Di donne mecenate nella Storia,
soprattutto antica e moderna, non ne sono rimaste tracce evidenti se non le poche
privilegiate come ad esempio Isabella d’Este, Caterina de’Medici, Lucrezia Borgia, Isabella Gonzaga prima o Caterina II e Felicita Bevilacqua in seguito.
Eppure esempi di donne anche in epoca più contemporanea che
hanno valorizzato l’arte nelle sue forme ce ne sono state di importanti per la
cultura del proprio paese e per l’intero patrimonio umano, la più nota, forse,
Peggy Guggenheim. Con il suo amore per l’arte e la novità è riuscita a
collezionare opere d’arte ancor prima che fossero ritenute tali, a scoprire e
valorizzare artisti sconosciuti come Pollock rendendolo un artista quotato e
richiesto dai collezionisti e musei di tutto il mondo. Ancor di più fece
Johanna Van Gogh, non molti sanno infatti che la fama e notorietà di uno dei
più importanti e valutati artisti dei nostri tempi, Vincent Van Gogh, deve
tutto questo alla cognata.
Una volta rimasta vedova infatti, ereditando tutta la collezione dal marito
Theo, Johanna si rese conto del talento di Vincent e cominciò a promuoverlo.
Tornata in Olanda quando il marito era già molto malato, alla morte di lui apre
una pensione e recuperate le tele del cognato dalla Francia, le espone nella
sua locanda; è già un primo passo per farle conoscere ma non basta…
Comincia a leggere le lettere che i due fratelli si erano scritti nel tempo, cogliendo i suggerimenti che Vincent stesso dà a Theo: poche mostre e vendere solo il necessario. I primi risultati arrivano presto, Maus le propone una prima mostra a Bruxelles dove però i quadri sono stroncati senza pietà. Ma Johanna non si arrende e cerca nuove opportunità: piccole gallerie, critici d’arte aperti al nuovo, piccole mostre, nuove amicizie artistiche e così piano piano, ispirata da una frase letta in un giornale femminista che spronava a ricercare un successo lungo ma duraturo piuttosto di uno veloce ma fugace, Johanna non si scoraggia ed ecco che mano a mano le mostre si moltiplicano, le recensioni si animano, i Musei chiamano e l’arte di Vincent Van Gogh si impone al mondo.
Comincia a leggere le lettere che i due fratelli si erano scritti nel tempo, cogliendo i suggerimenti che Vincent stesso dà a Theo: poche mostre e vendere solo il necessario. I primi risultati arrivano presto, Maus le propone una prima mostra a Bruxelles dove però i quadri sono stroncati senza pietà. Ma Johanna non si arrende e cerca nuove opportunità: piccole gallerie, critici d’arte aperti al nuovo, piccole mostre, nuove amicizie artistiche e così piano piano, ispirata da una frase letta in un giornale femminista che spronava a ricercare un successo lungo ma duraturo piuttosto di uno veloce ma fugace, Johanna non si scoraggia ed ecco che mano a mano le mostre si moltiplicano, le recensioni si animano, i Musei chiamano e l’arte di Vincent Van Gogh si impone al mondo.
Una storia analoga tutta italiana, ma solo per i protagonisti
e non per l’arte che rimane patrimonio internazionale, è quella che vede da
oltre trent’anni il lavoro di recupero, archivio, tutela e esposizione delle
opere di Franco Gentilini da parte di sua moglie Luciana. Ultima sua iniziativa
è la mostra che si svolge a Pontassieve dal titolo “Franco Gentilini- Opere della collezione di Luciana Gentilini” fino
ai primi di marzo.
Alcune analogie abbiamo detto con Johanna Van Gogh, soprattutto nell’impegno e
nella riuscita promozionale dell’arte dei loro cari ma le similitudini
finiscono qui, perché quando Franco Gentilini scompare è già un artista molto
noto ed apprezzato in Italia e all’estero, di fama mondiale, quotato e
ricercato dal mercato nazionale ed internazionale e sarà proprio la sua arte
che riporterà Luciana in vita dopo la perdita del marito: “L’atroce dolore della sua morte rubò la mia mente. (…) Inerzia e
silenzio. Interminabili giorni in attesa
che scendesse la notte, interminabili notti in attesa che si affacciasse
il nuovo giorno… ‘Depressione grave’ è il termine medico”[1].
La richiesta di organizzare una mostra in memoria del marito però le indica la
via giusta da percorrere soprattutto per se stessa: “Da quel momento l’incontrollabile inerzia che mi aveva attanagliata per
tanti mesi si trasformò in un’altrettanta incontrollabile frenetica attività,
che non si è più arrestata”[2].
Ed effettivamente Luciana Gentilini dal 1984 ad oggi ha organizzato più di cento mostre in Italia e all’estero, viaggiando da Venezia a Bruxelles, da Marrakech a Budapest, da Parigi al Cairo, da Torino ad Halle… e non solo per organizzare mostre ma anche per tutelare l’opera del marito contro i contraffattori che ormai la temono come uno spettro di notte e a cui fa tagliare a loro stessi con possenti forbici i quadri incriminati!. In questi anni ha poi recuperato, grazie ad un estenuante lavoro trentennale, la preziosa opera artistica del Maestro Gentilini fin dai suoi primi lavori giovanili, organizzata nel Fondo Luciana Giuntoli Gentilini e convogliata successivamente nell’ Archivio Gentilini che raccoglie anche la corrispondenza e i documenti biografici dagli anni ’30 agli anni ’80 del’900, e infine donato alla Quadriennale di Roma e dichiarato nel 2013 dal Ministero dei Beni Culturali “di interesse storico particolarmente rilevante”.
Ed effettivamente Luciana Gentilini dal 1984 ad oggi ha organizzato più di cento mostre in Italia e all’estero, viaggiando da Venezia a Bruxelles, da Marrakech a Budapest, da Parigi al Cairo, da Torino ad Halle… e non solo per organizzare mostre ma anche per tutelare l’opera del marito contro i contraffattori che ormai la temono come uno spettro di notte e a cui fa tagliare a loro stessi con possenti forbici i quadri incriminati!. In questi anni ha poi recuperato, grazie ad un estenuante lavoro trentennale, la preziosa opera artistica del Maestro Gentilini fin dai suoi primi lavori giovanili, organizzata nel Fondo Luciana Giuntoli Gentilini e convogliata successivamente nell’ Archivio Gentilini che raccoglie anche la corrispondenza e i documenti biografici dagli anni ’30 agli anni ’80 del’900, e infine donato alla Quadriennale di Roma e dichiarato nel 2013 dal Ministero dei Beni Culturali “di interesse storico particolarmente rilevante”.
Storie di donne che nell’arte
dei loro cari hanno trovato la loro realizzazione non più però come soggetti
artistici ma come fautrici di una memoria artistica; rare testimoni di un
percorso inedito nella storia dell’arte.