e quando essa stessa confesserà ad Olivia il suo turbamento e difficoltà nell'andare avanti come se lo facesse solo perché incoraggiata dalla stessa Olivia, Verina le chiede di aiutarla a scappare dai suoi stessi sentimenti. Così la giovane femminista in erba sparisce anche perché il grande giorno è arrivato: la Conferenza al Music Hall di New York dove ha già molti proseliti e che la consacrerà una guida non solo per il movimento bostoniano ma per tutta la causa nazionale.

La sera del comizio però tra il pubblico c'è anche Mister Ranson che dopo non poche difficoltà riesce a parlare con Verina che si rende conto che probabilmente il suo amato ha ragione lei fa tutto questo solo per compiacere Olive, suo padre e tutte le altre a cui vuole bene ma lei non è così coinvolta e che quello che le diceva invece Olive che i suoi tentennamenti erano solo l'effetto della sua troppa esposizione alle critiche e ai giudizi maschili non era vero.
I due amanti allora si allontanano dal teatro nascondendosi tra la folla che stanca di aspettare l'orazione di Verina ha intanto iniziato ad abbandonare la Hall.
A questo punto quando tutto sembra perduto però prende la parola la stessa Olive che ormai si sente pronta a prendere lei le redini della rivendicazione  femminile dimostrando doti d'eloquenza perfino maggiori di quelle di Verina che infatti entusiasmano l'intero uditorio.


Scelto perché: Questo film è stato scelto per la trama ma anche perché già dal suo titolo tradisce il maschile-neutrale ancora saldamente intatto negli anni' 80 dello scorso secolo in cui a quei tempi gli Women's Studies erano appena arrivati in Italia, fu tradotto infatti in italiano come “I Bostoniani” ma è chiaro dalla trama che sarebbe stato meglio e più pertinente la traduzione di “Le Bostoniane”.
Il gruppo bostoniano di suffragette:
Olive, Verina e Miss Birdseye

credits: screenshot by Opportunità di GenereOG
in base all'art.70  Legge sulla protezione del diritto d'autore 633/41
 e successive modifiche.
La trama attraverso le vicende di Verina e Olivia rimanda alle vicende e ai personaggi reali del movimento suffragista statunitense e alla situazione storica del periodo in cui lo stesso romanzo, da cui è stato tratto, è stato scritto regalandoci una prospettiva realistica di come vivevano e agivano le appartenenti al movimento femminista del calare del XX secolo.
Olive dapprima fervida sostenitrice della rivendicazione femminile non è pronta però a scendere in prima fila ma grazie all'esperienza che fa attraverso Verina, è capace di superare i suoi stessi limiti e timori così mentre Verina invece non riesce e crolla accettando la proposta di matrimonio di Ranson, Olive invece cresce fino a sentirsi sicura di esporsi e lottare in prima fila.
A differenza del romanzo in cui l'autore esplicitamente condanna la scelta che Verina fa di lasciare il movimento per sposarsi con l'avvocato perché se ne pentirà presto, il film sembra concludersi con la sconfitta del movimento per l'abbandono di Verina il cui prossimo pentimento non è prospettato ma in realtà rilancia un messaggio più grande e cioè che il movimento femminista non ha bisogno di una voce unica ma è un' unica voce che farà sentire “il grido delle donne presenti, passate e future”.

Titolo: Le Bostoniane
Titolo Originale: The Bostonians
Nazionalità: USA\UK
Durata: 122 min.
Anno: 1984
Regia: James Ivory
Sceneggiatura: Ruth Prawer Jhabvala
Cast: Vanessa Redgrave, Madeleine Potter, Christopher Reeve




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