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martedì 27 maggio 2014

Amelia, che amava vestire alla turca

Almanacco del 27 Maggio:

diritti delle donne Stati Uniti 1800

Amelia Jenks nasce nello stato di New York a Homer in una famiglia puritana e numerosa, il 27 Maggio 1818 dal commerciante Ananias e da sua moglie Lucy Webb.

Le notizie sulla sua prima infanzia ed istruzione, come quella delle eroine più classiche, è avvolta dal mistero, poche infatti  sono le notizie, perfino suo marito ha poche informazioni ma sappiamo che ha ricevuto i suoi primi rudimenti dalla mamma, così come anche i suoi altri sei tra sorelle e fratelli per poi successivamente frequentare una scuola pubblica. D’altronde come ci ricorda suo marito, nelle memorie che lui stesso si incarica di pubblicare alla morte della moglie, ad una donna era richiesto giusto di saper leggere e scrivere quel tanto che bastava per la sufficienza. Ciò però non le impedì all’età di circa  diciassette anni di diventare insegnante e per almeno due anni esercitare questa professione; in seguito diventa governante presso la casa di Chamberlain dove accudirà i ragazzi della casa e dove conoscerà  il giovane studente di legge, Dexter Chamberlain Bloomer che fonderà il giornale “Il Corriere di Seneca County”.
Dopo un periodo di fidanzamento, il 15 Aprile del 1890 si sposano e già al ricevimento durante i festeggiamenti, Amelia va fiera e ricorda a tutti che durante i voti, ha omesso la parola “obbedisco” prevista invece ineluttabilmente nella formula matrimoniale per le donne.
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Inizialmente spronata dal marito a scrivere sul suo giornale, accetta di collaborare agli articoli ma in modo anonimo ma non si tira indietro invece nel trattare i temi che riteneva importanti, dagli aspetti sociali a quelli morali a quelli politici.
Dopo essere entrata nel movimento della Temperanza e aderito alla Società femminile della Temperanza nel 1848, decide con altre donne di dar vita ad un giornale in cui le donne possano esprimersi visto che le donne nell’associazione religiosa potevano assistere alle riunioni, ascoltare ma non esprimere delle proprie idee o commenti. Questa iniziativa però incontrando da subito difficoltà, lasciò  Amelia sola ma facendo di lei la prima donna editrice e proprietaria di un giornale, oltretutto per donne. Il giornale intitolato “Lily” fu dato alle stampe nel 1849, dai suoi fogli Amelia iniziò a scrivere trattando i primi temi sulla condizione delle donne anche grazie ai contributi di una Elisabeth Cady Stanton, figlia dell’eminente giudice Daniel Cady, che si firmava come “Girasole” e da Lucretia Mott: “E’ la donna che parla 
attraverso Lily. Riguarda un tema importante, che essa possa parlare in pubblico per essere ascoltata...[1].

Aderisce alla chiesa episcopale di cui farà parte per cinquant'anni, e cioè fino alla sua morte, e da subito comincia a “predicare” che alcuni passaggi della Bibbia con soggetto le donne erano stati mal interpretati, poiché la donna è compagna del suo “fratello” nel governare e nella salvezza della razza.[2].

É grazie al suo lavoro, al suo giornale e alla entusiastica ricerca di nuove collaborazioni che si deve l’incontro di una straordinaria coppia di amiche e collaboratrici che tanto con il loro concorso hanno dato a tutte le donne, il “binomio” tra Elisabeth Cady Stanton ed Susan B. Anthony che si incontrarono nel 1850 quando la Anthony arrivò a Seneca Falls per partecipare ad una convention sulla schiavitù. 
Bloomer fa incontrare due importanti femministe
Gruppo di bronzo che raffigura l'incontro promosso dalla Bloomer tra Elisabeth Cady Stanton e Susan B. Anthony in cui Amelia indossa i pantaloni alla turca. Scultura del Prof. Ted Aub: "When Anthony met Stanton".

E se agli inizi i suoi articoli tendono a mantenere una certa moderazione, la sua partecipazione alla convention di Seneca Falls, seppur come semplice uditrice che non firmò alcuna dichiarazione o proposta, la colpì profondamente tanto che anche il suo apporto al giornale divenne più deciso: “...più tardi altri casi mi vennero sottoposti, molto simili tra loro che mi diedero la piena consapevolezza della crudeltà della legge riguardo alle donne, e quando la Convention per i Diriti delle Donne mise in chiaro i suoi sentimenti e indirizzi, ero pronta a schierarmi con questa parte per domandare questo sostanziale cambiamento della legge in favore delle donne per dar loro un diritto ad ereditare, e ai loro figli un’opportunità più ampia di impiego e una migliore educazione, e anche un diritto che protegga i loro interessi alle urne.”.[3]
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Amelia era una donna che sperimentò anche su se stessa la fattibilità di una nuova condizione per la donna, spronata dal marito diventato direttore delle poste di Seneca Falls, diventa il suo vice e rimane quasi compiaciuta dalle sue capacità da lavoratrice rendendosi conto che effettivamente una donna non aveva alcun impedimento concreto che potesse giustificare l’esclusione delle donne dal mondo del lavoro. Ma Amelia era anche amante della moda e della cucina e ai suoi impegni più serrati e principali del giornale e delle conferenze amava partecipare anche ad incontri di cucina e di costume e proprio un episodio legato alla moda rese un importante servizio al suo giornale e alla sua popolarità.
Dalle pagine di Lily , Amelia prende le difese di Elisabeth Smith Miller, figlia del riformatore Smith, venuta a Seneca per trovare sua cugina Elisabeth Cady Stanton con un abbigliamento di ispirazione orientale: pantaloni alla turca con una gonna più corta sopra, abbigliamento condiviso dalla stessa Stanton e Bloomer, che trovandolo molto comodo lo adottò per ben otto anni. Questo abbigliamento tuttavia fu molto criticato e la polemica di “costume” che, riguardando le donne acquista subito anche valenza di fatto sociale appropriato o meno, viene ripresa dal più importante New York Tribune rendendo il nome e il giornale di Amelia noto al punto che  le sottoscrizioni a Lily moltiplicarono.

amelia Bloomer Costume
Raffigurazione del "Costume alla Bloomer"

In un primo momento Amelia fu lusingata e sfruttò lo scandalo-controversia, passata alla storia proprio come il “costume alla Bloomer” ma poi si rese presto conto che in realtà in questo modo si offuscavano temi più importanti trasferendo l’attenzione altrove rispetto a questioni fondamentali come il miglioramento dell’educazione per le donne, della maggiorazione dei salari delle donne, cioè si perdeva di vista la questione dei “Diritti delle Donne”.

Nel 1852 all’incontro delle Figlie della Tolleranza, a Rochester, dove lei fu segretaria insieme a Susan B. Anthony e presidente  Stanton, sollevò il tema del diritto della donna di divorziare da un marito alcolizzato “crediamo che gli insegnamenti dati alla moglie dell’alcolizzato, l’inculcarle il senso del dovere- [...]- ha fatto molto nel promuovere e aggravare i vizi e i crimini di una società che cresce nell’intemperanza. L’alcolismo è terreno per un divorzio e ogni donna che è strozzata da un ubriacone deve poter tagliare il laccio: e se lo fa, la legge dovrebbe sostenerla, specialmente se ha dei bambini”.[4]  

L’anno seguente partì, insieme ad altre rappresentanti femministe tra cui Susan B. Anthony, per un ciclo di conferenze nello Stato di New York che la portò in lungo e in largo, da Brooklyn a Sing Sing dal Broadway Tabernacle al Metropolitan Hall, nelle quali volle spronare le donne a prendere coscienza della loro situazione ritenendole corresponsabili delle privazioni sociali sofferte: “[...] la donna non è senza colpa in questa faccenda, mentre l’uomo tentava di costringerla all’obbedienza delle sue leggi, e rendeva la donna dipendente da lui e un eco dei suoi pensieri, mentre l’uomo peccava così enormemente usurpando questa grande prerogativa, la donna peccava altrettanto enormemente sottomettendosi a questo potere.[...]. La donna dimentica che Dio ci ha creati eguali, dimentica che il Padre Celeste non ha fatto l’uno per dominare l’altro. Dimentica che lei è altrettanto necessaria alla felicità di lui quanto lui alla felicità di lei. Sono stati creati per lavorare mano nella mano, per sopportare equamente il peso della vita [...][5]
per i diritti delle donne, suffragio femminile

Successivamente si trasferì in Ohio con il marito che aveva avuto un nuovo incarico ma continuò nel suo impegno editoriale, visto che nel frattempo il suo giornale, Lily, era diventato a tiratura nazionale ma questo comunque non le impedì tuttavia di doverlo vendere qualche anno più tardi ancora con il trasferimento della coppia in Iowa e ciò condannò il suo giornale a chiudere i battenti nel 1890.

Spese i suoi ultimi anni di vita costruendo chiese e impegnandosi in atti caritatevoli ma non perse mai di vista le donne e i loro diritti, soprattutto quello del suffragio anche in loro favore: “Un corrispondente mi chiede cosa noi ed altre avvocatesse dei diritti delle donne vogliamo? Noi rispondiamo che rivendichiamo tutti i diritti garantiti dalla Costituzione degli Stati Uniti ai cittadini della Repubblica. Noi reclamiamo l’essere l’altra metà del popolo degli Stati Uniti, e neghiamo il diritto dell’altra metà di svalutarci”. [6]

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Nel 1856 si indirizzò alla Camera dei rappresentati del Nebraska con un discorso dopo il quale fu proposta una legge per il suffragio femminile che passò alla Camera bassa e letta per tre volte al Senato ma poi, al momento sostanziale, la seduta fu rimandata sine die e la legge si arenò per poi essere dimenticata.

Nel 1870 diventa la Presidente della "Società per il Suffragio delle Donne dell’Iowa" dando il suo personale contributo al codice legale dell’Iowa del 1873 che “aboliva quasi interamente la separazione legale tra uomini e donne sposate in materia di diritti di proprietà[7]. Continuò quindi sempre ad essere una figura di riferimento e di rappresentanza per il suo stato, l' Iowa, come nel 1869 all’incontro dell’Associazione Americana per l’Uguaglianza dei diritti, a New York City, e  a scrivere articoli, seppur non più a tiratura nazionale ma sempre sostenendo e difendendo le sue idee e le  necessità delle donne.

Perduta, seppur per un breve periodo, la possibilità di parlare ma essedosi  ripresa nel 1891, tentò di prendersi un periodo di riposo e svago con un viaggio in Colorado dove, oltre agli amici e conoscenti, frequentò anche una casa di cura per sottoporsi ai più moderni trattamenti che prevedevano sedute di terapia elettrica. Da sempre di costituzione delicata non sopravvisse ad un attacco di cuore che si verificò al ritorno dal suo soggiorno in Colorado, e morì in Iowa il 30 Dicembre del 1894: 

La sua vocazione per il movimento per il suffragio femminile la rende una delle più eminenti donne americane del secolo. Il suo nome è diventato strettamente legato ad ogni movimento di riforma per il miglioramento e progresso della condizione femminile in questi ultimi cinquant’anni ". [8]


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[1] BLOOMER D. C. , “Life and writing of Amelia Bloomer”, Boston, Arena Publishing Company, 1895. Republished 1976 by Scholary Press. Inc., pag. 42.
[2] Ivi, pag. 27.
[3]Ivi, pag. 47.
[4] Ivi, pag. 87.
[5] Ivi, pag. 104.
[6] Ivi, pag. 158.
[7] JAMES T. Edward, JAMES WILSON Janet, BOYER S. Paul, “Notable American Women, 1607-1950: A Biographical Dictionary, vol. 1”,  Harvard University Press, 1971, pag. 181.
[8] BLOOMER D. C., “Life and writings...”, Op. Cit., pag. 324.


Traduzioni a cura di Silvia Palandri



Bibliografia:

BLOOMER D. C. , “Life and writing of Amelia Bloomer”, Boston, Arena Publishing Company, 1895. Republished 1976 by Scholary Press. Inc.


JAMES T. Edward, JAMES WILSON Janet, BOYER S. Paul, “Notable American Women, 1607-1950: A Biographical Dictionary, vol. 1”, Harvard University Press,                    .

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sabato 17 maggio 2014

La curva stregata di Maria Gaetana


Almanacco del 16 Maggio:

ritratto di Maria Gaetana Agnesi, Museo della Scala, Milano.



MARIA GAETANA AGNESI
È
LA FAMOSA
DI SCIENZE E DI LETTERE DOTTRINE
LA ELETTA
LETTRICE DI MATEMATICHE
NEL CELEBERRIMO MASSIMO ARCHIGINNASIO
DI BOLOGNA
LA DONNA CHE INVECE
DI SEDERSI PLAUDITA
SU CATTEDRE IN AULE MAGNE
AMÒ
CELARSI BENEDETTA PIETOSA
NELL’AURE MESTE DI OSPEDALI
ASSISTENDO CONSOLANDO CURANDO
INFERMI
__________
AD ENCOMIO
DI VITA DAL CIELO SI CAREZZATA
BASTA IL NARRARE



Così inizia l’Elogio scritto per lei nel 1800 nell’opera Elogio alla celebre italiana Maria Gaetana Agnesi dal Marchese Carlo Pepoli, quindi accogliendo il suo invito, passiamo a narrare.
e alla sua curva
Il doodle di Google dedicato alla studiosa


Maria Gaetana Agnesi, nasce a Milano il 16 Maggio 1718, la sua nascita è foriera di una famiglia numerosa, numerosissima, avrà infatti altri venti tra fratelli e sorelle, tra cui la altrettanto nota compositrice Maria Teresa Agnesi Pagnotti. La sua è una famiglia benestante grazie al commercio della seta e anche se, come da tradizione l’istruzione era stata riservata ai maschi,  Maria Gaetana dimostrandosi da subito quello che oggi si chiamerebbe un enfant prodige, ancora adolescente studiò ben sei idiomi arrivando a conoscere l’inglese, il francese, l’ebraico, il greco, il latino e lo spagnolo, oltre alla sua madre lingua italiana.

Queste sue capacità straordinarie richiamarono in casa gli ospiti più importanti che amavano frequentare il salotto di casa Agnesi anche attirati dalle doti eccezionali della piccola Maria Gaetana che, “con una fermezza e costanza che sembra interdirsi al suo sesso,[1] riusciva a spiegare i passi più difficili degli autori classici, arrivando appena diciannovenne a stendere ben 191 tesi in materia di filosofia, botanica, matematica, logica, meccanica che verranno prima decantate al cospetto del salotto di casa Agnesi per intrattenere, stupire e meravigliare gli illustri ospiti e poi date alle stampe con il titolo di “Propositiones Philosophicae” nel 1738 e che spesso rivendicavano anche per le donne il diritto allo studio di cui Maria Gaetana diventava emblema reale.

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A ventanni si dedicò prettamente agli studi di natura matematica, dopo che aveva espresso il desiderio di entrare in convento per farsi monaca ma che le fu impedito solo dalla malattia del padre, Pietro Agnesi, professore di matematica all’Archiginnasio di Bologna, che fu sostituito proprio da Maria Gaetana almeno per un periodo, infatti Maria Gaetana per accudire suo padre nella malattia rinunciò ai voti e optò per una vita riservata e comunque in relazione con la Chiesa.
Frontespizio delle "Istituzioni Analitiche".
Così grazie anche ai contatti di illustri prelati come il professore Ramiro Rampitelli si avvicinò alle più moderne tesi di algebra e matematica dell’epoca che le permisero di stendere altrettante tesi che le valsero il plauso europeo, con le  “Istituzioni Analitiche ad uso della gioventù italiana” infatti Maria Gaetana ricevette i più alti onori e riconoscimenti, l’opera edita in Italia nel 1748, fu tradotta nel 1775 in francese e in inglese nel 1801. Collegata al traduttore della versione inglese dell’opera di Maria Gaetana, c’è un errore che ha fatto nascere un imprecisione riguardo ad un’altra opera di Agnesi, l’introduzione al “Trattato analitico delle sezioni coniche” del marchese de l'Hôpital che tuttavia Maria Gaetana aveva scritto sì ma mai voluto pubblicare. La sua traduzione ha creato un falso “storico” se così si può dire, in questa opera infatti Maria Gaetana discuteva una curva che ribattezzò Versiera, probabilmente riprendendo un termine matematico già usato a Pisa agli inizi del 1700, ma fu interpretata come “avversiera” e in inglese di conseguenza tradotta come strega, witch, ma l’errore si diffuse e anche nella traduzione spagnola, che riprende non l’originale ma la traduzione inglese, la curva di Agnesi è denominata Witch of Agnesi. Ancora oggi.
L’opera "Le Istituzioni analitiche" fu dedicata alla regina Maria Teresa, infatti la Milano in cui Maria Gaetana nacque si trovava allora sotto l’impero asburgico, e ciò le valse l’invio di un anello di diamanti e lodi dal Papa Benedetto XIV , che le offrì la cattedra a Bologna che però Maria Gaetana rifiutò perché dopo la morte del pare scelse di abbandonare gli studi “pose in non cale, e libri e penna e carta;”[2] .
la curva denominata Witch of Agnesi.


Si dedicò da questo momento in poi alla vita ritirata, alla meditazione, allo studio delle Sacre Scritture, alla preghiera e soprattutto alla vita caritatevole, infatti vendette molti suoi averi, tra cui proprio l’anello di diamanti della Regina Maria Teresa d’Austria per finanziare l’apertura di un ospedale per persone con problemi psichici, dovendo rinunciare invece alla casa paterna che nel frattempo aveva adibito a rifugio di malati e indigenti.
Con l’apertura del Pio Albergo Trivulzio, nel 1771, a Milano per opera del principe don Antonio Tolomeo Trivulzi, l’arcivescovo di Milano, Pozzobonelli offre a Maria Gaetana il ruolo di direttrice del reparto femminile del Pio Albergo, così divenne Visitatrice e Direttrice delle Donne, specialmente inferme.
Spese quindi nella carità e cura dei più poveri e ammalati il resto dei suoi anni senza però rinunciare allo studio seppur delle Sacre Scritture che le valsero altrettanto rispetto tanto che lo stesso arcivescovo di Milano a volte si confrontava con Maria Gaetana stessa che rifiutò però sempre invece ogni altro coinvolgimento nello studio e divulgazione delle matematiche:  “Quanto perdette la scienza da questo suo volontario abbandono, non può disconoscerlo chi si è addentrato nelle opere sublimi sortite dal suo ingegno![3] “... quindi ci resti solo il cordoglio del danno immenso che desse soffrirono da quel suo volontario abbandono, ...[4].

Maria Gaetana si spense a Milano, al servizio del Pio Albergo e dei suoi ospiti, nel 1796, il 9 Gennaio. Si spense una delle più illustri, amate e onorate figure che l’Italia abbia mai avuto, colei che dotata di intelletto straordinario lo mise al servizio di tutti portando lustro alla patria sì ma soprattutto al genere femminile: “ volossene colla sua bell’anima nel regno de’ giusti, lasciando nell’angoscia e nel lutto non solo la Patria, ma tutta Europa![5], “Voi gentili progressiste di Europa stupefatte e meravigliate rimarrete, nel leggere le virtù sublimi che adornarono Una del vostro gentil sesso, intendo dire dell’Agnesi, onore non solo delle Femmine Italiane, ma del mondo civilizzato”.[6]


 
busto di Maria Gaetana Agnesi, al Palazzo di Brera.




[1]Ricciarelli R. M. – “Elogio alla celebre italiana Maria Gaetana Agnesi” (1860), pag. 6.
[2] Ivi, pag. 10.
[3] Ibidem..
[4] Ivi, . 11.
[5] Ibidem.
[6] Ivi, pag. 1.

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mercoledì 7 maggio 2014

La donna che fu solo una donna, volle essere qualcuno ma morì perché Uomo di Stato.

Almanacco del 7 Maggio:

rivoluzione francese
Olympe de Gouges consegna i suoi Appunti patriottici al Re e alla Regina



Dire chi era Olympe De Gouges non è affatto facile, si potrebbe iniziare a dire che era Marie, innanzitutto, nata il 7 Maggio 1748 a Montauban. Nata da Anne- Olympe Mouisset e dal noto e facoltoso scrittore Le Franc de Pompignan ma crebbe col marito della madre, il macellaio Pierre Gouze.
Ma Marie nasce ancora nel 1766 quando ad un anno dal matrimonio con un cuoco e dalla nascita di suo figlio Pierre, a poco meno di vent’anni, prende il nome di Olympe de Gouges e nonostante Marie abbia ricevuto un’istruzione sommaria, Olympe di contro scrive opere teatrali, frequenta i salotti e i maggiori intellettuali della sua epoca, grazie al supporto economico del suo nuovo marito more uxorio, dopo la morte del suo precedente coniuge, l’imprenditore Jacques Biétrix de Rozières che la porta a Parigi, nel cuore degli eventi culturali e poi rivoluzionari.

Olympe, così come Marie, sa che nel suo sangue scorre patrimonio di scrittore e trova la sua espressione nella composizione di opere, dapprima culturali ma poi con l’avvento rivoluzionario con opere politiche volte non solo  più ad educare il popolo sulla condizione femminile, scrive ad esempio nel 1786 la pièceLe Mariage inattendu de Chérubin” in cui denuncia la barbarie dei matrimoni combinati, ma ora volte a spronare l’iniziativa popolare.

Nasce una nuova Olympe, ancora.

Nel 1788 scrive la sua prima opera politica indirizzata direttamente ai francesi in cui propone la creazione di una cassa patriottica per ridurre il debito pubblico, come lo chiameremmo oggi. E non si fermerà più; cambierà spesso residenza per seguire da vicino gli avvenimenti più salienti e stare sempre lì dove c’è fermento politico.

Olympe ormai ha abbandonato l’occitano, ha dimostrato a Marie di saper parlare francese, ha dimostrato a tutti di essere una valente compositrice di opere teatrali che vengono rappresentate e dalla Commedie francese e da quella Italiana, una chimera per un autore qualsiasi figuriamoci per un’autrice. Ma Olympe è, e sarà, soprattutto capace di dimostrarsi una valente erede di un padre che non l’ha mai riconosciuta legalmente ma solo nei fatti e tanto però le bastò per sapere chi fosse, quanto valesse e per pretendere da tutti gli altri pari diritti, per tutte le donne.


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Stimolò, cercò, sperò, aspettò che la Rivoluzione portasse i suoi frutti di uguaglianza, un’uguaglianza reale, vera per tutti, che riconoscesse le differenze tra i sessi, le rispettasse e tutelasse, in quanto tra l’altro la Rivoluzione aveva visto anche le donne in prima linea lottare per la libertà e l’uguaglianza; la Rivoluzione era anche merito e lavoro loro; la Rivoluzione doveva qualcosa anche alle donne.
Ma come una figlia ingrata, la Rivoluzione proprio per quelle donne che si erano più esposte fu una gogna, quando andò bene, o il più terribile dei tribunali: inquisì, intimò  abiure e lì dove trovò resistenza ed orgoglio dispensò solo morte.

Olympe attese con speranza la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino ma non trovò corrispondenza con i suoi ideali ed aspettative, secoli prima di noi si accorse che la declinazione solo al maschile non includeva ma escludeva e sanciva; Olympie quindi decise che lei avrebbe rispettato, fatto rispettare il patto con le cittadine che la Rivoluzione aveva invece tradito.
Nei Diritti della donna e della cittadina si appella alla Regina e dà sfogo alla sua veemenza poiché essa stessa ammetterà di se’ “La natura ha messo nella mia personalità, la fierezza e l’audacia di un uomo coraggioso[1], infatti al I articolo postula che “La Donna nasce libera e mantiene parità di diritti con l’uomo[2] e da questa base muove, riprendendo articolo per articolo, i suoi diciassette articoli sui diritti e doveri delle cittadine francesi.In “Svegliati, donna!” annuncia: “...riconosci i tuoi diritti! L’uomo schiavo ha moltiplicato le forze ed ha avuto bisogno di ricorrere anche alle tue per spezzare le proprie catene. Diventato libero, si è mostrato ingiusto verso le sue compagne. O donne, donne![3].
Ma siamo solo nel 1791 e ancora molte cose devono accadere, ancora la Rivoluzione deve dare il suo “meglio” che uomini, sempre altri uomini, sceglieranno per lei, ancora le donne partecipano alle discussioni, ai fermenti di cambiamento che ancora ci sono, partecipano agli scontri, anche fisici, che ancora ci sono, perché la Rivoluzione è ancora creatura appena nata, va guidata, custodita, ancora può diventare tutto ciò per cui era nata, può dare il meglio di se’ e rispondere a tutte le più alte aspettative che quella Uguaglianza, Fraternità e Libertà racchiudono.

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la scrittrice dei diritti della donna e della cittadina
Ritratto di Olympe de Gouges, Alexandre Kucharsky, XVII secolo.
Ma basteranno pochi anni e tutto questo sarà annullato, spazzato via da un clima di paura e sospetti, preludio di un Terrore, quel terrore che mano a mano avrà scacciato via le donne dall’esercito, dai clubs, dalle associazioni e di lì a poco anche Olympe, la donna che aveva “voluto essere qualcuno”[4], Marie, “solo una donna”,  aprirà sul mondo intero i suoi occhi fieri per richiuderli per sempre, perché per Olympe “Nessuno dev’essere perseguito per le sue opinioni, per quanto radicali; come la donna ha diritto di salire al patibolo, così deve avere anche quello di salire alla Tribuna[5], per la Rivoluzione e i suoi figli e tiranni, invece tutti, quelli sì uomini e donne vengono perseguiti e condannati, a morte; l’unica avvertenza che la Rivoluzione sceglierà di seguire ed attuare: Olympe, Marie Gouze, de Gouges verrà ghigliottinata il 3 Novembre 1793 a Parigi, dopo mesi di prigionia e un processo sommario, la sua colpa: “ha voluto essere Uomo di Stato[6].



[1] De Gouges Olympe, “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, postfazione di Gaulier Emanuèle, Ed. il Melangolo, 2007, pag. 53.
[2] Ivi, pag. 19.
[3] Ivi, pag. 25.
[4] Coaì scriverà al figlio nei suoi ultimi giorni di vita in prigionia in attesa del processo.
[5] Ivi, pag. 21.
[6] Questo quanto scritto nel rapporto sulla morte di Olympe de Gouges del 14 Brumario, anno II della Repubblica.

Bibliografia:

De GOUGES Olympe, “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, postfazione di Gaulier Emanuèle, Ed. il Melangolo, 2007.


Opere su Olympe:

DE  GOUGES Olympe, “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, postfazione di Gaulier Emanuèle, Ed. il Melangolo, 2007.


CUTRUFELLI Maria Rosa, "La donna che visse per un sogno", ed. Frassinelli, 2008.

De GOUGES Olympe, "Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina", a cura di Udi Romana “La Goccia”, ed. Caravan,  2013.

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giovedì 1 maggio 2014

La medica che riuscì ad organizzarsi...


Almanaco del 1 Maggio:


era laureata in medicina e specializzata in chirurgia
Gustav  Klimt, "La Medicina". 


Clelia Lollini, nacque a Roma, il 1 maggio del 1890 da Vittorio Lollini, avvocato e deputato socialista e da Elisa Magnini, nota femminista e giornalista.
Condivise con le sue altre tre sorelle la possibilità di arrivare al massimo livello di studi; lei si laureò infatti in medicina come sua sorella Livia, specializzata in medicina del lavoro, mentre sua sorella Clara, fu una chimica; l’altra sua sorella Olga si laureò in giurisprudenza e calcò le orme del padre, aiutandolo a studio e occupandosi anche di questioni sindacali.

Clelia, dopo la laurea nel 1914, si specializzò in chirurgia, prestando poi la sua opera presso l’ospedale Militare di Venezia dal 1916 al 1918 come Sottotenente Medica, durante il primo conflitto mondiale. 

Nel 1919 partecipò a New York alla fondazione della “Medical Women’s InternationalAssociation” (MWIA), un’associazione internazionale di mediche nata con lo scopo di confrontarsi su tematiche comuni dato che all’epoca le donne con questa professionalità erano davvero poche e poco apprezzate, si calcola fossero in Italia quasi 200. 
organizzò un'associazione di medici donne
Clelia Lollini
Tornata in patria, nel 1921, Clara, forte dell'esperienza associativa trovata negli Stati Uniti, fonda la Associazione Italiana Donne Medico (AIDM), membro dal 1922 della stessa Medical Women’s Association.
L’associazione italiana ha lo scopo di valorizzare il lavoro delle mediche, favorirne l’interazione, collaborare con associazioni internazionali, per lo studio e l’analisi di malattie sociali soprattutto femminili e promuovere la formazione in campo medico- scientifico, incoraggiando l'accesso femminile alle Facoltà di Medicina. Ne fanno parte anche Maria Montessori e Myra Carcupino Ferrari che ne diverrà presidentessa per oltre un ventennio.

Nel 1922 partecipa alla formazione della Società Italiana per lo studio delle Questioni Sessuali in cui la questione della sessualità fu intesa come educazione e prevenzione delle malattie veneree, prestando direttamente la sua attività medica anche nelle case di tolleranza per effettuare i regolari controlli sanitari sulle prostitute.

Dal 1930 al 1938, specializzatasi in tisiologia, diresse il Consorzio Antitubercolare di Massa, si trasferì poi in Libia, dove morì nel 1963 a Tripoli, all'epoca colonia italiana, per dirigerne il Consorzio Antitubercolare offrendo la sua opera e la sua esperienza anche alle popolazioni del Nord Africa.

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Henri de Toulouse-Lautrec, "The Salon de la Rue des Moulins", 1894.