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lunedì 1 marzo 2021

La Semplicità Ingannata- Satira per attrice e pupazze sul Lusso d'esser donne- Marta Cuscunà

Marta Cuscunà e le sue ragazze in
La Semplicità Ingannata-
Satira per attrice e pupazze sul Lusso d'esser donne



Era dagli inizi degli anni Ottanta del Novecento che non si vedeva un'opera teatrale ispirata da Arcangela Tarabotti1, spero quindi che presto ci potrà essere di nuovo l'occasione per tutte e tutti noi di poter andare a vedere Marta Cuscunà e le sue “ragazze” dal vivo, perché questo spettacolo è ormai in scena da anni in giro per l'Italia.

Per i più attenti spettatori Marta è stata ospite nella prima puntata del programma Ricomincio da tre su RaiTre, pensato proprio per dare visibilità ad un teatro ingiustamente oscurato da troppo tempo.

La pièce ispirata ad Arcangela Tarabotti si chiama “La Semplicità Ingannata- Satira per attrice e pupazze sul Lusso d'esser donne”, liberamente ispirato alle opere di Arcangela Tarabotti. Seconda tappa di un progetto più ampio che si chiama “Resistenze femminili” di cui 'E' bello vivere liberi!' dedicato alla staffetta partigiana Ondina Pateani è la prima parte e Sorry boys è il terzo atto.

Piacevolmente incuriosita da questa proposta teatrale che inseguivo da anni ne ho parlato con l'autrice Marta Cuscunà in una piacevolissima telefonata di cui vi riporto le mie maggiori curiosità ma purtroppo non le risate!

Qui puoi leggere il post su
Arcangela Tarabotti
Marta, che ha anche un'associazione culturale e un blog , ha incontrato Arcangela Tarabotti durante i suoi studi in Accademia quando le viene chiesto di fare un'improvvisazione su una figura storica locale, consultando il libro di Giovanna Paolin “ Lo spazio del silenzio”, che è stato anche uno dei libri per la mia tesi su Arcangela, ha conosciuto e da subito amato questa donna e scrittrice.

Ma Tarabotti è stata l'ispirazione per occuparsi di un tema in realtà più ampio.


L'opera parla di una bambina, Angela, costretta ad entrare in convento e a diventare monaca così conosciamo la vita del convento che prende forma nelle sembianze del coro formato dalle consorelle di Angela, per dirla con l'autrice il convento diventa 'la stanza tutta per se' per creare un modello sociale alternativo e anti patriarcale.

L'opera infatti non è ecclesiastica né prettamente di denuncia delle monacazioni forzate perché Marta Cuscunà prende a pretesto questa storia, che in realtà sono due, per parlare alle donne di oggi. La vicenda di Arcangela Tarabotti infatti introduce all'esempio di resistenza femminile che un gruppo di monache nel Seicento ha portato davvero avanti a dispetto dell'epoca e della Santa Inquisizione. Dopo uno studio di due anni Marta ha recuperato infatti la storia, e i nomi veri con cui le porta in scena, delle Monache del Convento di Santa Chiara di Udine, un raro esempio di libertà di pensiero.
Dall'incontro di queste due diverse esperienze del femminile simili ma uniche Marta ha creato questo spettacolo partendo, sembra incredibile, dall'attualità.

Era l'epoca, non molti anni fa, in cui tra imprenditori e uomini così detti di successo c'era l'abitudine di scambiarsi ragazze per una o più notti invece che mazzette e denaro contante, questi episodi di cronaca fanno venire in mente a Marta che anche le monache forzate obbedivano a logiche economiche strutturali ad una società patriarcale. Ecco quindi che il loro esempio diventa vissuto attuale capace di parlare anche a noi oggi.
La donna come merce di scambio quindi ma non solo, infatti la storia delle monache udinesi di Santa Chiara si rivela un monito alla solidarietà femminile che viene troppo spesso derisa e misconosciuta, nonostante le pressioni e le minacce infatti nessuna delle consorelle tradirà l'altra e la loro libertà. Foemina foeminae lupior quindi non è un fatto inevitabile, anzi.Sperando quindi di poterla andare a vedere insieme alle sue ragazze al più presto nei teatri italiani, sarà intanto possibile seguirla al Festival delle marionette a Parigi a maggio.





Foto fornite da Marta Cuscunà



1Seicenta-Vita di Arcangela Tarabotti”di Antonella Borina, 1982. Messa in scena al teatro Goldoni di Venezia nel 1982.

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domenica 24 febbraio 2019

Arcangela Tarabotti- Una stella fissa condannata in un chiostro per sempre








Almanacco del 24 febbraio:


Fu battezzata il 24 febbraio Elena Cassandra Tarabotti nel 1604 ma non si conosce ad oggi la sua data di nascita, forse uno scherzo del destino poiché Elena "apparterrà al mondo" solo per pochi anni, verrà infatti introdotta in convento intorno al 1617 prima come educanda e poi come novizia. E tortuoso sarà quindi anche il suo cammino in convento visto che la sua famiglia decise per lei l'abito monacale.





Elena si sentirà sempre tradita dai suoi genitori tanto che riporterà nella sua prima opera letteraria questa terribile esperienza paragonandola a quella di un uccellino che se ne sta libero finché non viene accalappiato da una rete e privato della libertà. Ed Elena soffrirà molto la sua condizione tanto da avere spesso malanni che la costringeranno a continue cure ma che allo stesso tempo saranno anche la spinta a scrivere per denunciare una condizione, quella delle monacazioni forzate, che riguardava in realtà molte altre figlie della Serenissima.


Il fenomeno delle monacazioni forzate infatti era all'epoca uno strumento molto usato non solo a Venezia nonostante le linee del Concilio di Trento.


L' opera “La tirannia paterna” che verrà pubblicata solo postuma con il titolo di “La Semplicità ingannata” descrive proprio la cattiveria paterna nel destinare ad una reclusione perenne quelle figlie che per meri motivi economici, una dote conventuale era più sostenibile di una maritale, o estetici, poco attraenti per trovare un buon partito, subivano un destino di sofferenza.



Elena era zoppa, come suo padre, e forse per questo finì in convento oltre al fatto di poter dare alle sue sorelle, più piccole, l'opportunità di sposarsi, procrastinando la spesa delle doti che altrimenti sarebbe stata dilapidata anni prima.

Così a sedici anni, nel 1620 prese i voti ma fu consacrata solo ben nove anni dopo. Nacque così Suor Arcangela, nome con cui passerà alla storia e ai posteri grazie alle sue opere, frutto di un intelletto che ci ha regalato il quadro di un'epoca complessa in uno Stato, quello della Repubblica Veneziana, intriso di lusso, bellezza, ricchezza ma anche di ipocrisia e violenza.


Seppur poco nota Arcangela Tarabotti è ormai riconosciuta tra le grandi firme letterarie del Seicento veneziano al pari, e in alcuni casi anche maggiormente, di altri suoi colleghi ingiustamente più noti. Filo conduttore delle sue opere, solo 6 arrivate a noi, c'è la difesa delle donne che soprattutto in quel periodo erano bersaglio di disputa ed offese in quella che è passata alla storia come la così detta “querelle des femmes”. Suor Arcangela per quanto autodidatta seppe tener testa ai maggiori intellettuali dell'epoca e spesso dovette ricorrere alle Sacre Scritture per sconfessare una presunta inferiorità femminile con la quale si difendeva e perpetuava una condizione sociale, ed economica, di subordinazione all'uomo. 

Arcangela Tarabotti si sofferma in particolare in tutte le sue opere, almeno quelle arrivate fino a noi, sulla necessità di dare un'istruzione alle donne [1] afferma infatti “Permettete alla donna di frequentare la scuola, ammettetela nelle vostre università e vedrete s'ella non saprà professare quanto voi la magistratura, la medicina, la giurisprudenza e il resto”[2]. Tutelò le donne con una difesa dotta e precisa volta a riconoscere alle donne un animo umano, come nello scritto "Che le donne siano della stessa specie degli uomini", stesse possibilità d'istruzione che si tradurrebbero in stessi mestieri e guadagni, perché anche l'indipendenza economica era importante per una donna, insomma secoli prima di Virginia Woolf, una stanza tutta per se'.

E lei, Arcangela-Elena, ebbe davvero una stanza, anzi una cella, tutta per lei dove leggeva, anche libri messi all'Indice, scriveva, anche lettere agli accademici denigratori, pregava, perché nonostante tutto credeva e difendeva anzi le vere monacazioni che facevano bene alla religione.



Morì in convento a Venezia nel 1652 probabilmente per una bronchite a circa 46 anni, il 28 febbraio ma era entrata già tra le firme più lette dai suoi contemporanei anche se in seguito cadrà nel dimenticatoio fino al XX secolo quando si svilupperanno ricerche e studi alternativamente fino ai nostri giorni.
Qui puoi leggere il post su Arcangela Tarabotti 
Io ho dato il mio piccolo contributo alla sua storia e ai suoi scritti nel 2004 con la mia tesi di laurea,  e in seguito con articoli anche internazionali, (vedi l' articolo per la rete delle università inglesi Women's Network) nonché creando la voce su Wikipedia, con la volontà di contribuire alla riscoperta di una letterata, sì, ma soprattutto una figura di donna esemplare che con i suoi scritti ha così attraversato il tempo e le epoche per lei che non poteva essere “una stella errante, ma più tosto una stella fissa, condannata nel cielo di un chiostro per sempre” [3].


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[1] Silvia PALANDRI, "L'istruzione femminile nel pensiero di Arcangela Tarabotti", tesi laurea, Università Roma Tre, A.A. 2003-2004. 
[2] E.ZANETTE; “Suor Arcangela monaca del Seicento veneziano”, 1960, Istituto per la Coll.zione Culturale, pag. 224. 
[3] G. CONTI ODORISIO, “Donna e Società nel Seicento”, 1979, Bulzoni, pag. 216.




Bibliografia parziale ricavata dalla mia tesi, aggiornata:




E. A. Cicogna, Delle iscrizioni veneziane raccolte e illustrate, Venezia, Orlandelli, 1824.
G. Portigliotti, Penombre claustrali, Milano, Treves editori, 1930. 
E. Zanette, Suor Arcangela monaca del Seicento veneziano, Venezia-Roma, Istituto per la collaborazione culturale, 1960. 
G. Conti Odorisio, Donne e Società nel Seicento. Lucrezia Marinelli e Arcangela Tarabotti, Roma, Bulzoni editore, 1979. 
N. Costa- Zalessow, Scrittrici mistiche italiane dal XIII al XX secolo. Testi e critica, Ravenna, Longo Editore, 1982. 
F. Medioli, L'Inferno monacale di Arcangela Tarabotti, Trino, Rosenberg&Sellier, 1990. 
L. Panizza (a cura di), Women are no less rational than Men, Arcangela Tarabotti "Che le donne siano della spezie degli uomini", edited with an introductory essay by Letizia Panizza, London, Institute of Romance Studies, 1994. 
E. Weaver (a cura di), Satira e Antisatira, Francesco Buoninsegni, Suor Arcangela Tarabotti, Roma, Salerno editrice, 1998. 
L. Panizza, Women in Italian Reinassance Culture and Society, Oxford, Legenda, 2000. 
S. Palandri, "L'istruzione femminile nel pensiero di Arcangela Tarabotti", Tesi di Laurea, Università degli Studi Roma Tre, 2003-2004.
L. Panizza ( a cura di), Paternal Tyranny, Chicago, University of Chicago Press, 2004. 
L. L Westwater- M. Kennedy Ray (a cura di), Lettere familiari e di complimento, Torino, Rosenberg&Sellier, 2005.
S. Bortot (a cura di), La Semplicità ingannata, Padova, Il Poligrafo, 2008. 
M. K. Ray- L. L. Westwater, Letters Familiar and Formal (The other Voice in Early Modern Europe: The Toronto Series), Centre for Reformation and Renaissance Studies, 2012. 
Lynn Lara Westwater, A Rediscovered Friendship in the Republic of Letters: The Unpublished Correspondence of Arcangela Tarabotti and Ismaël Boulliau, Renaissance Quarterly, Vol. 65, No. 1, pp. 67-134, 2012.
G. Scarabello, "Venezia tre figlie della Repubblica Bianca Cappello, Veronica Franco, Arcangela Tarabotti", 2013.
S. Mantioni (a cura di), Che le Donne siano della spetie degli Huomini. Un trattato proto-femminista del XVII secolo, Capua, Artetetraedizioni, 2015.





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lunedì 22 maggio 2017

Arcangela Tarabotti: una monaca in difesa delle donne








Il mio incontro con Suor Arcangela Tarabotti, al secolo Elena Cassandra Tarabotti, risale a più di dieci anni fa quando mi laureai proprio sulla figura di Arcangela con una tesi dal titolo "L'istruzione femminile nel pensiero di Arcangela Tarabotti" grazie alla Professoressa Anna Maria Ginevra Conti Odorisio, che per chi non la conoscesse è una delle maggiori studiose ed esperte di Women's Studies in Europa. 

La passione che scaturì da quell'incontro è ancora viva e non potrebbe essere diversamente visto la caratura della donna in questione. Mi “innamorai” di Arcangela Tarabotti per la forza delle sue parole che in alcuni suoi scritti diventa veemenza nel difendere la dignità femminile.


Arcangela Tarabotti nasce a Venezia nel 1604 e ancora poco più che bambina viene destinata al convento dai suoi genitori probabilmente per un difetto fisico, era infatti claudicante, oppure perché maggiore tra le sorelle in questo modo dava alla famiglia Tarabotti la possibilità di procrastinare la spesa per le doti delle altre figlie più piccole, fatto sta che la pratica delle monacazioni forzate era una pratica molto in uso in quel tempo ed era tollerata sia dal Governo veneziano che dalla Curia.

Arcangela prese i voti ancora da adolescente e ricordando il rito di passaggio nei suoi scritti ormai da adulta ancora ne parla con un senso di disperazione per la condizione di forzata, un senso di oppressione che non la abbandonerà mai nel corso della sua vita, sacrificata all'interno di un monastero benedettino, quello di Sant'Anna. Suor Arcangela però ricorderà sempre anche il tradimento subito da parte dei suoi genitori che l'avevano costretta al chiuso di un chiostro a vita e nella sua opera “La semplicità ingannata” usa la metafora proprio di un uccellino che ignaro e fiducioso si libra nell'aria ma che viene invece preso in una rete e intrappolato. 


Il monastero di Sant'Anna a Venezia
dove nel 1617 Elena prese i voti
diventando Suor Arcangela


Credits By Didier Descouens 
La grandezza della figura di Arcangela è che, partendo dalla sua condizione personale, riesce ad individuare  gli aspetti economici e sociali che portano tante disperate nei conventi e monasteri;  ritrova motivazioni socio-economiche, come diremmo oggi, che riguardano l'intera società barocca veneziana.  Riesce a capire e mettere in luce le ragioni che portano il Governo veneziano e i suoi cittadini ad una pratica così odiosa per le loro figlie ma anche agli occhi di Dio, infatti Arcangela sottolinea anche le responsabilità che la Chiesa, nonostante il Concilio di Trento, dimostra in questa consuetudine. 

Suor Arcangela dà così voce al suo malessere e disagio ma non solo “vendica” infatti tutte le sfortunate come lei, chi non ricorda la manzoniana monaca di Monza?, e addirittura usa gli stessi versi delle Sacre Scritture per difendere le donne, tutte, dagli attacchi misogini che all'epoca si riversavano sulle donne, tutte, in quanto tali cioè esseri inferiori nate solo per servire l'uomo. Suor Arcangela Tarabotti infatti seppur come autodidatta difenderà  le donne dalla polemica dell'epoca che voleva mettere in dubbio l'esistenza di un'anima anche per il genere femminile e lo farà appellandosi alle Sacre Scritture e al Vangelo.

Arcangela Tarabotti è passata alla Storia come Suor Arcangela ma lei forse si pensava solo e semplicemente Elena che voleva essere: “Una stella errante” e io ho cercato così di raccogliere la sua testimonianza di donna e portare la sua voce al di là del suo tempo...

Così per Wikidonne, il progetto di Wikipedia per diminuire il gap di genere presente nelle voci enciclopediche curato dalle utenti, storiche, accademiche, giornaliste, insegnati, scrittrici... ho curato la voce enciclopedica che la riguarda mentre il mio ultimo contributo è per il blog "Women's History Network" curato da un'associazione di accademiche delle varie università inglesi che si occupano di Women's Studies: "Arcangela Tarabotti, Elena Cassandra: a feminist Venetian Republic  Nun ".  

Qui puoi leggere il post su
Arcangela Tarabotti su
Women's History Network



















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