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giovedì 1 febbraio 2018

"Le Costituenti nella Memoria- Storie, luoghi, politiche. L'impegno delle donne. Ieri. Oggi"- La Mostra





Le Costituenti nella memoria- Storie, luoghi, politiche. L'impegno delle donne. Ieri. Oggi” è stata inaugurata il 30 Gennaio a Roma. 
La mostra voluta e curata da F.I.A.P., A.N.P.I., I.R.S.I.F.A.R, UDI, Biblioteche di Roma, Fondazione Nilde Iotti e Toponomastica Femminile e promossa da Roma Capitale- Dipartimento Attività Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura, dal Municipio I e dalla Commissione elette del Municipio I, ripercorre il lavoro delle madri costituenti.


Spesso infatti si dimentica che, seppur esigue, alla nostra Costituzione parteciparono anche le donne. Furono solo 21 su 556 deputati ma diedero un contributo che a tutt'oggi è essenziale e ben radicato perché interpretarono il cambiamento di cui la società aveva bisogno.


Erano 9 della Democrazia Cristiana, 2 del Partito Socialista, 9 del Partito Comunista e 1 del Partito dell'Uomo Qualunque ma tutte chi pur accogliendo l'invito di Papa Pio XII di partecipare alla vita politica per portare i valori cattolici e difendere i valori del focolare domestico, chi con posizioni nettamente diverse, tutte riuscirono a coordinarsi unite su un unico grande scopo: apportare nella società italiana quei cambiamenti favorevoli alle donne. La loro forza fu quella di non fermarsi al loro credo partitico ma lavorare insieme per le italiane.

Come ricorda Marina Pierlorenzi, Presidente di A.N.P.I. Roma, è a loro che dobbiamo all'art.3 la parola Sesso, ancora prima della parola 'razza' che pure per gli avvenimenti del ventennio aveva all'epoca un significato importante, con cui le donne acquisivano sostanza politica, oppure l'apertura alle cariche pubbliche e la necessità di un'equità salariale, tematiche che ancora oggi sono molto attuali perché non pienamente attuate.
Una rappresentanza esigua, eppure, come fa notare la Presidente del Municipio I, Sabrina Alfonsi, incisiva anche perché negli anni successivi la presenza femminile si assottiglierà ancora di più e se oggi abbiamo qualche donna in più è grazie alla doppia rappresentanza. 
Marina Pierlorenzi A.N.P.I. Roma,
Francesca Koch  Casa Internazionale delle Donne,
 Livia Turco Fondazione Nilde Iotti.
Ma la volontà di collaborare, aggiunge Livia Turco, è stata la molla propulsiva che ha consentito di arrivare a dei traguardi importanti per tutte le donne; le madri costituenti sentivano infatti l'importanza e la responsabilità del loro ruolo, sapevano di essere delle Rappresentanti delle italiane, che dopo la guerra non erano le stesse, erano cambiate e loro erano state elette per interpretare questo cambiamento, necessario. Anche negli anni '50 quando la guerra fredda sottolineò le differenze e le divisioni partitiche loro riuscirono a restare unite nei loro obiettivi ed è questo il loro testamento che dobbiamo recuperare.


Una collaborazione che ha dato vita alla stessa mostra che vede anche Toponomastica femminile tra le autrici. La toponomastica infatti in tutta Italia langue della presenza femminile, come ricordato dalla Vicepresidente Livia Capasso, esiste un gap vergognoso ad esempio il Municipio I a Roma vede solo due strade intitolate a scienziate e 14 in tutta Roma, così come non tutte le Madri Costituenti hanno una loro strada, chi una biblioteca chi una pista ciclabile se non quando c'è una strada collettiva (Via delle Costituenti). A Messina però ci sarà un intero quartiere dedicato a loro, così tutte avranno una via che le ricorderà perché anche loro furono e sono un esempio per l'intera collettività.

La mancanza di visibilità infatti riguarda anche i luoghi pubblici e non solo i testi scolastici dove, come ricorda la Presidente del Municipio I, Alfonsi, le donne sono presenti con riquadri vistosi come se fossero un discorso a parte mentre le donne come in questo caso hanno avuto invece un ruolo importante e di primo piano. Si augura quindi che questa mostra possa interessare le scuole e anzi auspica magari di avere proprio lì scolaresche a cui far apprendere la storia delle madri costituenti.

La mostra prosegue nei locali della Sala Consiliare del Municipio I Roma Centro fino al 3 gennaio, aspettando magari, come auspicato da qualcuna, che possa diventare anche un libro.
Dal 3 gennaio in poi la mostra diventerà itinerante. Per tenersi aggiornati si può consultare il sito di Toponomastica femminile.



Per approfondire:


Fondazione Nilde Iotti,“Costituenti al lavoro. Donne e Costituzione 1946-1947”, Guida Editori, 2017.







COPYRIGHT dei contenuti


martedì 7 novembre 2017

Lo sguardo di Artemisia Gentileschi



Un anno fa si inaugurava a Roma, "Artemisia Gentileschi e il suo tempo" una delle mostre più importanti dedicate ad Artemisia Gentileschi perché per la prima volta il fulcro di tutta l'analisi artistica partiva da lei, era lei infatti l'artista a cui si sono ispirati altri pittori della sua epoca, a lei molti allievi hanno dovuto la loro tecnica per la prima volta è stata lei, la sua arte, ad essere celebrata e ricordata anche nella maestria altrui quale anello propulsore di artisti a venire.

Artemisia Gentileschi
Foto tratta
dalla riproduzione
del pannello d'entrata,
 introduttivo alla mostra.
OG non poteva perdersi una mostra così e solo ora ma dedica questo post alle sensazioni e riflessioni di quella visita alla mostra  in cui ho potuto incontrare lo sguardo di Artemisia...





Artemisia Lomi Gentileschi rappresenta la pittrice più nota di tutti i tempi ed è tale perché seppe crescere, nonostante una vita che la mise a dura prova, non solo come donna ma anche come artista, seppe coniugare l'esperienza esistenziale con quella pittorica.
Spesso la vita privata di Artemisia la condizionò ma sempre riuscì a ricavare del buono dalle nuove situazioni per quanto complicate e a far si che la sua arte seguisse la sua evoluzione.

Artemisia, nasce a Roma dove uno dei libri più famosi sul suo conto* la vuole testimone dell'esecuzione di un'altra donna romana con una storia per alcuni versi simile alla sua: Beatrice Cenci. Una giovane aristocratica vittima, come tutti gli altri membri della sua famiglia, della violenza paterna a cui un giorno cercano di porre fine ma vengono ferocemente accusati e giustiziati, anche Beatrice condannata alla decapitazione per decisione di Papa Clemente VIII in realtà interessato non tanto a far giustizia ma ad accaparrarsi gli averi di questa nobile famiglia romana. Beatrice verrà tenuta in carcere in attesa dell'esecuzione, la stessa carcere che vedrà qualche anno dopo la stessa Artemisia reclusa.
E' già brava Artemisia e la sua 'Susanna e i vecchioni' lo dimostra apertamente, mostra al mondo la sua bravura con i nudi femminili, una scena che racconta e che in qualche modo anticipa il suo destino. Dipinto solo un anno prima dello stupro che subirà, il quadro infatti narra di una giovane che è sconcertata, impaurita e infastidita dalle attenzioni di due uomini che la guardano nella sua totale intimità. L'anno dopo vede Artemisia contro il suo stupratore Agostino Tassi, famoso pittore anch'egli anzi fin troppo apprezzato visto che nonostante la condanna all'esilio dalla città eterna, costata ad Artemisia la reclusione alla Corte Savella e la tortura per dimostrare la veridicità delle accuse, non sconterà neanche un giorno grazie all'appoggio dei suoi illustri estimatori e protettori.

Artemisia quindi si vede costretta da una parte a prendere marito, il fiorentino Stiattesi, e dall'altra ad abbandonare Roma. Ma come detto, di necessità virtù, Firenze diventerà per Artemisia un'opportunità per crescere e farsi un nome, perfezionarsi nel disegno che non solo sarà comunque ben proporzionato ma anche giustamente narrativo ed ancora 'Susanna e i vecchioni' nella versione del 1622 lo dimostra, come lo dimostra la sua ammissione quale prima donna all'Accademia del Disegno di Firenze.
Artemisia cerca di superare lo stupro tramite il dipinto che realizza sul tema di Giuditta e Oloferne proprio l'anno dopo la denuncia in cui però la protagonista appare essere sempre e comunque lei anche nella versione di molti anni dopo (quello del 1622 agli Uffizi rispetto alla versione del 1613 a Capodimonte).
Che questa scena che sa ridarci così veritiera sia data dai suoi ricordi di Piazza Tor di Nona quando da bambina assistette alla decapitazione di Beatrice Cenci? Giuditta forse allora non è solo Artemisia ma è la vendicatrice di quelle donne che come lei erano state vittime di violenza maschile che per lei si chiamava Agostino ma che prendeva nella vita quotidiana di molte donne sue contemporanee, altri nomi e altre forme come quella che per Beatrice Cenci fu quella di un padre.
E Artemisia con suo padre, che le insegnò fin da piccola tutti i segreti tenendola a bottega a lei sola escludendo invece i suoi fratelli, ebbe anch'essa un rapporto difficile, tormentato dopo il processo se Artemisia infatti se ne dovette andare da Roma anche Orazio cercò riparo dall'onta altrove e mentre sua figlia viaggiando ora di ritorno a Roma, a Venezia, a Napoli ormai era diventata una pittrice nota ed apprezzata, la potè rivedere solo dopo molti anni in Inghilterra quando Artemisia accettò di andare dopo le insistenze del fratello Francesco.
A Londra Artemisia rivide suo padre, il grande artista ormai al tramonto dei suoi giorni e talenti, ammalato e affaticato ma pur sempre artista, impegnato comunque al servizio del Re Carlo I che anche Artemisia onorò aiutando suo padre negli impegnativi lavori commissionatigli.
Artemisia ormai è cittadina del mondo, artista internazionale, affermata pittrice che non teme più per la sua reputazione tanto meno per quella artistica quando torna di nuovo in Italia, costretta a fuggire dopo la decapitazione di Carlo I nel 1640, sceglie di andare nella città in cui si sente libera, Napoli.
La sua pittura ormai riflette la sua vita, matura, intensa come i suoi tratti, ormai Artemisia è affermata, affermatissima e accetta commissioni su commissioni ma non per se' ma per le sue figlie; sì perché nel frattempo suo marito è sparito, alla macchia ed è nata un'altra figlia, tutta sua nessuno tranne lei sa e saprà chi è il padre. Ma per lei le sue figlie sono uguali, sue e basta e a loro dedica i suoi ultimi anni di lavoro e di vita per garantire loro, come sarà, un buon matrimonio e una posizione sociale che le protegga e le garantisca.

Mostra di Artemisia Gentileschi, pannello espositivo d'entrata
Artemisia morirà a Napoli nel 1656 e la sua tomba sarà una fossa comune. A ricordarla ci pensano però le sue magistrali opere d'arte. 













* Il testo a cui mi riferisco è quello ormai "classico" di Alexandra Lapierre.





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