lunedì 9 gennaio 2012

Dalla Conferenza di Pechino alle azioni pratiche- parte 6


Eccoci arrivati alla fine della ricerca sulla violenza maschile sulle donne che presentai nel 2007 e di cui vi rimando alle diverse parti in cui l'ho suddivisa qui per renderla più leggibile e che si concludeva con il confronto con un altro paese europeo, la Spagna anch'esso colpito da questo fenomeno preoccupante. Qui la mia disamina che vi ricordo è aggiornata al 2007 anno dell'analisi che potete trovare dall'inizio nella parte 1 e a seguire. 

Buona lettura 


Dalla Conferenza di Pechino alle azioni pratiche
di Silvia Palandri






La Spagna
I movimenti femministi spagnoli hanno avuto una parte importante fin dagli anni ’80 nella denuncia delle efferate violenze contro le donne.
E’ proprio grazie alla loro continua azione di esposizione del fenomeno della violenza domestica all’opinione pubblica che anche i mass media hanno cominciato a dare visibilità a questo problema sociale. Dopo le prime azioni adottate a livello legislativo intraprese negli anni ’80 e ’90, non si è cessato di trovare soluzioni grazie al fermento dei movimenti femminili-femministi che hanno riportato sempre l’attenzione sull’inefficacia e l’ inadeguatezza delle leggi adottate per far fronte ad una realtà così complessa e che per questo le portarono a richiedere una legge più organica che identificasse la violenza familiare come violenza di genere e ne ritrovasse le cause e adottasse quindi i provvedimenti necessari.
Grazie a questa continua attenzione e vitalità manifestata dalle realtà femminili-femministe, non ci si adagiò sulle iniziative legislative già intraprese ma si arrivò ad una legge organica, la n. 1 del 2004, che portò la Spagna ad essere il paese più all’avanguardia nella legislatura riguardo a questo fenomeno, rispetto agli altri paesi europei.
Brevi accenni alla situazione legislativa
I sempre più numerosi casi di violenza sulle donne registrati dai mass media spagnoli, in particolare dalla tv, hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica l’esistenza di un problema sociale molto presente e radicato nella realtà spagnola, soprattutto dopo la morte di Ana Orantes, una donna che pochi giorni prima di essere uccisa aveva raccontato la sua vita di maltrattamenti e che venne bruciata viva dal marito pochi giorni dopo la testimonianza resa in tv.
Dopo questo efferato avvenimento, accaduto nel 1987, si scatenò, nella società spagnola, una reazione sociale che sollecitò un primo studio monografico sull’argomento in cui per la prima volta, il Difensore civico autore di tale testo, ammette che questo problema non era mai stato sufficientemente preso in considerazione per il ruolo che la donna ricopre nella società. Si diffuse una nuova coscienza sociale che identificava questi atti con il termine di violenza domestica, una parola tuttavia di nuova concezione e non presente nella legislazione spagnola che quindi doveva essere aggiornata.
Così dal 1998 il governo spagnolo ha approntato dei piani di Azione pluriennali per arginare e risolvere il problema della violenza domestica.
Nel primo Piano (1998-2001) che si concretizza con la Legge Organica n. 14 del 1999, si condanna la violenza psichica abituale su membri del nucleo familiare e si introduce il divieto di avvicinarsi alla vittima nonché modifiche anche alla procedura penale.
Il secondo Piano (2001-2004) presenta l’approvazione di numerose leggi come la Legge Organica n. 11 del 2003 che prevede misure di sicurezza dei cittadini, contro la violenza domestica e di integrazione sociale degli immigrati oppure la Legge n. 38 del 2003 che istituisce l’ordinanza di protezione delle vittime di violenza domestica a cui inoltre fornisce un’azione cautelare sia da un punto di vista civile che penale. Tuttavia, nonostante queste iniziative, il fenomeno della violenza all’interno del nucleo familiare non era ancora sufficientemente tutelato per la mancanza di coordinamento delle istituzioni, come anche i movimenti delle donne recriminavano. Così dopo le elezioni del 2004 con il nuovo governo si prese l’iniziativa legislativa per approntare una legge organica che risolvesse queste mancanze.


Alcuni esempi pratici
Nel primo articolo della Legge organica n. 1 del 2004 in materia di Provvedimenti per la protezione integrale dalla violenza di genere, viene stabilito l’oggetto legiferato identificato come “le misure per reprimere la violenza che, come manifestazione della discriminazione della situazione di disuguaglianza e dei rapporti di potere tra uomini e donne, si esercita contro queste da parte di chi è o è stato coniuge o chi è o è stato vincolato alla vittima attraverso un rapporto simile di affettività, anche senza convivenza. Questa legge contiene misure di protezione integrale con la finalità di prevenire, sanzionare e combattere questo tipo di violenza e apprestare sostegno alle vittime”. quindi viene poi identificata la violenza domestica come qualsiasi atto di violenza fisica o psicologica, incluse le aggressioni contro la libertà sessuale, le minacce, coercizioni o la privazione arbitraria di libertà.
La legge prevede anche azioni di sensibilizzazione e di educazione con lo scopo di trasmettere il valore del rispetto delle diversità tra uomini e donne nella più ampia visione di uguaglianza tra i due sessi. Per questo oltre a prevedere l’inclusione di questi concetti nei programmi scolastici, viene prevista una formazione specifica anche per quei soggetti coinvolti nel processo formativo ma anche per il personale sanitario che svolge un ruolo primario venendo a contatto per primo con queste realtà.
I diritti delle vittime vengono rafforzati attraverso il potenziamento dei servizi di accoglienza, aiuto ed informazione, appellandosi alle regioni ed agli enti locali a cui vengono affidate l’organizzazione e il funzionamento di questi servizi, si realizza così quell’integrazione e coordinamento tra istituzioni nazionali e quelle locali.
Nei diritti delle vittime rientrano anche diritti lavorativi e previdenziali; la donna vittima di violenza domestica, infatti ha diritto, su sua richiesta, alla riduzione dell’orario di lavoro oppure al trasferimento in un’altra unità produttiva aziendale con il mantenimento del precedente posto di lavoro per 6 mesi oppure alla sospensione del rapporto di lavoro con diritto di conservazione del posto o ancora all’estinzione del contratto di lavoro che le permette, contrariamente alla procedura normale in caso di volontaria estinzione del rapporto di lavoro, di avvalersi del sussidio di disoccupazione valido anche in caso di semplice sospensione del contratto.
La legge poi istituisce anche dei Tribunali per al violenza sulle donne che sono competenti a giudicare reati contro donne che sono o sono state sposate o comunque legate affettivamente all’aggressore. In questo caso infatti la legge prevede pene più severe che vanno dai 5 ai 10 anni di carcere.
Questa legge rappresenta un’importante strumento per combattere il fenomeno della violenza di genere, tuttavia queste azioni di “discriminazione positiva” nei confronti delle donne hanno suscitato polemiche di anticostituzionalità alle quali tuttavia è stato facile replicare poiché al legge si rivolge a donne vittime di violenza e quindi non a tutte le donne in generale ma solo a quelle che presentano una condizione di soggetto svantaggiato che come tale va tutelato.
Per attuare queste misure è stato necessario modificare anche il Contratto Nazionale dei lavoratori spagnolo oltre che leggi, ben 30, riguardanti vari settori quali il sistema educativo, i codici penale e civile quello di procedura penale e civile nonché il settore di regolamentazione pubblicitario, infatti viene data molta importanza ai messaggi che veicolano valori legati alla figura della donna quale oggetto e ai quali questa legge vuole porre rimedio in favore di messaggi che promulghino l’uguaglianza e il rispetto tra i due sessi.
Alcuni dati statistici
I primi dati statistici rispetto alla violenza sulle donne in ambito familiare, risalgono al 1984 e sono basati sulle denunce esposte ai commissariati di polizia. Questi evidenziano l’esistenza di un fenomeno allarmante che spinge nei successivi anni a non trascurare lo studio del problema, con l’analisi soprattutto dei processi e delle sentenze emesse dai giudici in questo ambito. Si evince così che solo il 27% dei processi per violenza familiare portava ad una condanna che consisteva spesso in semplici pene pecuniarie o agli arresti domiciliari. Risaltava come il 90% delle donne vittime di violenza erano coinvolte in relazioni di cui il 34% risultavano in crisi.
I dati non cessarono di essere allarmanti neanche nel decennio successivo tanto che si rese necessaria l’approvazione di due piani nazionali per cercare di far fronte a questa spaventosa realtà. Nel 1999, risultavano uccise ben 54 donne per mano del proprio partner o ex coniuge, una cifra che negli anni è andata aumentando sempre di più, come nell’anno successivo, il 2000 che contò 63 vittime, o ancora il 2003 con ben 71 vittime della violenza domestica. Nel 2004 il totale delle vittime della violenza familiare tocca il picco delle 72 unitài con dei dati regionali che, seppur frammentati, fanno capire l’ampiezza del problema che non risparmia alcuna regione. Si vedono così i dati della regione dell’Andalusia con 19 vittime, della Castilla-La Mancha con 3, della Cataluna con 11 e di Madrid con 5; regioni che non risultano tuttavia tra le più colpite dal fenomenoii.
Nel 2005 risultano ben 52 donne morte per mano di partner o ex partner mentre nel 2006 se ne contano 68.
Il fenomeno come si vede non presenta un sostanziale miglioramento ma la legge organica che è in vigore solamente da poco più di un anno, ha fatto registrare un aumento di denunce, del 29,17% nel 2003/04 e del 23,37% nel 2004/05, da parte delle donne vittime di violenza domestica e una più pronta ed efficace risposta delle forze di polizia e di quelle giuridiche nell’ammonire, e quindi prevenire, gli aggressori.

i Si veda per i dati di riferimento il sito www.mtas.es/mujer/cifras/muertas_tablas.htm.
ii Si veda per i dati di riferimento il sito www.mtas.es/mujer/mcifras/w804.xls.
iii  Ivi, pag. 8.
iv Ivi, pag. 11.
v  Sito della rete anti-violenza “Arianna”: www.antiviolenzadonna.it.
vi Sito di riferimento per il numero anti-violenza nazionale:                          www.cipedipartimentopariopportunita.com.
vii DDL “Misure di sensibilizzazione e di prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’ambito della famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione”.
viii Per ogni riferimento si veda il Manuale Liberté Féminine et Violence contre le femmes, outils de travail pour des interventions avec orientations de genre, 2001, consultabile sul sito www.retepariopportunita.it/Rete_Pari_opportunita/UserFiles/pubblicazioni/urban-cosenza-francese.pdf.
ix Si vedano i dati del Ministero dell’Interno, Dipartimento Pubblica Sicurezza, “Numero dei delitti che ha come vittime persone di sesso femminile”, reperibile sul sito www.pariopportunita.gov.it/DefaultDesktop.aspx?doc=1009.
x Si veda per i dati di riferimento il sito www.mtas.es/mujer/cifras/muertas_tablas.htm.
xi Si veda per i dati di riferimento il sito www.mtas.es/mujer/mcifras/w804.xls.