Amelia Jenks
nasce nello stato di New York a Homer in una famiglia puritana e numerosa, il
27 Maggio 1818 dal commerciante Ananias e da sua moglie Lucy Webb.
Le notizie sulla
sua prima infanzia ed istruzione, come quella delle eroine più classiche, è avvolta
dal mistero, poche infatti sono le
notizie, perfino suo marito ha poche informazioni ma sappiamo che ha ricevuto i
suoi primi rudimenti dalla mamma, così come anche i suoi altri sei tra sorelle
e fratelli per poi successivamente frequentare una scuola pubblica. D’altronde
come ci ricorda suo marito, nelle memorie che lui stesso si incarica di
pubblicare alla morte della moglie, ad una donna era richiesto giusto di saper
leggere e scrivere quel tanto che bastava per la sufficienza. Ciò però non le impedì all’età di circa diciassette
anni di diventare insegnante e per almeno due anni esercitare questa
professione; in seguito diventa governante presso la casa di Chamberlain dove
accudirà i ragazzi della casa e dove conoscerà
il giovane studente di legge, Dexter Chamberlain Bloomer che fonderà il
giornale “Il Corriere di Seneca County”.
Dopo un periodo
di fidanzamento, il 15 Aprile del 1890 si sposano e già al ricevimento durante
i festeggiamenti, Amelia va fiera e ricorda a tutti che durante i voti, ha
omesso la parola “obbedisco” prevista invece ineluttabilmente nella formula matrimoniale per le donne.
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Inizialmente spronata
dal marito a scrivere sul suo giornale, accetta di collaborare agli articoli ma
in modo anonimo ma non si tira indietro invece nel trattare i temi che riteneva
importanti, dagli aspetti sociali a quelli morali a quelli politici.
Dopo essere entrata nel movimento della Temperanza e aderito alla Società femminile della Temperanza nel 1848, decide con altre donne di dar vita ad un giornale in cui le donne possano esprimersi visto che le donne nell’associazione religiosa potevano assistere alle riunioni, ascoltare ma non esprimere delle proprie idee o commenti. Questa iniziativa però incontrando da subito difficoltà, lasciò Amelia sola ma facendo di lei la prima donna editrice e proprietaria di un giornale, oltretutto per donne. Il giornale intitolato “Lily” fu dato alle stampe nel 1849, dai suoi fogli Amelia iniziò a scrivere trattando i primi temi sulla condizione delle donne anche grazie ai contributi di una Elisabeth Cady Stanton, figlia dell’eminente giudice Daniel Cady, che si firmava come “Girasole” e da Lucretia Mott: “E’ la donna che parla attraverso Lily. Riguarda un tema importante, che essa possa parlare in pubblico per essere ascoltata...”[1].
Dopo essere entrata nel movimento della Temperanza e aderito alla Società femminile della Temperanza nel 1848, decide con altre donne di dar vita ad un giornale in cui le donne possano esprimersi visto che le donne nell’associazione religiosa potevano assistere alle riunioni, ascoltare ma non esprimere delle proprie idee o commenti. Questa iniziativa però incontrando da subito difficoltà, lasciò Amelia sola ma facendo di lei la prima donna editrice e proprietaria di un giornale, oltretutto per donne. Il giornale intitolato “Lily” fu dato alle stampe nel 1849, dai suoi fogli Amelia iniziò a scrivere trattando i primi temi sulla condizione delle donne anche grazie ai contributi di una Elisabeth Cady Stanton, figlia dell’eminente giudice Daniel Cady, che si firmava come “Girasole” e da Lucretia Mott: “E’ la donna che parla attraverso Lily. Riguarda un tema importante, che essa possa parlare in pubblico per essere ascoltata...”[1].
Aderisce alla
chiesa episcopale di cui farà parte per cinquant'anni, e cioè fino alla sua
morte, e da subito comincia a “predicare” che alcuni passaggi della Bibbia con
soggetto le donne erano stati mal interpretati, poiché la donna è compagna del
suo “fratello” nel governare e nella salvezza della razza.[2].
É grazie al suo
lavoro, al suo giornale e alla entusiastica ricerca di nuove collaborazioni che si deve l’incontro di una straordinaria coppia di amiche e
collaboratrici che tanto con il loro concorso hanno dato a tutte le
donne, il “binomio” tra Elisabeth Cady Stanton ed Susan B. Anthony che si
incontrarono nel 1850 quando la Anthony arrivò a Seneca Falls per
partecipare ad una convention sulla schiavitù.
E
se agli inizi i suoi articoli tendono a mantenere una certa moderazione, la sua
partecipazione alla convention di Seneca Falls, seppur come semplice uditrice
che non firmò alcuna dichiarazione o proposta, la colpì profondamente tanto che
anche il suo apporto al giornale divenne più deciso: “...più tardi altri casi
mi vennero sottoposti, molto simili tra loro che mi diedero la piena
consapevolezza della crudeltà della legge riguardo alle donne, e quando la
Convention per i Diriti delle Donne mise in chiaro i suoi sentimenti e
indirizzi, ero pronta a schierarmi con questa parte per domandare questo
sostanziale cambiamento della legge in favore delle donne per dar loro un
diritto ad ereditare, e ai loro figli un’opportunità più ampia di impiego e una
migliore educazione, e anche un diritto che protegga i loro interessi alle
urne.”.[3]
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Amelia
era una donna che sperimentò anche su se stessa la fattibilità di una nuova
condizione per la donna, spronata dal marito diventato direttore delle poste di
Seneca Falls, diventa il suo vice e rimane quasi compiaciuta dalle sue capacità
da lavoratrice rendendosi conto che effettivamente una donna non aveva alcun
impedimento concreto che potesse giustificare l’esclusione delle donne dal
mondo del lavoro. Ma Amelia era anche amante della moda e della cucina e ai
suoi impegni più serrati e principali del giornale e delle conferenze amava
partecipare anche ad incontri di cucina e di costume e proprio un episodio
legato alla moda rese un importante servizio al suo giornale e alla sua
popolarità.
Dalle pagine di Lily , Amelia prende le difese di Elisabeth Smith Miller, figlia del riformatore Smith, venuta a Seneca per trovare sua cugina Elisabeth Cady Stanton con un abbigliamento di ispirazione orientale: pantaloni alla turca con una gonna più corta sopra, abbigliamento condiviso dalla stessa Stanton e Bloomer, che trovandolo molto comodo lo adottò per ben otto anni. Questo abbigliamento tuttavia fu molto criticato e la polemica di “costume” che, riguardando le donne acquista subito anche valenza di fatto sociale appropriato o meno, viene ripresa dal più importante New York Tribune rendendo il nome e il giornale di Amelia noto al punto che le sottoscrizioni a Lily moltiplicarono.
Dalle pagine di Lily , Amelia prende le difese di Elisabeth Smith Miller, figlia del riformatore Smith, venuta a Seneca per trovare sua cugina Elisabeth Cady Stanton con un abbigliamento di ispirazione orientale: pantaloni alla turca con una gonna più corta sopra, abbigliamento condiviso dalla stessa Stanton e Bloomer, che trovandolo molto comodo lo adottò per ben otto anni. Questo abbigliamento tuttavia fu molto criticato e la polemica di “costume” che, riguardando le donne acquista subito anche valenza di fatto sociale appropriato o meno, viene ripresa dal più importante New York Tribune rendendo il nome e il giornale di Amelia noto al punto che le sottoscrizioni a Lily moltiplicarono.
Raffigurazione del "Costume alla Bloomer" |
In un primo momento Amelia fu lusingata e sfruttò lo scandalo-controversia, passata alla storia proprio come il “costume alla Bloomer” ma poi si rese presto conto che in realtà in questo modo si offuscavano temi più importanti trasferendo l’attenzione altrove rispetto a questioni fondamentali come il miglioramento dell’educazione per le donne, della maggiorazione dei salari delle donne, cioè si perdeva di vista la questione dei “Diritti delle Donne”.
Nel
1852 all’incontro delle Figlie della Tolleranza, a Rochester, dove lei fu
segretaria insieme a Susan B. Anthony e presidente Stanton, sollevò il
tema del diritto della donna di divorziare da un marito alcolizzato “crediamo
che gli insegnamenti dati alla moglie dell’alcolizzato, l’inculcarle il senso
del dovere- [...]- ha fatto molto nel promuovere e aggravare i vizi e i crimini
di una società che cresce nell’intemperanza. L’alcolismo è terreno per un
divorzio e ogni donna che è strozzata da un ubriacone deve poter tagliare il
laccio: e se lo fa, la legge dovrebbe sostenerla, specialmente se ha dei
bambini”.[4]
L’anno seguente partì, insieme ad altre
rappresentanti femministe tra cui Susan B. Anthony, per un ciclo di conferenze nello
Stato di New York che la portò in lungo e in largo, da Brooklyn a Sing Sing dal
Broadway Tabernacle al Metropolitan Hall, nelle quali volle spronare le donne a
prendere coscienza della loro situazione ritenendole corresponsabili delle
privazioni sociali sofferte: “[...] la donna non è senza colpa in questa faccenda,
mentre l’uomo tentava di costringerla all’obbedienza delle sue leggi, e rendeva
la donna dipendente da lui e un eco dei suoi pensieri, mentre l’uomo peccava così
enormemente usurpando questa grande prerogativa, la donna peccava altrettanto
enormemente sottomettendosi a questo potere.[...]. La donna dimentica che Dio
ci ha creati eguali, dimentica che il Padre Celeste non ha fatto l’uno per dominare
l’altro. Dimentica che lei è altrettanto necessaria alla felicità di lui quanto
lui alla felicità di lei. Sono stati creati per lavorare mano nella mano, per
sopportare equamente il peso della vita [...]”[5].
Successivamente
si trasferì in Ohio con il marito che aveva avuto un nuovo incarico ma continuò
nel suo impegno editoriale, visto che nel frattempo il suo giornale, Lily, era
diventato a tiratura nazionale ma questo comunque non le impedì tuttavia di
doverlo vendere qualche anno più tardi ancora con il trasferimento della coppia in Iowa e ciò condannò il suo giornale a chiudere i battenti nel 1890.
Spese
i suoi ultimi anni di vita costruendo chiese e impegnandosi in atti
caritatevoli ma non perse mai di vista le donne e i loro diritti, soprattutto
quello del suffragio anche in loro favore: “Un corrispondente mi chiede cosa
noi ed altre avvocatesse dei diritti delle donne vogliamo? Noi rispondiamo che
rivendichiamo tutti i diritti garantiti dalla Costituzione degli Stati Uniti ai
cittadini della Repubblica. Noi reclamiamo l’essere l’altra metà del popolo
degli Stati Uniti, e neghiamo il diritto dell’altra metà di svalutarci”. [6]
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Nel
1856 si indirizzò alla Camera dei rappresentati del Nebraska con un discorso
dopo il quale fu proposta una legge per il suffragio femminile che passò alla
Camera bassa e letta per tre volte al Senato ma poi, al momento sostanziale,
la seduta fu rimandata sine die e la legge si arenò per poi essere dimenticata.
Nel
1870 diventa la Presidente della "Società per il Suffragio delle Donne dell’Iowa" dando il suo personale contributo al codice legale dell’Iowa del 1873 che “aboliva
quasi interamente la separazione legale tra uomini e donne sposate in materia
di diritti di proprietà”[7]. Continuò quindi sempre ad
essere una figura di riferimento e di rappresentanza per il suo stato, l' Iowa, come nel 1869 all’incontro dell’Associazione Americana per l’Uguaglianza dei
diritti, a New York City, e a scrivere articoli, seppur non più a tiratura nazionale
ma sempre sostenendo e difendendo le sue idee e le necessità delle donne.
Perduta,
seppur per un breve periodo, la possibilità di parlare ma essedosi ripresa nel
1891, tentò di prendersi un periodo di riposo e svago con un viaggio in
Colorado dove, oltre agli amici e conoscenti, frequentò anche una casa di cura
per sottoporsi ai più moderni trattamenti che prevedevano sedute di terapia
elettrica. Da sempre di costituzione delicata non sopravvisse ad un attacco di
cuore che si verificò al ritorno dal suo soggiorno in Colorado, e morì in Iowa
il 30 Dicembre del 1894:
“ La sua vocazione per il movimento per il suffragio
femminile la rende una delle più eminenti donne americane del secolo. Il suo
nome è diventato strettamente legato ad ogni movimento di riforma per il
miglioramento e progresso della condizione femminile in questi ultimi cinquant’anni ". [8]
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[1]
BLOOMER D. C. , “Life and writing of Amelia Bloomer”, Boston, Arena Publishing Company, 1895. Republished 1976 by Scholary Press. Inc., pag. 42.
[2] Ivi, pag. 27.
[3]Ivi, pag. 47.
[4]
Ivi, pag. 87.
[5]
Ivi, pag. 104.
[6]
Ivi, pag. 158.
[7] JAMES T. Edward, JAMES WILSON Janet,
BOYER S. Paul, “Notable American Women,
1607-1950: A Biographical Dictionary, vol. 1”, Harvard University Press, 1971, pag. 181.
[8] BLOOMER D. C., “Life and
writings...”, Op. Cit., pag. 324.
Traduzioni a cura di Silvia Palandri
Bibliografia:
BLOOMER D. C. , “Life and writing of Amelia Bloomer”, Boston, Arena Publishing Company, 1895. Republished 1976 by Scholary Press. Inc.
JAMES T. Edward, JAMES WILSON Janet, BOYER S. Paul, “Notable American Women, 1607-1950: A Biographical Dictionary, vol. 1”, Harvard University Press, .
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