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giovedì 11 novembre 2021

Berthe Morisot. Le luci, le ombre- Adriana Assini




Berthe Morisot. Le luci, le ombre
Adriana Assini
Scrittura&Scritture





Berthe Morisot. Le luci, le ombre- Adriana Assini. Chi fu la più nota pittrice impressionista, tra gli impressionisti? Adriana Assini ne delinea le caratteristiche intime quelle di un carattere a volte indecifrabile, complesso, introverso con il sacro fuoco della pittura, eppure grazie al racconto di Assini, Berthe Morisot ci appare così coinvolgente, accessibile nei suoi pensieri e nelle sue voglie che convogliano sempre lì alla pittura, spauracchio della madre, soprattutto, che la vorrebbe ben maritata o comunque sistemata come si confà ad una donna nella Francia del XIX secolo.
Ma Berthe è "selvaggia" frequenta altri pittori più o meno apprezzati, più o meno risolti e come uomini e come artisti e con lei anche chi legge ha il privilegio di ascoltare i discorsi di Degas, Renoir, Monet, Pissarro, Manet...Assini infatti ci prende per mano e ci trasporta in una Parigi di fine ottocento tra le mura dei cafè, tra le scaramucce degli artisti e delle loro modelle ma anche tra il sangue dei vinti e la bagarre dei vincitori quando Thiers riprende il potere dopo l'esperienza della Comune così come tra i negozi dei primi grandi magazzini.
E sopra a tutto c'è lei, Berthe Morisot che con il suo carattere sornione, provocatorio e deciso sa solo che ciò che vuole è dipingere. 
Adriana Assini, sulla base di una grande ricerca storica ed artistica- che le appartiene in quanto apprezzata acquarellista- mai esibita ma che risalta dall'accuratezza dei dettagli e dai riferimenti, ci accompagna in una Parigi di fin de siècle dove una donna con l'arte sacra della pittura vuole perseguire il suo sogno, dare modo alla sua indole indomita e plasmata solo dalla pittura di darle forma e colore. Granitica e perseverante Berthe Morisot persegue la sua strada, una strada fatta di luci e ombre come quelle che ci vogliono per dipingere ma anche come quelle del suo carattere così enigmatico, dei chiari e scuri vividamente impressi nero su bianco da Adriana Assini in questo romanzo che non lascia dubbi né ombre: un viaggio in compagnia di Berthe Morisot, e dei suoi numerosi compagni di vita, che non si vorrebbe far finire.

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Berthe Morisot. Le luci, le ombre
Adriana Assini
ed. Scrittura&Scritture
2021
pagg. 223






  
COPYRIGHT dei contenuti dove non diversamente specificato

martedì 7 novembre 2017

Lo sguardo di Artemisia Gentileschi



Un anno fa si inaugurava a Roma, "Artemisia Gentileschi e il suo tempo" una delle mostre più importanti dedicate ad Artemisia Gentileschi perché per la prima volta il fulcro di tutta l'analisi artistica partiva da lei, era lei infatti l'artista a cui si sono ispirati altri pittori della sua epoca, a lei molti allievi hanno dovuto la loro tecnica per la prima volta è stata lei, la sua arte, ad essere celebrata e ricordata anche nella maestria altrui quale anello propulsore di artisti a venire.

Artemisia Gentileschi
Foto tratta
dalla riproduzione
del pannello d'entrata,
 introduttivo alla mostra.
OG non poteva perdersi una mostra così e solo ora ma dedica questo post alle sensazioni e riflessioni di quella visita alla mostra  in cui ho potuto incontrare lo sguardo di Artemisia...





Artemisia Lomi Gentileschi rappresenta la pittrice più nota di tutti i tempi ed è tale perché seppe crescere, nonostante una vita che la mise a dura prova, non solo come donna ma anche come artista, seppe coniugare l'esperienza esistenziale con quella pittorica.
Spesso la vita privata di Artemisia la condizionò ma sempre riuscì a ricavare del buono dalle nuove situazioni per quanto complicate e a far si che la sua arte seguisse la sua evoluzione.

Artemisia, nasce a Roma dove uno dei libri più famosi sul suo conto* la vuole testimone dell'esecuzione di un'altra donna romana con una storia per alcuni versi simile alla sua: Beatrice Cenci. Una giovane aristocratica vittima, come tutti gli altri membri della sua famiglia, della violenza paterna a cui un giorno cercano di porre fine ma vengono ferocemente accusati e giustiziati, anche Beatrice condannata alla decapitazione per decisione di Papa Clemente VIII in realtà interessato non tanto a far giustizia ma ad accaparrarsi gli averi di questa nobile famiglia romana. Beatrice verrà tenuta in carcere in attesa dell'esecuzione, la stessa carcere che vedrà qualche anno dopo la stessa Artemisia reclusa.
E' già brava Artemisia e la sua 'Susanna e i vecchioni' lo dimostra apertamente, mostra al mondo la sua bravura con i nudi femminili, una scena che racconta e che in qualche modo anticipa il suo destino. Dipinto solo un anno prima dello stupro che subirà, il quadro infatti narra di una giovane che è sconcertata, impaurita e infastidita dalle attenzioni di due uomini che la guardano nella sua totale intimità. L'anno dopo vede Artemisia contro il suo stupratore Agostino Tassi, famoso pittore anch'egli anzi fin troppo apprezzato visto che nonostante la condanna all'esilio dalla città eterna, costata ad Artemisia la reclusione alla Corte Savella e la tortura per dimostrare la veridicità delle accuse, non sconterà neanche un giorno grazie all'appoggio dei suoi illustri estimatori e protettori.

Artemisia quindi si vede costretta da una parte a prendere marito, il fiorentino Stiattesi, e dall'altra ad abbandonare Roma. Ma come detto, di necessità virtù, Firenze diventerà per Artemisia un'opportunità per crescere e farsi un nome, perfezionarsi nel disegno che non solo sarà comunque ben proporzionato ma anche giustamente narrativo ed ancora 'Susanna e i vecchioni' nella versione del 1622 lo dimostra, come lo dimostra la sua ammissione quale prima donna all'Accademia del Disegno di Firenze.
Artemisia cerca di superare lo stupro tramite il dipinto che realizza sul tema di Giuditta e Oloferne proprio l'anno dopo la denuncia in cui però la protagonista appare essere sempre e comunque lei anche nella versione di molti anni dopo (quello del 1622 agli Uffizi rispetto alla versione del 1613 a Capodimonte).
Che questa scena che sa ridarci così veritiera sia data dai suoi ricordi di Piazza Tor di Nona quando da bambina assistette alla decapitazione di Beatrice Cenci? Giuditta forse allora non è solo Artemisia ma è la vendicatrice di quelle donne che come lei erano state vittime di violenza maschile che per lei si chiamava Agostino ma che prendeva nella vita quotidiana di molte donne sue contemporanee, altri nomi e altre forme come quella che per Beatrice Cenci fu quella di un padre.
E Artemisia con suo padre, che le insegnò fin da piccola tutti i segreti tenendola a bottega a lei sola escludendo invece i suoi fratelli, ebbe anch'essa un rapporto difficile, tormentato dopo il processo se Artemisia infatti se ne dovette andare da Roma anche Orazio cercò riparo dall'onta altrove e mentre sua figlia viaggiando ora di ritorno a Roma, a Venezia, a Napoli ormai era diventata una pittrice nota ed apprezzata, la potè rivedere solo dopo molti anni in Inghilterra quando Artemisia accettò di andare dopo le insistenze del fratello Francesco.
A Londra Artemisia rivide suo padre, il grande artista ormai al tramonto dei suoi giorni e talenti, ammalato e affaticato ma pur sempre artista, impegnato comunque al servizio del Re Carlo I che anche Artemisia onorò aiutando suo padre negli impegnativi lavori commissionatigli.
Artemisia ormai è cittadina del mondo, artista internazionale, affermata pittrice che non teme più per la sua reputazione tanto meno per quella artistica quando torna di nuovo in Italia, costretta a fuggire dopo la decapitazione di Carlo I nel 1640, sceglie di andare nella città in cui si sente libera, Napoli.
La sua pittura ormai riflette la sua vita, matura, intensa come i suoi tratti, ormai Artemisia è affermata, affermatissima e accetta commissioni su commissioni ma non per se' ma per le sue figlie; sì perché nel frattempo suo marito è sparito, alla macchia ed è nata un'altra figlia, tutta sua nessuno tranne lei sa e saprà chi è il padre. Ma per lei le sue figlie sono uguali, sue e basta e a loro dedica i suoi ultimi anni di lavoro e di vita per garantire loro, come sarà, un buon matrimonio e una posizione sociale che le protegga e le garantisca.

Mostra di Artemisia Gentileschi, pannello espositivo d'entrata
Artemisia morirà a Napoli nel 1656 e la sua tomba sarà una fossa comune. A ricordarla ci pensano però le sue magistrali opere d'arte. 













* Il testo a cui mi riferisco è quello ormai "classico" di Alexandra Lapierre.





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venerdì 9 giugno 2017

Un film di una donna a settimana per un anno?#32



#32 Frida



Il film che OG vi propone questa settimana è dedicato a Frida Kahlo interpretata da Salma Hayek che è stata nominata come miglior attrice sia agli Oscar che ai Golden Globe nel 2002.
A ricordarla nella capitale anche una mostra fotografica della altrettanto grande Lucienne Bloch in “Lucienne Bloch: dentro la vita di Frida Kahlo” dove sono esposte oltre settanta foto che ritraggono la pittrice nella sua vita quotidiana ma anche nei suoi momenti più importanti. Alla thesign Galleria  di Roma, fino al 1 Luglio.



Trama:
La vita di Frida è allegra e spensierata fino a quando cambierà drammaticamente dopo un incidente alla schiena che la deturperà a vita e da cui con difficoltà riuscirà a riprendersi.
Durante la convalescenza, ferma a letto non potendo più camminare Frida vuole trovare comunque una via di riscatto, un'emozione per la quale continuare a vivere...inizia a dipingere sognando di poter contribuire anche alla condizione economica della famiglia. Nonostante tutte le previsioni avverse Frida torna a camminare ma il suo corpo non sarà più come prima.
Conosce l'amore nella persona di Diego Rivera il più grande pittore messicano dell'epoca a cui si era rivolta dopo la malattia per continuare a dipingere. Si sposano e Frida rimane incinta ma all'apice della sua carriera e vita personale, perde il figlio perché il suo corpo è al suo interno irrimediabilmente compromesso dai giorni dell'incidente adolescenziale.
Il matrimonio con Diego Rivera entra in crisi quando Frida scopre che il marito ha una relazione con sua sorella Cristina e si separano. La sua salute però è cagionevole e si ammala di bronchite ma Frida cerca di non farsi condizionare dalla sua situazione di inferma e addirittura pur di non mancare all'innaugurazione di una sua mostra personale, la prima nel suo paese, ci si fa portare con tutto il letto.

Frida infatti non ha mai mollato, è diventata una delle pittrici più famose del suo paese e non solo, è amata e apprezzata da tanti artisti prima fra tutti Tina Modotti con cui stringerà un'amicizia fortissima. Si è riavvicinata al marito dopo averlo perdonato e alla sorella; ha ricostruito la sua famiglia risposando Diego e la sua pittura che inevitabilmente è cambiata nel corso degli anni e degli eventi è amata in tutto il mondo e al di là del tempo. 

Frida si spegne placidamente rinnovando a Diego la sua promessa d'amore.



Scelto perché: Frida Kahlo è un punto di riferimento per le realtà femminili oltre che per le sue opere, in cui è capace di far rispecchiare anche i tormenti altrui, per essere riuscita a diventare quello che voleva essere ed anche per la tenacia con cui non si è mai arresa alle avversità della sua vita.


Titolo: Frida
Nazionalità: USA
Durata: 123 min.
Anno: 2002
Regia: Julie Taymor
Produzione: Sarah Green, Salma Hayek
Cast: Salma Hayek, Alfred Molina, Valeria Golino




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venerdì 3 febbraio 2017

Agli Uffizi pittrici sempre più in mostra



 
Plautilla  Nelli, "Madonna", XVI sec.
Da WikimediaCommons




La Galleria degli Uffizi lancia il nuovo programma per il 2017: dare più visibilità alle opere di artiste per invertire lo storico squilibrio di genere. 
L'annuncio arriva direttamente dal direttore del Museo, Eike Schmidt in una recentissima intervista ad una rivista inglese di arte. Si comincerà con la mostra dedicata alla prima donna fiorentina conosciuta come pittrice, la suora Plautilla Nelli (1523-1587) in occasione della giornata internazionale delle donne e che rimarrà aperta fino alla fine del mese di aprile. La mostra si incentrerà su una dozzina di opere attribuite e recuperate recentemente anche da chiese e conventi soprattutto domenicani, l’ordine in cui entrò Polissena, e da altri musei italiani. Sarà poi la volta di Palazzo Pitti che ospiterà per il mese seguente un’altra mostra dedicata questa volta all’artista femminista australiana Maria Lassing, fino a fine giugno.
Autoritratto della Tintoretta,
Museo del Prado, Madrid.
Da WikimediaCommons
Gli Uffizi sono il museo con la più ampia collezione di opere di pittrici antiche, tanto da poter riempire un’intera stanza, molte delle quali fanno parte della famosa collezione di autoritratti che occupa il corridoio vasariano, tra cui quello di Elisabeth Louise Vigée- Le Brun e la figlia del Tintoretto, detta appunto la Tintoretta: Marietta Robusti. 
Le opere erano visibili fino allo scorso anno solo con visite specifiche ora dato la chiusura del corridoio per ristrutturazione  sono inaccessibili ma torneranno visitabili a pieno godimento alla fine dei lavori di adeguamento infatti il corridoio diventerà parte integrante della visita con il solo biglietto ordinario della Galleria e non saranno più una visita a se stante. 
Potremmo quindi finalmente posare il nostro sguardo sul loro volto e ammirare il loro talento.




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giovedì 22 dicembre 2016

Un film di una donna a settimana per un anno? #8



Amy Adams è la pittrice Margaret Keane in Big Eyes.

credits: screenshot by Opportunità di Genere,
 in base all'art. 70  Legge sulla protezione del diritto d'autore 633/41 e successive modifiche.
Detentore del copyright The Weinstein Company




#8 Big Eyes


Siamo arrivati alla settimana di Natale e come tradizione vuole non c’è nulla di meglio che una bella favola anche se non proprio natalizia,  una favola moderna talmente surreale che solo un regista come Tim Burton poteva proporre ma è una favola diversa però anche da quelle a cui ci ha abituato il regista, è la storia vera di una pittrice a cui hanno rubato il talento. Margaret Keane infatti negli anni’50 divenne una delle artiste più quotate ed apprezzate nel mondo, dai galleristi ai collezionisti tra cui l’imprenditore italiano Dino Olivetti che fu tra i primi acquirenti famosi della pittrice; una storia talmente normale che è incredibile ma vera.

Trama:  Margaret Ulbrich (Amy Adams) lascia il marito e scappa con la figlia, rifugiandosi a Los Angeles dove inizia una nuova vita mantenendosi dipingendo e conosce Walter Keane durante un’esposizione in un parco cittadino, ne rimane affascinata e quando il primo marito la minaccia di toglierle la bambina decide di accettare la proposta di matrimonio di Walter con cui ormai si frequenta assiduamente. Walter infatti sembra proprio l’uomo giusto, pronto a sorreggerla e spronarla nella sua passione che è anche la sua. 
Lui è un sedicente pittore e  un grande venditore e in breve tempo riesce a far esporre le opere della moglie, ma non le sue, con un espediente… se le attribuisce, d’altronde la moglie, Margaret, firma con il solo cognome di Keane.  Dapprima Margaret non sa nulla ma poi inavvertitamente una sera se ne accorge e lo prega di non farlo più ma di riconoscerle il suo talento cosa che invece non avverrà. Il suo stile e i suoi soggetti: dei bambini e bambine con grandi occhi ma molto tristi catturano in pochi anni il pubblico e i divi di Hollywood assicurando alla famiglia Keane un’agiatezza insperata di cui Margaret è l’autrice in incognito. Quando le pretese del marito però si faranno troppo azzardate, costringendola a rinchiudersi in una stanza a dipingere fino ad addormentarsi, e soprattutto quando Margaret reclamerà una sua strada artistica, Walter rivelerà tutto il suo squallore che sfocerà nella violenza contro Margaret e sua figlia, tentando di bruciarle vive. Margaret scappa alle Hawaii e trova il coraggio, dopo dieci anni, di divorziare e soprattutto si rivolgerà alle autorità legali per avere finalmente giustizia: vedere riconosciuta la sua arte. Durante il processo dimostrerà infatti di essere lei e solo lei l’unica vera artista in grado di concepire e trasformare in quadri le sue emozioni.
Il marito Walter morirà nel 2000 povero e rancoroso senza aver prodotto mai più neanche un quadro. Margaret, tornata a San Francisco ha aperto una sua galleria e dipinge ancora ogni giorno.
Le sue opere sono ancora nei Musei e nelle collezioni private più importanti del mondo.

Scelto perché: Margaret stessa intervistata per il film dice di essere stata succube di un uomo affascinante che poi nei fatti si è rivelato un bugiardo e un violento e soprattutto era condizionata da una mentalità maschilista che ancora negli anni’50 era molto forte e riteneva il marito, il padre di famiglia il solo che decideva per tutti in modo incondizionato, così accettò seppur in un secondo momento che il marito si presentasse come l’artista “perché i quadri di una donna non li avrebbe comprati nessuno” le diceva. Questa storia, dice ancora la vera Margaret, “è stata importante raccontarla, perché la verità è venuta finalmente a galla. Spero che abbia aiutato chi vive situazioni difficili ad avere il coraggio di parlare, a chi sbaglia, di voltare pagina e cominciare da capo”.



Titolo: Big Eyes
Naz.: USA
Anno: 2014
Durata: 105 min.
Regia: Tim Burton
Produzione: Lynette HowellCast: Amy Adams, Christoph Waltz


Una buona favola, insolita, di Natale…





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Copertina del film Big Eyes la storia vera di Margaret Keane

autore: Opportunità di Genere
in base alla Legge sui diritti d'autore, art. 70 Legge 633/41 e modifiche.
 Detentore del copyright The Weinstein Company




mercoledì 30 novembre 2016

Un film di una donna a settimana per un anno? #5


Artemisia Gentileschi nel suo autoritratto nel film Artemisia passione estrema
Artemisia Gentileschi interpretata da Valentina Cervi
 mentre esegue il suo famosissimo autoritratto.
Dal web


# 5  Artemisia- Passione estrema



Si inaugura oggi a Roma la mostra dedicata alla pittrice più famosa, importante e conosciuta al mondo: "Artemisia Gentileschi e il suo tempo". Novanta quadri che raccontano, a Palazzo Braschi fino a maggio prossimo, l’artista italiana più amata al mondo.
Come quinto film per questa settimana quindi OG ha scelto “Artemisia Gentileschi- passione estrema” del 1997 con un’acerba ma già brava Valentina Cervi. Un film molto apprezzato per la ricostruzione storica degli ambienti e dei costumi anche all’estero, soprattutto in Francia e Germania.

Trama:
La sceneggiatura si basa sulla vita della giovane artista che unica in famiglia, rispetto ai fratelli, dimostra da subito un certo talento per la pittura che il padre Orazio, già affermato pittore, vuole coltivare tenendola a studio con lui, facendole preparare i colori e studiare disegno. Con questo stesso intento decide di farle approfondire lo studio prospettico con il migliore dei suoi colleghi, Agostino Tassi giunto a Roma per lavorare con lui ma ben presto Agostino rivolge le sue attenzioni ad Artemisia finchè un giorno abusa di lei. Ne nasce uno scandalo per l’intera città e un processo per stupro che vedrà Agostino Tassi incriminato e condannato. La vita privata e artistica di Artemisia prendono nuove strade che la porteranno a diventare l’artista più famosa ed apprezzata della sua epoca fino ai nostri giorni.
Scelto perché: Artemisia sfida la società della sua epoca volendo diventare un’artista, facendo scelte dure ma consapevoli e alla fine ci riesce nonostante i limiti e le conseguenze che la condizione sociale dei suoi tempi  riserva alle donne che vogliono semplicemente realizzarsi. Un esempio per tutte noi da più punti di vista: artistico, dimostrando che anche le donne hanno talento e privato, non subisce in silenzio ma denuncia e fa della sua rabbia e dolore un motivo di rivalsa  diventando quello che voleva essere.

Titolo: Artemisia -Passione estrema
Anno: 1997
Naz.: Francia, Germania, Italia
Durata: 99 min.
Regia: Agnès Merlet
Sceneggiatura: Agnès Merlet, Christine Miller
Cast: Valentina Cervi, Michel Serrault



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una scena del film Artemisia passione estrema, dedicato a Artemisia Gentileschi
Artemisia Gentileschi nel film 'Artemisia passione estrema'.
Dal web





giovedì 18 giugno 2015

Ernesta, la pittrice patriottica


Almanacco del 18 Giugno:


pittrice patriottica egregia nell'incisione
"Ernesta  Legnani  Bisi",  Eliseo Sala, 1843.



Ernesta Legnani in Bisi, fu un’artista di chiara fama e talento con una formazione accademica,  rara per le donne dell’epoca e una spiccata verve da patriota. Nata a Lugano o, per alcuni a Milano, nel 1788, il 18 Giugno, studiò incisione all’ Accademia di Brera con Giuseppe Longhi ma la sua realizzazione la trovò nella ritrattistica. Abile e dotata vinse nel 1810 il Premio di Disegno della stessa Accademia di Brera dove conobbe anche quello che di lì ad un anno sarebbe diventato suo marito, il Professore di pittura del paesaggio, Giuseppe Bisi, della nota e prestigiosa famiglia di pittori.

L’attività di Ernesta si espletò quindi soprattutto nei ritratti a cui amava dedicarsi specialmente quando come soggetti erano quelle figure da lei amate e stimate come Manzoni e con le quali condivideva anche e soprattutto un legame di velleità indipendentiste, così nacquero amicizie e simpatie tra lei e un’altra pittrice, Bianca Milesi Mijon, che le dedicherà “in pegno di cara e salda amicizia di cinque lustri ” la sua traduzione della biografia  “Prime Lezioni in Quattro tomi di Maria Edgeworth” nel 1834[1]. Un' altra importante amicizia  fu  la più nota Cristina Trivulzio di Belgiojoso, di cui sarà maestra di disegno e di cui eseguirà il ritratto suo e della madre, Vittoria dei Marchesi Gherardini. La sua simpatia per l’indipendenza  italiana la metterà in contatto con numerose delle così dette Giardiniere della Carboneria, tra cui la stessa Bianca Milesi, e con altri numerosi esponenti politici dell’epoca con cui scambierà opinioni, speranze  e rallegramenti, come quando scriverà a Cattaneo, nel 1848: “Venerdì, secondo giorno della nostra liberazione[2] e numerose altre lettere saranno poi scritte negli anni successivi anche dalla figlia maggiore Antonietta che seguirà, non solo a livello artistico, l’impronta della madre. Ernesta e Cattaneo si erano conosciuti durante le lezioni di giurisprudenza del Romagnosi, quando, intorno al 1820-1826, Carlo Cattaneo era ancora  un perfetto sconosciuto ma a quest’epoca risale proprio uno schizzo a carboncino della Busi di Cattaneo[3], firmato dall’autrice già affermata artista.
 
"Gaetana Agnesi", 1812, Ernesta Bisi
Ma come detto Ernesta era anche una fine incisora e infatti per la Pinacoteca del Palazzo Reale di Milano realizzò, su rame, riproduzioni di opere del Palma il Giovane, del Cavedoni, del Paris Borodone, del Francia e di Marco d' Oggiono tra il  1812-33 ma molto apprezzati erano anche i suoi Acquarelli.

Tra le sue opere vanno altresì ricordate le incisioni di Gaetana Agnesi e Vittoria Colonna su disegni di Maria Longhi per illustrare le “Vite e ritratti di illustri italiani” nel 1812.

Proprio in quegli anni tra il 1812 e 1813 Ernesta però aspetta la nascita della sua primogenita: Antonietta che viene alla luce nel 1813 e che come la mamma e il papà sceglierà una vita artistica che sarà però, come visto, più vicina alla sensibilità materna, Antonietta infatti si  dedicherà anch’essa ai ritratti nonché ad una posizione patriottica- indipendentista appunto come la madre Ernesta, scegliendo di ritrarre soprattutto i nobili liberali dell’aristocrazia milanese, quali  ad esempio Dandolo e Morosini.
Antonietta si perfezionerà nonostante abbia studiato con il padre e la madre, direttamente  all’Accademia di Brera sotto la guida di Hayez, che spesso era ospite dei coniugi Bisi e loro amico, la stessa Ernesta lo ritrarrà in uno schizzo a carboncino che è inserito nelle sue “Memorie” del 1849. Di diversa tempra e attitudine invece sarà la secondogenita Fulvia, nata nel 1818,  che, anch’essa dotata di talento artistico, sceglierà invece di seguire le orme del padre dedicandosi ai paesaggi.

Ernesta Bisi, morirà improvvisamente a Milano, il 13 Novembre 1859.






[1] FERRI Conte P.L., CASTRECA- BRUNETTI E., BANDETTINI T., “Biblioteca femminile italiana: raccolta, posseduta e descritta dal Conte Leopoldo Ferri”, 1842, Ed. Tipografia Crescini, pag. 236.
[2] AGLIATI Carlo, “Il Ritratto Carpito di Carlo Cattaneo”, 2002, Ed. CASAGRANDE, pag. 85.
[3] Ivi, pag. 40.



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giovedì 12 febbraio 2015

Katharine che dipinse e raccontò il proibito

Almanacco del 12 Febbraio:

Katharine in abiti cinesi.



Naceva oggi, la pittrice che raccontò e dipinse anche il proibito, scegliendo per sé una professione scomoda, non riconosciuta, che studiò con i grandi e che portò il suo talento al servizio dei reali del mondo ma che fu vittima dei pregiudizi della sua epoca che non seppe apprezzare mai fino in fondo la sua opera, pregiudicando il suo nome ai posteri. Lei fu, Katharine Augusta Carl.

Katharina A. Carl nasce il 12 Febbraio 1865 a New Orleans dal capitano Francis Augustus Carl e da Mary Breadon parente di Hester Bredon moglie di Sir Robert Hart a cui Katharina dedicherà le sue memorie cinesi.

Katharine aveva un fratello, Francis Augustus Carl, ufficiale del governo, lavorò fino alla sua pensione, nel 1912, per la Dogana della Imperiale Marina Cinese, intervenendo come delegato per la Cina nella Commissione internazionale dell’Oppio nel 1909 a Shanghai e ancora nel 1911.[1]

Rimasta orfana di padre, dopo la guerra di secessione, si sposta con la madre e il fratello a vivere in Tennessee, a Memphis ma partirà di lì a poco per Parigi dove è intenzionata a studiare arte per diventare pittrice. Nel 1878  quindi frequenta i corsi di Charles Louis Müller, membro dell’Accademia di Belle Arti di Parigi e dell’Istituto dei Francesi, da cui apprende soprattutto la tecnica ritrattistica. Dopo circa due anni però torna in Tennessee dove perfeziona i suoi studi presso l’Accademia Femminile Statale diplomandosi “Master of Art” nel 1882. Apre quindi un suo studio e laboratorio dove tiene anche lezioni d’arte. Nel 1884 tuttavia è di ritorno a Parigi per frequentare l’ Accadémie Julien, l’unica scuola di arte aperta alle donne e che consentiva di frequentare a uomini e donne, seppur in corsi separati, le stesse materie fin dalle basi: disegno e pittura, nudi inclusi. 
"In the Studio", in 'The Accademie Julien in Paris',
Marie Bashkirtseff, 1881. 

L’Accademia infatti preparava alla prestigiosa scuola delle Belle Arti che però rimaneva preclusa alle donne; mentre l’Accademia tuttavia riusciva ad offrire a tutti, uomini e donne, corsi di elevata qualità con i più importanti pittori ed insegnanti, così da diventare essa stessa un punto di riferimento per artisti ed artiste di tutto il mondo, acquisendo fama, prestigio e adesioni a livello internazionale.

Katharine, all’Accademiée Julien, perfezionò ancora di più la tecnica ritrattistica nello stile accademico, classico studiando con insegnanti della fama di William Bouguereau, Tony Robert- Fleury, Hector Le Rox e Gustave Courtois.



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La sua notorietà come ritrattista la portò quindi in giro per il vecchio continente dove a Londra diventa membro della Società Internazionale delle donne pittrici nonché della Società parigina degli Artisti francesi per la quale esponeva le sue opere nei Salon; dal 1886 al 1889 e dal 1895 al 1899.[2]

In Africa dipinge il ritratto del Principe algerino El Hadj ma il suo ritratto più noto sarà quello che riuscì a farsi commissionare in Cina.

Partita nel 1903, al suo arrivo a Pechino le viene chiesto se fosse interessata a ritrarre l’Imperatrice cinese, ma l’artista in quel momento non ne aveva la possibilità ma solo la speranza, visto che nessun occidentale, né cinese, poteva entrare nella Città Proibita e tanto meno ritrarre l’Imperatore o l’Imperatrice viventi, poiché per i cinesi il ritratto era un’usanza riservata ai defunti e quando anche Sir Richard Hart, di cui Katharine era ospite, liquidò la cosa come impossibile, la questione fu chiusa. Dopo però sei mesi la proposta fu di nuovo messa in cantiere dalla Signora Conger, moglie del ministro della Lega Statunitense in Cina, istituzione nata dopo la rivoluzione dei Boxer, che riuscì a far accettare la proposta all’Imperatrice Cixi per un dipinto da mostrare poi all’Esposizione Universale di Saint Louis del 1904.

Katharine sarà pittrice disegnatrice artista della Corte Imperiale cinese dell'Imperatrice Katharine così fu accolta nel Palazzo Imperiale all’interno della Città Proibita, dove visse per quasi un anno, ospite dell’Imperatrice che la accolse e la ospitò sempre con tutti i maggiori riguardi, tanto che alla sua partenza la fregiò dei titoli dell’Ordine del Doppio Dragone e della Perla Fiammeggiante, oltre che di un cane pechinese scelto tra i suoi personali cani da compagnia.




L’impatto iniziale per Katharine non fu semplice nonostante la bellezza dei luoghi, degli appartamenti, la sontuosità dell’ambiente e le cortesie a lei riservate, Katharine sentiva infatti tutto il peso dell’importanza di essere lì: “La prima straniera a domiciliare in una residenza del Figlio del Paradiso dai tempi di Marco Polo[3] . Ma il suo soggiorno fu subito ricco di emozioni, e soprattutto relazioni umane, caratterizzate dalle mille attenzioni che l’Imperatrice le riservava: “Dubito che un Cinese alla Corte Europea, perfino alla nostra Casa Bianca, sarebbe trattato con la stessa considerazione da tutti, servitù compresa .[4]



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La sua opera tuttavia nell’Esposizione nonostante sia l’unica immagine dell’Imperatrice regnante di un paese, la Cina, con cui il resto del mondo, Stati Uniti in primis, intrattengono legami politici ed economici, non suscita il meritato riconoscimento; vittime entrambe degli stereotipi, artista e Imperatrice cinese, suscitano curiosità ma non il dovuto rispetto, come ci testimonia una voce dell’epoca: “ Il mio stupore fu grande quando mi fu detto che quello era il lavoro della signora americana. Sembra che l’imperatrice abbia dato un suo tocco personale allo stile. E’ rappresentata rivolta direttamente verso lo spettatore, con una faccia larga e paonazza appartenete ad una trentenne, artificialmente dipinta, e assolutamente piatta, senza alcun gioco d’ombra. Il risultato generale comunque non sembra possa aumentare la sua reputazione come pittrice [5].

Colpita dalle tante dicerie sull’Imperatrice cinese, l’ultima della dinastia, Katherine decide di scrivere le sue memorie che verranno pubblicate nel 1907 dal titolo “Con l’Imperatrice Dowager di Cina” pur sapendo che avrebbe infranto quel senso di riservatezza tipico dello stile e cultura cinesi ma “ Dopo il mio ritorno in America ho costantemente visto o sentito, riportate da giornali, dichiarazioni a me attribuite che io non ho mai fatto. Sua Maestà era rappresentata come se mi avesse minacciata e forzata a dipingerla giovane e bella! [6].
l'Imperatrice cinese Cixi Dowager


Ho deciso dunque che in giustizia della mia Augusta Patrona, nonché verso me stessa, devo correggere queste affermazioni e scrivere una relazione veritiera e completa della mia vita a Palazzo e della mia esperienza nel dipingere il ritratto di Sua Maestà, l’Imperatrice Dowager e questo mi sembra che sia l’unico modo[7], sebbene: “So che pubblicando questo resoconto corro il rischio di offendere la sensibilità dei miei amici cinesi (…) Facendo questo, trasgredirò un’altra regola di lungo corso della ‘convenienza’ cinese, che fa di ogni commento, positivo o negativo, sulla Sacra Persona di Sua Maestà, uno strappo all’etichetta[8] ma “Ho deciso di correre il rischio di incorrere nella loro disapprovazione e riprovazione, perché sono sicura che quello che ho da dire, servirà a chiarire certe incomprensioni e a mettere Sua Maestà l’Imperatrice Dowager sotto una luce più favorevole[9].



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Queste memorie senza poterlo sapere sono la testimonianza degli ultimi anni di un Impero che non resisterà all’impatto con la modernità. 
L'artista Katharine ci delinea infatti un quadro completo della vita di corte dai riti, alle audizioni, dalla vita quotidiana fatta di passeggiate o gite sul lago alle cerimonie religiose, dalle descrizioni folkloristiche accompagnate da indicazioni antropologiche a descrizioni culinarie, dalla composizione della società cinese in generale ai loro usi e costumi come quello di vendere i propri figli o portare le proprie figlie a far servizio a corte con la speranza di dar loro una vita migliore. Così apprendiamo che nella Cina di inizio novecento le vedove non possono risposarsi e devono portare il lutto a vita, potendo però scegliere di adottare un figlio non loro, e che le ragazze che scelgono di non sposarsi alla loro morte vengono onorate con monumenti pubblici, eretti con l'aiuto di tutta la comunità se la famiglia è indigente, perché le vergini sono venerate.[10]La dinastia dell'Imperatrice Tzu-Hsi, Cixi, dei Qing apparteneva all'etnia dei Manchu le cui caratteristiche sociali sono ben delineate da Katharine come ben distinte da quelle dei cinesi. L'esempio importante che la pittrice porta é l'usanza dei cinesi di fasciare i piedi alle donne, un' usanza che tuttavia le donne manchu: "Loro non solo non hanno mai fasciato i loro piedi ma ne hanno orrore tanto quanto gli europei. Le donne manchu sono meno circoscritte e godono di più libertà individuale di ogni altra donna orientale. Di fatto, le donne della Manciuria sono agli occhi delle altre donne orientali l'equivalente di quello che le donne americane sono per le sorelle europee"[11] . 

Completato il suo ritratto per l’Esibizione, Katharine viene invitata dall’Imperatrice stessa a rimanere ancora a Palazzo per farle altri ritratti; in tutto l’artista ne farà ben quattro prima di decidere che ormai la sua strada era fuori dalle dorate mura imperiali.

Tornata nel Tennessee, fonda con altri, il Museo delle Arti Brooks a Memphis nel 1916 entrando nella sua amministrazione e giuria anche se continuerà saltuariamente a recarsi in Cina dove nel frattempo la società era cambiata tanto che  Katharine verrà anche invitata a tenere lezioni universitarie dove porterà la sua testimonianza di vita dall’impero alla modernità che la Cina stava vivendo[12].

Aprì infine un suo studio a New York dove decise di vivere e dove portò avanti il suo lavoro fino alla sua morte avvenuta nel 1938, il 7 Dicembre.

L'opera più famosa di questa straordinaria artista, pittrice, è, e resta, proprio il ritratto dell’ultima Imperatrice Cinese, Tzu Hsi, Cixi, “Dowager”, che fu regalato a Roosevelt proprio per volere della Regnante Cinese[13] e che fu poi donato alla collezione dell’Istituto Smithsonian, dove tutt’ora risiede.

"Ritratto dell'Imperatrice Dowager Cixi"


Traduzioni a cura di Silvia S. G. Palandri




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[1]  SHAVIT David, “The United States in Asia: A Historical Dictionary”, Ed. Greenwood Publishing Group, 1990, pag. 80.
[2]" Kate Augusta Carl- The Tennessee Encyclopedia of History and Culture" - Published » December 25, 2009 | Last Updated » January 01, 2010  http://tennesseeencyclopedia.net/entry.php?rec=199
[3] CARL K., “With The Empress Dowager”, New York, The Century Co., 1905, pag. 14.
[4] Ivi, pag. 61.
[5] RUXTON C. I., a cura di , “The Semi- official Letters of British Envoy Sir Ernest Satow from Japan and China (1895- 1906)”, Ed. Lulu.com, 2007., pag. 407.
[6] CARL K., “With The Empress…”, Op. Cit., pag. XXI
[7] Ivi, pag. XXII.
[8] Ivi, pag. XXIII.
[9] Ivi, pag. XXV.
[10] Ivi, pag. 45.
[11] Ivi, pag. 63.
[12]  Si veda il suo contributo presso l’Università di Clarke: "Una valutazione personale del carattere dell'ultima Imperatrice Dowager, Tze- Hsi"  by Katharine A. Carl, pittrice del ritratto dell'ultima Imperatrice Dowager"  (http://library.uoregon.edu/ec/e-asia/read/carl-3.pdf).
[13] CARL A. K., “With The Empress…”, Op. Cit. pag. 299.



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