Questo testo ebbi modo di scriverlo per un Istituto di ricerca privato con cui collaboravo e i cui risultati di ricerca ebbi modo di presentarli al CNR dove frequentavo il Corso di Alta formazione in "Cooperazione internazionale, diritti umani e condizione femminile" nel 2007.
Nonostante siano passati un pò di anni ho voluto condividere questa mia ricerca perché penso sia ancora purtroppo attuale e sempre utile in quanto ripercorre il cammino istituzionale che ha portato ad una sensibilizzazione governativa e popolare sul tema della violenza maschile sulle donne.
Nonostante siano passati un pò di anni ho voluto condividere questa mia ricerca perché penso sia ancora purtroppo attuale e sempre utile in quanto ripercorre il cammino istituzionale che ha portato ad una sensibilizzazione governativa e popolare sul tema della violenza maschile sulle donne.
Per ragioni di scorrevolezza del testo, il contribuito è stato suddiviso in vari post a seconda dell'argomento.
Buona lettura
Dalla
Conferenza di Pechino alle azioni pratiche
di
Silvia Palandri
La
Conferenza di Pechino
In seguito alle
efferate violazioni della dignità umana verificatesi nel secondo
conflitto mondiale, si sentì la necessità di riaffermare a livello
internazionale la centralità dei diritti umani.
Furono così create
la Commissione per i Diritti Umani e una Sotto-Commissione sullo
Status delle Donne (CSW) il cui mandato prevedeva, tra l’altro, la
facoltà di elaborare Raccomandazioni riguardo i vari aspetti della
vita femminile che richiedevano di essere tutelati con lo scopo di
sviluppare il principio secondo cui gli uomini e le donne godono di
pari diritti. La Commissione promosse varie Convenzioni per la
salvaguardia dei diritti delle donne e approdò, nel 1967, alla
Dichiarazione per l’Eliminazione delle Discriminazioni contro le
Donne, anche se purtroppo non erano vincolanti per gli Stati che le
sottoscrivevano.
Pochi anni più
tardi quindi, la Commissione decise di adottare un testo che fosse
normativo, la Convenzione per l’Eliminazione di tutte le Forme di
Discriminazione contro le Donne (CEDAW) che fu emanata nel 1979 e che
entrò in vigore solo nel 1981 dopo la ratifica dei primi 20 Stati.
Negli stessi anni si
assiste ad una progressiva attuazione di diverse iniziative
internazionali in favore delle donne tra cui la convocazione della
Prima Conferenza Mondiale delle Donne di Mexico City nel 1975 e la
contemporanea proclamazione del successivo Decennio della Donna con
un Piano d’Azione che prevedeva una seconda Conferenza mondiale a
Copenaghen per il 1980. In quest’ultima occasione si decise poi di
tenere una terza conferenza mondiale delle donne a Nairobi nel 1985 a
conclusione del Decennio dedicato alla Donna da parte delle Nazioni
Unite. Nel 1995 si tiene a Pechino la IV Conferenza delle Donne.
Sulla base dei principi dettati dalla precedente Conferenza Mondiale
sui Diritti Umani di Vienna (1993), in cui per la prima volta si
parla espressamente di violenza contro le donne e se ne sottolinea lo
stretto legame con la violazione dei diritti umani in quanto la
violenza annulla o pregiudica il godimento di tali diritti e libertà
da parte delle donne che la subiscono.
Nel
corso del dibattito si dichiara inoltre che le pratiche tradizionali
che violano i diritti delle donne devono, non solo essere proibite ma
definitivamente eliminate, così come tutte le forme di violenza
legate all’estremismo religioso ma non solo, anche queste
espressamente indicate come tali per la prima volta.
Nel seguente
follow-up di Pechino
questi temi saranno ripresi e sviluppati nel documento finale in cui
si riafferma che la violenza contro le donne, sia che si verifichi
nella vita privata sia che si verifichi in quella pubblica, rientra
nelle violazioni dei diritti umani e gli Stati hanno quindi l’obbligo
di prevenire, indagare e punire tali atti nonché fornire tutta la
protezione necessaria alle vittime. Gli stessi Stati s’impegnano a
considerare tutte le forme di violenza perpetrate a danno delle donne
e delle bambine quali atti penali e come tali punibili, compresa
qualsiasi forma di discriminazione, concepita anch’essa quindi
quale forma di violenza.
Vengono
anche riconosciuti come tali, per la prima volta, delitti orribili, e
come tali da perseguire, i così detti delitti “d’onore”,
quelli passionali e le deturpazioni fisiche causate con l’acido.
Ma
la Piattaforma di Pechino rileva, e mette in evidenza, anche un altro
fattore estremamente importante: l’ inesistenza di dati e ricerche
che indaghino sul fenomeno della violenza contro le donne ed invita,
quindi, allo studio ed alla diffusione di ricerche indirizzate ad
analizzare le diverse forme di violenza, in modo particolare quella
domestica, così da poter conoscere e soprattutto contrastare questo
fenomeno con programmi di intervento specifici.