L'infanzia a Recanati II Parte
Paolina Leopardi
di
Elisabetta Benucci
Paolina
Francesca Saveria Salesia Placida Polancina Aloisia, così venne
battezzata, fu la terzogenita dopo Giacomo (1798-1837) e Carlo
(1799-1878). Sarà l’unica figlia femmina dei dodici figli venuti
al mondo da Monaldo e da Adelaide.
A
quell’epoca, Recanati era uno sperduto borgo dello Stato della
Chiesa, molto lontano dai circuiti culturali importanti. Più volte
il vivere in quel luogo fu definito da Giacomo Leopardi «soggiorno
orrendo», «soggiorno disumano», «prigione». Paolina odiò e
disprezzò Recanati non meno di Giacomo, indicandolo come «orribile
paesaccio», «soggiorno abbominevole ed odiosissimo», «canile».
Recanati |
La
famiglia Leopardi poteva essere considerata tra le più importanti
della nobiltà terriera marchigiana, ma si trovava in cattive
condizioni patrimoniali, tanto da dover osservare una rigida economia
per conservare il decoro che il rango nobiliare imponeva. Monaldo era
un uomo colto, che aveva fornito il suo palazzo una notevole
biblioteca, ma di cultura attardata e accademica. I suoi orientamenti
politici erano fortemente reazionari, ostili alle nuove idee diffuse
dalla Rivoluzione francese e dalle campagne napoleoniche.
Paolina,
insieme ai fratelli Giacomo e Carlo, crebbe in questo ambiente, che
influenzò le sue idee e i suoi orientamenti. La vita familiare era
scandita essenzialmente dalla madre Adelaide, donna di una bellezza
severa e malinconica, che Paolina definiva fredda e poco sensibile.
La giovane donna, infatti, trovava insopportabile il tipo di vita
instaurato in casa dalla madre, la quale, quando la poco assennata
condotta del marito aveva rischiato di compromettere il patrimonio e
il buon nome dei Leopardi, aveva preso in mano le redini
dell’amministrazione familiare, stabilendo a palazzo un regime di
inflessibile economia e sottoponendo tutti a durissime e persino
mortificanti privazioni.
Nonostante
ciò, Paolina riuscì a trascorrere un’infanzia spensierata,
animata dai giochi con i fratelli; nel gioco dell’altarino ella
fingeva di essere un prete e di celebrare la messa, tutta compunta
nel suo abito scuro e austero; per il taglio di capelli, che la
rendeva più simile a un fraticello che a una contessina, fu
soprannominata da Giacomo “don Paolo”.
Recanati Palazzo Leopardi |
In modo
atipico per i costumi dell’epoca, che non riservavano alle figlie
femmine una solida istruzione, Paolina fu educata insieme ai fratelli
maschi da precettori ecclesiastici, in particolare da don Sebastiano
Sanchini, nella grande biblioteca di famiglia.
L’anno
scolastico di Giacomo, Carlo e Paolina si concludeva, per volontà
del conte Monaldo, con una solenne prova d’esame, che si teneva tra
gennaio e febbraio. L’insegnamento era svolto nel corso di due
semestri, alla fine dei quali i fratelli dovevano presentare un
saggio delle loro cognizioni nella materie nelle quali si erano
applicati. Davanti agli invitati e ai membri della famiglia dovevano
rispondere in latino alle domande dei pedagoghi.
Paolina si
mostrò preparatissima a sostenere, nel febbraio 1810, l’esame su
ben quaranta domande di cultura varia; rispose con precisione e
prontezza a venti domande sulle scienze – intorno alle meteore, al
vento, alla pioggia, al tuono, alla luna, alle stelle cadenti, alle
comete, alle eclissi, al flusso e riflusso del mare – e a venti
sulla storia, in particolare sulla storia della Spagna, Portogallo,
Svezia, Danimarca e Norvegia.
Recanati |
Di riflesso ai «sette anni di studio matto e disperatissimo» che impegnarono Giacomo fra il 1810 e il 1817 circa, all’ombra dei tanti libri che Monaldo acquistava per il primogenito, la sorella, pur continuando a compiere i suoi doveri senza discussioni e a obbedire sempre e comunque ai genitori, si formò un’ampia e profonda cultura, soprattutto se si considerano i tempi e il luogo in cui visse. Imparò il latino, lesse testi classici e biblici, si avvicinò alla prosa straniera, imparando in modo eccellente il francese, oltre a leggere e a tradurre l’inglese e il tedesco. Studiò la storia e si appassionò alla musica. Scriveva, e anche questo è un dato di non poco conto per quell’epoca, in un italiano colto, corretto e preciso, talvolta gradevole con un’essenzialità compositiva che si adattava alle esigenze delle situazioni, come mostrano i suoi scritti in prosa e le sue tante lettere. Anche in questo aveva giocato un ruolo decisivo quella perfezione compositiva che i critici hanno concordemente riconosciuto alla prosa epistolare di Giacomo Leopardi. Paolina insomma assume quelle caratteristiche culturali che la resero «sensibilissima» e «istruita al di sopra di quattro quinti delle vostre pari», sempre secondo il giudizio del fratello, espresso nella lettera del 19 marzo 1823.
Link affiliato per l'acquisto:
Continua al post successivo
Immagini fornite dall'autrice
con i tuoi post culturali ci rendi erudite, grazie é un piacere
RispondiEliminaGrazie Mariadoria, sono contenta che anche questa iniziativa ti sia piaciuta. Ringrazio soprattutto Elisabetta Benucci, studiosa ed erudita, per questi approfondimenti su Paolina Leopardi.
EliminaGrandissima questa Paolina, grazie per questa bellissima storia che davvero non conoscevo (come la maggior parte delle storie che racconti quindi grazie due volte 🤗)
RispondiEliminaGrazie a te per l' interesse costante. A presto
EliminaMolto interessante. Attendo la prossima puntata
RispondiEliminaGrazie. A presto allora. La biografia di Paolina Leopardi, a cura di Elisabetta Benucci, ci terrà compagnia ancora per molti post.
Elimina