sabato 24 dicembre 2022

Serene Feste



Sereno Natale e festività da Opportunità di Genere OG.
Non perdete l'occasione di stare bene con chi amate.






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mercoledì 7 dicembre 2022

Donne mussulmane: un ritratto contro stereotipi e luoghi comuni. Giuliana Cacciapuoti








Donne mussulmane: un ritratto contro stereotipi e luoghi comuni di Giuliana Cacciapuoti è innanzitutto un libro ben fatto, e non è scontato, nonostante l'argomento che può risultare ostico é infatti molto chiaro e accompagna chi legge nella disamina con piacevolezza. Per sua vocazione è rivolto a chi non è una-o addetta-o ai lavori, ha infatti una finalità divulgativa e tiene fede alla sua natura perché è un libro che senza dare per scontato né essere pernicioso ci fornisce una luce nuova su questo argomento, a volte spinoso. Come ci tiene ad evidenziare infatti l’autrice la chiave di svolta per comprendere questo mondo che a volte può sembrarci lontano, geograficamente e culturalmente, è cambiare la prospettiva scevra di stereotipi e implicazioni valoriali che quando interessano l’universo femminile sono ancora più caratterizzanti e condizionanti.

Fornendoci facili,  ma non semplicistiche, nozioni sulla religione, sui luoghi e sulle vicende di un passato che per la religione è un atto presente che si rinnova quotidianamente, Giuliana Cacciapuoti ci fornisce il quadro d’insieme della condizione femminile mussulmana partendo dal presupposto comune a tutte le società: il patriarcato. Le donne mussulmane hanno da sempre lavorato dall’interno per cambiare la loro condizione ma senza volerla rinnegare. Prima di tutto scopriamo che proprio l’Islam vide tra le prime compagne di Maometto, le donne che vissero appieno la nuova fede come guerriere ma anche come imam, addirittura esiste un genere letterario specifico che elenca queste straordinarie figure di donne ancora oggi esempio per tutte le mussulmane. Così scopriamo interessanti e poco note, per la maggior parte sconosciute, donne affascinanti e carismatiche che hanno dato subito valore all’Islam con il loro contributo di guerriere, mediche, mistiche, poete…Seguendo questa linea matrilineare, nel senso di femminile, arriviamo con l’autrice a capire quanto il nostro atteggiamento di donne occidentali sia rivolto in modo sbagliato verso quello di donne mussulmane che credono e non vogliono rinnegare la propria fede ma reclamano i primigeni valori che dichiaravano e praticavano l’uguaglianza e parità di genere basata sull’istruzione e sulla conoscenza. Un divario tra Occidente e Oriente ancora lungi dall’essere colmato e di cui le donne occidentali quasi mai si accorgono.

Ma questo non è solo un viaggio nel passato, Giuliana Cacciapuoti ci dimostra quell’assioma per cui ogni cosa nell’Islam anche se passata è attuale, infatti l’analisi si allarga ai nostri giorni in cui qualcosa ci appare in cambiamento nei paesi più vicini come la Turchia o in quelli più lontani come l’Arabia Saudita; situazioni tuttavia condizionate dal covid-19. E viaggiando attraverso la moda e la religione possiamo capire cosa sta succedendo ad esempio in Iran.

Un libro che rende fruibile concetti a noi lontani e ostici poiché li vediamo con una lente inadeguata, rendendoli chiari e intellegibili, per di più è scaricabile gratuitamente sul sito dell’autrice. Giuliana Cacciapuoti ha studiato lingue e civiltà orientali sezione vicino e medio oriente e  lingue e letteratura all'Orientale di Napoli. Da quasi quaranta anni si occupa di cultura e lingua araba e mussulmana insegnando anche all'estero. Si occupa anche di parità di genere. 


 

www.giulianacacciapuoti.it






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martedì 29 novembre 2022

Donne che fanno la Storia. Programma di Valeria Palumbo su Rete Oro







Donne che fanno la Storia. Programma di Valeria Palumbo su Rete Oro. Da questa sera e per quattro martedì la trasmissione di Valeria Palumbo, nota storica delle donne, giornalista, autrice teatrale, ci porterà a spasso nei secoli e nei luoghi per conoscere la vita e le opere di grandi donne che come dichiara il titolo fanno la Storia. 
Opportunità di Genere OG non poteva che essere entusiasta del progetto e non poteva non parlarne. 
Ecco alcune domande che abbiamo fatto direttamente all'autrice e conduttrice, Valeria Palumbo:

1) Come è nata l'idea  di un programma televisivo dedicato alla Storia da un punto di vista femminile?

L'idea è venuta a Lucio Vetrella che è l'anima di Rete Oro da quando è nata, nel 1984. In quello stesso anno io entravo a far parte dello staff giornalistico: mi ha dato fiducia, facendomi condurre il tg, quando ero giovanissima. Non era scontato, all'epoca, per una donna. Oltre 35 anni dopo e, soprattutto, dopo avermi seguita con attenzione nel mio lungo cammino di giornalista e storica, mi ha proposto di mettere insieme le due esperienze: come conduttrice e come storica. Gli è subito piaciuto anche il titolo: Donne che fanno storia. E non che "hanno fatto": perché le donne hanno sempre fatto la storia, ma ce ne siamo resi conto quando abbiamo iniziato a cambiare la narrazione. E cambiando il racconto, condizioniamo anche le coscienze, la consapevolezza e quindi la storia di oggi. 

2) Negli ultimi anni è aumentato l'interesse per l'apporto delle donne nei vari settori della società, soprattutto in ambito letterario ma perché c'è bisogno di raccontare queste storie?

Bisogna raccontare e riraccontare. Nel senso che i personaggi di cui parlo in questa prima serie, Matilde Serao, Veronica Franco, Eleonora Duse e Matidia, sono già noti (forse Matidia, la suocera dell'imperatore Adriano meno). Ma quello che è necessario fare è scrostare i racconti tradizionali dei pregiudizi, tantissimi, che li caratterizzano, dei luoghi comuni, della misoginia che caratterizzava i storici del passato. E, ancor di più, cambiare prospettiva: se si racconta la storia secondo i soliti canoni, in cui per esempio, la guerra conta più della pace, le donne, anche le più straordinarie, rischiano sempre di apparire come bizzarre eccezioni in un mondo pensato e fatto dai e per i maschi.

3) Che tipo di format hai pensato e scelto per parlarci delle Donne che fanno la storia?

Format molto semplice: venti minuti circa di racconto come se fossimo a un incontro tra amici, accompagnato dalla grafica bellissima pensata dallo staff di Rete Oro. Tutti giovani e tutti molto bravi. È stata molto curata anche la scelta delle musiche: io ho indicato soltanto compositrici.

4) Quante puntate saranno? 

Per adesso quattro. Se il pubblico apprezzerà, andremo avanti: noi ci stiamo già lavorando.


Sicuramente allora ci sarà l'occasione di parlarne anche in futuro. Noi da questa sera, e per i martedì successivi, alle 21.30 saremo davanti la tv a guardare Donne che fanno la Storia con Valeria Palumbo su Rete Oro.




La trasmissione sarà visibile per la regione lazio al canale 77 e in streaming online per tutte le altre regioni.









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mercoledì 23 novembre 2022

God save the Queer. Catechismo femminista. Michela Murgia. Einaudi





God save the Queer. Catechismo femminista di Michela Murgia, Einaudi. In tutti questi anni non ho voluto occuparmi qui su Opportunità di Genere OG di teorie queer appositamente, nonostante da molto il termine "di genere" si sia evoluto e arricchito rispetto alla dicotomia uomo/donna, lasciando a chi più e meglio di me può occuparsi di tali temi ma il libro di Murgia ci presenta una teoria queer che è queer e non lo è,  abbraccia il tutto e il niente.

Michela Murgia ci presenta infatti la sua visione cattolica, quella come recita il sottotitolo, di un nuovo catechismo. Ovvero la necessità di cambiare visione. Una visione che si allarga diventando molto più inclusiva grazie alla teoria queer ma non vi aspettate un libro sulle teorie o tematiche queer che non sono affatto affrontate. 
Le sue sono riflessioni inevitabilmente profonde che inducono a considerazioni  personali e non. Mi chiedevo infatti mentre leggevo il suo scritto come la Chiesa possa rimanere indifferente rispetto a queste istanze, non del tutto nuove. Non parliamo di rivendicazione del ruolo femminile nella gerarchia ecclesiastica come da anni alcune teologhe in tutto il mondo affrontano anche con la rilettura della Bibbia e delle sue figure femminili. Qui  il discorso è più ampio e porta con sé anche tutto questo. Murgia infatti applica la visione queer alla chiamata di ciascun*, un atto indubbiamente rivoluzionario.
Forse talmente rivoluzionario, così come fu la figura del giudeo Gesù, che se da anni Suor Teresa Forcades 1 ne parla con cognizione teologica da una parte e scientifica dall'altra, prima di diventare suora è stata medica, é altrettanto assordante il silenzio con cui la curia non commenta né prende posizione.

Questo nuovo libro di Murgia o piace o non piace, tocca infatti un argomento troppo personale in un paese che, come disse Croce, non può non dirsi cristiano per cultura, e non possiamo di certo negarlo. E' un testo che dà spunti e considerazioni, che affonda nel personale e allo stesso tempo nel comune, è senza dubbio sovversivo da un punto di vista esegetico ma anche più terreno. E' un testo infatti che in un mondo editoriale asfittico scuote, arricchisce, colpisce nel bene e nel male. E questo è già abbastanza.


1 Teresa Forcades, Siamo tutti diversi! Per una teoria queer, Castelvecchi, , Roma, 2016.





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martedì 8 novembre 2022

La rete non ci salverà - Lilia Giugni. Longanesi.







La rete non ci salverà - Lilia Giugni. Longanesi.  Lilia Giugni in questo libro riesce a farci vedere una rete invisibile, non solo la rete che da decenni ci muove su internet ma quella rete invisibile che condiziona le nostre vite, soprattutto quelle delle donne e delle minoranze grazie all’approccio intersezionale che permea l’analisi. Riusciamo quindi a vedere mano a mano che proseguiamo nella lettura come la tecnologia che pensiamo di usare in realtà ci usi e non solo per quanto riguarda i dati personali o sensibili. Scopriamo infatti che c’è un rovescio dello schermo, un mondo che sfrutta, maltratta e violenta le donne che coinvolge l’intera catena di creazione, produzione e uso delle tecnologie che invece spesso diamo per neutre. Il problema, ci ammonisce più volte l’autrice, certamente non sono le tecnologie ma come esse sono concepite ed usate ma in una società patriarcale, capitalista e misogina non possiamo non evidenziarne l’ineguaglianza e lo sfruttamento ai danni delle donne che ne deriva.

Post sulle Donne indigene
La rete di tecnologie infatti non fa che amplificare con il suo potere di divulgazione ingiustizie e stereotipi di genere quando invece piuttosto siamo indotte a pensare che queste siano infallibili ed affidabili. Come per ogni settore il problema è che ci sono poche donne al vertice che coincide con il controllo; aspetto che è trasversale a molti settori non è un caso ad esempio se quando ci si è posto a livello internazionale il problema delle minoranze indigene, le donne non sono state interpellate e hanno ritenuto di doversi organizzare tra loro a livello internazionale.

Con questa opera l’autrice auspica di mettere noi donne di fronte alla realtà per rimboccarci le maniche ed agire su un sistema che va conosciuto per difenderci e soprattutto cambiarlo, così come Germaine Greer ci invitava a “voltarci e combattere”.

Accettiamo quindi la sfida che si rinnova con questa opera potente.

Le testimonianze e le storie di tante donne, italiane ed estere, bianche e non, lavoratici e non, ricostruiscono vivamente ai nostri occhi questa rete che il filosofo settecentesco invitava a squarciare per liberare la condizione delle donne da questi fili che ne pregiudicavano e guidavano le esistenze, anche noi ora pienamente coscienti possiamo iniziare a tirare i fili affinché  si dissolva la trama sottile che imprigiona le donne nelle nuove tecnologie. Da condizioni di lavoro sottopagato, dal lavoro in miniera per le materie prime necessarie all’assemblaggio e produzione degli strumenti che quotidianamente usiamo, alla violenza a cui sono sottoposte coloro che moderano i contenuti violenti dei social, che sono per la maggior parte donne. Così come giovani che loro malgrado ritrovano la loro vita privata su internet come il drammatico esempio di Tiziana Cantone, tutte donne a cui è dedicato il libro.

Ma ci sono anche i famosi algoritmi tramite i quali, senza rendercene conto, solo per il fatto di essere donne possiamo essere escluse o meno da posti di lavoro o da concessioni di mutui: “La transazione digitale ha portato con sé anche ingiustizie più sottili e incastonate nelle tecnologie d’avangaurdia”[1] , ingiustizie che inconsapevolmente contribuiamo a riproporre e diffondere anche solo usando, creando contenuti, mantenendo attive queste tecnologie. Siamo tutte ‘casalinghe digitali’[2]. L’autrice riesce bene a mettere in evidenza come questo circolo vizioso da ‘macchina  dalle uova d’oro’ ha ‘trasformato gradualmente ma inesorabilmente ogni aspetto della vita umana in risorsa economica, solitamente senza il nostro consenso’[3].

Come ci indica l’autrice c’è un filo invisibile che passa dalle risorse naturali che servono a far funzionare i nostri dispositivi high tech a chi nelle fabbriche li assembla fino a chi ci incappa involontariamente (si vedano i vari episodi di chi si è ritrovata su Hub-porn) perché come ci fa riflettere l’autrice questo mondo spesso ritenuto immateriale invece un riflesso materiale ce l’ha e guarda caso è a spese delle donne.

Un riflesso che non manca di toccare vari livelli come il digital gender gap o anche il linguaggio di genere. Esemplare è l’esempio che ci fornisce il maggior motore di ricerca online su cui se si digita la parola ‘donna’ si visualizzano quelli ritenuti sinonimi come capra, bagascia e via discorrendo. Mi viene in mente a questo proposito lo scandalo legato alla Treccani e al suo sito sul quale si presentava un uguale problema e a cui uomini e donne illustri cercarono di porre rimedio con una lettera aperta all’Istituzione della lingua italiana e firmata tra le altre da Laura Boldrini, Murgia, Imma Battaglia, Alessandra Kustermann e l’allora vice direttrice generale della Banca d’Italia Alessandra Perrazzelli. Ad oggi Treccani però non ha modificato la voce anzi ha aggiunto semplicemente un’avvertenza finale con la quale sostanzialmente non ritiene di apportare cambiamenti poiché l’Istituto si limita a registrare queste espressioni per quanto ne riconosca il simbolismo misogino frutto di una società plurisecolare maschilista che è penetrata nel senso comune della concezione della donna.
Link al post sulla Tesi di Laurea
sul Linguaggio di genere
Come d’altronde scordarsi dello scandalo tutto inglese ma contiguo  nella sostanza a quello italiano appena descritto  e cioè quello del Vocabolario Oxford costretto, questo sì, a cambiare la voce misogina grazie alla segnalazione e intraprendenza dell’industriale italiana Maria Grazia Giovanardi. Mi ricordo inoltre di una tesi di laurea americana che metteva in luce quanto in alcuni settori, ritenuti prettamente maschili, le donne fossero concepite e quindi descritte, dai documenti ufficiali alle chat aziendali, con quella scarsa considerazione che abbiamo visto fino ad ora. 

Ma Lilia Giugni ci dà anche dei rimedi per  non cadere nella rete e anzi rialzarci e diventare attrici attive affinché qualcosa, molto, cambi.

Se per secoli si è attribuito alle donne la capacità di tessere  tele nelle quali catturare gli uomini, si pensi solo alle opere di Bouchet o di Aylic Langle[4]  a noi piace invece, alla luce della lettura de La rete non ci salverà di Lilia Giugni, pensare a l’unica filosofa e scrittrice che nel Seicento rivoltò questo simbolo contro le donne in positivo per reclamare la naturalezza del suo pensiero creativo, scardinando e rivoluzionando le regole intellettuali e sociali con il concetto di trama e scrittura: Margaret Cavendish. Così anche noi seguendo i consigli di Lilia Giugni potremo essere  novelle Cavendish ognuna con il proprio contributo che, goccia nel mare, anche questo piccolo blog cerca di fare da decenni.

 



[1] Lilia Giugni, La rete non ci salverà, Milano, Longanesi, pag. 51.

[2] Ivi, pag. 139.

[3] Ivi, pag. 118.

[4] A. Buchet, Les femmes qui savent souffrir avec une introduction sur les femmes dans la societè chrétienne: Une toile d’aragnée, Paris, 1862. E  Aylic Langle, La tolie d’aragnée, Paris, 1864.










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martedì 18 ottobre 2022

AIWAC Seconda Edizione della Conferenza delle Donne nell'Arte 19-21 ottobre by Consuelo Lollobrigida e Adelina Modesti- University of Arkansas Rome Center




Link al post su
Maria Sybilla Merian
Inizia domani la seconda edizione dell'AIWAC la Conferenza Internazionale delle Donne nell'Arte. Il tema sviluppato questo anno è straordinariamente attuale: L'eredità delle donne nei temi naturali, botanici, della salute e nelle libere Arti. Tante quindi le figure trattate come Ildegarda di Bingen ( con ben tre interventi nell'arco dei tre giorni), Elisabeth Vigée Le Brun, San Brigida di Svezia, Fede Galizia, Eleonora di Toledo, Maria Sybilla Merian ma anche meno note ma altrettanto interessanti come Suor Maria Benigna Cavalcanti, Suor Caterina Angelica della Vacchia, Henrietta Maria Moriarry, Elisabeth Gould ed altre ancora nell'ambito delle tavole tematiche che saranno affrontate. Queste riguardano le Nature Morte, gli Studi botanici e naturalistici, le capacità artigianali femminili che divennero in alcuni casi vere e proprie imprese domestiche o riconosciute ad oggi come opere d'arte, e ancora le performance folkloristiche nel quadro delle quali vi segnaliamo, tra gli altri, l'intervento di Laura D'Angelo e Luana Testa sul rapporto tra tarantismo e art performance, fino alla sessione conclusiva con uno sguardo alla contemporaneità.
Anche quest'anno la Conferenza, organizzata da Consuelo Lollobrigida e Adelina Modesti, si svolgerà presso l'University of Arkansas Rome Center ma potrà essere seguita online sul nuovo sito dedicato www.aiwac.eu dove sono a disposizione anche i materiali della scorsa edizione.
Piacevole novità è il premio AIWAC for Women Mnemosyne patrocinato dall'associazione d'imprenditoria femminile EnterprisinGirls che ha curato la realizzazione dei premi.





Il programma della seconda edizione dell'AIWAC





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lunedì 17 ottobre 2022

Perché io non voglio star più a questa vita. La voce di Beatrice Cenci. Alessandra Masu. GBE EditoriA






Perché io non voglio star più a questa vita. La voce di Beatrice Cenci dai documenti conservati negli archivi romani, di Alessandra Masu , GBE Ginevra Bentivoglio EditoriA

Link al post su Beatrice Cenci
Beatrice Cenci occupa nell'immaginario comune soprattutto romano, il posto che ha una leggenda, quella di una giovane martire uccisa da un Papato avido delle ricchezze di questa nobile famiglia. Ne abbiamo parlato in un post di qualche anno fa.
Ora questo volume di Alessandra Masu che parte dai documenti conservati all'Archivio di Stato di Roma, Archivio Storico Capitolino, Archivio Cenci, Archivio Segreto Vaticano, Archivio Storico del Vicariato, e le maggiori Biblioteche romane (Nazionale Centrale, Angelica, Casanatense, Apostolica Vaticana) mette a fuoco una vicenda da sempre nota o che si pensa di conoscere per come è sempre stata raccontata e che potrebbe risale alla linea difensiva di Farinacci, l'unico Avvocato che all'epoca accettò di difendere i Cenci senza la paura di ritorsioni da parte del Papa o più probabilmente durante le beghe legali per l'eredità del casato da parte degli eredi di Giacomo e di Bernardo che danno vita alle Relatione sul parricidio e morte dei Cenci. Una vicenda che quindi si suppone di conoscere come il famoso ritratto di Beatrice che pare invece non essere tale come viene avvalorato nell'Introduzione. L'autrice ripercorre le vicende di Beatrice Cenci, dei suoi fratelli e della matrigna Lucrezia Petroni partendo dalle testimonianze rilasciate da loro stesse e dalle altre comparse durante l'inchiesta che porterà alla loro esecuzione. Sentiamo quindi dalle testimonianze le voci di chi fu principale o secondario protagonista e che nei giorni seguenti la morte di Francesco Cenci venne ascoltato non da un Tribunale ma dal solo Ulisse Moscato (o Moscati), giudice del Tribunale del Vicario che si muoveva tra le residenze dei testimoni, degli inquisiti ed inquisite. 
All'inizio della disamina dei testi recuperati, tradotti e italianizzati dall'autrice per rendere più facile e fluida la lettura, si resta ancora nel dubbio che ammanta la figura di Beatrice Cenci e la morte del padre. Andando avanti con la lettura dei documenti d'archivio questa incertezza tuttavia a mano a mano perde sostanza. Se è vero che alla fine i fratelli Cenci e la matrigna confessano solo sotto tortura é indiscutibile che gli indizi conducono pesantemente verso una congiura nella morte di Francesco Cenci. Un pater familias terribile che Alessandra Masu inquadra bene nella sua epoca e nel suo spazio urbano e di relazioni e che ci restituisce il ritratto di un uomo solo, in difficoltà economiche e sempre più isolato. Un uomo dalla tempra violenta non solo con i famigliari ma anche con serve e servitori, un umore abbastanza tipico per molti uomini dell'epoca ma che veniva, nel suo caso, sempre meno tollerato anche dalla Curia. Quando si rinchiude nel feudo di Petrella, nel Regno di Napoli, si porta con sé la seconda moglie e la figlia Beatrice di fatto rinchiudendole e muovendosi avanti e indietro con Roma dove restano i suoi affari ed  i figli, con cui è sempre in continuo conflitto, soprattutto con Giacomo, il maggiore. 
Quello che si è sempre creduto essere
il ritratto di Beatrice Cenci, attribuito a Guido Reni. 
Donna con turbante, Ginevra Cantofoli,
1650, Galleria Barberini, Roma.
Beatrice cerca aiuto presso i fratelli e se ne fa carico Olimpio Calvetti, il custode della Rocca che sarà, così si apprende dagli atti, l'esecutore materiale dell'omicidio del despota Cenci e che ne inscenerà l'incidente mortale ma che a sua volta verrà trovato morto pochi giorni dopo Francesco Cenci stesso. 
Le voci sull'accaduto, su come fu ritrovato morto il nobile Francesco Cenci giù da una finestra, e il fatto che giorni prima Olimpio fu visto a Roma proprio a casa di Giacomo Cenci, non possono non insospettire la Curia che avvia un'indagine che in questo volume possiamo seguire direttamente dalle parole degli interessati ed interessate.
Beatrice Cenci, si legge dagli atti, ne esce sicuramente come una vittima non meno degli altri suoi famigliari né rispetto ai servi e alle serve vittime di maltrattamenti e sevizie. 

Questo libro ridona alla vicenda di Beatrice Cenci e alla sua famiglia una luce nuova su come si sono svolti i fatti ma anche sugli ultimi giorni ed attimi della vita di questa sfortunata ragazza di soli quindici anni. Fu un parricidio infatti avvenuto forse solo nel momento sbagliato. L'omicidio fu pagato con  il massimo della pena che il Pontefice non volle, né poté, mitigare come ci spiega Alessandra Masu, se non con la pena capitale commutata in ergastolo per il minore dei figli di Francesco, Bernardo.  Addentrandosi nel volume viene messo in luce come effettivamente in questo stesso periodo proprio a Roma vi furono altri omicidi simili e questo non poteva essere tollerato dal Pontefice che decise quindi di tenere una linea molto dura per dissuadere altri nobili ad agire pensando di rimanere impuniti.
L'idea che abbiamo del caso Beatrice Cenci trova in questa ricostruzione archivistica nuove traiettorie di sguardo. Se da una parte il Papa non volle graziare i responsabili nonostante le ripetute richieste anche da parte di Cardinali non ci fu, come visto, l'ingordigia per i beni della nobile famiglia romana anche se è innegabile che non mancarono comunque speculazioni da parte dei parenti del Pontefice verso il patrimonio dei Cenci.
Tante verità che trovano ora voce direttamente dalle testimonianze e quello che si pensava di sapere trova una nuova luce che rischiara la bellezza di una figura, quasi angelicata, che affronta la morte come una espiazione per la sua colpa e che nel testamento, allegato anche esso al volume, pensa nel momento della sua morte ad altre ragazze come lei ma indigenti e poi anche ad un ragazzo, l'unico a cui lascia delle rendite.

Beatrice Cenci morì a quindici anni ma per l'epoca si era donne pronte al matrimonio e a dare discendenza e se Beatrice non ammise mai violenza carnale del padre, sconfessata dalla testimonianza invece della sua matrigna, si aggiunge forse, involontariamente, un altro mistero leggendo il suo testamento proprio mentre si è data chiara luce alla sua vicenda criminale.
Drammatica e commovente è poi la descrizione degli  ultimi attimi di vita della matrigna Lucrezia Petroni e di Beatrice Cenci sul patibolo nelle parole e nei ricordi della Compagnia della Misericordia di San Giovanni Decollato che assistette le condannate fino sul patibolo e dopo.

Beatrice Cenci nel suo testamento definitivo, con la sua voce ci chiede sostanzialmente di pregare per lei e di quindi di non dimenticarla e noi non lo faremo di certo.









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mercoledì 5 ottobre 2022

Opportunità di Genere OG e Les Fleur du Mal nuova collaborazione




Opportunità di Genere OG é molto contenta di parlarvi di una nuova collaborazione  con il noto blog letterario Les Fleurs du Mal di Alessandra Micheli. Il primo appuntamento sarà per Halloween quando celebreremo a modo nostro questa giornata. Io parlerò delle scrittrici straniere ma soprattutto italiane dell'Ottocento che hanno attraversato il genere gotico-noir tanto in voga all'epoca. Soprattutto mi occuperò di Marchesa Colombi, di cui ho curato la raccolta di Racconti di Natale per Edizioni Croce, e di Carolina Invernizio, vera maestra del genere di cui ho parlato largamente nel blog; 

Il programma anche quest'anno sarà ricco di argomenti e inizierà dal 22 ottobre. Maggiori informazioni saranno disponibili sul blog di Alessandra, Les Fleurs du Mal, ma anche qui. 
Vi aspetto allora, a presto. 

Silvia S. G. 

Qui potete trovare i link su Carolina Invernizio:
https://opportunitadigenere.blogspot.com/2014/03/carolina-la-giallista-oscurata.html
https://opportunitadigenere.blogspot.com/2017/03/un-film-di-una-donna-settimana-per-un_27.html
https://opportunitadigenere.blogspot.com/2020/07/nina-la-poliziotta-dilettante-carolina.html 













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lunedì 15 agosto 2022

lunedì 1 agosto 2022

"Costola sarà lei!"- ed. Il Poligrafo




"Costola sarà lei!"- ed. Il Poligrafo è un libro uscito lo scorso anno per la collana Destini Incrociati diretta da Saveria Chemotti e che vede la partecipazione di studiose e giornaliste che hanno presentato ognuna con il proprio stile e fantasia storie di donne reali, passate, immaginarie, realizzate, insoddisfatte od ormai stanche.
 In questa raccolta di racconti si intrecciano, grazie alla narrazione di storie originali, riferimenti storici e fantasia, passato e presente, succede così di sentire la voce della Sibilla Cumana (Antonella Cilento) proprio lì in mezzo ai rifiuti del XXI secolo, di rivivere un mito d'altri tempi ai nostri di tempi con Circe e il suo Ulisse (Carla Menardo) di vedersi davanti agli occhi i gesti ed i pensieri di Matilde Serao
Qui il link per leggere i post
su Paolina Leopardi
(Donatella Trotta), Giulia Beccaria (Elianda Cazzorla), Paolina Leopardi (Michela Fregona), Carlotta Ferrari (Loredana Magazzeni) o di rivivere la vita segreta di Monique Bourgeois con Matisse (Emilia Bersabea Cirillo) o la tragedia di Elisabeth Eleanor Siddal (Barbara Codogno), ognuna di loro con la sua controparte maschile, in un dialogo di chiaroscuri in cui le donne emergono sempre.
Ma troviamo anche miti e personagge della letteratura che ci ricordano come la figura femminile è sempre stata specchio di una condizione reale che non sempre è migliorata nel tempo né nella società né in letteratura; come potrebbe? Ecco prender vita allora Fermina Daza (Ginevra Amadio) de "L'Amore ai tempi del colera" Daisy Fay (Marilia Mazzeo) del Grande Gatsby e perfino l'indimenticabile perfida infermiera di "Qualcuno volò sul nido del cuculo" che qui troverà una nuova identità (Federica Sgaggio) e addirittura Lady Oscar (Serena Uccello) anche loro accostate ai loro controaltari maschili perché anche nell'immaginazione e nella fantasia c'è rappresentata la vita.




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martedì 3 maggio 2022

La Giudicessa. Storia di Eleonora di Arborea- Rita Coruzzi




La Giudicessa.
Storia di Eleonora di Arborea.
Rita Coruzzi.



Abbiamo già parlato di Eleonora d'Arborea tempo fa per la sua straordinaria storia, esempio non solo femminile ma di gran governo in un tempo ed epoca assai difficili per chiunque governasse a maggior ragione per una donna. Eleonora d'Arborea ha incarnato un ruolo politico prima e storico in seguito che da secoli affascina. Ora un nuovo romanzo ne approfondisce la storia e la personalità per mano di Rita Coruzzi
Qui il link del post su 
Eleonora d'Arborea
che ne dà una lettura nuova ma mai avulsa dalla storicità del suo tempo.

Opportunità di Genere OG  ha voluto fare qualche domanda all'autrice di questo interessante romanzo che è solo l'ultimo della produzione storica di Rita Coruzzi.



Il romanzo su Eleonora d' Arborea é solo l'ultimo che hai scritto e che arriva dopo quelli su Matilde di Canossa e Giovanna d'Arco. Come é nato il tuo interesse nel voler raccontare le storie di donne, più in generale per il romanzo storico?

   Il mio interesse per le donne è qualcosa che ho sempre avuto, in quanto fin da adolescente ero convinta che la donna fosse il vero pilastro non solo della famiglia, ma dell’intera società. Poi studiando, leggendo romanzi storici e capendo la storia, mi sono resa conto che da sempre la donna è stata sottovalutata e dimenticata, ma che la sua figura è sempre stata determinante in ogni epoca storica e in ogni evoluzione del genere umano. Così ho capito di essere chiamata a questa missione, valorizzare le figure femminili della storia passata per portarle alla luce nel presente e farle conoscere, ricordare che sono esistite e che sono state forti, coraggiose e volitive e che con la loro storia hanno lasciato un segno nella grande Storia, determinando alcuni eventi fondamentali.


Eleonora d'Arborea, Matilde di Canossa e Giovanna d'Arco, tre grandi donne che hanno in comune la capacità di guidare, comandare...delle guerriere, donne forti é questo che ti ha guidato nell' averle scelte come soggetti dei tuoi scritti?


Sì, assolutamente. Una cosa che cerco nelle mie protagoniste è indubbiamente la loro forza di carattere, la loro volitività, il loro coraggio, ma soprattutto la loro capacità di adattarsi al cambiamento, di sacrificare i loro desideri e sogni personali per qualcosa’altro, per un ideale più alto, per il feudo, il popolo, la nazione. 

 Sono donne che, chiamate a fare qualcosa che sembra impossibile, dopo un momento di smarrimento iniziale, non oppongono resistenza alla chiamata, l’accettano e la incarnano dando il meglio di loro stesse, realizzandosi pienamente in un ruolo che mai avrebbero pensato potessero avere. Il mio desiderio è mostrare non tanto le loro imprese straordinarie, questo lo si può trovare in qualsiasi biografia e saggio storico, ma piuttosto come siano state donne normali, insicure, riluttanti ad accettare il loro destino, con dei loro sogni, dei desideri personali che hanno avuto la forza di mettere da parte. Il mio desiderio è che ai lettori arrivi il messaggio che si possono compiere imprese impensabili e straordinarie pur essendo persone normali. Per strada si può incontrare una Matilde di Canossa, o un’Eleonora di Arborea, una Giovanna d’Arco, solo che nessuno lo sa. Il mio desiderio sarebbe far arrivare ai lettori questa consapevolezza. La straordinarietà vive nella quotidianità. 


Perché per il tuo ultimo romanzo hai scelto proprio Eleonora d'Arborea, cosa ti ha colpito in particolare delle sua storia?


Eleonora di Arborea mi è stata fatta conoscere in Sardegna durante un festival storico avvenuto negli anni precedenti al Covid, Storicamente, a cui io ero stata invitata per presentare L’eretica di Dio, la storia di Giovanna d’Arco. Dopo la presentazione mi è stato fatto il nome di Eleonora di Arborea. Ammetto che non la conoscevo, non sapevo nemmeno della sua esistenza, ma quando mi hanno raccontato in breve la sua storia e cosa aveva fatto, ho capito che era la donna su cui avrei scritto il mio nuovo romanzo. Come spesso accade, non io ho scelto lei, ma lei ha scelto me. 

    Io ero alla ricerca di un nuovo personaggio, ed è stato come se Eleonora mi tendesse la mano, era la storia che cercavo, sconosciuta a molti, di una donna forte e volitiva che è stata guerriera senza mai brandire spada. Ha combattuto con la giustizia e soprattutto è stata un’innovatrice in quanto nel Medioevo ha emanato La Carta de Logu, un codice di leggi che insieme a disposizioni di vario tipo, tra cui agraria, mezzadria, pone particolare attenzione alle donne, soprattutto propone una legge a difesa di quelle stuprate, tema purtroppo ancora attualissimo, che nel Medioevo procurava tante morti, infatti le donne violentate si suicidavano in quanto non avevano futuro. Eleonora di Arborea invece, una volta diventata giudicessa cambia le cose, dà loro la possibilità di un futuro dignitoso, impedendone così la morte e rompendo gli schemi dell’epoca in cui la colpa era attribuita solo alla donna. Una lungimiranza fuori dal comune, una donna che ha visto ben oltre il suo presente, anticipando addirittura secoli futuri, una figura femminile che vale assolutamente la pena di conoscere, leggere, approfondire e amare. 


Quale aspetto in particolare, se c'è, di Eleonora d'Arborea hai voluto mettere in evidenza nel tuo romanzo? Che Eleonora d'Arborea emerge dalle tue pagine?


Di Eleonora ho voluto far emergere la donna dedita alla giustizia, alla legge, alla sua famiglia e alla sua terra di origine più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ed è proprio questa passione, questo amore viscerale che lei ha per la sua Arborea, per il suo popolo, per i suoi genitori e in seguito marito e figli che la spinge a fare cose straordinarie e ad autoproclamarsi giudicessa. Sarebbe facile pensare che si autoproclama tale per auto incensarsi, per essere considerata superiore, ma in realtà è l’opposto, lei lo fa proprio perché non vuole essere considerata la Signora di Arborea, perché quel titolo spetta a suo figlio, il vero erede di cui lei governa in vece prima che lui abbia raggiunto l’età prevista. Prima di lui questo titolo spettava a suo padre, lei si rende conto che non potrà mai essere come un uomo, e non vuole esserlo, lei dà il suo contributo per la sua terra rimanendo se stessa, una donna interessata di legge, che tenta in tutti i modi di essere giusta e imparziale e che vuole migliorare la qualità della vita del suo popolo indistintamente, in modo che il figlio abbia un Giudicato fiorente e solido quando prenderà il suo posto come Giudice e signore di Arborea. 

    Eleonora rimane se stessa ed è proprio per questo che riesce a seguire così bene le sue idee, il suo destino, perché non si sforza di cambiare se stessa, ma mette in gioco se stessa a favore dell’Arborea e dei suoi figli. Questo la rende la prima donna di legge in Italia e in Europa, una donna normale che ha avuto un destino straordinario e al limite del proibitivo, un destino che tutti avrebbero detto impossibile da affrontare. 

Progetti futuri?

Per il futuro continuerò ad occuparmi delle donne che nella loro storia personale abbiano lasciato un segno e dato un contributo alla grande Storia. Per un fatto di prudenza, chiamiamola pure scaramanzia, preferiscono non entrare nei particolari dei miei progetti futuri, ma posso dire che ne ho e riguarderanno sempre la figura femminile. Ormai per me è molto più che un lavoro, è una missione che palpita dentro di me e che è diventato il fulcro propulsivo della mia esistenza. Concludo con una citazione: “La missione di uno scrittore è testimoniare un tempo che non ha vissuto” (Giuseppe Lupo, La breve storia del mio silenzio – candidato al Premio Bancarella 2020). Io continuerò a testimoniare un tempo e una condizione che non ho vissuto, al solo scopo di imparare che ho ancora molto da imparare.



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mercoledì 20 aprile 2022

No, la censura no- EnterprisinGirls


No la censura no
la nuova campagna di comunicazione
 di EnterprisinGirls 



No, la censura no questa la nuova campagna di comunicazione dell'Associazione EnterprisinGirls, presentata dalla sua Presidente Francesca Vitelli. 
Qui il link all'analisi
di Francesca Vitelli

Da tempo infatti assistiamo, in questo ultimo periodo soprattutto, ad allarmanti episodi di censura ora di spettacoli teatrali, ora di libri ed autori/autrici e perfino di lezioni di letteratura. 
L'associazione EnterprisinGirls attenta alla diffusione culturale e divulgazione e supporto delle capacità imprenditoriali ed artigianali specchio di tradizioni territoriali ricche di valori antichi ma allo stesso tempo anche di innovazione ha deciso di intraprendere una nuova campagna di comunicazione per dire con forza e decisione di no alla censura, svolgendo un'azione di denuncia e allo stesso tempo di riflessione. 
Già da tempo l'azione di EnterprisinGirls contro questi continui attacchi alla libertà di espressione e comunicazione é iniziata da mesi con l'organizzazione di incontri online che mettono in luce gli aspetti ancora purtroppo attuali della censura; ora l'azione di sensibilizzazione dell'Associazione prosegue rafforzandosi con la campagna No, la censura no che sarà possibile seguire con l'hastag #nolacensurano. 





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lunedì 4 aprile 2022

Musa e Getta- Arianna Ninchi e Silvia Siravo (a cura di)





Musa e Getta a cura di Arianna Ninchi e Silvia Siravo é un caleidoscopio di immagini vivide di donne, più o meno conosciute, che hanno in comune l'arte in ogni sua forma, pittorica, fotografica, scenica... Non é però una lista biografica come tante, é un atto corale e singolo allo stesso tempo,  a volte di vere e proprie protagoniste a volte di 'mere cornice' di artisti, pittori, scrittori, o più semplicemente di 'donne di', ma accomunate, nonostante tutto, da una grande personalità e da doti artistiche anche quando vi ci hanno rinunciato assorbite o annientate da un uomo, artista che sia. 
Musa e Getta, una copertina che sembra un poster di un'epoca passata che sempre ammalia, presenta un sottotitolo che narra 'Sedici scrittrici per sedici donne indimenticabili (ma a volte dimenticate)', e queste donne indimenticabili, sono state affidate alla penna e al genio di grandi scrittrici come Ritanna Armeni, Chiara Tagliaferri, Lisa Ginzburg, Ilaria Gasparri, Maria Grazia Calandrone e anche Veronica Raimo, tra le candidate al Premio Strega di quest'anno. E molte altre come Angela Bubba, Elisa Casseri, Claudia Durastanti, Chiara Lalli, Cristina Marconi, Lorenza Pieri, Laura Pugno, Tea Ranno, Igiaba Scego e Anna Siccardi. 
Ognuna di loro  ha presentato una di queste sedici donne, l' ha immaginata e svelata in un racconto, ricco e appassionante come tanti brevi romanzi ognuno a sé ma che tutti insieme ci ridanno uno specchio dentro cui guardare, guardarci. 
Brevi racconti, mondi magici che trasportano a contatto con sedici grandi donne, seppur a volte sconosciute, che vengono interpretate come le vere protagoniste delle loro vite e di un'epoca. Ritratti che ci vengono dati,  in qualche caso per la prima volta, da scrittrici capaci di portarci per mano nella vita e nelle scelte delle protagoniste, moderne e contemporanee, conosciute, sconosciute o reinterpretate sotto una luce diversa. É il caso di Amanda Lear o Kate Moss ma anche di Dora Maar o Laure, la modella di colore dei quadri di Manet, o ancora di Nadia Krupskaja compagna di Lenin o Zelda Sayre Fitzgerald e con loro Pamela Des Barres, Alene Lee, Jeanne Hébuterne, Lou Andreas-Salomé, Rosalind Franklin e ancora molte altre. 
A cura delle attrici e sceneggiatrici Arianna Ninchi e Silvia Siravo che ne trarranno uno spettacolo teatrale con date in giro per tutta Italia, Musa e Getta é edita per i tipi di Ponte alle Grazie








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lunedì 14 marzo 2022

Giana Anguissola, Una giornalista, una scrittrice e molto altro ancora- Anna Maria de Majo




Ad inizio gennaio è stato l'anniversario della morte di Giana Anguissola (1906-1966), poco nota ma molto apprezzata scrittrice e giornalista. Poliedrica scrittrice di opere per ragazze e ragazzi ma anche adulti, scenografa, illustratrice, sceneggiatrice di teatro, radio e tv.
Donna indipendente e capace lo dimostrò da subito quando a soli sedici anni abbandonò Piacenza e il tipico destino riservato alle donne, quello di maestra, e si propose come giornalista nella fervente Milano.

Ce ne scrive Anna Maria de Majo, curatrice del convegno a lei dedicato nel 2014 e della pagina facebook: La Signora A dallo pseudonimo con cui compare in Violetta la timida.


Giana Anguissola, una giornalista, una scrittrice e molto altro ancora- Anna Maria de Majo

La carriera di giornalista e di scrittrice di Giana Anguissola, nata a Piacenza il 24 gennaio 1906, cominciò a soli sedici anni quando con assoluta “sfacciataggine” , come ricorda lei stessa, si presentò a Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera , per sottoporgli una sua novella.

Il direttore, che sapeva ben valutare le capacità e le potenzialità di giovani talenti, l’assunse subito come collaboratrice agli “illustrati” del Corriere della Sera. La novella infatti fu pubblicata sulla Domenica del Corriere.

Su suggerimento dello stesso Albertini, Giana incontrò poi Silvio Spaventa Filippi, direttore del Corriere dei Piccoli, iniziando con la rivista settimanale, una collaborazione che sarebbe durata per oltre trent’anni.

Giana pubblicò sul “Corrierino” racconti di vario genere, spesso poi riuniti in libri.

Cominciò con la storia di tre fratelli discoli (I tre. Storia di tre ragazzi, Mondadori, 1937) e continuò con le puntate de Gli eredi del Circo Alicante che, nell’edizione riveduta, pubblicata da Mursia nel 1953 vinse il premio Soroptimist.

Seguirono storie di animali (Nel bosco, Hoepli, 1935), racconti polizieschi (La polizia indaga, UPA, 1936), storie di evoluzione (Gli animali al principio del mondo, Garzanti, 1938), storie di oggetti parlanti e di trasformazioni fantastiche (Il Carretto del mercante, Hoepli, 1942), spesso illustrate dalla stessa Giana che era brava a disegnare quelli che lei chiamava i suoi “pupazzi” avendo preso lezioni dal pittore piacentino Francesco Ghittoni.

Sempre a puntate sul Corriere dei Piccoli vennero pubblicati i suoi romanzi più famosi, da Priscilla (Mursia, 1958, Premio Presidente della Repubblica) a Violetta la timida, ove interpreta se stessa nella figura della giornalista che sceglie Violetta per una collaborazione con Il Corriere dei Piccoli, (Mursia, 1964, Premio Bancarellino) fino a Daddi e Giogi sempre edito da Mursia e pubblicato postumo nel 1968.

Violetta la timida


Suoi articoli comparvero su vari giornali d’epoca e teneva anche su La Lettura, supplemento del Corriere della Sera, una rubrica di moda firmandosi Gianola ed avvalendosi della collaborazione di Brunetta (pseudonimo di Bruna Moretti Mateldi) per quello che riguardava i figurini.

Giana Anguissola fu anche scrittrice per adulti.
Il suo primo libro Il romanzo di molta gente, ambientato nella sua Piacenza ed in parte autobiografico, edito da Mondadori, vinse il premio Viareggio come opera prima nel 1931. Nel romanzo l’autrice disegna una galleria di indimenticabili figure femminili che si muovono nella cornice della Piacenza degli anni '20, una città della provincia italiana che si stava avviando verso una prima industrializzazione fatta di fabbriche, botteghe, mode provenienti dalle grandi città del Nord. Una storia di “donne, amore, lavoro, partenze e ritorni a Piacenza" come recita il sottotitolo del lavoro teatrale, tratto dal romanzo e messo in scena il 27 agosto 2021; 
una riduzione curata e diretta da Carolina Migli Bateson e Roberto Dassoni nella splendida cornice del cortile di Palazzo Farnese a Piacenza. E così prendono vita i personaggi di donne incredibilmente moderne e padrone della propria esistenza, dalla sarta che va a Milano a vendere le sue toilette, alla ragazza madre abbandonata dal fidanzato che, nonostante la promessa di matrimonio, fugge in America senza assumersi le sue responsabilità, alla giovane e talentuosa pittrice che in parte richiama nel carattere la stessa autrice.
 


Il romanzo di molta gente       A questo seguirono altri romanzi come Trovar marito, Rizzoli, 1933, Una ragazza, Casa Editrice La Prora, 1935, La giornata del Diavolo, Garzanti, 1939, I demoni vestono come noi, 1955 dove la scrittrice affronta il problema della presenza di persone apparentemente comuni ma che sono invece  «[...] abitate e mosse da spiriti malefici, i quali traviano i deboli e combattono strenuamente, ferocemente quanto sottilmente, le nature angeliche» .

Dopo la seconda guerra mondiale, in concomitanza con il sodalizio stretto con la casa editrice di Ugo Mursia alla cui moglie, Giancarla Mursia Re, Giana fu anche legata da profonda amicizia, l’autrice si dedicò quasi esclusivamente alla letteratura per ragazzi, ritenendo fondamentale per uno scrittore, ed anche per un editore, impegnarsi in una missione di alto spessore pedagogico nel rivolgersi ai giovani in particolare nel delicato momento dell’adolescenza.

Oltre ai romanzi già citati, ne pubblicò molti altri sempre con la stessa casa editrice da Marilù a Lolli, da L’inviata specialissima, a Coda di cavallo per citarne solo alcuni. In questi romanzi le protagoniste sono generalmente ragazzine di un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni, pre-adolescenti ed adolescenti alle prese con i piccoli problemi quotidiani della scuola e della famiglia, viste in un momento della loro vita che rappresenta la maturazione ed il passaggio dall’età della spensieratezza a quella della consapevolezza. Ragazzine che hanno già un precisa determinazione nell’ immaginare il loro futuro non più e non solo limitato alla loro realizzazione come mogli e come madri ma proteso ad un’affermazione personale in campi come il giornalismo, la medicina, l’ingegneria , antesignane di una volontà e consapevolezza che le porterà ad affermarsi in campi considerati riservati agli uomini, come del resto aveva fatto la loro creatrice.

Profonda conoscitrice dei problemi dei giovani, venne spesso chiamata a tavole rotonde della radio, dove venivano dibattuti i temi ed i problemi dell’adolescenza. Rendendosi conto dell’importanza che andavano assumendo i nuovi mezzi di comunicazione fu pronta a collaborare con la nascente TV dei ragazzi per la quale sceneggiò, nel 1954, le 21 puntate de Il Diario di Giulietta, un grande affresco della vita di una famiglia milanese con un padre burbero, una madre dolce ma ferma, una figlia maggiore, Giulietta, alle prese con la scuola e con i primi innamoramenti e due terribili fratelli minori. A grande richiesta del pubblico, successivamente l’autrice ne ricavò la trilogia Il Diario di Giulietta, Giulietta e i sedici anni (= Giulietta ha preso zero), Giulietta se ne va, pubblicato dalla Casa Editrice La Sorgente nel 1954 .

Giana Anguissola si occupò anche di Teatro, mettendo in scena nel 1938 all’Arcimboldi di Milano la sua opera: Il Paese delle bugie ed al Teatro dell’Opera di Roma, nel 1956, Le Avventure di Pinocchio.

Si cimentò anche con il cinema, con due cortometraggi Bacicin diventa milionario del 1944 e Bacicin poliziotto del 1945, basati su di un personaggio del suo romanzo I tre. Purtroppo tra il fallimento della casa cinematografica Ancora e gli anni di guerra, di questi lavori si sono perse le tracce.

Senza farsi vincere dal dolore per la morte dell’amatissimo marito Rinaldo Kuferle, giornalista, slavista traduttore e compositore che aveva sposato nel 1933, sostenuta dall’amore per il figlio Riccardo, continuò a scrivere anche per l’editore e fumettista Tristano Torelli. Dal loro sodalizio nacquero personaggi come Il piccolo sceriffo e Sciuscià, passati poi dal fumetto al romanzo.

Collaborò con vari settimanali quali La vispa Teresa fondata e diretta da Lia Pierotti Cei, Mignon, Grand Hotel e Sogno su cui teneva una rubrica “La posta di Giana” in cui dava consigli, spesso all’avanguardia rispetto ai tempi, alle giovani lettrici che le scrivevano.

Fu anche inviata speciale per “La Gazzetta Lombarda” in Polesine, descrivendo, con la consueta maestria, le disastrose conseguenze dell’alluvione che aveva colpito quelle zone nel 1951. I suoi articoli comparvero su vari giornali soprattutto sul quotidiano “La lettura” di Piacenza che li conserva in un archivio a lei dedicato.

La sua passione per lo scrivere non fu vinta neppure dalla malattia. In clinica ricoverata per una recidiva di tumore al seno, aveva sul comodino il suo ultimo romanzo Aniceto. o la bocca della verità, uno dei pochi in cui il protagonista è un ragazzo e non una ragazza. Morì a Milano, il 13 febbraio 1966 senza averlo completato. Fu la sua amica Giancarla Mursia Re a finirlo, pubblicandolo postumo nel 1972.

Un altro suo libro incompiuto Buona tavola e belle lettere, un originale ricettario di piatti tipici lombardi ed emiliani, nato su suggerimento del giornalista Orio Vergani che aveva fondato, nel 1953 l’Accademia Italiana della Cucina, fu completato dal figlio Ricardo Kufferle e pubblicato nel 2007 dalla Casa Editrice Tipleco grazie all’interessamento della stessa Accademia e del Soroptimist Club di Piacenza.

Piacenza le ha intitolato la sezione per i ragazzi della Biblioteca Passerini Landi, ed a lei è dedicato un Parco cittadino.

A Travo, sul fiume Trebbia, il luogo delle sue vacanze, viene ogni anno organizzato un Concorso per giovani scrittori emergenti nel campo della Letteratura per Ragazzi, giunto alla XII edizione e realizzato in collaborazione con la Rivista Andersen tra i più noti mensili italiani dedicato alla cultura per bambini e ragazzi.

A Roma, nel 2014 si è svolto un Convegno: "Giana Anguissola alla riscoperta di una grande scrittrice per ragazzi" nella cornice di Explora, il Museo dei bambini di Roma. Gli Atti, curati da Claudia Camicia, Presidente del Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile, e da Anna Maria de Majo sono stati pubblicati dalla Casa Editrice Mursia grazie alla liberalità della Banca di Piacenza.

E’ allo studio il progetto di creare in sua memoria, un Parco Letterario per far riscoprire i luoghi presenti nei suoi romanzi, dal titolo Giana Anguissola e la Val Trebbia. 



Anna Maria de Majo:

Laureata in Scienze Naturali all’Università La Sapienza di Roma è stata per 35 anni assistente di Antropologia Fisica.

Dal 2010 fa parte del Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile in qualità di consigliere e redattore della rivista del Gruppo, Pagine Giovani.

Ha partecipato all’organizzazione di vari Convegni come quello su Giana Anguissola del 2014 tenutosi a Roma a novembre 2021 sulla scrittrice Emma Perodi.

E’ anche membro di Toponomastica femminile e coordinatrice organizzativa presso Illustramente, partecipando negli ultimi tre anni al Festival omonimo.

Gestisce su Facebook alcune pagine quali:

La signora A dedicata a Giana Anguissola,

Emma Perodi,

Sirene nel mito e nella Fiaba

Fiabe, leggende e miti d’Italia

Lazio in fabula.







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