Perché io non voglio star più a questa vita. La voce di Beatrice Cenci dai documenti conservati negli archivi romani, di Alessandra Masu , GBE Ginevra Bentivoglio EditoriA.
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Beatrice Cenci occupa nell'immaginario comune soprattutto romano, il posto che ha una leggenda, quella di una giovane martire uccisa da un Papato avido delle ricchezze di questa nobile famiglia. Ne abbiamo parlato in un post di qualche anno fa.
Ora questo volume di Alessandra Masu che parte dai documenti conservati all'Archivio di Stato di Roma, Archivio Storico Capitolino, Archivio Cenci, Archivio Segreto Vaticano, Archivio Storico del Vicariato, e le maggiori Biblioteche romane (Nazionale Centrale, Angelica, Casanatense, Apostolica Vaticana) mette a fuoco una vicenda da sempre nota o che si pensa di conoscere per come è sempre stata raccontata e che potrebbe risale alla linea difensiva di Farinacci, l'unico Avvocato che all'epoca accettò di difendere i Cenci senza la paura di ritorsioni da parte del Papa o più probabilmente durante le beghe legali per l'eredità del casato da parte degli eredi di Giacomo e di Bernardo che danno vita alle Relatione sul parricidio e morte dei Cenci. Una vicenda che quindi si suppone di conoscere come il famoso ritratto di Beatrice che pare invece non essere tale come viene avvalorato nell'Introduzione. L'autrice ripercorre le vicende di Beatrice Cenci, dei suoi fratelli e della matrigna Lucrezia Petroni partendo dalle testimonianze rilasciate da loro stesse e dalle altre comparse durante l'inchiesta che porterà alla loro esecuzione. Sentiamo quindi dalle testimonianze le voci di chi fu principale o secondario protagonista e che nei giorni seguenti la morte di Francesco Cenci venne ascoltato non da un Tribunale ma dal solo Ulisse Moscato (o Moscati), giudice del Tribunale del Vicario che si muoveva tra le residenze dei testimoni, degli inquisiti ed inquisite.
All'inizio della disamina dei testi recuperati, tradotti e italianizzati dall'autrice per rendere più facile e fluida la lettura, si resta ancora nel dubbio che ammanta la figura di Beatrice Cenci e la morte del padre. Andando avanti con la lettura dei documenti d'archivio questa incertezza tuttavia a mano a mano perde sostanza. Se è vero che alla fine i fratelli Cenci e la matrigna confessano solo sotto tortura é indiscutibile che gli indizi conducono pesantemente verso una congiura nella morte di Francesco Cenci. Un pater familias terribile che Alessandra Masu inquadra bene nella sua epoca e nel suo spazio urbano e di relazioni e che ci restituisce il ritratto di un uomo solo, in difficoltà economiche e sempre più isolato. Un uomo dalla tempra violenta non solo con i famigliari ma anche con serve e servitori, un umore abbastanza tipico per molti uomini dell'epoca ma che veniva, nel suo caso, sempre meno tollerato anche dalla Curia. Quando si rinchiude nel feudo di Petrella, nel Regno di Napoli, si porta con sé la seconda moglie e la figlia Beatrice di fatto rinchiudendole e muovendosi avanti e indietro con Roma dove restano i suoi affari ed i figli, con cui è sempre in continuo conflitto, soprattutto con Giacomo, il maggiore.
Quello che si è sempre creduto essere il ritratto di Beatrice Cenci, attribuito a Guido Reni. Donna con turbante, Ginevra Cantofoli, 1650, Galleria Barberini, Roma. |
Beatrice cerca aiuto presso i fratelli e se ne fa carico Olimpio Calvetti, il custode della Rocca che sarà, così si apprende dagli atti, l'esecutore materiale dell'omicidio del despota Cenci e che ne inscenerà l'incidente mortale ma che a sua volta verrà trovato morto pochi giorni dopo Francesco Cenci stesso.
Le voci sull'accaduto, su come fu ritrovato morto il nobile Francesco Cenci giù da una finestra, e il fatto che giorni prima Olimpio fu visto a Roma proprio a casa di Giacomo Cenci, non possono non insospettire la Curia che avvia un'indagine che in questo volume possiamo seguire direttamente dalle parole degli interessati ed interessate.
Beatrice Cenci, si legge dagli atti, ne esce sicuramente come una vittima non meno degli altri suoi famigliari né rispetto ai servi e alle serve vittime di maltrattamenti e sevizie.
Questo libro ridona alla vicenda di Beatrice Cenci e alla sua famiglia una luce nuova su come si sono svolti i fatti ma anche sugli ultimi giorni ed attimi della vita di questa sfortunata ragazza di soli quindici anni. Fu un parricidio infatti avvenuto forse solo nel momento sbagliato. L'omicidio fu pagato con il massimo della pena che il Pontefice non volle, né poté, mitigare come ci spiega Alessandra Masu, se non con la pena capitale commutata in ergastolo per il minore dei figli di Francesco, Bernardo. Addentrandosi nel volume viene messo in luce come effettivamente in questo stesso periodo proprio a Roma vi furono altri omicidi simili e questo non poteva essere tollerato dal Pontefice che decise quindi di tenere una linea molto dura per dissuadere altri nobili ad agire pensando di rimanere impuniti.
L'idea che abbiamo del caso Beatrice Cenci trova in questa ricostruzione archivistica nuove traiettorie di sguardo. Se da una parte il Papa non volle graziare i responsabili nonostante le ripetute richieste anche da parte di Cardinali non ci fu, come visto, l'ingordigia per i beni della nobile famiglia romana anche se è innegabile che non mancarono comunque speculazioni da parte dei parenti del Pontefice verso il patrimonio dei Cenci.
Tante verità che trovano ora voce direttamente dalle testimonianze e quello che si pensava di sapere trova una nuova luce che rischiara la bellezza di una figura, quasi angelicata, che affronta la morte come una espiazione per la sua colpa e che nel testamento, allegato anche esso al volume, pensa nel momento della sua morte ad altre ragazze come lei ma indigenti e poi anche ad un ragazzo, l'unico a cui lascia delle rendite.
Beatrice Cenci morì a quindici anni ma per l'epoca si era donne pronte al matrimonio e a dare discendenza e se Beatrice non ammise mai violenza carnale del padre, sconfessata dalla testimonianza invece della sua matrigna, si aggiunge forse, involontariamente, un altro mistero leggendo il suo testamento proprio mentre si è data chiara luce alla sua vicenda criminale.
Drammatica e commovente è poi la descrizione degli ultimi attimi di vita della matrigna Lucrezia Petroni e di Beatrice Cenci sul patibolo nelle parole e nei ricordi della Compagnia della Misericordia di San Giovanni Decollato che assistette le condannate fino sul patibolo e dopo.
Beatrice Cenci nel suo testamento definitivo, con la sua voce ci chiede sostanzialmente di pregare per lei e di quindi di non dimenticarla e noi non lo faremo di certo.
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