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lunedì 30 ottobre 2017

Margaret Fuller- L'uomo contro gli uomini. La donna contro le donne. La grande causa.






L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La Grande Causa di Margaret Fuller ha un formato molto curato, si presenta come un libretto ma lo è tuttavia solo nell'aspetto, racchiude infatti un grande testo dai contenuti dirompenti, oggi e ancor di più allora, nell'800, stupefacentemente moderni tanto che alcune sue prospettive sono ancora lontane dall'essere recepite ed applicate.

Questo testo è qui tradotto, con molta cura e attenzione anche al lessico di genere, da Giuseppe Sofo, per la prima volta in italiano.
Qui puoi leggere il post sul film
Il testo è l'insieme delle lezioni che Fuller tenne a Boston nella libreria di Elisabeth Peabody tra il 1839-44 alle bostoniane (vi ricordate? Ne abbiamo parlato con questo film); stampate sul giornale trascendentalista The Dial nel 1943 e poi pubblicate in un unico volume nel 1845 con il titolo di “Woman of the Nineteenth Century” che in poche settimane le regalò il meritato successo editoriale.
Questo suo scritto, basato appunto sulle lezioni bostoniane, diventerà un testo di riferimento anche per Elisabeth Cady Stanton e compagne, alla base del Congresso di Seneca Fall del 1849.

E' considerato quindi il primo manifesto femminista americano. Un manifesto che a tutt'oggi presenta aspetti ancora attuali per le tematiche e gli spunti di riflessione e indagine che è in grado di suscitare.



Margaret Fuller analizza sì la condizione femminile, e non solo di quella statunitense ma anche di quella europea e dell'antichità, ricavandone non tanto i motivi culturali di assoggettamento, quanto le misure con le quali questa situazione può, e deve, evolversi affinché le donne stesse siano in grado di emanciparsi.

Quella di cui parla Fuller non è tuttavia una lotta da intraprendere contro il nemico- uomo ma bensì una crescita personale che la donna deve fare, un continuo lavoro da fare con se stesse per acquisire fiducia personale nelle proprie capacità, una presa di coscienza della donna: “la società dovrà essere educata e modificata da chi parla con autorità, non con rabbia e fretta1.

Fuller quindi auspica un'emancipazione della donna non con modalità violente, rabbiose ma con la fermezza di chi ha chiaro chi è e cosa vuole né dal voler però essere come un uomo “Se fossero libere (le donne), da sviluppare a pieno la forza e la bellezza propria delle donne, non desidererebbero mai essere uomini o come gli uomini"2.

La vera difficoltà secondo Margaret è proprio come arrivare a questo obiettivo: “la difficoltà sta nel portare al punto di sviluppare naturalmente il rispetto di se stesse e la domanda è come ottenere questo risultato3.



Le donne infatti “nella schiavitù, la schiavitù riconosciuta, le donne sono alla pari con gli uomini4 la donna è schiava quindi al pari dell'uomo ma perciò “come l'amico dell'uomo nero ritiene che un uomo non possa tenere un altro in prigionia, l'amico della donna dovrebbe ritenere che l'uomo non può per diritto, porre restrizioni alla donna neanche se con buone intenzioni5.

Fuller ritiene quindi che la donna si trovi nella stessa condizione di schiavitù che condiziona l'esistenza dei neri e delle nere e auspica una liberazione per entrambi, alle donne augura “di crescere come essere, di percepire come intelletto, di vivere liberamente come anima e, una volta priva di impedimenti, di sfruttare a pieno le facoltà che le furono assegnate6. E incalza “le donne devono smetterla di rivolgere agli uomini le loro richieste e di essere influenzate da loro, ma ritirarsi in se stesse, ed esplorare le fondamenta dell'esistenza finché non trovano il loro segreto originale. Allora quando riemergeranno, rinnovate e battezzate, sapranno come trasformare i rifiuti in oro7 quindi “lasciate che si liberi dalla pressione delle altre menti e che mediti in una solitudine illibata8.




La grandezza del suo pensiero investe però anche l'uomo perché come visto per Margaret Fuller l'uomo non è un nemico ma piuttosto un compagno che è anch'esso condizionato e limitato “anch'essi subiscono il giogo della schiavitù dell'abitudine9 infatti, continua “si può dire che neanche l'uomo abbia una vera opportunità, le sue energie sono represse e distorte dall'intervento di ostacoli artificiali ma egli ha creato da solo quegli ostacoli10 perchè se è vero che “per quanto compiuta solo in maniera imperfetta, (l'idea dell'uomo) lo è stata comunque molto più dell'idea della donna...11.


Analizza il matrimonio e delinea vari tipi di rapporti familiari presenti e auspicabili tra uomo e donna, fino a regalarci una sorprendente analisi sulla natura stessa del maschile e del femminile che risulta più moderna della concezione che é attualmente percepita o considerata.

Quindi la donna ma anche l'uomo devono evolversi in un continuo miglioramento di se stessi, da qui il titolo dell'opera, alla ricerca delle proprie inclinazioni e coltivando l'intelletto in una costante ricerca personale, un percorso che porta alla vera realizzazione personale ed intellettuale di ogni anima, esplicitata nella libertà, così che “il Divino ascenderebbe nella natura a un'altezza ignota per la storia delle epoche passate...per generare un'incantevole armonia12, “ci sarebbe armonia nella varietà, accordo nella differenza13.

Margaret Fuller d'altronde non voleva altro se non che la donna camminasse da sola “evitando di prendere cammini che non siano rischiarati dai suoi raggi. La vorrei libera dal compromesso, dalla compiacenza, dall'impotenza, perchè la vorrei abbastanza capace e forte da amare un essere e tutti gli esseri, nella pienezza e non nella povertà dell'esistenza14.

Vedeva un mondo in cui “ogni barriera fosse abbattuta. Vorremmo che ogni strada, ogni percorso, fosse libero e aperto per la donna quanto lo è per l'uomo15 perchè infatti “quando gli uomini cominciano a rendersi conto che non tutti gli uomini hanno avuto le stesse opportunità, essi sono propensi a dire che nessuna donna ha avuto una vera opportunità16.


L'autrice Margaret Fuller: Nell'introduzione, affidata a Maristella Lippolis troviamo delineata la figura di questa straordinaria donna, straordinaria perché quello che fece nella sua vita, e forse anche come finirla, lo scelse lei.

Il ritratto, appassionato e affettuoso, che ci regala Lippolis delinea una donna che ha lottato per scegliere e che rivendica la stessa libertà di scelta per ogni donna. Rifiuta infatti il ruolo di brava donna di casa perché ama lo studio e la letteratura e quando rimane orfana di padre, ed è l'unica a poter provvedere ai suoi fratelli e a sua madre, diventa maestra e insegna ad altre donne nella scuola di Almos Bronson Alcott, il papà di Louisa May Alcott, ma le continue aspettative che sua madre le addossa la spingono ancora di più a cercare una sua realizzazione personale, dopo anni di aiuti alla famiglia.
Viaggia e lascia i suoi ricordi in un'opera per la quale entra nelle sale della Biblioteca di Harvard, prima volta per una donna, e si documenta sui libri di viaggio.
Negli anni 1840 abbraccia a Boston la fede trascendentalista e diventa redattrice del suo organo di stampa, il giornale The Deal per il quale pubblica numerosi contributi tra cui quello che sarà la base del suo grande successo “Women of the Nineteeth Century” in cui teorizza l'autodeterminazione femminile17. Un concetto anche oggi assai lontano dal realizzarsi. In poche settimane l'opera è esaurita e deve essere ristampate più e più volte.

Margaret viene incaricata dal New York Tribune di occuparsi di cronaca e inchieste, diventando la prima giornalista a mantenersi con il proprio lavoro. Viene nominata reporter estera, prima donna, e mandata a Londra, Parigi dove diventerà amica di Mazzini e poi a Roma allo scoppio della rivoluzione del '48.
A questa sua esperienza dobbiamo ciò che ci rimane delle cronache di quei giorni concitati, di lotte e sangue che devastarono Roma.

Ma proprio in questi giorni di violenza e morte Margaret invece conosce l'amore, l'aristocratico Angelo Ossoli che rinnegando le sue radici aristocratiche aveva scelto di far parte della Guardia civile e difendere la Repubblica. Dalla loro unione nasce Angelino e forse si sposano ma i continui scontri rendono chiaro che ormai la Repubblica non sopravvive e avendo anche difficoltà economiche, i due decidono di imbarcarsi per gli Stati Uniti. Lascia quindi la direzione dell'ospedale Fatebenifratelli di Roma a cui era stata nominata da Mazzini stesso e da Cristina di Belgioioso.

Con il marito e il figlio si imbarca quindi verso la sua patria natìa ma il destino non è affatto clemente e la nave commerciale sulla quale avevano rimediato un passaggio ben più economico delle navi di linea, a pochi metri dal porto di New York, affonda dopo essersi incagliato.

Annega così Margaret Fuller a poche onde dall'approdo, dalla salvezza, ingoiata dalle acque di un oceano che non lasciano scampo neanche a suo marito e a suo figlio, né all'ultima sua creatura: Le Cronache Romane.
Muore a quarant'anni, vittima di un destino che l'ha resa grande, indimenticabile e nonostante tutto comunque padrona del suo destino se, come raccontano alcuni testimoni, negli ultimi momenti della sua vita rimase bloccata come colta da rassegnazione e d'altronde essa stessa più volte appellandosi alle altre donne, sosteneva che era un impegno di tutte quello di impegnarsi ciascuna per la propria parte; e la sua, lei, la fece egregiamente:
Quante volte ancora dovrò raccontare su questo fatto, se vivrò ancora, cosa che non desidero affatto poiché sono molto stanca di battermi contro ingiustizie enormi; desidererei invece che qualche altra donna più giovane e forte di me si facesse avanti per dire ciò che andrebbe detto, o meglio ancora per fare ciò che andrebbe fatto18...

Note
__________________________________

1Margaret Fuller, L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La Grande Causa, a cura di Maristella Lippolis, traduzione di Giuseppe Sofo, Ortica editrice, 2016, pag.89.
2Pag. 76.
3Pag. 61.
4Pag. 76.
5Ibidem.
6Pag.57.
7Pag. 119.
8Pag.120.
9Pag. 118.
10Pag. 67.
11Pag. 43.
12Pag. 56.
13Pag. 71.
14Pagg. 117-118
15Pag. 56.
16Pag. 43.
17Pag. 10.
18Pag. 17.





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venerdì 27 ottobre 2017

Un film di una donna a settimana per un anno?#52





#52 Angeli d'Acciaio



Si conclude con il cinquantaduesimo film la rubrica di OG “un film di una donna a settimana per un anno”, ispirata alla campagna #52FilmsbyWomen della Women Film Festival, WIF.

Un anno fa l'inizio, e non sembra proprio passato così tanto, e concludiamo riprendendo il filo iniziale con questo film, capostipite un po' del genere, sulle rivendicazioni dei diritti delle donne.
Nato per la tv americana, per la regia di Katja Von Garner e sceneggiato da Sally Robinson, è uscito nel 2004 e ha fatto incetta di premi tra cui miglior attrice non protagonista e nomination come miglior film tv.

Nel cast attrici del calibro di Hilary Swank che sfiora il Golden Globe Award come miglior attrice protagonista, che poi vinse l'Oscar per Million Dollar Baby, Anjelica Huston, miglior attrice non protagonista, Frances O' Connor e Patrick Dempsey.


Trama: Siamo negli Stati Uniti nei primi del'900 e le donne stanno ancora cercando di farsi prendere sul serio dalla politica che, rimasta indifferente alle rivendicazioni ottocentesche delle donne per il suffragio femminile, ha da tempo invece riconosciuto diritti alle persone di colore.
Una nuova generazione di suffragette si fa avanti cercando inizialmente di coordinare un'azione con la “vecchia guardia” di femministe come Carrie Chapman Catt. Presto però le differenze di approccio alla rivendicazione per il diritto di voto delle donne saranno tali per cui le “nuove leve”, capeggiate da Alice Paul, Hilary Swank, creeranno una loro base e movimento: il Partito Nazionale delle Donne- National Women's Party, nel 1916.


Alice Paul infatti usa mezzi ritenuti troppo aggressivi da Carrie Chapman, fondatrice della Associazione Nazionale per il Suffragio delle Donne Americane- NAWSA : cortei, manifestazioni, dimostrazioni con volontarie da ogni parte del paese e perfino amazzoni a cavallo che sconcertano l'ala più tradizionalista del movimento convinta ancora dei mezzi “classici” delle petizioni e raccolte firme. 

Alice Paul e Lucy Burns iniziano invece un picchetto costante e organizzato davanti alla Casa Bianca finché il presidente Wilson non decide di porre fine con la forza della polizia a queste manifestazioni che scatenano risse e sommosse. Le suffragette infatti vengono derise, insultate, malmenate mentre la polizia fa finta di non vedere le violenze.


Le attiviste vengono arrestate per occupazione di suolo pubblico ma una volta in prigione subiscono vessazioni e soprusi e quando la stessa Alice Paul finisce dentro, la situazione degenera ulteriormente.
Alice inizia lo sciopero della fame, seguita dalle sue compagne, a questo punto la direzione penitenziaria, dopo metterla in isolamento nel reparto di malattie mentali, la alimenta a forza con sondini che dal naso raggiungono lo stomaco, provocando lacerazioni evidenti sul corpo di Alice e delle sue compagne.
Aiutata da una secondina però le violenze del carcere arrivano sui giornali nazionali, che le rinominano sì angeli ma dalle mascelle d'acciaio (titolo originale) e lo scandalo è inevitabile, anche lo scoppio della Guerra non riuscirà a metterlo in secondo piano, anzi la condizione femminile è ormai mutata proprio in base alla guerra e questa è una realtà ormai evidente per tutta la società...finalmente, seppur fino all'ultimo voto, nel 1920 le statunitensi ottengono il diritto di voto, con grande soddisfazione anche delle suffragette più tradizionaliste.

Scelto perché: questo film come detto è stato il capostipite anche del più recente “Suffragette”, ambientato durante le rivendicazioni politiche inglesi, che tanto ha colpito l'opinione pubblica e rilanciato anche in questi ultimi tempi il tema sui diritti delle donne.

Credits: screenshot by opportunitàdiGenereOg
in base all'art. 70 Legge sulla protezione diritto d'autore 633/41
e successive modifiche

OG ci teneva quindi, dopo aver iniziato proprio con Suffragette questo percorso cinematografico dedicato alle donne, a concludere con una sorta di fil rouge ideale anche perché “Angeli d'acciaio” ha ispirato proprio l'esperienza e la nascita di Opportunità di Genere fin dai tempi universitari. Notate affinità cromatiche? Non sono affatto casuali, i colori di OG furono proprio ispirati da quelli delle suffragette di Alice Paul.



Titolo: Angeli d'Acciaio
Titolo originale: Iron Jawed Angels
Anno: 2004
Durata: 123 min.
Nazionalità: USA
Regia: Katja Von Garnier
Sceneggiatura: Sally Robinson
Cast: Hillary Swank, Angelica Hudston, Francis O' Connor, Patrick Dempsey.




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martedì 24 ottobre 2017

Dagli Stati Uniti all'Italia. L'attualità delle 'Raccomandazioni' di Alma Sabatini




Un recente studio di una laureata statunitense Alice H. Wu ha messo in luce quanto il linguaggio sia connesso agli stereotipi o meglio quanto gli stereotipi di genere si trovino nel linguaggio e di come questo influenzi la condizione femminile soprattutto nel settore lavorativo.

La tesi di Wu1 si è concentrata sull'analisi delle espressioni usate con riferimento al genere femminile all'interno di un sito riservato a professionisti del campo economico usato per scambiarsi opinioni ed informazioni sul loro ambiente professionale e nel tempo è diventato un vero e proprio punto di riferimento non solo per “addetti ai lavori” ma anche semplicemente per coloro che vogliono conoscere gli argomenti sui quali i professionisti economici si confrontano.
La laureanda, oggi dottoranda alla Harvad University, identificando il testo quando riferito ad una donna grazie a pronomi come “lei, di lei...”, ha potuto evidenziare che le espressioni relative alle colleghe erano tutt'altro che afferenti l'economia ma piuttosto al turpiloquio con termini come: sesso, “baby”, appetitosa, focosa, bella, sexy, prostituta...
In parallelo ha poi usato la stessa tecnica per svolgere la ricerca prendendo questa volta in esame le espressioni riferite agli uomini ed i risultati sono stati esattamente l'inverso, infatti ha trovato associate al genere maschile parole estremamente professionali come amministratore, matematico e il contesto in cui venivano usate profondamente positivo, riferito agli obiettivi e perfino al Nobel.
Analizzando poi più in generale le discussioni legate al genere maschile e a quello femminile, Wu ha notato che i discorsi riferiti agli uomini si incentravano sulla carriera e sui colloqui mentre quelli riferiti alle donne si basavano sulla situazione personale, sentimentale o sull'apparenza fisica.


L'aspetto più interessante di questo studio, che ha suscitato parecchio scandalo negli Stati Uniti con l'interessamento di tv e giornali2, è il nesso che Wu ha notato tra i termini legati alla valutazione delle donne in ambito economico e la loro sotto-rappresentanza in questo ambiente, risultato estremamente sessista e in cui appunto le donne non solo sono numericamente inferiori ma non occupano posizioni apicali neanche nelle Facoltà di materie economiche. 


Il problema della scarsa presenza delle donne nell'ambito economico è in realtà ben nota e monitorata fin dal 1973 grazie all'iniziativa dell'American Economic Association, secondo cui non solo in un ventennio la percentuale di dottorande in materie economiche non è aumentata ma addirittura la frazione di laureate in economia sta diminuendo.
Eppure questa constatazione linguistica che Wu é riuscita ad evidenziare rispetto alla valutazione e quindi alla posizione delle donne americane nel settore economico ha suscitato tante critiche e sollevato malcontento, per una condizione invece suffragata da tempo anche da dati e ricerche e sorprende soprattutto perché si riferisce ad una società da sempre un esempio sull'evoluzione delle tematiche legate alle donne ma è pur vero che questo ci dimostra quanto gli stereotipi nel linguaggio siano permeati nella realtà anche di quelle società culturalmente avanzate.
D'altronde Alma Sabatini nelle “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” già ci diceva che “L'uso di un termine anziché di un altro comporta una modificazione nel pensiero e nell'atteggiamento di chi lo pronuncia e di chi lo ascolta3 e infatti la realtà femminile anche in Italia non è migliore degli stessi Stati Uniti. 
In effetti le donne italiane lo sanno bene visto che a guardare il punto di vista economico, le donne a parità di mansione guadagnano meno come un recente studio del CENSIS ha ben messo in evidenza e secondo cui in media una lavoratrice guadagna il 16% in meno rispetto ad un suo collega e la percentuale sale al 33% in meno di guadagno se si guarda alle manager ai vertici.
L'aspetto che lo studio americano ha messo in luce, ed è l'aspetto che più ha creato sconcerto, è proprio la relazione tra il linguaggio usato nei confronti delle donne e la loro valutazione professionale che viene penalizzata dal pensiero sessista dietro le parole usate e che impedisce loro di poter far carriera negli ambienti economici, di poter arrivare ai vertici, a oltrepassare il così detto “soffitto di cristallo”.

In Italia ugualmente abbiamo avuto fino ad ora una mancanza di rappresentatività anche in alcune cariche istituzionali come le amministrazioni comunali o parlamentari che hanno generato, e generano, difficoltà ad usare termini professionali declinati al femminile, basta ricordarsi all'indomani delle più recenti elezioni amministrative, ad esempio nelle città di Roma e Torino, il vocabolo di 'Sindaca' che ancora dopo un anno risulta di difficile assimilazione anche per gli addetti alla comunicazione come giornalisti e giornaliste di tv o giornali4. D'altronde la presenza delle donne nei mass media  sottolinea un gap di rappresentanza femminile, soprattutto in tv dove la presenza femminile in qualità di esperte di tematiche specifiche e soprattutto di argomenti ritenuti prettamente appannaggio di discernimento maschile come materie economiche, scientifiche e politiche è irrisoria rispetto a quella degli uomini chiamati a dare opinioni e consigli5.
La presenza di una donna in interviste, trasmissioni tv infatti supera di poco la percentuale del 30% rispetto a quella di un uomo spesso invitato in qualità di esperto: nei telegiornali la presenza femminile è pari al 22% quando si tratta di opinion maker o intervistate e al 25% se la si considera come protagonista della notizia o solo al 14% come esperta nei Telegiornali, mentre è del 28% se si considerano i soli programmi di approfondimento informativo dove le donne vengono proposte come intervistate o newsmaker, secondo lo studio, commissionato dalla Rai, che l'Osservatorio di Pavia ha evidenziato in una ricerca di due anni fa 6.

Come si vede quindi anche in Italia la scarsa presenza delle donne in settori apicali che siano istituzionali o manageriali o in generale nel mondo del lavoro, è strettamente legata al linguaggio con cui ci si riferisce alle donne, con cui si interagisce con le donne perché come Patrizia Violi7 ci insegna il genere manifesta un profondo simbolismo, le parole quindi veicolano significato e simbolismo che a loro volta creano e alimentano significati e simbolismi contribuendo pienamente a sviluppare l'immaginario collettivo.La parola è una materializzazione, un'azione vera e propria8 ci ammoniva Sabatini nel 1987 ma a leggere queste ricerche possiamo dire che di azioni ne abbiamo fatte poche e che ci manca tanto da fare per attuare quei cambiamenti anche linguistici specchio di una realtà sociale che ad oggi dopo trent'anni dal lavoro di Alma Sabatini fatica a rivolgersi alle Istituzioni più importanti del Paese come alla Presidente, alla deputata o più semplicemente alla Avvocata o Notaia perchè non é stata recepita una dimestichezza con questi termini, perchè le donne non hanno mai ricoperto se non da poco e in alcuni casi da pochissimo tempo quei ruoli occupati esclusivamente dagli uomini fino a un non breve tempo fa e che fanno “suonare male” la concordanza quando ad una professione, che tanto più è in alto più tanto suona strana, si associa il genere femminile.
Non solo, in questi anni  si è verificata  per di più quella che Giuliana Giusti9 chiama "la china peggiorativa", infatti spesso con il tempo parole che si riferiscono a categorie svantaggiate, di cui indubbiamente fanno parte le donne soprattutto in campo lavorativo, hanno assunto una connotazione peggiorativa, negativa che ne evita l'uso in favore, spesso, di un maschile inclusivo ritenuto più prestigioso.

Trent'anni fa in Italia si é cercato di analizzare l'importanza del linguaggio nel suo impatto nella società rispetto alla condizione femminile e accanto al lavoro di Alma SabatiniIl sessismo nella lingua italiana”, infatti incontriamo altre opere attente alla questione linguaggio-donne pensiamo a Elena Gianini Bellotti con “Dalla parte delle bambine” in cui analizza attraverso il linguaggio come ci si rivolge alle bambine e ai bambini, evidenziando preconcetti e stereotipi che poi condizionano le aspettative riservate all'uno o all'altro genere fin dall'infanzia. Una disamina che poi riguarderà anche i libri di testo scolastici con il progetto Polite in cui gli editori erano chiamati a prestare attenzione agli stereotipi che i testi per le scuole proponevano, purtroppo un progetto a lungo disatteso.
Alma Sabatini con la sua opera propulsiva e ancora capo saldo di riferimento attuale, ci invitava quindi all'azione tramite il linguaggio, ci invitava al cambiamento, un invito però a tutt'oggi ancora poco accolto e quindi sempre attuale e che riguarda tutte e tutti ed a lungo auspicato10.






Note:

1 La Tesi “Gender Stereotyping in Academia: Evidence from Economics Job Market Rumors Forum” è reperibile all'indirizzo 
https://www.dropbox.com/s/v6q7gfcbv9feef5/Wu_EJMR_paper.pdf?dl=0


3 Sabatini A., “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, estratto da “Il sessismo nella lingua italiana” a cura di A. Sabatini, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna, 1987.

4 L'associazione di giornaliste Gi.ULiA da anni rivendica la necessità di un linguaggio di genere per la categoria giornalistica; a luglio del 2014 ha presentato una guida, curata da Cecilia Robustelli, in collaborazione con l'Accademia della Crusca su “Donne, grammatica e media”: 
http://www.accademiadellacrusca.it/sites/www.accademiadellacrusca.it/files/page/2014/12/19/donne_grammatica_media.pdf

5 Per una più ampia considerazione dell'immagine della donna in tv e nei mass media in Italia e all'estero, si veda l'articolo: http://www.ingenere.it/articoli/il-gender-gap-dellinformazione

6 Si veda a tal proposito il documento “Monitoraggio sulla rappresentazione femminile 2015” dell' Osservatorio di Pavia http://www.osservatorio.it/rai-monitoraggio-sulla-rappresentazione-femminile-2015/

7 Patrizia Violi è Professora ordinaria di Semiotica all'Università di Bologna.

8 Sabatini A., “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, estratto da “Il sessismo nella lingua italiana” a cura di A. Sabatini, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna, 1987.


Giuliana Giusti è Professora ordinaria di Linguistica all'Università di Venezia Ca' Foscari.

10 Si vedano i tanti richiami anche da parte dell'Accademia della Crusca, come ad esempio:
e il volume di Cecilia RobustelliSindaco e sindaca: il linguaggio di genere” , volume n.4 della collana “l'Italiano, conoscere e usare una lingua formidabile” dell'accademia della Crusca in collaborazione con  il Gruppo GEDI (La Repubblica, La Stampa...); in edicola dal 14/10/2017.
o L'Enciclopedia Italiana Treccani:




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venerdì 20 ottobre 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #51



#51 The Young Victoria




Restiamo in Inghilterra anche questa settimana per parlare di un film del 2009 che ci parla di una delle Regine più longeve e amate della Storia, una delle poche che compare da sempre sui testi scolastici e riempie scaffali da secoli!.

Parliamo infatti della Regina Vittoria il cui regno fu uno dei più lunghi e la sua figura di sovrana ha influenzato un'intera epoca. Il film ci narra dei suoi primi anni di regno, delle titubanze, incertezze fino all'amore con Albert che sarà il suo degno compagno di vita e regno. il film vinse l'Oscar per i costumi nel 2010.



Trama:
La giovane Vittoria è una ragazza quando apprende che il Re Guglielmo IV muore lasciando il trono d'Inghilterra vacante...lei è l'erede destinata a ricoprire il trono ma la sua giovane età crea malcontento e preoccupazione non solo presso il Governo ma anche a Corte. Lei stessa è impaurita dalla responsabilità che le spetta tuttavia non ci pensa a fare un passo indietro ma è pienamente consapevole del suo ruolo che vorrà adempiere nei migliori dei modi.

Nel frattempo sua madre prende la reggenza finché la ragazza non avrà la maggiore età e occuperà il suo tempo a prepararsi ai suoi doveri e responsabilità. In Europa si comincia a pensare a darle un marito capace di guidarla e nella più profonda tradizione diplomatica e aristocratica si comincia a fare rose di nomi di principi da proporre.

Anche suo zio il Re Leopoldo I del Belgio vuole farle conoscere il Principe Alberto che intanto viene educato ai gusti e alle preferenze della futura regina così che l'incontro tra loro possa andare per forza bene.
Tra i due effettivamente nasce subito una grande intesa ma soprattutto perchè Vittoria capisce quanto il Principe Alberto al di là della preparazione che gli hanno fornito sui suoi gusti musicali, di lettura...sia per lei una fonte di confronto e crescita quando sono semplicemente loro stessi senza forzature.
Iniziano a scriversi anche se Vittoria comincia anche a doversi difendere dagli intrighi di Palazzo che sua madre stessa le prepara per andare incontro al suo amante che vuole a tutti i costi che sua madre detenga il potere il più al lungo possibile.
Il tempo passa e Vittoria studiando e preparandosi arriva alla maggiore età sentendosi pronta a prendere le redini del suo Stato grazie anche a suo marito Albert che le resta accanto e che nonostante sia visto come uno straniero in realtà appoggerà sempre riforme e iniziative politiche nel solo favore del regno inglese. I due saranno indivisibile e affronteranno le prove e le bellezze che la vita riserverà loro dall'attentato contro Vittoria alla nascita dei loro figli...


Scelto perchè:
La Regina Vittoria è una delle poche protagoniste femminili che i libri di storia ricordano e celebrano e la sua vita personale e politica soprattutto è un grande esempio ancora oggi in cui le donne faticano ad accedere alle istituzioni e alla vita politica.



Titolo: The Young Victoria
Nazionalità: UK
Duarata: 100 min
Anno: 2009
Regia: Jean Marc Vallée
Produzione: Martin Scorsese, Sarah Ferguson
Cast: Emily Blunt, Rupert Friend, Miranda Richardson




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martedì 17 ottobre 2017

Non solo Rosa...





Molte grandi scrittrici erano anche appassionate di giardino, dei propri giardini che curavano con passione e attenzione proprio come le loro opere letterarie.
Virginia Woolf ad esempio e il suo a Monk's House o ancora Beatrix Potter nella sua tenuta del Distretto dei Laghi o ancora Vita Sackville West che oltre a scrivere raffinati romanzi impiegò la sua attività creativa anche progettando veri e propri giardini, come quello della sua residenza di Sissinghurst Castle meritandosi l'elogio e l'ammirazione di molti professionisti giardinieri (oggi diremmo paesaggisti). Tenne anche una rubrica settimanale di giardinaggio per l'Observer e per quindici anni si impose al pubblico anche come esperta giardiniera tanto che ancora oggi è un punto di riferimento anche per i vivaisti contemporanei.

A lei si deve la riscoperta nel giardino abbandonato quando acquistò il Castello nel 1931, di una rosa molto antica che ora porta il nome della sua tenuta, Sissinghurst Castle appunto. Il suo giardino divenne infatti fonte di ispirazione anche per i suoi contemporanei appassionati, coltivatori, fiorai tra cui Costance Spry, la flower designer talmente brava che ricevette l'incarico nel 1956 per gli addobbi per i festeggiamenti dell'incoronazione di Elisabetta II d'Inghilterra.

Costance iniziò la sua carriera casualmente come vetrinista di una profumeria di un amico negli anni '20 ma il suo successo fu immediato e costante, infatti rivoluzionò le regole della composizione floreale. Oggi è praticamente normale trovare centritavola, addobbi, bouquet con diversi elementi ma ciò che per noi è ormai acquisito in realtà lo dobbiamo a lei, alla sua creatività e al coraggio che ebbe di sfidare le regole che fino ad allora si usavano per il flower design.
Costance infatti ideò, per la prima volta, composizioni che contemplavano oltre ai fiori di stagione anche tutti gli altri elementi che il periodo stagionale offriva come frutti, ortaggi e foglie, abbinamenti che riscossero subito molto consenso e l'avviarono con successo al mestiere di flower design a cui ancora oggi dobbiamo molto. 
Alla sua morte, nel 1960 David Austen, un istituzione tra i creatori di rose inglesi, le dedicò una sua nuova creazione, una rosa a coppa dal colore chiaro e profumatissima che appunto chiamò Costance Spry. Lo stesso Austen quest'anno ha dedicato la sua nuova creazione ad un'altra artista: Vanessa Bell, arredatrice e pittrice di fine ottocento, nonché sorella di Virginia Woolf.

E poteva mancare una rosa dedicata a Jane Austen nel suo duecentesimo anniversario? No di certo ed infatti dall'Inghilterra ecco la rosa Jane Austen dal colore pastello, un albicocca delicato e dal profumo intenso.

Ma anche il nostro paese, altrettanto dedito ed apprezzato per i suoi giardini e giardiniere-i, deve molto alle donne.


A Roma, il noto roseto comunale è stato ideato dalla Contessa Mary Gayley Senni che sul Colle Oppio negli anni trenta del '900 dedicò acri alle rose più preziose e istituì in quell'occasione il prestigioso premio di Roma nel quale la rosa più bella tra le nuove create viene, ancora oggi, premiata da una giuria internazionale.
Il roseto però fu poi distrutto durante il conflitto mondiale e solo successivamente ripristinato nella sua sede attuale all'Aventino e impreziosito da nuove e rare specie di rose, ad oggi ci sono più di mille esemplari da tutto il mondo.

Rosa tipo Tudor, "Lea" Renaissance.



Quest'anno ecco la rosa dedicata ad Anna Molinari, pensata in onore della fondatrice del noto marchio di moda Bluemarine che da quarant'anni fa grande il nome del Made in Italy anche all'estero.
Nel 2011 un vivaista di San Remo, e dove senno?, ha dedicato una sua rosa alle madri costituenti per festeggiare i 150 anni della Repubblica italiana, chiamandola “Donne d'Italia”; nello stesso anno in Veneto un innestatore ha dedicato una sua nuova creazione alla giornalista Ilaria Alpi e quest'anno ha pensato di omaggiare una delle poete più importanti del panorama italiano per quanto purtroppo poco nota.


Rosa "Mamma mia" Courtyard.
Moderata Fonte, Modesta Pozzo de' Zorzi, infatti fu una poeta molto apprezzata e nota nella Repubblica Veneziana del '500. Sua il Merito delle donne in cui un gruppo di amiche si ritrova a casa di una di loro, Leonora che vedova le ospita nella sua casa, una villa ereditata da una zia che non aveva mai voluto sposarsi e lì lontane da occhi e orecchie indiscrete le amiche si sentono libere di confidarsi e parlare. Così si apprende quanto la condizione femminile è sacrificata e subordinata ai voleri e condizionamenti degli uomini, fossero essi padri, fratelli o mariti e la mancanza di un'istruzione é ciò che pregiudica loro una vera libertà. Leonora, ad un certo punto auspica addirittura il ritorno delle amazzoni ma la più anziana smorza ogni richiamo alla guerra e le riporta alle loro riflessioni che si possono racchiudere nella frase che Corinna, la più rivoluzionaria tra le amiche, ad un certo punto afferma: Libero cor nel mio petto soggiorna, non servo alcun, né d'altri son che mia”.*
La rosa Moderata Fonte, la novità del 2017 è di un rosa intenso e delicato.



* M. Fonte, “Merito delle Donne. Ove chiaramente si scuopre quanto siano esse degne e più perfette de gli uomini”, 1600, pag. 12.





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