L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La Grande Causa di Margaret Fuller ha un formato molto curato, si presenta come
un libretto ma lo è tuttavia solo nell'aspetto, racchiude infatti un
grande testo dai contenuti dirompenti, oggi e ancor di più allora,
nell'800, stupefacentemente moderni tanto che alcune sue prospettive sono ancora lontane dall'essere recepite ed applicate.
Questo testo è
qui tradotto, con molta cura e attenzione anche al lessico di genere, da Giuseppe Sofo,
per la prima volta in italiano.
Qui puoi leggere il post sul film |
Questo suo scritto, basato appunto sulle lezioni bostoniane, diventerà un testo di riferimento anche per Elisabeth Cady Stanton e compagne, alla base del Congresso di Seneca Fall del 1849.
E' considerato quindi il primo manifesto femminista americano. Un manifesto che a tutt'oggi presenta aspetti ancora attuali per le tematiche e gli spunti di riflessione e indagine che è in grado di suscitare.
Margaret Fuller analizza sì la condizione femminile, e non solo di quella statunitense ma anche di quella europea e dell'antichità, ricavandone non tanto i motivi culturali di assoggettamento, quanto le misure con le quali questa situazione può, e deve, evolversi affinché le donne stesse siano in grado di emanciparsi.
Quella di cui parla Fuller non è tuttavia una lotta da intraprendere contro il nemico- uomo ma bensì una crescita personale che la donna deve fare, un continuo lavoro da fare con se stesse per acquisire fiducia personale nelle proprie capacità, una presa di coscienza della donna: “la società dovrà essere educata e modificata da chi parla con autorità, non con rabbia e fretta”1.
Fuller quindi auspica un'emancipazione della donna non con modalità violente, rabbiose ma con la fermezza di chi ha chiaro chi è e cosa vuole né dal voler però essere come un uomo “Se fossero libere (le donne), da sviluppare a pieno la forza e la bellezza propria delle donne, non desidererebbero mai essere uomini o come gli uomini"2.
La vera difficoltà secondo Margaret è proprio come arrivare a questo obiettivo: “la difficoltà sta nel portare al punto di sviluppare naturalmente il rispetto di se stesse e la domanda è come ottenere questo risultato”3.
Le donne infatti “nella schiavitù, la schiavitù riconosciuta, le donne sono alla pari con gli uomini”4 la donna è schiava quindi al pari dell'uomo ma perciò “come l'amico dell'uomo nero ritiene che un uomo non possa tenere un altro in prigionia, l'amico della donna dovrebbe ritenere che l'uomo non può per diritto, porre restrizioni alla donna neanche se con buone intenzioni”5.
Fuller ritiene quindi che la donna si trovi nella stessa condizione di schiavitù che condiziona l'esistenza dei neri e delle nere e auspica una liberazione per entrambi, alle donne augura “di crescere come essere, di percepire come intelletto, di vivere liberamente come anima e, una volta priva di impedimenti, di sfruttare a pieno le facoltà che le furono assegnate”6. E incalza “le donne devono smetterla di rivolgere agli uomini le loro richieste e di essere influenzate da loro, ma ritirarsi in se stesse, ed esplorare le fondamenta dell'esistenza finché non trovano il loro segreto originale. Allora quando riemergeranno, rinnovate e battezzate, sapranno come trasformare i rifiuti in oro”7 quindi “lasciate che si liberi dalla pressione delle altre menti e che mediti in una solitudine illibata”8.
La grandezza del suo pensiero investe però anche l'uomo perché come visto per Margaret Fuller l'uomo non è un nemico ma piuttosto un compagno che è anch'esso condizionato e limitato “anch'essi subiscono il giogo della schiavitù dell'abitudine”9 infatti, continua “si può dire che neanche l'uomo abbia una vera opportunità, le sue energie sono represse e distorte dall'intervento di ostacoli artificiali ma egli ha creato da solo quegli ostacoli”10 perchè se è vero che “per quanto compiuta solo in maniera imperfetta, (l'idea dell'uomo) lo è stata comunque molto più dell'idea della donna...”11.
Analizza il matrimonio e delinea vari tipi di rapporti familiari presenti e auspicabili tra uomo e donna, fino a regalarci una sorprendente analisi sulla natura stessa del maschile e del femminile che risulta più moderna della concezione che é attualmente percepita o considerata.
Quindi la donna ma anche l'uomo devono evolversi in un continuo miglioramento di se stessi, da qui il titolo dell'opera, alla ricerca delle proprie inclinazioni e coltivando l'intelletto in una costante ricerca personale, un percorso che porta alla vera realizzazione personale ed intellettuale di ogni anima, esplicitata nella libertà, così che “il Divino ascenderebbe nella natura a un'altezza ignota per la storia delle epoche passate...per generare un'incantevole armonia”12, “ci sarebbe armonia nella varietà, accordo nella differenza”13.
Margaret Fuller d'altronde non voleva altro se non che la donna camminasse da sola “evitando di prendere cammini che non siano rischiarati dai suoi raggi. La vorrei libera dal compromesso, dalla compiacenza, dall'impotenza, perchè la vorrei abbastanza capace e forte da amare un essere e tutti gli esseri, nella pienezza e non nella povertà dell'esistenza”14.
Vedeva un mondo in cui “ogni barriera fosse abbattuta. Vorremmo che ogni strada, ogni percorso, fosse libero e aperto per la donna quanto lo è per l'uomo”15 perchè infatti “quando gli uomini cominciano a rendersi conto che non tutti gli uomini hanno avuto le stesse opportunità, essi sono propensi a dire che nessuna donna ha avuto una vera opportunità”16.
L'autrice Margaret Fuller: Nell'introduzione, affidata a Maristella Lippolis troviamo delineata la figura di questa straordinaria donna, straordinaria perché quello che fece nella sua vita, e forse anche come finirla, lo scelse lei.
Il
ritratto, appassionato e affettuoso, che ci regala Lippolis delinea
una donna che ha lottato per scegliere e che rivendica la stessa
libertà di scelta per ogni donna. Rifiuta infatti il ruolo di brava
donna di casa perché ama lo studio e la letteratura e quando rimane
orfana di padre, ed è l'unica a poter provvedere ai suoi fratelli e
a sua madre, diventa maestra e insegna ad altre donne nella scuola di
Almos Bronson Alcott, il papà di Louisa May Alcott, ma le continue
aspettative che sua madre le addossa la spingono ancora di più a
cercare una sua realizzazione personale, dopo anni di aiuti alla
famiglia.
Viaggia
e lascia i suoi ricordi in un'opera per la quale entra nelle sale
della Biblioteca di Harvard, prima volta per una donna, e si
documenta sui libri di viaggio.
Negli
anni 1840 abbraccia a Boston la fede trascendentalista e diventa
redattrice del suo organo di stampa, il giornale The Deal per
il quale pubblica numerosi contributi tra cui quello che sarà la
base del suo grande successo “Women of the Nineteeth Century”
in cui teorizza l'autodeterminazione femminile17.
Un concetto anche oggi assai lontano dal realizzarsi. In poche
settimane l'opera è esaurita e deve essere ristampate più e più
volte.
Margaret
viene incaricata dal New York Tribune di occuparsi di cronaca e inchieste, diventando la prima giornalista
a mantenersi con il proprio lavoro. Viene nominata reporter estera,
prima donna, e mandata a Londra, Parigi dove diventerà amica di
Mazzini e poi a Roma allo scoppio della rivoluzione del '48.
A questa sua esperienza dobbiamo ciò che ci rimane delle cronache di quei giorni concitati, di lotte e sangue che devastarono Roma.
A questa sua esperienza dobbiamo ciò che ci rimane delle cronache di quei giorni concitati, di lotte e sangue che devastarono Roma.
Ma
proprio in questi giorni di violenza e morte Margaret invece conosce
l'amore, l'aristocratico Angelo Ossoli che rinnegando le sue radici
aristocratiche aveva scelto di far parte della Guardia civile e
difendere la Repubblica. Dalla loro unione nasce Angelino e forse si
sposano ma i continui scontri rendono chiaro che ormai la Repubblica non sopravvive e avendo
anche difficoltà economiche, i due decidono di imbarcarsi per gli
Stati Uniti. Lascia quindi la direzione dell'ospedale
Fatebenifratelli di Roma a cui era stata nominata da Mazzini stesso e
da Cristina di Belgioioso.
Con
il marito e il figlio si imbarca quindi verso la sua patria natìa ma
il destino non è affatto clemente e la nave commerciale sulla quale
avevano rimediato un passaggio ben più economico delle navi di
linea, a pochi metri dal porto di New York, affonda dopo essersi
incagliato.
Annega
così Margaret Fuller a poche onde dall'approdo, dalla salvezza,
ingoiata dalle acque di un oceano che non lasciano scampo neanche a
suo marito e a suo figlio, né all'ultima sua creatura: Le
Cronache Romane.
Muore
a quarant'anni, vittima di un destino che l'ha resa grande,
indimenticabile e nonostante tutto comunque padrona del suo destino
se, come raccontano alcuni testimoni, negli ultimi momenti della sua
vita rimase bloccata come colta da rassegnazione e d'altronde essa
stessa più volte appellandosi alle altre donne, sosteneva che era un
impegno di tutte quello di impegnarsi ciascuna per la propria parte;
e la sua, lei, la fece egregiamente:
“Quante volte ancora dovrò raccontare su questo fatto, se vivrò ancora, cosa che non desidero affatto poiché sono molto stanca di battermi contro ingiustizie enormi; desidererei invece che qualche altra donna più giovane e forte di me si facesse avanti per dire ciò che andrebbe detto, o meglio ancora per fare ciò che andrebbe fatto”18...
“Quante volte ancora dovrò raccontare su questo fatto, se vivrò ancora, cosa che non desidero affatto poiché sono molto stanca di battermi contro ingiustizie enormi; desidererei invece che qualche altra donna più giovane e forte di me si facesse avanti per dire ciò che andrebbe detto, o meglio ancora per fare ciò che andrebbe fatto”18...
Note
__________________________________
__________________________________
1Margaret
Fuller, L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La
Grande Causa, a cura di Maristella Lippolis, traduzione di
Giuseppe Sofo, Ortica editrice, 2016, pag.89.
2Pag.
76.
3Pag.
61.
4Pag.
76.
5Ibidem.
6Pag.57.
7Pag.
119.
8Pag.120.
9Pag.
118.
10Pag.
67.
11Pag.
43.
12Pag.
56.
13Pag.
71.
14Pagg.
117-118
15Pag.
56.
16Pag.
43.
17Pag.
10.