Beatrice Cenci, attribuito a Guido Reni che la ritrasse nella sua prigione in attesa dell'esecuzione. Galleria Nazionale d'Arte Antica. |
Nasceva oggi, Beatrice Cenci,
il 6 Febbraio 1577 a Roma.
Figura entrata ormai nella
storia, cultura e immaginario collettivo romano e non solo, fu cantata,
ricordata e investigata dai più illustri scrittori nei secoli, da Stendhal a
Dumas a Shelley a Moravia.
La nobildonna Beatrice
rappresenta l’emblema della violenza, paterna prima, della politica dopo. La sua
è una figura simbolica che racconta, ci racconta una storia nella Roma papalina. Beatrice è
diventata, suo malgrado, il simbolo della violenza a cui ci si tenta di
sottrarre e che viene esecrata.
La prima vittima che la storia
ricordi di violenza familiare che le valse un riscatto personale tradito da
ambizioni patrimoniali.
Beatrice nasce a Roma da
Francesco Cenci e, dopo la morte della madre, per cause ambigue dovute si dice
alle nuove mire romantiche del padre, Beatrice trascorre anni in convento
insieme alla sorella, tornando a casa solo nel 1592 dopo che il padre si è
risposato in seconde nozze con la vedova Lucrezia Petroni, la cui figlia, si dice fu uccisa dallo stesso Francesco Cenci.
La sorella maggiore Antonina,
probabilmente allarmata e spaventata si indirizzò direttamente al Papa affinché provvedesse a trovarle un marito o a farle prendere vita monacale piuttosto di
non rimanere in famiglia. E per sua fortuna il Papa la fece maritare ma la dote
che il padre, sempre a corto di denaro, fu costretto a sborsare fu esosa e
seppur indirettamente anche Beatrice ne pagò le conseguenze. Infatti per
evitare di dover pagare un’altra dote, Beatrice ormai quindicenne e nel pieno
della bellezza, fu rinchiusa, con la
matrigna, nel piccolo Castello, detto La Rocca, a Petrella Salto nell’allora Regno
di Napoli.
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Nel frattempo il padre
continuava a stare a Roma con i figli maggiori, due dei quali morirono però in
risse mentre lo stesso Conte Francesco veniva accusato di sodomia, violenza,
debiti e delle peggio altre nefandezze con alle calcagna i suoi pressanti creditori.
Di istinto violento e crudele,
il conte Francesco proprio per scappare a sua volta dalle pressanti richieste
dei creditori si rifugiò nella Rocca insieme ai figli maschi a cui più volte
Beatrice aveva cercato di far pervenire lettere e messaggi per sollecitarne l’aiuto
ma che non erano mai giunti a destinazione, anzi intercettati dal padre furono
la causa di una violenta reazione che si
scatenò contro Beatrice che fu duramente percossa.
Vissuti da sempre in un clima
di violenza e di indigenza a cui il padre li teneva, nella situazione di
clausura in cui ormai vivevano, la situazione peggiorò al punto tale che
Beatrice, i fratelli Giacomo e Bernardo nonché
la matrigna, stanchi e provati dai soprusi, dalle violenze fisiche pensarono di poter recuperare la loro libertà e dignità, premeditando l’omicidio di un padre
violento e usurpatore delle vite altrui.
Al terzo tentativo riuscirono
ad uccidere il Conte Francesco e poi
cercarono di dissimulare il parricidio come un incidente, facendo rinvenire il
corpo come se caduto dalla Rocca. E il loro piano inizialmente parve
funzionare.
La famiglia Cenci, tornò a Roma
libera da soprusi e violenze ma erano pesanti i sospetti e le congetture visto la
fama che seguiva il nome del conte. Così furono aperte ben due inchieste alla fine
delle quali il Papa Clemente VIII in persona volle che si facesse luce e fece
aprire una nuova inchiesta.
Vennero sentiti testimoni e,
raccolte le prove, la famiglia venne accusata di omicidio, sotto tortura tutti,
la stessa Beatrice non resistette alla tortura della corda, anche i domestici coinvolti, confessarono il
complotto: Beatrice e la matrigna quindi vennero condannate, a morte per
decapitazione le due sfortunate donne e il fratello maggiore Giacomo per squartamento.
Si salvò solo il fratello minore Bernardo che in quanto tale fu graziato dal Papa stesso che invece non concesse mai la grazia a nessun’altro componente della famiglia e non solo per amore della giustizia.
Si salvò solo il fratello minore Bernardo che in quanto tale fu graziato dal Papa stesso che invece non concesse mai la grazia a nessun’altro componente della famiglia e non solo per amore della giustizia.
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Dopo la morte dei congiurati
infatti l’eredità dei Cenci fu requisita dal papato che la mise in vendita
successivamente ad un prezzo nettamente inferiore alla stima del suo valore e
fu acquistata proprio dal nipote del Papa: Gian Francesco Aldobrandini. In
parte però gli averi e i beni furono poi reclamati e recuperati dall’unico
superstite della congiura, Bernardo.
Beatrice aspettò la morte
rinchiusa nella prigione della Corte Savella, oggi non più esistente, viene
tuttavia ricordato l’episodio con una targa commemorativa in Via Monserrato.
Beatrice Cenci ritratta nella sua prigionia da Achille Leonardi. |
Beatrice fu giustiziata infine la
mattina del 11 settembre 1599 davanti a Castel Sant’Angelo, dove tra la folla
accalcata in cui si registrarono svenimenti e morti per la ressa c’erano anche Caravaggio e Gentileschi con la
sua piccola figlia Artemisia, che, si dice, per il suo quadro “Giuditta che decapita
Olofene”, si ispirerà proprio ai suoi ricordi di questa giornata macabra e
violenta che vide una giovane ragazza perdere la vita per essere tornata libera dopo essere stata per lungo tempo vittima di percosse, aggressioni
sessuali all’interno della sua stessa famiglia e di una violenza più sottile,
politica e di interesse ma altrettanto spietata che le tolse la vita in un modo
infame e definitivo.
Artemisia Gentileschi, Giuditta decapita Olofene, 1620. |
Tanto però impressionò il popolo romano questo triste
destino ingiusto dal tributarle, dopo la morte, un omaggio floreale: le
spoglie di Beatrice adagiate nella tomba davanti all’altare di San Pietro in
Montorio, furono ricoperte di petali di rosa e la sua testa fu tumulata
appoggiata ad un vassoio d’argento.
Solo durante il Risorgimento la
tomba fu profanata da soldati francesi che ne asportarono il teschio, tutt’ora
scomparso.
La nuova tomba di Beatrice fu ricostruita in un angolo della Chiesa senza scritte né intestazioni, come richiedeva l’usanza per i condannati a morte sì ma anche e soprattutto per cercare di darle il giusto riposo, dopo tanto penare, almeno nel sonno eterno.
La nuova tomba di Beatrice fu ricostruita in un angolo della Chiesa senza scritte né intestazioni, come richiedeva l’usanza per i condannati a morte sì ma anche e soprattutto per cercare di darle il giusto riposo, dopo tanto penare, almeno nel sonno eterno.
Ancora oggi, ogni 11 settembre,
l’erede della famiglia: Principe Cenci
Bolognetti, fa celebrare una messa
commemorativa a Via del Corso nella chiesa
di Gesù e Maria.
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E ancora oggi Beatrice resta la
testimonianza di quella violenza familiare che non annichilisce ma grida
vendetta, ingiusta sì e ingiustificabile ma che testimonia una condizione
femminile soggiogata da un attributo sociale patriarcale che non ammette
replica alcuna.
Opere su Beatrice Cenci ( alcune):
¨ Norberto Valentini, Milena
Bacchiani, Beatrice Cenci, un intrigo del Cinquecento, Ed. Rusconi Libri, 1981.
¨ Stendhal, Cronache italiane, Ed. Mondadori, 1990.
¨ Stendhal, Cronache italiane, Ed. Mondadori, 1990.
¨ Bevilacqua, Mario e Mori,
Elisabetta (a cura di). Beatrice Cenci: la storia, il mito. Roma,
Fondazione Marco Besso - Viella, 1999.
¨ Antonelli, Lamberto. Beatrice
Cenci: cronaca di un tragedia. Roma, Aracne, 2002.
¨ Alexandre Dumas, Beatrice
Cenci, Ed. Sellerio, 2004.
¨ Di Cesare, Domenico. Si
accende il giorno: la tragedia di Beatrice Cenci. Rieti, Hòbo editore, 2006.
¨ Percy B. Shelley, “The Cenci: A Tradgedy in Five Acts”,
1819, Ed. Book Jungle, 2007.
¨ Serena Penni, “Beatrice Cenci”
di Alberto Moravia, ed. Edizioni dell’Orso, 2009.
Opere di dominio pubblico:
Beatrice Cenci, romana storia del secolo XVI
Carlo Tito Baldono, Storia di Beatrice Cenci e de' suoi tempi
Opere di dominio pubblico:
Beatrice Cenci, romana storia del secolo XVI
Carlo Tito Baldono, Storia di Beatrice Cenci e de' suoi tempi
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Non sapevo niente di Beatrice Cenci, che storia drammatica e che rabbia, la Chiesa come sempre complice di soprusi e ingiustizie.
RispondiEliminaSì una storia molto triste.
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