martedì 28 febbraio 2017

Donne mecenate dell'arte





Di donne mecenate nella Storia, soprattutto antica e moderna, non ne sono rimaste tracce evidenti se non le poche privilegiate come ad esempio Isabella d’Este, Caterina de’Medici, Lucrezia Borgia, Isabella Gonzaga prima o Caterina II  e  Felicita Bevilacqua in seguito.

Eppure esempi di donne anche in epoca più contemporanea che hanno valorizzato l’arte nelle sue forme ce ne sono state di importanti per la cultura del proprio paese e per l’intero patrimonio umano, la più nota, forse, Peggy Guggenheim. Con il suo amore per l’arte e la novità è riuscita a collezionare opere d’arte ancor prima che fossero ritenute tali, a scoprire e valorizzare artisti sconosciuti come Pollock rendendolo un artista quotato e richiesto dai collezionisti e musei di tutto il mondo. Ancor di più fece Johanna Van Gogh, non molti sanno infatti che la fama e notorietà di uno dei più importanti e valutati artisti dei nostri tempi, Vincent Van Gogh, deve tutto questo alla cognata.

Una volta rimasta vedova infatti, ereditando tutta la collezione dal marito Theo, Johanna si rese conto del talento di Vincent e cominciò a promuoverlo. Tornata in Olanda quando il marito era già molto malato, alla morte di lui apre una pensione e recuperate le tele del cognato dalla Francia, le espone nella sua locanda; è già un primo passo per farle conoscere ma non basta…
Comincia a leggere le lettere che i due fratelli si erano scritti nel tempo, cogliendo i suggerimenti che Vincent stesso dà a Theo: poche mostre e vendere solo il necessario. I primi risultati arrivano presto, Maus le propone una prima mostra a Bruxelles dove però i quadri sono stroncati senza pietà. Ma Johanna non si arrende e cerca nuove opportunità: piccole gallerie, critici d’arte aperti al nuovo, piccole mostre, nuove amicizie artistiche e così piano piano, ispirata da una frase letta in un giornale femminista che spronava a ricercare un successo lungo ma duraturo piuttosto di uno veloce ma fugace, Johanna non si scoraggia ed ecco che mano a mano le mostre si moltiplicano, le recensioni si animano, i Musei chiamano e l’arte di Vincent Van Gogh si impone al mondo.


Una storia analoga tutta italiana, ma solo per i protagonisti e non per l’arte che rimane patrimonio internazionale, è quella che vede da oltre trent’anni il lavoro di recupero, archivio, tutela e esposizione delle opere di Franco Gentilini da parte di sua moglie Luciana. Ultima sua iniziativa è la mostra che si svolge a Pontassieve dal titolo “Franco Gentilini- Opere della collezione di Luciana Gentilini” fino ai primi di marzo.

Alcune analogie abbiamo detto con Johanna Van Gogh, soprattutto nell’impegno e nella riuscita promozionale dell’arte dei loro cari ma le similitudini finiscono qui, perché quando Franco Gentilini scompare è già un artista molto noto ed apprezzato in Italia e all’estero, di fama mondiale, quotato e ricercato dal mercato nazionale ed internazionale e sarà proprio la sua arte che riporterà Luciana in vita dopo la perdita del marito: “L’atroce dolore della sua morte rubò la mia mente. (…) Inerzia e silenzio. Interminabili giorni in attesa  che scendesse la notte, interminabili notti in attesa che si affacciasse il nuovo giorno… ‘Depressione grave’ è il termine medico[1]. La richiesta di organizzare una mostra in memoria del marito però le indica la via giusta da percorrere soprattutto per se stessa: “Da quel momento l’incontrollabile inerzia che mi aveva attanagliata per tanti mesi si trasformò in un’altrettanta incontrollabile frenetica attività, che non si è più arrestata[2].
Ed effettivamente Luciana Gentilini dal 1984 ad oggi ha organizzato più di cento mostre in Italia e all’estero, viaggiando da Venezia a Bruxelles, da Marrakech a Budapest, da Parigi al Cairo, da Torino ad Halle… e non solo per  organizzare mostre ma anche per tutelare l’opera del marito contro i contraffattori che ormai la temono come uno spettro di notte e a cui fa tagliare a loro stessi con possenti forbici i quadri incriminati!. In questi anni ha poi recuperato, grazie ad un estenuante lavoro trentennale, la preziosa opera artistica del Maestro Gentilini fin dai suoi primi lavori giovanili, organizzata nel Fondo Luciana Giuntoli Gentilini e convogliata successivamente nell’ Archivio Gentilini che raccoglie anche la corrispondenza e i documenti biografici dagli anni ’30 agli anni ’80 del’900, e infine donato alla Quadriennale di Roma  e dichiarato nel 2013 dal Ministero dei Beni Culturali “di interesse storico particolarmente rilevante”.

Storie di donne che nell’arte dei loro cari hanno trovato la loro realizzazione non più però come soggetti artistici ma come fautrici di una memoria artistica; rare testimoni di un percorso inedito nella storia dell’arte.




[1] A. Natali, A. Bimbi a cura di, “Franco Gentilini- Opere della collezione di Luciana Gentilini”, catalogo della collezione, Ed. Polistampa, Firenze, 2016, pag. 27
[2] Idem



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 Immagine iniziale presa da Internet.


mercoledì 22 febbraio 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #17




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#17 Mona Lisa Smile


Il film di questa settimana si occupa di istruzione femminile, si svolge infatti in un college che esiste veramente, fondato nel 1870  vicino a Boston,  a Wellesley da cui prende il nome. Un istituto di educazione femminile creato perché preparasse le donne “ai grandi conflitti e cambiamenti della società”, tra le sue allieve si ritrovano: Hillary Rodaham Clinton, Madaleine Albright e la ex first lady cinese Soong Mei-Ling. Un film infelicemente passato in sordina che merita di essere riscoperto e visto e non solo per le attrici che danno volto e personalità alle giovani donne del college, Julia Roberts, Kirsten Dunst … ma anche per la tematica emancipazionista e per come è trattata, molto ben pensata per nulla scontata e anche ben realizzata.

Trama: Al college femminile di Wellesley nel 1953 arriva una nuova insegnante di Storia dell’Arte: Katherine Watson, californiana emancipata e anticonformista che trova all’interno dell’istituto un clima affatto accogliente, chiuso e conservatore in cui si fanno riti e feste collettive per vedere quale ragazza si sposerà prima o chi avrà prima prole e in cui le sue allieve, tutte ragazze di ottima famiglia, sono molto preparate e saccenti . Dopo un primo momento di difficoltà l’insegnante saprà far breccia nel cuore e nella testa  delle allieve proprio grazie all’arte che lei stessa sceglierà di proporre loro andando fuori dai soliti schemi con le avanguardie di Pollock o il sentimento di un Van Gogh e dalla domanda Cosa è arte? Chi stabilisce cosa è arte?, in realtà la professoressa riuscirà a far intraprendere a ciascuna un proprio percorso personale che andrà oltre la realizzazione sociale del matrimonio come era prospettato a tutte le ragazze di buona famiglia del college la cui educazione si interrompeva in vista del sospirato sì che avrebbe realizzato le loro vite. Kathrine Watson invece riuscirà a scardinare le aspirazioni personali delle sue allieve aprendo le loro menti e i loro cuori come tanti girasoli, sì ma di Van Gogh!.


credits: screenshot by Opportunità di GenereOG
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Scelto perché: La vita delle donne è un capolavoro da qualsiasi prospettiva la si guardi. Giocoliere ed equilibriste la società chiede loro sempre qualcosa in più o di diverso da quello che ci si aspetta da loro. Questo film ci ricorda la realtà vissuta delle nostre nonne ma anche che le vere artefici delle nostre tele siamo noi qualsiasi pennellata vogliamo usarci su!.




Titolo: Mona Lisa Smile
Nazionalità: USA
Anno: 2003
Durata: 114 min
Produzione: Deborah Schindler, Elaine Goldsmith Thomas, Paul Schiff, Joe Roth
Scenografia: Jane Musky, Susan Bode 
Regia: Mike Newell
Cast: Julia Roberts, Kirsten Dunst, Julia Stiles, Maggie Gylenhaal




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venerdì 17 febbraio 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #16




Squadra femminile di baseball nel 1945.

Fonte: http://baseballhall.org




#16 Ragazze Vincenti



Le donne durante le Grandi Guerre  si sono rivelate ottime sostitute del genere maschile nelle mansioni più disparate. La mancanza di manodopera impiegata al fronte fece sì che le donne venissero “arruolate” al posto degli operai, netturbini, tranvieri e anche nello sport. Il film di questa settimana ci parla proprio di questo, della storia di una squadra femminile di baseball con Geena Davis e Madonna, ispirato ad una storia vera quando durante la Seconda Guerra Mondiale non c’erano più uomini per giocare il campionato di baseball così se ne svolse solo uno tutto al femminile.

Trama: Siamo in Oregon nel 1943 e tutte le manifestazioni sportive sono sospese perché gli uomini sono impegnati al fronte ma proprio per questo nasce e si afferma la Lega femminile delle sportive americane in cui rientra a pieno titolo anche quella di baseball delle “Pesche”.

Due sorelle, Dotti e Kit, sono i  nuovi fenomeni sportivi e tuttavia dovranno combattere con un allenatore, ex campione ed alcolizzato, molto scettico sulle capacità delle donne in ambito sportivo. A questa diffidenza si unisce poi la iniziale insoddisfazione del pubblico sorretta dai tanti pregiudizi ma la bravura e l’impegno delle ragazze farà presto cambiare loro idea.  Sullo sfondo degli allenamenti e delle partite si svolgono le vite delle ragazze e soprattutto delle due sorelle rivali in campo e nella vita ma che a distanza di tanti anni si ritroveranno unite nei ricordi di una stagione sportiva e di vita straordinaria ma ormai lontana.

Scelto perché: Proprio questa settimana la Società Italiana delle Storiche ha presentato due volumi sul ruolo delle donne nella Grande Guerra e questo film ci restituisce un esempio proprio di quello che accadde nella società in cui le donne dovettero sostituirsi agli uomini nei vari settori tra cui appunto anche in quello sportivo anche se alla fine dell’emergenza molte vollero o furono costrette a tornare alla sola vita privata e coloro che invece, ormai emancipate, vollero rimanere coinvolte nella società che avevano contribuito a pieno titolo a salvare trovarono nuove sfide davanti a loro.



Titolo: Ragazze vincenti
Titolo originale: A League of Their Own
Nazionalità: USA
Anno: 1992
Durata: 128 min.
Regia: Penny Marshall
Cast: Geena Davis, Madonna, Tom Hanks




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martedì 14 febbraio 2017

Le donne nella Grande Guerra


Operaia britannica a lavoro in una fabbrica
 durante la Grande Guerra.
fonte: Wikipedia


La scorsa settimana si è svolta alla Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma la presentazione di due volumi che riguardano la presenza delle donne nella Guerra: “La Grande Guerra delle italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni” a cura di Stefania Bartoloni* e il numero monografico di ‘Genesis’  XV/1, 2016, la rivista della Società Italiana delle Storiche, SIS, curata da Roberto Bianchi* e Monica Pacini*: “Donne ‘comuni’ nell’Europa della Grande Guerra”. 

All’incontro sono intervenute le storiche Marina d’Amelia**, Alessandra Staderini** ed Emilio Franzina**, coordinati da Rosanna De Longis**.

Entrambi i libri ci ridanno la differente natura dell’impegno bellico femminile rispetto a quello internazionale, soprattutto inglese; una differenza che rispecchia la diversa organizzazione sociale che in Italia vedeva le donne  nettamente subordinate agli uomini a differenza invece della situazione degli altri paesi europei come ad esempio l’Inghilterra. A queste differenze si devono le diverse conseguenze che ebbe il dopoguerra sulla condizione femminile che se fu propulsivo per le società già più inclusive, fu nullo o quasi in quella italiana in cui ad esempio le donne ‘comuni’: “In Italia a differenza che in altri paesi, le donne  comuni non sono in condizioni di fare di più che estendere alla sfera pubblica mansioni di cura[1]. E proprio l’aspetto di assistenza nel cause- study italiano è quello che più emerge nei saggi.

Spesso la maggior parte delle italiane, il ceto umile contadino e urbano, non si schiera a favore della Guerra con quelle èlite interventiste che invece rappresentano nel nostro paese l’associazionismo femminile, da Teresa Labriola, nazionalista, Beatrice Sacchi, maziniana, Margherita Sarfatti, socialista…, che arriveranno a propagandare, almeno in un primo momento, l’intervento armato suscitando il disprezzo delle suffragette inglesi, come chiaramente si ritrova in “La Grande Guerra delle italiane” in cui le attiviste inglesi usano parole mortificanti verso le femministe italiane, lasciate sole alla manifestazione davanti al Milite Ignoto a cui erano state invitate. Insomma una “sorellanza” difficile e controversa le cui difficoltà si evidenzieranno anche oltre il periodo bellico come sottolineato da D’Amelia nel suo intervento[2].

Margherita Sarfatti
fonte: Wikipedia
La Guerra quindi, si chiede Staderini, è stata un’opportunità di emancipazione per le donne? Come visto l’esperienza femminile nella Guerra si concretizza, in questi volumi, in un atto per lo più di cura ed assistenza che perderà d’importanza nel dopoguerra ma, secondo la storica, è proprio in questo momento che cambia comunque la società mentre a livello storiografico il salto di qualità è stato fatto con l’interessamento degli storici a queste tematiche. Come ricordano gli stessi curatori dell’opera  a questa domanda che per lungo tempo è stata affrontata in Italia e anche all’estero, si è risposto con la consapevolezza che è “caduta ogni illusione di giungere a una conclusione univoca”, l’unica realtà nel rapporto guerra-emancipazione è la ricchezza di nuovi punti di vista che l’elemento di genere introduce nella ricerca storica (visione sociale, culturale,…), (classi di età, classe sociale,…)[3]. Questo viene altrettanto sottolineato anche nell’introduzione de “La Grande Guerra delle italiane” dalla curatrice Stefania Bartoloni “Negli ultimi anni il rapporto tra le donne e il conflitto mondiale sembra divenuto più articolato. La prospettiva offerta dalla storia delle donne e di genere ha accresciuto la storia della Grande Guerra”.[4] In effetti il volume da lei curato affronta in modo comparativo da una parte la posizione delle pacifiste, soprattutto straniere, dall’altra delle interventiste italiane che in nome di un’unità nazionale, di un sentire comune spinsero per la resistenza belligerante con la speranza anche di una ricompensa sociale che tardò ad arrivare ed infine l’ultima parte del volume che affronta proprio gli effetti postumi della partecipazione femminile alla guerra nella società post-bellica.

Secondo Franzina ci sono ancora poche testimonianze di donne dopo la guerra un po’ per ragioni editoriali, sostanzialmente per la mancanza di un pubblico interessato, ma soprattutto perché per la maggior parte delle donne dell’epoca l’istruzione e quindi la capacità di trasporre in diari la propria esperienza era una abilità ancora per poche. Rimane così in ombra quindi proprio quella storia comune del femminile che andrebbe recuperata ma che per la mancanza di fonti è di difficile investigazione. In questa chiave di straordinarietà si inserisce il saggio in francese di Christine Daringe sul rapporto epistolare intercorso in una famiglia di contadini francesi durante la guerra tra moglie e marito, divenuto un prigioniero. Un’esperienza fattuale ritenuta, da tutti gli storici intervenuti, di difficile riproduzione nella storiografia italiana per le serie difficoltà di reperimento di fonti simili; difficoltà dovuta alle condizioni in cui da una parte erano i detenuti di guerra italiani e dall’altra quelle in cui versavano le famiglie contadine che non favorivano di certo scambi epistolari in una situazione complessiva già molto difficile.

Sita Meyer Campiero,
una delle fondatrici delle infermiere volontarie
 della CRI.
Fonte: Bibliografia
Possiamo concludere con l’auspicio e l’invito che i curatori delle due opere, Roberto Bianchi e Monica Pacini per “Donne ‘comuni’ nell’Europa della Grande Guerra”e Stefania Bartoloni per “La Grande Guerra delle italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni”, fanno a conclusione delle rispettive introduzioni. Un’esortazione non solo a studiare ad un livello verticale le relazioni sociali tra i vertici e il popolo (le élite e masse femminili) ma anche ad approfondire le relazioni interne ai gruppi (sociali, generazionali, …), così quelle tra i gruppi femminili/ femministi e la politica, l’esercito, le istituzioni dell’epoca per recuperare la più ampia prospettiva dei fatti nella Guerra e nelle sue conseguenze.  





[1] A. Molinari, “Donne sospese tra pace e guerra”, in “Donne comuni dell’Europa della Grande Guerra”, Roma, Ed. Viella, 2016, pag. 64.
[2] Si veda nello specifico il saggio di Ingrid Sharp “Una difficile ‘sorellanza’ L’internazionalismo come sfida e impegno (1914-1924), contenuto in “La Grande Guerra delle Italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni”, a cura di Stefania Bartoloni, Roma,  Ed. Viella Libreria Editrice, 2016.
[3] R. Bianchi “Donne ‘comuni’ nell’Europa della Grande Guerra. Saggio Introduttivo”, in “Donne ‘comuni’, Op. Cit., pag. 12.
[4] S. Bartoloni, “Introduzione” in “La Grande Guerra delle Italiane”, Op. Cit.


Testi:

- "Donne 'comuni' nell'Europa della Grande Guerra", a cura di Roberto Bianchi e Monica Pacini, Roma, Viella, 2016.
- "La Grande Guerra delle Italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni", a cura di Stefania Bartoloni, Roma, Viella, 2016.

*I Curatori:

Stefania Bartoloni insegna Storia Contemporanea all'Università di Roma Tre.
Roberto Bianchi insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze.
Monica Pacini insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze.


**I Presentatori:

Marina D'Amelia ha insegnato Storia Moderna all'Università Sapienza di Roma.
Alessandra Staderini ha insegnato Storia Contemporanea all'Università di Firenze
Emilio Franzina insegna Storia Contemporanea all'Università di Verona

Rosanna De Logis ha diretto la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma



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mercoledì 8 febbraio 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #15


Meryl Streep è Margaret Thatcher in The Iron Lady
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#15 The Iron Lady 

Per questa settimana OG vi consiglia un film da premio Oscar anzi due infatti con questa interpretazione Meryl Streep ha ricevuto l’Oscar e il Golden Globe come miglior attrice protagonista nel 2012, soffiandolo a Glenn Close per Albert Nobbs.  La sceneggiatura è della collaudata Abi Morgan e la direzione è affidata alla regista Phyllida Lloyd.

Trama: Il film ripercorre la vita soprattutto politica di Margaret Roberts, la sua vita di figlia del droghiere del paese, derisa anche dalle altre ragazze per il suo impegno scolastico e politico, le sue difficoltà per farsi prendere sul serio dal partito conservatore nonostante la laurea ad Oxford, l’amore per il marito conosciuto proprio nell’ambito conservatore che da subito la sosterrà e condividerà il suo impegno, fino al suo successo e anche però alle estreme situazioni vissute da Prima Ministra. Tutto nei ricordi di una Thatcher ormai anziana  e dilaniata dalla confusione mnemonica che la porta a confondere presente e passato, un passato importante fatto di scelte politiche che hanno interessato il Regno Unito e l’intera comunità internazionale e che scatenarono dure reazioni come quelle dei terroristi irlandesi che prima uccisero il suo portavoce per l’Irlanda del Nord e poi nel 1983 fecero saltare in aria l’albergo dove era sistemata in attesa di una conferenza o il suo integerrimo piglio durante una intervista con un quotidiano russo che le valse il soprannome, dispregiativo, di Lady di ferro subito però rivisto in patria con onore soprattutto dopo la guerra per le isole Falkland; tutti avvenimenti ripercorsi nel film tramite la memoria mal concia della Iron Lady.



Scelto perché: La vita di Margaret Thatcher è un esempio moderno delle capacità politiche femminili che sono state sempre negate alle donne ma che nonostante tutto sono invece emerse prepotentemente nella storia da Caterina de’ Medici a Elisabetta I a Maria Teresa d’Austria. Donne note con il piglio del comando che si sono dovute imporre, che hanno fatto sacrifici anche personali pur di realizzare se stesse e contribuire a cambiare il loro paese, la loro società, la Storia. Emblematiche le parole di Thatcher stessa: “Ho dovuto combattere sempre, ogni santo giorno della mia vita e sono stata sottovalutata da molti uomini in passato” . E se è vero che non favorì l’ascesa alla politica di altre donne e non guardò di buon occhio al movimento femminista, tocca a noi trarre, come per ogni grande personaggio, i giusti insegnamenti e se prima di lei non c’era mai stata una donna a capo di un governo britannico dopo di lei proprio ora in un momento cruciale c’è un’altra donna, Theresa May erede di quell’ esempio che altrimenti forse ora non sarebbe stato possibile ripetere.

Titolo: The Iron Lady
Nazionalità: UK, FR
Anno: 2011
Durata: 105 min.
Sceneggiatura: Abi Morgan
Regia: Phyllida Lloyd
Cast: Meryl Streep, Jim Broadbent, Olivia Colman





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venerdì 3 febbraio 2017

Agli Uffizi pittrici sempre più in mostra



 
Plautilla  Nelli, "Madonna", XVI sec.
Da WikimediaCommons




La Galleria degli Uffizi lancia il nuovo programma per il 2017: dare più visibilità alle opere di artiste per invertire lo storico squilibrio di genere. 
L'annuncio arriva direttamente dal direttore del Museo, Eike Schmidt in una recentissima intervista ad una rivista inglese di arte. Si comincerà con la mostra dedicata alla prima donna fiorentina conosciuta come pittrice, la suora Plautilla Nelli (1523-1587) in occasione della giornata internazionale delle donne e che rimarrà aperta fino alla fine del mese di aprile. La mostra si incentrerà su una dozzina di opere attribuite e recuperate recentemente anche da chiese e conventi soprattutto domenicani, l’ordine in cui entrò Polissena, e da altri musei italiani. Sarà poi la volta di Palazzo Pitti che ospiterà per il mese seguente un’altra mostra dedicata questa volta all’artista femminista australiana Maria Lassing, fino a fine giugno.
Autoritratto della Tintoretta,
Museo del Prado, Madrid.
Da WikimediaCommons
Gli Uffizi sono il museo con la più ampia collezione di opere di pittrici antiche, tanto da poter riempire un’intera stanza, molte delle quali fanno parte della famosa collezione di autoritratti che occupa il corridoio vasariano, tra cui quello di Elisabeth Louise Vigée- Le Brun e la figlia del Tintoretto, detta appunto la Tintoretta: Marietta Robusti. 
Le opere erano visibili fino allo scorso anno solo con visite specifiche ora dato la chiusura del corridoio per ristrutturazione  sono inaccessibili ma torneranno visitabili a pieno godimento alla fine dei lavori di adeguamento infatti il corridoio diventerà parte integrante della visita con il solo biglietto ordinario della Galleria e non saranno più una visita a se stante. 
Potremmo quindi finalmente posare il nostro sguardo sul loro volto e ammirare il loro talento.




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mercoledì 1 febbraio 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #14




Caricatura di George Sand, 1848,
 by Axagore






#14 Albert Nobbs

Questo film è basato su un racconto irlandese del 1898 di George Moore da cui negli anni ’80 dello scorso secolo è stata tratta una pièce teatrale interpretata da Glenn Close che da allora si è innamorata della trama e ha tentato a più riprese di farne un film che finalmente è uscito nel 2011. Glenn Close è stata nominata agli Oscar e ai Golden Globe del 2012 come miglior attrice. 


Trama: Albert Nobbs è un solerte e gentile cameriere di un hotel nella Dublino di fine ‘800, stimato per la sua competenza e riservatezza da tutti. Un giorno però è costretto a dividere la sua stanza da letto con un muratore, Hubert Page, intervenuto ad aggiustare l’albergo e così Albert si trova per la prima volta a dover proteggere il suo segreto, perché egli in realtà è una donna. Ma il suo segreto è in buone mani perché anche il muratore Hubert è una donna travestita da uomo per poter lavorare ed è addirittura sposata con l’adorata Cathleen. Albert va a casa di Hubert e conosce sua moglie, rimanendo molto colpito dall’affiatamento della coppia, inizia a sognare una famiglia anche per se’. 

Per un giorno decide di abbandonare i vestiti maschili e di tornare donna, indossando un bell’abito va fino al mare dove durante una passeggiata riscopre il piacere di essere donna, correndo sulla spiaggia e facendosi accarezzare dal sole e dal vento. Tornato alla sua vita, Albert lavora duro per realizzare i suoi sogni: aprire un negozio, mettendosi in proprio e farsi una famiglia, così decide di puntare sulla giovane cameriera Helen che però nel frattempo si invaghisce del nuovo arrivato ,  Joe. Quando Helen comunica a Joe di essere incinta questo la lascia e ne scaturisce un litigio, Albert accorre a difendere Helen ma riceve un colpo da Joe e cade in terra sbattendo la testa;  Albert morirà di lì a poco per un’emorragia interna.  I suoi soldi diligentemente e faticosamente messi da parte vengono trovati dalla proprietaria che li usa per ristrutturare l’hotel mentre Hurbert divenuto nel frattempo vedovo, Chatleen era morta di tifo, decide di salvare Helen e la neonata, sposandola.

Scelto perché: Tra ‘800 e primi del’900 molte erano le donne costrette a farsi passare da uomo per poter lavorare e guadagnare, per mantenersi e realizzarsi, tanti gli esempi noti e meno noti di scrittrici come Anne Brontë che firmò la sua prima opera come Acton Bell o  George Eliot in realtà Mary Anne Evans, ma molte furono anche le donne che non solo usarono uno pseudonimo maschile ma si vestirono da uomini come George Sand che fumava anche gustosi sigari.
Bradamante e Fiordispina,
illustrazione de L' Orlando Furioso
credits: Internet

Nella storia infatti sin dall’antichità le donne non sono state ritenute idonee e in grado di svolgere le stesse mansioni degli uomini, si pensi  a ciò che Plutarco riporta nei suoi scritti in cui ci parla della concubina del Re di Ponto che cavalcava e si vestiva da guerriera prussiana : Ipsicratea, su cui archeologi russi hanno recentemente ritrovato un’iscrizione e che veniva chiamata dal marito con un nome maschile e in letteratura, nell’Orlando Furioso, a Bradamante. Questo film quindi ci restituisce lo specchio di un’epoca passata in cui le donne avevano necessità di travestirsi da uomo, oggi si usa il termine crossdressing, ma da sempre un'escamotage per poter esprimere se stesse, mantenersi e vivere.


Titolo: Albert Nobbs
Anno: 2010
Nazionalità: UK-IRL
Durata: 113 min.
Produzione: Glenn Close
Regista: Rodrigo Garcia
Cast: Glenn Close, Mia Wasikowska, Janet McTeer




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