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lunedì 11 ottobre 2021

Il Global Gender Gap e il mito dei Paesi Nordici- Francesca Vitelli


Il Global Gender Gap e il mito dei Paesi Nordici

di Francesca Vitelli 

Presidente di EnterprisinGirls, Associazione nazionale di imprenditrici e libere professioniste

 

L’ Islanda va alle urne e - per una manciata di ore - sembra che il numero delle elette superi quello degli eletti, poi il riconteggio dei voti ridimensiona il numero e le donne elette tornano ad essere meno degli uomini, di poco, lo stacco è minimo. Ma se i risultati avessero mostrato una maggioranza di donne elette cosa sarebbe cambiato? Il Global Gender Gap elaborato dal World Economic Forum vede, nel 2021, al primo posto l'Islanda seguita dalla Finlandia. Per trovare l'Italia bisogna far precipitare il cursore lungo la colonna giù fino al 63simo posto. Il mito dei Paesi nordici lo abbiamo coltivato leggendo - negli anni - le statistiche, era un po’ come lo scudetto del campionato calcistico, si sapeva già chi lo avrebbe vinto, se la battevano in pochi.  Fondamentale è partire da un assunto: il Global Gender Gap si propone di stilare una classifica dei Paesi in base alla parità di condizione tra gli uomini e le donne e non di porre in cima quelli in cui le donne vivono meglio. Sembra scontato, basta leggere dice qualcuno, ma non lo è, ribadirlo aiuta a focalizzare l’argomento. Altrettanto importante è tener presente che stiamo leggendo una elaborazione basata su dati forniti dai singoli Stati che scelgono i loro set di indicatori, le modalità di rilevazione, di trattamento e di analisi dei dati, le fondamenta della costruzione sono, pertanto, poggiate su un terreno scivoloso perché eterogeneo. Il sistema, inoltre, è regolato dall’attribuzione di punteggi che risulta penalizzante per alcune nazioni, è il caso dell’Italia dove il maggior numero di ragazze laureate - in tempi brevi e con ottimi risultati – non può spostare la bilancia più di un tot facendo da contrappeso alla scarsa presenza di donne in ruoli istituzionali.

Il terreno scelto dal World Economic Forum è suddiviso in aree di indagine chiamate dimensioni latenti composte da indicatori elementari. Le dimensioni latenti sono: partecipazione e opportunità economiche, educazione – nel senso inglese del termine quindi istruzione, salute e presenza nell’agone politico. È tanto evidente, a guardar bene, la scivolosità, che simulando un ricalcolo che tenga presente alcune delle eterogeneità il risultato scompiglia la classifica. I numeri, le statistiche, vanno interpretate e la ricerca sul campo - arricchita dal confronto con i soggetti che vi operano - aiuta a comprendere. In Islanda e Finlandia c'è il maggior numero di donne elette e questo le fa svettare in cima però... però vanno considerati altri indicatori - come i contratti di lavoro atipici e il ricorso al part time, i percorsi e le progressioni di carriera, i casi di violenza domestica, la presenza di migranti - e non bisogna dimenticare la ponderazione rispetto alla popolazione. Già la popolazione, l’Islanda ha 369.000 abitanti, la Finlandia 5.538.000[1] e l’Italia 59.258.000 [2].

Di ritorno da un seminario tenutosi ad Helsinki, nell’ambito di un progetto Erasmus sullo scambio di buone prassi in materia di parità di genere, una domanda mi si è parata innanzi: data l'alta percentuale di donne che ricoprono ruoli istituzionali e la contenuta numerosità della popolazione non dovremmo, in Finlandia, aspettarci una maggior capacità di incisività da parte delle donne nelle politica? Non dovremmo trovarci di fronte a un mercato del lavoro caratterizzato da minor segregazione - verticale e orizzontale - femminile?  

Se hai la possibilità di scendere in campo ad osservare, ascoltare, intervistare e approfondire puoi scoprire dinamiche, caratteristiche e monoliticità che aiutano a comprendere. Incontrare alcune delle attrici istituzionali  - e non -  dell’ambito del mercato del lavoro, dell’associazionismo, del supporto ai migranti, dell’assistenza alle vittime di violenza domestica di Finlandia, Italia, Francia, Romania e Olanda ha significato aggiungere una lente attraverso la quale guardare al campionato del Global Gender Gap, campionato che ha l’indubbio merito di aver posto sul tavolo la parità di genere intesa come driver di sviluppo. Non è cosa da donne, è roba economica. Parlarne significa ragionare su punti di PIL. 

Ho deciso, perciò, nelle mie giornate finlandesi di tracciare un ideale perimetro dato dal rapporto tra l’estensione territoriale[3] e la popolosità entro il quale considerare variabili chiave come la legislazione vigente nei settori d’interesse, il livello di infrastrutturazione del territorio, la natura e la misura dello sviluppo delle aree metropolitane e di quelle periferiche, la tipologia di servizi sociali, la presenza di soggetti del Terzo settore, la mobilità sociale e il/i modello culturale prevalente di riferimento.

Allontanando il punto d’osservazione, inserendo una lente altra di lettura e ascoltando le esperienze concrete la fotografia è cambiata, la classifica si è rimescolata e se non vinciamo la coppa, per quanto mi riguarda, non meritiamo neanche il 63esimo posto. Questo non vuol dire che in Italia abbiamo raggiunto la parità di genere, il traguardo rimane lontano, ma ci sono aspetti sui quali non siamo così indietro come si potrebbe pensare guardando la classifica. Penso, ad esempio, all’obbligo dell’adozione del bilancio di genere[4], alla vivacità del dibattito sul linguaggio di genere, al proliferare di iniziative e la nascita di comitati, associazioni e organismi informali che approfondiscono e divulgano aspetti legati al dibattito di genere e alla collettiva, meticolosa, attenta opera di “scavo” che scrittrici, giornaliste, ricercatrici e cultrici della materia stanno compiendo per riportare alla luce la vita e la storia di donne sepolte sotto la polvere dei secoli. Scienziate, musiciste, compositrici, pittrici, scultrici, danzatrici, atlete, architette, poete, scrittrici, drammaturghe, giornaliste, esploratrici, botaniche, inventrici, attiviste politiche, amministratrici della giustizia, filosofe, astronome, matematiche, guerriere e donne che - in ogni ambito e settore - hanno compiuto scelte coraggiose e contro corrente sostenute dalla tenacia e la determinazione stanno emergendo dall’oblio in cui erano state relegate. C’è una pattuglia di donne competenti che impegna tempo, energia e risorse per restituire memoria e dignità ad altre donne. A questo pensavo quando in aereo ritornavo dal Nord Europa. Abbiamo molto lavoro da fare ma tante sono le persone, le idee e i progetti in movimento. La parità di genere è un percorso da fare insieme con tutte/i coloro che vogliono partecipare a un processo di cambiamento culturale, un processo dinamico che richiede tempo, pazienza, costanza, competenza, passione e concretezza.

 

 



[1] Fonte: GlobalGeografia.com

[2] Fonte: ISTAT

[3] 102.775 Km², 338.462 Km²,Italia 302.067,75 Km²,

[4] introdotto con la legge n. 15 del 2014 era già stato introdotto in Puglia con la legge Regionale per le pari opportunità n. 7 del 21/03/2007 "Norme per le politiche di genere e i servizi di conciliazione vita-lavoro in Puglia"

 

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mercoledì 11 aprile 2018

Da Keplero alla materia oscura attraverso la storia di scienziate






Da Keplero alla materia oscura- attraverso la storia di scienziate. Questa è stata l'occasione in cui si è parlato di scienziate che hanno dato un contributo rivoluzionario alla astronomia e alla fisica come Vera Rubin, Kovaleskaya, Williamina Fleming o le "refrigerator ladies" il tutto partendo da Keplero e da sua madre che era una strega.



Un incontro sul binomio donne e scienza all'Accademia dei Lincei non si vedeva dal 2009 quando grazie alla Professoressa Alessandra Celletti (link personale), docente di fisica matematica all'Università di Tor Vergata di Roma, fu organizzato "Women and Space" con Margherita Hack, Fabiola Ganotti e Vera Rubin. E anche questa volta si è parlato di Vera Rubin sempre grazie alla professoressa.
A Rubin  si deve l'aver dimostrato l'esistenza della materia oscura senza tuttavia ricevere per questa notevole scoperta il premio Nobel come invece fu  per altri scienziati in passato per scoperte di altrettanta importanza e come per la verità successe purtroppo anche per altre donne. 
Rubin riuscì a dimostrare l'esistenza della materia oscura, già formulata da un altro scienziato, Zwicky, misurando la velocità orbitale delle stelle che avrebbe dovuto rispettare la Terza Legge di Keplero, trovando invece che la velocità è costante con la distanza.
Vera Rubin riesce a scardinare lo scetticismo del mondo scientifico andando contro tutti i pregiudizi di chi faticava a credere nella materia oscura, cioè ignota, dimostrando  qualcosa che  però il mondo scientifico in quel momento non è propenso ad accettare. 


Quando Johannes Keplero enunciò le sue tre leggi in realtà era lungi dal vivere un periodo calmo e tranquillo nel quale dedicarsi allo studio e alla riflessione, era infatti in quel periodo impegnato nella difesa di sua madre, accusata di stregoneria.

Katharina Keplero era stata denunciata da una vicina che l'accusava di essere una strega e per il solo fatto che durante i processi e gli interrogatori non piangeva mai e non portò testimoni a processo per difendersi, fu condannata. Il figlio decise quindi di assumersene la difesa, pretese la trascrizione di tutto il processo e studiando in seguito le carte riuscì a controbattere all'accusa. Dimostrò che sua madre era solo una donna anziana,  che inventava bevande perché troppo curiosa e parlava troppo. I suoi figli inoltre erano troppo piccoli per testimoniare. Dopo più di un anno, riuscì a far scagionare sua madre.

Katharina Keplero però morirà pochi mesi dopo per le torture subite.

Quindi è in questo clima che Keplero pensa ed elabora le sue tre leggi. Il suo "Problema dei due corpi" enuncia che in un sistema con due corpi celesti, ad esempio Sole e Terra, la velocità decresce tanto più ci si allontana dal piano di gravità ma i risultati diventano imprecisi se si applicano a sistemi più complessi, (anche solo a tre corpi). Con la teoria della perturbazione si arriva ad una buona soluzione che però non è precisa. Da questo problema ripartono altri scienziati e scienziate come Poincarè e Sofia Kovaleskaya. Il primo arriva alla conclusione che il problema dei tre corpi non ha soluzione ma anche la russa Sofia studiando il moto di una trottola cerca di dare una risposa al moto di un corpo intorno ad un punto fisso, arrivando anche lei alla conclusione che non c'è una soluzione esatta che descriva il moto dei pianeti.
Poincarè però cercando di risolvere il problema kepleriano dei tre corpi, trova il CAOS con il quale stabilisce che un sistema è impredicibile ma non per forza è instabile.
Sofia Kovaleskaya
credit: Wikipedia
La teoria del Caos viene abilmente adottata anche da Kovaleskaya che oltre ad essere una brava scienziata ama scrivere poesie, racconti, opere. Proprio un suo scritto vede applicata la teoria del caos "La Lotta per la Felicità".Questo racconto narra la vita di due coppie che si assortiscono male e quindi scivolano in situazioni sempre più ingarbugliate ed infelici. L'autrice però partendo dalla stessa situazione iniziale dà al lettore una seconda versione in cui le coppie invece si assortiscono questa volta bene, risolvendo il caos. Sofia imposta la sua opera con un doppio canovaccio, una sorta di 'come è' e 'come sarebbe se' per questo molti vedono la sua opera come un'antesignana del più noto e conosciuto film moderno "Sliding Doors".

Siamo alla fine dell'ottocento e altre donne lavorano con la testa nelle 'nuvole' e il naso all'insù. Scoperte stellari e non per modo di dire sono dovute a scienziate che tuttavia non vedranno mai ufficialmente riconosciuti i loro meriti.
Si tratta di scienziate come Williamina Fleming che diventa inizialmente governante presso la casa del noto astronomo Pickering occupato all'Osservatorio di Harvard che ben presto la assume come aiutante proprio all'Osservatorio. Pickering aveva infatti bisogno di persone per inserire dati e fare calcoli; decise quindi di impiegare quaranta donne, manodopera ben più economica di quella maschile.
Ma tra loro ci saranno Williamina Fleming che diventa direttrice del laboratorio di fotografia e in seguito membro della Royal Astronomical Society di Londra e dell'Astronomical Society del Mexico perché scoprirà tra l'altro più di trecento stelle e quasi sessanta nebulose...


Annie Jump Cannon dopo dieci anni dalla laurea decide di tornare come assistente al college dove si era laureata e studia spettroscopia per poi nel 1896 diventare una delle assistenti di Pickering all'Osservatorio. E' ricordata per la sua velocità nel classificare le stelle, riusciva a catalogarne fino a trecento in un'ora!
A lei si deve un importante metodo di classificazione delle stelle basato sulla temperatura (spettrale) in base alla quale appunto si suddividono le classi di stelle: O, B, A, F, G, K, M, che ha dato origine anche all' acronimo  (Oh Be A Fine Girl, Kiss Me ).

Henrietta Leavitt invece elabora un rapporto tra i periodi e la luminosità di una stella; grazie a questo sarà possibile calcolare la distanza delle stelle e di lì la grandezza della Via Lattea (Shapley).
Nonostante questo suo grandissimo contributo però anche  lei non riceverà il premio Nobel neanche quando, ormai morta, altri grandi scienziati la proporranno per il premio.
Infine, Antonia C. Maury riprende ed affina la classificazione delle stelle fatta da Fleming.

Il contributo scientifico femminile però fu apprezzato anche in campo militare soprattutto durante la seconda Guerra mondiale quando l'esercito statunitense chiamò alcune matematiche per effettuare dei calcoli complicati.

Tramite questi calcoli di "bombing and firing" le matematiche dovevano prevedere la traiettoria dei proiettili e ricavare delle tabelle.
Anche quando nel 1946 viene introdotto il primo computer, l'ENIAC, sei donne sono tra le programmatrici. Le prime della storia se si esclude Ada Lovelace.


Nonostante i loro grandi risultati e l'efficienza del calcolatore però queste donne non ebbero alcun riconoscimento, né un ufficio, né l'onore delle celebrazioni pubbliche a cui non furono neanche invitate.
Alcune programmatrici vicino all'ENIAC
credit by Wikipedia

Il loro ruolo viene riscoperto per caso solo negli anni ottanta del  novecento grazie ad una foto in cui compaiono vicino all'ENIAC ma sulle prime nessuno sa chi siano queste donne e molti archiviano la cosa come un fatto meramente propagandistico, come si faceva con gli elettrodomestici, la presenza femminile era solo un fatto estetico, erano messe lì solo per bellezza, come le "refregirator ladies".


I loro nomi erano: Fran Bilas, Betty Jean Jennings Bartik, Ruth Lichterman, Kay McNulty, Betty Snyder, Marlyn Wescoff.





Per approfondire, Opportunità di Genere OG, vi suggerisce
Bibliografia: 

''Scienziate nel tempo - 100 biografie" di Sara Sesti, Liliana Moro, Ledizioni, 2018.

"The Astronomia and the Witch Johannes Kepler' s fight for his mother" Ulinka Rublack, OUP Oxford, 2006.


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mercoledì 8 marzo 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #19




Ipazia nel film Agorà
credit: web


#19 Agorà


Il film che OG vi suggerisce questa settimana in cui ricorre la giornata internazionale delle donne, è dedicato alla più grande matematica, astronoma, scienziata della storia che tuttavia non ha mai trovato posto nella memoria storica: Ipazia di Alessandria che venne giustiziata proprio  in questo mese nel 415 per mano di fanatici cristiani.

Trama: Agorà parla  della vita di Ipazia d’Alessandria dove la vita religiosa dei cittadini si incentra sulle rivalità dei cristiani e dei pagani che stanno mano a mano prendendo piede ma non pacificamente nella realtà cittadina. La condizione in cui Ipazia si trova a vivere non è quindi pacifica ma contornata da violenze e massacri continui a cui si aggiungono le rivalità scientifiche tra chi supporta le tesi geocentriche e chi invece  le più acute tesi  di un sistema eliocentrico. A distanza di anni nei difficili rapporti tra le due fazioni si inseriscono anche gli ebrei  che partecipano ai già numerosi scontri in questo clima già surriscaldato tra scienziati di diversa opinione. Ipazia abbraccia il modello eliocentrico essendo fortemente convinta che sia la Terra a girare intorno al Sole e molto di più perché è anche fortemente convinta che l’asse terrestre e dei pianeti in generale non sia perfettamente tondo ma ellittico e inizia a studiare questa sua ipotesi.  

Quando un suo allievo, Oreste, seppur cristiano rifiuterà di chinarsi al Vangelo di Paolo che diffida le donne dall’insegnare agli uomini, tutti attribuiscono questa   grave mancanza all’influenza malevola di Ipazia. Una folla inferocita si organizza quindi per andare a prendere Ipazia e linciarla ma il suo fedele servitore, Davo riesce a far tramutare la pena in un linciaggio così che quando sono tutti occupati a cercare le pietre, lui si avvicina a Ipazia e con il suo assenso la soffoca per donarle una morte meno penosa.



Scelto perché: Al di là degli aspetti più romanzati, perché che Ipazia si fosse già accorta dell’asse ellittico dei pianeti non è un dato certo, che Oreste non era un suo discepolo e che il suo servitore Davo non è mai esistito...questo film è comunque un’ottima occasione per richiamare l’attenzione su questa straordinaria figura di scienziata che per troppo tempo è stata trascurata. 


Titolo: Agorà
Nazionalità: Spagna
Anno: 2009
Durata: 140 min.
Regia: Alejandro Amenabar
Cast: Rachel Weisz, Mix Minghella



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venerdì 3 marzo 2017

Un film di una donna a settimana per un anno? #18



La vera matematica Katherine Johnson
 alla NASA nel 1966.


Fonte: Wikipedia



# 18 Il diritto di contare



Questa settimana OG vi propone come film di 52FilmsbyWomen "Hidden Figures", ovvero "Il diritto di contare", l’8 marzo nelle sale italiane. Uscito nel 2016 negli USA  è stato candidato agli Oscar e ai Golden Globe. La sua trama ripercorre la vera storia di tre scienziate afro-americane che contribuirono in modo sostanziale alla missione della NASA dell’Apollo 11.


Trama:  Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson lavorano  alla NASA in quanto scienziate stanno aiutando la missione spaziale a far partire la navetta dell’Apollo 11 che portò per la prima volta l’uomo sulla luna grazie proprio ai calcoli matematici delle tre scienziate

Katherine dovrà lottare contro la iniziale freddezza dell’ambiente di lavoro che la segregherà in quanto afro-americana e in quanto donna e contro la quale dovrà imporsi grazie alle sue indiscusse capacità che abbatteranno ogni pregiudizio sessista e razziale; grazie al suo esempio i bagni per le persone di colore saranno aboliti e grazie al suo talento matematico verrà invitata a partecipare a pieno titolo alle riunioni anche se sarà l’unica e prima donna ammessa e in cui calcolerà un’impegnativa equazione grazie alla quale gli astronauti riusciranno a rientrare sulla Terra sani e salvi però nonostante questo il suo nome non dovrà mai comparire comunque sui rapporti ufficiali.

Mary Jackson intanto deve far ricorso al giudice per ottenere il permesso di frequentare una scuola serale ma per soli bianchi e poter così diventare un’ingegnera.
Subito dopo che la Missione dell’Apollo 11 ha luogo Katherine viene rispedita al suo Dipartimento ma ci sono subito dei problemi, infatti l’IBM, il nuovo computer che avrebbe dovuto seguire l’operazione, sbaglia i calcoli e la presenza di Katherine diventa di nuovo necessaria…


Scelto perché: Le donne sono spesso dimenticate nella Storia anche quando hanno avuto un ruolo essenziale nel progresso  umano e quando si tratta di ambiti scientifici questa discriminazione diventa più importante e quindi ben venga un lancio promozionale nella giornata internazionale delle donne per far conoscere l’apporto di tre scienziate in un evento che ha cambiato la Storia dell’intero genere umano.


Titolo: Il diritto di contare
Titolo Originale: The Hidden Figures
Nazionalità: USA
Durata: 127 min.
Anno: 2016
Regia: Theodore Melfi
Sceneggiatura: Theodore Melfi, Allison Schroeder
Cast: Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monàe, Kevin Costner, Kristen Dunst



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martedì 20 gennaio 2015

Anna, la ceroplasta più famosa di suo marito



Almanacco del 20 Gennaio:












La Città di Bologna si distinse nelle Scienze e nella amena Letteratura, vanta ancora tante donne rendutesi per il loro sapere rinomate, e tra queste dobbiamo adesso parlare di Anna Morandi Manzolini[1] :



Anna Morandi nasce il 20 Gennaio 1714 a Bologna da una modesta famiglia, dal papà Carlo e dalla madre Rosa Giovannini, ma questo non le impedì di essere educata in pittura, studiando arte e scultura con i pittori Francesco Monti e Giuseppe Pedretti. E artista sarà anche suo marito, Giovanni Manzolini, i due si sposeranno nel 1740 e la loro sarà un’unione anche professionale.

Anna Morandi Manzolini, affianca la professione del marito, scultore di parti anatomiche in cera,  e studiando anatomia, anche praticando autopsie, si perfeziona tanto che  alla morte del marito, nel 1755, è in grado di, non solo continuare l’attività di famiglia ma, finirla distinguendosi in bravura e precisione tanto da diventare famosa e richiesta a Londra come in Russia da Caterina II con allettanti offerte economiche che tuttavia Anna rifiutò sempre, preferendo rimanere sul suolo natio. Grande fu la sua fama e la stima che si conquistò, celebre la visita di Giuseppe II d’Austria nel suo studio che rimase affascinato dall’eccellenza del suo lavoro, come scrive Luigi Crespi: “[…] Non passando alcun viaggiatore, che non procuri di vedere le opere sue, che sono moltissime, unite a quelle del marito, […] e non cerchi il modo di conoscerla di persona e di ragionare di una facoltà, di cui con tanta chiarezza, con profondità tanta, e con tanto piacere essa ragiona, onde s’acquista l’amore, e la stima di tutti”.[2]

Anna infatti divenne membro delle più famose Accademie dell’epoca a cominciare dalla Clementina, L’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel 1755 e ancora in quella delle Scienze, come in quella del Disegno di Firenze o in quella Letteraria di Foligno. Anna infatti con la sua maestria riuscì a dare un’importante aiuto alla conoscenza scientifica e medica dell’epoca scoprendo l’ esatta collocazione di alcuni organi interni e riproducendone con bravura la struttura tanto che l’Università di Bologna in un primo momento acconsentì che tenesse insieme al marito lezioni in ateneo, e poi che continuasse anche dopo la morte di questo, e anzi le offrì la possibilità, lasciata solo ai più stimati professori, di non recarsi in aula ma di dare lezioni di anatomia presso il suo studio.

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"Anna Morandi Manzolini, l'anatomista e scultrice italiana",
disegno di Cesare Bettini, 1857.
Credits: wikipedia


Anna in effetti con la sua professione, che come visto richiedeva anche disserzioni di cadaveri, fu un esempio importante in un’ epoca in cui il dibattito misogino era al suo culmine, fu un esempio come professionista, come artista, come scienziata e come insegnante riuscì a rispondere concretamente a quelle insinuazioni tipiche del periodo per cui le donne non erano ritenute al pari degli uomini poiché governate non dal cervello ma dall’utero che condizionava il loro pensiero; ebbene Anna grazie alla sua capacità scientifica ed artistica fu in grado di provare quale fosse la reale anatomia degli apparati riproduttivi femminili e maschili[3] dando un suo personale apporto alla querelle. Neanche Anna si potè sottrarre alle allusioni e miscredenze sul suo operato solo per il fatto di essere donna ma molti invece le riconobbero merito per il suo lavoro: “Ma della verità della straordinaria dottrina e perizia nella Natomia d’Anna Morandi Manzolini, non può esser lecito a veruno muovere il ben che minimo dubbio” e ancora “che in questo (lo studio della Anatomia [Natomia]) sia divenuta dottissima , ed espertissima una donna, per naturale sua tempra d’animo delicato, e gentile; un’Anna Maria Manzolini, questa è veramente gran cosa, ed innanzi a lei inaudita[4].

Nonostante la vita di Anna fu una vita contrassegnata da lutti, su otto figli giunsero in età adulta solo due, nonostante i problemi economici, il primogenito Giuseppe alla morte del marito fu messo in orfanotrofio, dove tuttavia ebbe un destino florido essendo stato estratto per ereditare le fortune del Conte Solimei morto senza eredi, nonostante la precoce vedovanza, e le continue difficoltà economiche che nel 1769 la videro costretta  a vendere tutta la sua produzione, biblioteca e strumentazione al Conte Ranuzzi che volle però anche darle un  appartamento nella Villa di famiglia, riuscì grazie al suo genio e alle sue capacità a raggiungere gli onori della sua terra “ a continuo decoro della nostra città, la quale, a dir vero, riceve da lei, e per lei, quel pregio, che da niun altra donna, fra le moltissime, che l’illustrarono, ricevette giammai ”[5]  o per dirla con il poeta Zannotti: “Qual lingua i pregi tuoi ridir mai puote? Per te la patria, e l’età nostra anch’ella Di nuovo eterno onor più sempre abbonda[6],  e di tutto il resto d’ Europa.

Anna Manzolini, la prima e celeberrima ceroplasta, si spense nel 1774 a Bologna e fu seppellita nella Chiesa di San Procolo.

Le sue opere sono ancora visibili all’Istituto delle Scienze presso la sua antica sede nel Museo di Palazzo Poggi, a Bologna.


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Credits: Wikipedia


[1]  LOMBARDI A:,primo bibliotecario di Sua Altezza Reale il Sig. Duca di Modena, socio e segretario della Società Italiana delle Scienze,  Storia della Letteratura italiana nel Secolo XVIII”, Modena, Ed. Tipografia Camerale, 1828, pag. 126.
[2] CRESPI Luigi, “Felsina: vita de’ pittori bolognesi”, vol. III, 1769, pag. 310.
[3] Si veda su questo tema FINDLEN P., ROWORTH W.W., SAMA M. C., “Italy’s Eigthteenth Century: Gender and Culture in the Age of Grand Tour”,  2009, pag. 259.
[4] MEDICI M., PARADISI L., “Compendio storico della scuola anatomica di Bologna dal Rinascimento delle scienze e delle lettere a tutto il secolo 18. Con un paragone fra la sua antichità e quella delle scuole di Salerno e di Padova scritto da Michele Medici” , 1857,  pag. 362.
[5] CRESPI L. “Felsina: vita de’ pittori bilognesi” , Op. Cit.,  pag. 313.
[6] CRESPI L., “Vite de’ pittori bolognesi , non descritte ne la Felsina pittrice”, pag. 308.
 

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mercoledì 8 ottobre 2014

La Lady di ghiaccio, Mary Engle Pennington

Almanacco del 08 ottobre:


Credits: Wikipedia


Lo usiamo tante volte al giorno, per molti è uno scrigno che cela meraviglie vicine e lontane, è un sollievo per alcuni e una sofferenza per altri ma senza di lui non si può proprio stare e la sua storia è strettamente legata a quella di una donna, la dottoressa Mary Engle Pennington.

Mary Pennington nacque a Nashville nel 1872,  l’8 ottobre, e si trasferì con i suoi in Pennsylvania ancora da piccola. Iscrivendosi nel 1890 all’università della Pennsylvania poté approfondire l’amore per la chimica che l’aveva portata sin dall’adolescenza ad interessarsi della materia. Integrò gli studi con gli insegnamenti di botanica e zoologia e nel 1892 terminò gli studi ma non poté laurearsi poiché all’epoca quell' università non riconosceva appieno l’iter degli studi alle donne e quindi, a Mary, poté essere semplicemente dato un attestato di frequenza.
Solo qualche anno dopo, nel 1895 l’università concesse il titolo di dottore di laurea anche alle donne e Mary fu finalmente insignita del titolo di studio ma non solo, fu nominata anche professoressa per l’anno accademico 1895-96 della cattedra di botanica. L’anno successivo vinse inoltre una borsa di dottorato di ricerca biennale all’università di Yale per approfondire i processi fisiologici e dove seguì progetti di ricerca insieme a Lafayette Mendel.
Nel 1898 divenne direttrice del Laboratorio Clinico alla Women’s medical College della Pennsylvania e fino al 1901 fu ricercatrice presso l’Università della Pennsylvania nel dipartimento di igiene e come batteriologa presso L’ufficio della Sanità di Philadelphia. Queste esperienze le permisero di accumulare conoscenza ed esperienza in ambito alimentare e igienico che userà quando, dopo il Food and Drug Act, per il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, si occuperà, come chimica, del Food Research Laboratory nel 1907 in forza del quale riuscirà a far adottare maggiori sicurezze alimentari per i polli destinati all’alimentazione umana, e farà migliorare il trasporto e la conservazione, sempre in termini di norme igieniche, dei prodotti lattiero-caseari.

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Il suo grandissimo contributo però lo diede quando per la United States Food Administration sotto la guida di Herbert Hoover, si occupò della progettazione di un carro merci refrigerato che ben presto la spinse ad occuparsi dell’intero processo di conservazione degli alimenti in un’ epoca in cui ormai la città stava diventando estremamente urbanizzata e i prodotti arrivavano da località vicine o lontane ma non più dall’orto di casa.
Fonte: Internet
Quando nel 1906 fu approvato il Food and Drug Act, Mary divenne lo strumento più proficuo con il quale la legge poté dare i suoi frutti. Questa legge infatti fu emanata per venire incontro alle nuove esigenze del mercato che si era ingrandito, de localizzato e offriva ormai ai cittadini prodotti su larga scala, nasceva quindi l’esigenza di assicurare sì un giusto rifornimento delle merci ma soprattutto un processo di norme igieniche e salutari dei cibi deperibili, come formaggi, uova, pesce o carni. La sua attenzione quindi si spostò presto dalla refrigerazione nel trasporto a quella casalinga. Così nel 1919 lavorò per l’azienda American Balsa e nel 1922 si mise in proprio con attività di consulenza, fondando l’Household Refrigeration Bereau con lo scopo di predisporre una serie di campagne e procedure di sensibilizzazione ed educazione della popolazione riguardo la refrigerazione domestica. Pubblicò quindi una serie di opuscoli sulla sicurezza alimentare anche grazie all’aiuto e supporto della ‘NAII’ National Association of Industries Ice, che le valse l’appellativo di ‘ The Ice Lady’.


"Carretto dei gelati", Ottorino Garosio.
A dispetto del suo nomignolo però in realtà Mary fu un’instancabile ricercatrice e divulgatrice che non rimase al chiuso dei suoi laboratori ma cercò di divulgare anche di persona l’importanza delle sue scoperte, così ad esempio quando i parametri per la preparazione del gelato furono messi a punto si recò nelle strade dai rivenditori di gelato per far vedere loro come fare a preservare igienicamente il prodotto preparato secondo standard sanitari.
Nel 1923 fu riconosciuta dalla Società ingegneristica americana dell’aria condizionata e della refrigerazione quale autorità assoluta come tecnico degli impianti frigoriferi di tutti gli Stati Uniti; nel 1940 ricevette il più alto premio riservato alle donne dalla American Chemical Society di cui faceva parte, la Medaglia Garvin-Olin e fu la prima donna iscritta nel 1959 alla Poultry Historical Society Hall of Fame.
Andò in pensione nel 1952, anno in cui la Lady di Ghiaccio, l’inventrice del moderno frigorifero, e anche dell’imballaggio in cui ancora oggi troviamo e compriamo le uova, morì, il 27 dicembre, a New York.
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giovedì 1 maggio 2014

La medica che riuscì ad organizzarsi...


Almanaco del 1 Maggio:


era laureata in medicina e specializzata in chirurgia
Gustav  Klimt, "La Medicina". 


Clelia Lollini, nacque a Roma, il 1 maggio del 1890 da Vittorio Lollini, avvocato e deputato socialista e da Elisa Magnini, nota femminista e giornalista.
Condivise con le sue altre tre sorelle la possibilità di arrivare al massimo livello di studi; lei si laureò infatti in medicina come sua sorella Livia, specializzata in medicina del lavoro, mentre sua sorella Clara, fu una chimica; l’altra sua sorella Olga si laureò in giurisprudenza e calcò le orme del padre, aiutandolo a studio e occupandosi anche di questioni sindacali.

Clelia, dopo la laurea nel 1914, si specializzò in chirurgia, prestando poi la sua opera presso l’ospedale Militare di Venezia dal 1916 al 1918 come Sottotenente Medica, durante il primo conflitto mondiale. 

Nel 1919 partecipò a New York alla fondazione della “Medical Women’s InternationalAssociation” (MWIA), un’associazione internazionale di mediche nata con lo scopo di confrontarsi su tematiche comuni dato che all’epoca le donne con questa professionalità erano davvero poche e poco apprezzate, si calcola fossero in Italia quasi 200. 
organizzò un'associazione di medici donne
Clelia Lollini
Tornata in patria, nel 1921, Clara, forte dell'esperienza associativa trovata negli Stati Uniti, fonda la Associazione Italiana Donne Medico (AIDM), membro dal 1922 della stessa Medical Women’s Association.
L’associazione italiana ha lo scopo di valorizzare il lavoro delle mediche, favorirne l’interazione, collaborare con associazioni internazionali, per lo studio e l’analisi di malattie sociali soprattutto femminili e promuovere la formazione in campo medico- scientifico, incoraggiando l'accesso femminile alle Facoltà di Medicina. Ne fanno parte anche Maria Montessori e Myra Carcupino Ferrari che ne diverrà presidentessa per oltre un ventennio.

Nel 1922 partecipa alla formazione della Società Italiana per lo studio delle Questioni Sessuali in cui la questione della sessualità fu intesa come educazione e prevenzione delle malattie veneree, prestando direttamente la sua attività medica anche nelle case di tolleranza per effettuare i regolari controlli sanitari sulle prostitute.

Dal 1930 al 1938, specializzatasi in tisiologia, diresse il Consorzio Antitubercolare di Massa, si trasferì poi in Libia, dove morì nel 1963 a Tripoli, all'epoca colonia italiana, per dirigerne il Consorzio Antitubercolare offrendo la sua opera e la sua esperienza anche alle popolazioni del Nord Africa.

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Henri de Toulouse-Lautrec, "The Salon de la Rue des Moulins", 1894.


mercoledì 2 aprile 2014

Maria Sybilla la donna che volò sulle ali di farfalla

Almanacco del 02 Aprile:


  "Melograno", incisione su rame, 1705.




Maria Sybilla Merian fu una ricercatrice, naturista e illustratrice tedesca che innamoratasi della natura volle cogliere i suoi segreti e ce li regalò sotto forma di opere d’arte.

Maria nacque da una facoltosa famiglia tedesca il 2 Aprile 1647, dal padre Matthaus Merian, di origini svizzere e facente parte della famiglia di editori, una delle più importanti dell’epoca, e dalla madre Jhoanna Heim che si risposò però di lì a pochi anni con il pittore Jakob Marell una volta rimasta vedova. E proprio dal patrigno Maria acquisì le basi e la tecnica della pittura naturalista che nella sua vita l’accompagneranno e le permetteranno di dar voce allo spettacolo della natura, fino ad allora sconosciuto e pieno di pregiudizi.

 
Maria Sybilla Marian
La sua passione per le farfalle la porta fin da bambina ad osservare il miracolo di trasformazione dei bruchi e piano piano Maria, raccoglie insetti e tutto ciò che la incuriosisce per osservarlo e poi ritrarlo nei suoi dipinti. Così da sposata, una volta trasferitasi a Norimberga nonostante la nascita della sua prima figlia, crea un laboratorio casalingo nel quale raccogliere ed osservare insetti e bruchi,  dipingendone ogni fase di sviluppo, nasce così la sua prima opera illustrata nel 1675 intitolata “Nuovo libro di Fiori”. Qualche anno più tardi nel 1678 nasce Dorothea che diventerà la sua aiutante prediletta, una vera compagna, anch’essa interessata ed attiva che imparerà a dipingere e aiuterà concretamente la madre nel suo lavoro.

Dalle osservazioni di Maria Sybilla finalmente si apprende che le farfalle nascono dalla trasformazione spettacolare dei bruchi che a loro volta si schiudono da uova e che le farfalle una volta nate si cibano di fiori. Prende vita il suo secondo libro del 1679 “La meravigliosa metamorfosi dei bruchi e il loro singolare nutrirsi di fiori”, in cui si occupa di quasi duecento tipi di farfalla e dei fiori di cui esse si nutrono e che trovò molto compiacimento tra le classi più elevate della società ma poca considerazione tra gli studiosi che ritenevano la lingua Latina la sola espressione per trattati scientifici degni di attenzione.

Nel frattempo per mantenere la sua attività di ricercatrice, si sostiene con lezioni private a fanciulle di famiglie benestanti di cui riesce così anche a vedere gli spettacolari e curati giardini, ricchi di spunti interessanti.
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Separatasi dal marito nel 1685, va ad abitare in Olanda dove, ad Amsterdam, ristabilisce la base del suo laboratorio ed inizia a studiare esemplari particolari che riesce ad avere grazie alla disponibilità di uno dei generi che commercia con le colonie olandesi. Così, completamente affascinata da queste nuove specie, decide di recarsi nella Guyana olandese, oggi la Repubblica di Suriname, nell’America meridionale.
Organizza quindi una spedizione con l’appoggio della comunità locale che, per la prima volta, vede un' esplorazione guidata da una donna, che fa, tra l’altro, anche studi molto particolari, occupandosi di insetti, ritenuti creature immonde. 
E’ una naturalista sui generis insomma intanto in quanto donna, poi perchè si occupa di tematiche non pertinenti agli interessi “donneschi” e poi anche come naturista sceglie l’osservazione diretta, anch’essa non sempre una modalità di studio condiviso dagli altri ricercatori.
"Ragni, formiche e Colibrì su un ramo di Guava", 1705.

Si imbarca e intraprende un viaggio di mesi per arrivare a destinazione fino alla capitale, dove stabilisce il suo laboratorio. Qui grazie al supporto, non degli olandesi né degli altri colonizzatori europei, ma degli indios e degli schiavi africani, riesce a portare a compimento il suo obiettivo, scoprendo ed illustrando centinaia di specie di insetti, farfalle e fiori ma anche animali locali come iguane, coccodrilli, rane e rettili.


"Coccodrillo Caimano e finto serpente corallo", 1719.
Ammalatasi di febbre gialla però, dopo due anni di spedizione, è costretta a rientrare in Olanda. Ci vollero ben quattro anni per raccogliere e sistemare tutti gli oggetti raccolti, uova di coccodrillo, ragni, le illustrazioni e le nozioni apprese e carpite agli indigeni e dall’osservazione pura della natura. Tutto raccolto nell’opera del 1705 intitolata “La Metamorfosi degli insetti del Suriname”. Ritenuta ad oggi la sua opera migliore.

Maria Sybilla però nel 1715 si ammala e rimane paralizzata così che inevitabilmente è costretta a rallentare il suo lavoro, dopo un infarto. La sua ultima opera, una collezione dei suoi lavori, uscirà solo postuma per volontà della figlia; Mary Sybilla infatti morirà qualche anno dopo, ultra settantenne ad Amsterdam nel 1717, il 3 Gennaio e sarà cremata.


Ancora oggi è indiscutibile il suo apporto alle scienze naturali, dovuto ad una donna che non si è fermata all’apparenza ma ha voluto capire, adattando la sua vita alla voglia di comprendere, sfidando tutti i preconcetti dovuti al suo sesso, ai suoi studi, al suo metodo e che però ha visto sbocciare, come una farfalla, il suo mastodontico lavoro, attraverso il corso dei secoli.

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