La Giudicessa. Storia di Eleonora di Arborea. Rita Coruzzi. |
Qui il link del post su Eleonora d'Arborea |
Il romanzo su Eleonora d' Arborea é
solo l'ultimo che hai scritto e che arriva dopo quelli su Matilde di Canossa e
Giovanna d'Arco. Come é nato il tuo interesse nel voler raccontare le storie di
donne, più in generale per il romanzo storico?
Il mio interesse per le donne è
qualcosa che ho sempre avuto, in quanto fin da adolescente ero convinta che la
donna fosse il vero pilastro non solo della famiglia, ma dell’intera società.
Poi studiando, leggendo romanzi storici e capendo la storia, mi sono resa conto
che da sempre la donna è stata sottovalutata e dimenticata, ma che la sua
figura è sempre stata determinante in ogni epoca storica e in ogni evoluzione
del genere umano. Così ho capito di essere chiamata a questa missione,
valorizzare le figure femminili della storia passata per portarle alla luce nel
presente e farle conoscere, ricordare che sono esistite e che sono state forti,
coraggiose e volitive e che con la loro storia hanno lasciato un segno nella
grande Storia, determinando alcuni eventi fondamentali.
Eleonora d'Arborea, Matilde di
Canossa e Giovanna d'Arco, tre grandi donne che hanno in comune la capacità di
guidare, comandare...delle guerriere, donne forti é questo che ti ha guidato
nell' averle scelte come soggetti dei tuoi scritti?
Sono donne che, chiamate a fare qualcosa che sembra impossibile, dopo un momento di smarrimento iniziale, non oppongono resistenza alla chiamata, l’accettano e la incarnano dando il meglio di loro stesse, realizzandosi pienamente in un ruolo che mai avrebbero pensato potessero avere. Il mio desiderio è mostrare non tanto le loro imprese straordinarie, questo lo si può trovare in qualsiasi biografia e saggio storico, ma piuttosto come siano state donne normali, insicure, riluttanti ad accettare il loro destino, con dei loro sogni, dei desideri personali che hanno avuto la forza di mettere da parte. Il mio desiderio è che ai lettori arrivi il messaggio che si possono compiere imprese impensabili e straordinarie pur essendo persone normali. Per strada si può incontrare una Matilde di Canossa, o un’Eleonora di Arborea, una Giovanna d’Arco, solo che nessuno lo sa. Il mio desiderio sarebbe far arrivare ai lettori questa consapevolezza. La straordinarietà vive nella quotidianità.
Perché per il tuo ultimo romanzo hai
scelto proprio Eleonora d'Arborea, cosa ti ha colpito in particolare delle sua
storia?
Io ero alla ricerca di un nuovo personaggio, ed è stato come se Eleonora mi
tendesse la mano, era la storia che cercavo, sconosciuta a molti, di una donna
forte e volitiva che è stata guerriera senza mai brandire spada. Ha combattuto
con la giustizia e soprattutto è stata un’innovatrice in quanto nel Medioevo ha
emanato La Carta de Logu, un codice di leggi che insieme a disposizioni di
vario tipo, tra cui agraria, mezzadria, pone particolare attenzione alle donne,
soprattutto propone una legge a difesa di quelle stuprate, tema purtroppo
ancora attualissimo, che nel Medioevo procurava tante morti, infatti le donne
violentate si suicidavano in quanto non avevano futuro. Eleonora di Arborea
invece, una volta diventata giudicessa cambia le cose, dà loro la possibilità
di un futuro dignitoso, impedendone così la morte e rompendo gli schemi
dell’epoca in cui la colpa era attribuita solo alla donna. Una lungimiranza
fuori dal comune, una donna che ha visto ben oltre il suo presente, anticipando
addirittura secoli futuri, una figura femminile che vale assolutamente la pena
di conoscere, leggere, approfondire e amare.
Quale aspetto in particolare, se c'è, di Eleonora d'Arborea hai voluto mettere in evidenza nel tuo romanzo? Che Eleonora d'Arborea emerge dalle tue pagine?
Di Eleonora ho voluto far emergere la donna dedita alla giustizia, alla legge, alla sua famiglia e alla sua terra di origine più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ed è proprio questa passione, questo amore viscerale che lei ha per la sua Arborea, per il suo popolo, per i suoi genitori e in seguito marito e figli che la spinge a fare cose straordinarie e ad autoproclamarsi giudicessa. Sarebbe facile pensare che si autoproclama tale per auto incensarsi, per essere considerata superiore, ma in realtà è l’opposto, lei lo fa proprio perché non vuole essere considerata la Signora di Arborea, perché quel titolo spetta a suo figlio, il vero erede di cui lei governa in vece prima che lui abbia raggiunto l’età prevista. Prima di lui questo titolo spettava a suo padre, lei si rende conto che non potrà mai essere come un uomo, e non vuole esserlo, lei dà il suo contributo per la sua terra rimanendo se stessa, una donna interessata di legge, che tenta in tutti i modi di essere giusta e imparziale e che vuole migliorare la qualità della vita del suo popolo indistintamente, in modo che il figlio abbia un Giudicato fiorente e solido quando prenderà il suo posto come Giudice e signore di Arborea.
Eleonora rimane se stessa ed è proprio per questo che riesce a seguire
così bene le sue idee, il suo destino, perché non si sforza di cambiare se
stessa, ma mette in gioco se stessa a favore dell’Arborea e dei suoi figli. Questo
la rende la prima donna di legge in Italia e in Europa, una donna normale che
ha avuto un destino straordinario e al limite del proibitivo, un destino che
tutti avrebbero detto impossibile da affrontare.
Progetti futuri?
Per il futuro continuerò ad occuparmi delle donne che nella loro storia personale abbiano lasciato un segno e dato un contributo alla grande Storia. Per un fatto di prudenza, chiamiamola pure scaramanzia, preferiscono non entrare nei particolari dei miei progetti futuri, ma posso dire che ne ho e riguarderanno sempre la figura femminile. Ormai per me è molto più che un lavoro, è una missione che palpita dentro di me e che è diventato il fulcro propulsivo della mia esistenza. Concludo con una citazione: “La missione di uno scrittore è testimoniare un tempo che non ha vissuto” (Giuseppe Lupo, La breve storia del mio silenzio – candidato al Premio Bancarella 2020). Io continuerò a testimoniare un tempo e una condizione che non ho vissuto, al solo scopo di imparare che ho ancora molto da imparare.