Un
recente studio di una laureata statunitense Alice H. Wu ha messo in
luce quanto il linguaggio sia connesso agli stereotipi o meglio
quanto gli stereotipi di genere si trovino nel linguaggio e di come
questo influenzi la condizione femminile soprattutto nel settore
lavorativo.
La
tesi di Wu1
si è concentrata sull'analisi delle espressioni usate con
riferimento al genere femminile all'interno di un sito riservato a
professionisti del campo economico usato per scambiarsi opinioni ed
informazioni sul loro ambiente professionale e nel tempo è diventato
un vero e proprio punto di riferimento non solo per “addetti ai
lavori” ma anche semplicemente per coloro che vogliono conoscere
gli argomenti sui quali i professionisti economici si confrontano.
La
laureanda, oggi dottoranda alla Harvad University, identificando il
testo quando riferito ad una donna grazie a pronomi come “lei, di
lei...”, ha potuto evidenziare che le espressioni relative alle
colleghe erano tutt'altro che afferenti l'economia ma piuttosto al
turpiloquio con termini come: sesso, “baby”, appetitosa, focosa,
bella, sexy, prostituta...
In
parallelo ha poi usato la stessa tecnica per svolgere la ricerca
prendendo questa volta in esame le espressioni riferite agli uomini
ed i risultati sono stati esattamente l'inverso, infatti ha trovato
associate al genere maschile parole estremamente professionali come
amministratore, matematico e il contesto in cui venivano usate
profondamente positivo, riferito agli obiettivi e perfino al Nobel.
Analizzando
poi più in generale le discussioni legate al genere maschile e a
quello femminile, Wu ha notato che i discorsi riferiti agli uomini si
incentravano sulla carriera e sui colloqui mentre quelli riferiti
alle donne si basavano sulla situazione personale, sentimentale o
sull'apparenza fisica.
L'aspetto più interessante di questo studio, che ha suscitato parecchio scandalo negli Stati Uniti con l'interessamento di tv e giornali2, è il nesso che Wu ha notato tra i termini legati alla valutazione delle donne in ambito economico e la loro sotto-rappresentanza in questo ambiente, risultato estremamente sessista e in cui appunto le donne non solo sono numericamente inferiori ma non occupano posizioni apicali neanche nelle Facoltà di materie economiche.
Il problema
della scarsa presenza delle donne nell'ambito economico è in realtà
ben nota e monitorata fin dal 1973 grazie all'iniziativa
dell'American
Economic Association,
secondo cui non solo in un ventennio la percentuale di dottorande in
materie economiche non è aumentata ma addirittura la frazione di
laureate in economia sta diminuendo.
Eppure
questa constatazione linguistica che Wu é riuscita ad evidenziare
rispetto alla valutazione e quindi alla posizione delle donne
americane nel settore economico ha suscitato tante critiche e
sollevato malcontento, per una condizione invece suffragata da tempo
anche da dati e ricerche e sorprende
soprattutto perché si riferisce ad una società da sempre un esempio
sull'evoluzione delle tematiche legate alle donne ma è pur vero che
questo ci dimostra quanto gli stereotipi nel linguaggio siano
permeati nella realtà anche di quelle società culturalmente
avanzate.
D'altronde
Alma Sabatini nelle “Raccomandazioni
per un uso non sessista della lingua italiana”
già ci diceva che “L'uso di
un termine anziché di un altro comporta una modificazione nel
pensiero e
nell'atteggiamento di chi lo pronuncia e di chi lo ascolta”3
e infatti la realtà femminile anche in Italia non è migliore degli
stessi Stati Uniti.
In effetti le donne italiane lo sanno bene
visto che a guardare il punto di vista economico, le donne a parità
di mansione guadagnano meno come un recente studio del CENSIS ha ben
messo in evidenza e secondo cui in media una lavoratrice guadagna il
16% in meno rispetto ad un suo collega e la percentuale sale al 33%
in meno di guadagno se si guarda alle manager ai vertici.
L'aspetto
che lo studio americano ha messo in luce, ed è l'aspetto che più ha
creato sconcerto, è proprio la relazione tra il linguaggio usato nei
confronti delle donne e la loro valutazione professionale che viene
penalizzata dal pensiero sessista dietro le parole usate e che
impedisce loro di poter far carriera negli ambienti economici, di
poter arrivare ai vertici, a oltrepassare il così detto “soffitto
di cristallo”.
In
Italia ugualmente abbiamo avuto fino ad ora una mancanza di
rappresentatività anche in alcune cariche istituzionali come le
amministrazioni comunali o parlamentari che hanno generato, e
generano, difficoltà ad usare termini professionali declinati al
femminile, basta ricordarsi all'indomani delle più recenti elezioni
amministrative, ad esempio nelle città di Roma e Torino, il vocabolo
di 'Sindaca' che ancora dopo un anno risulta di difficile
assimilazione anche per gli addetti alla comunicazione come
giornalisti e giornaliste di tv o giornali4.
D'altronde la presenza delle donne nei mass media sottolinea un gap di rappresentanza
femminile, soprattutto in tv dove la presenza femminile in qualità
di esperte di tematiche specifiche e soprattutto di argomenti
ritenuti prettamente appannaggio di discernimento maschile come
materie economiche, scientifiche e politiche è irrisoria rispetto a
quella degli uomini chiamati a dare opinioni e consigli5.
La
presenza di una donna in interviste, trasmissioni tv infatti supera
di poco la percentuale del 30% rispetto a quella di un uomo spesso
invitato in qualità di esperto: nei telegiornali la presenza
femminile è pari al 22% quando si tratta di opinion maker o
intervistate e al 25% se la si considera come protagonista della
notizia o solo al 14% come esperta nei Telegiornali, mentre è del
28% se si considerano i soli programmi di approfondimento informativo
dove le donne vengono proposte come intervistate o newsmaker, secondo
lo studio, commissionato dalla Rai, che l'Osservatorio di Pavia ha
evidenziato in una ricerca di due anni fa 6.
Come
si vede quindi anche in Italia la scarsa presenza delle donne in
settori apicali che siano istituzionali o manageriali o in generale
nel mondo del lavoro, è strettamente legata al linguaggio con cui ci
si riferisce alle donne, con cui si interagisce
con le donne perché come Patrizia Violi7 ci insegna il genere manifesta un profondo
simbolismo, le parole quindi veicolano significato e simbolismo che
a loro volta creano e alimentano significati e simbolismi
contribuendo pienamente a sviluppare l'immaginario collettivo.
“La parola è una
materializzazione, un'azione vera e propria”8
ci ammoniva Sabatini nel 1987 ma a leggere queste ricerche possiamo
dire che di azioni ne abbiamo fatte poche e che
ci manca tanto da fare per attuare quei cambiamenti anche linguistici
specchio di una realtà sociale che ad oggi dopo trent'anni dal
lavoro di Alma Sabatini fatica a rivolgersi alle Istituzioni più
importanti del Paese come alla Presidente, alla deputata o più
semplicemente alla Avvocata o Notaia perchè non é stata recepita
una dimestichezza con questi termini, perchè le donne non hanno mai
ricoperto se non da poco e in alcuni casi da pochissimo tempo quei
ruoli occupati esclusivamente dagli uomini fino a un non breve tempo
fa e che fanno “suonare male” la concordanza quando ad una
professione, che
tanto
più è in alto più tanto suona strana, si associa il genere
femminile.
Non solo, in questi anni si è verificata per di più quella che Giuliana Giusti9 chiama "la china peggiorativa", infatti spesso con il tempo parole che si riferiscono a categorie svantaggiate, di cui indubbiamente fanno parte le donne soprattutto in campo lavorativo, hanno assunto una connotazione peggiorativa, negativa che ne evita l'uso in favore, spesso, di un maschile inclusivo ritenuto più prestigioso.
Trent'anni
fa in Italia si é cercato di analizzare l'importanza del linguaggio
nel suo impatto nella società rispetto alla condizione femminile e
accanto al lavoro di Alma Sabatini “Il sessismo nella lingua
italiana”, infatti incontriamo altre opere attente alla questione
linguaggio-donne pensiamo a Elena Gianini Bellotti con “Dalla parte delle
bambine” in cui analizza attraverso il linguaggio come ci si
rivolge alle bambine e ai bambini, evidenziando preconcetti e
stereotipi che poi condizionano le aspettative riservate all'uno o
all'altro genere fin dall'infanzia. Una disamina che poi riguarderà
anche i libri di testo scolastici con il progetto Polite in
cui gli editori erano chiamati a prestare attenzione agli stereotipi
che i testi per le scuole proponevano, purtroppo un progetto a lungo
disatteso.
Alma
Sabatini con la sua opera propulsiva e ancora capo saldo di
riferimento attuale, ci invitava quindi all'azione tramite il
linguaggio, ci invitava al cambiamento, un invito però a tutt'oggi
ancora poco accolto e quindi sempre attuale e che riguarda tutte e
tutti ed a lungo auspicato10.
Note:
1 La
Tesi “Gender
Stereotyping in Academia: Evidence from Economics Job Market Rumors
Forum” è reperibile all'indirizzo
https://www.dropbox.com/s/v6q7gfcbv9feef5/Wu_EJMR_paper.pdf?dl=0
https://www.dropbox.com/s/v6q7gfcbv9feef5/Wu_EJMR_paper.pdf?dl=0
2 Si
vedano i numerosi articoli riservati alla tesi di Wu
http://www.businessinsider.com/evidence-of-sexism-in-economics-2017-8?IR=T
https://www.insidehighered.com/news/2017/08/21/internet-can-be-brutal-place-women-economics-paper-finds
https://www.insidehighered.com/news/2017/08/21/internet-can-be-brutal-place-women-economics-paper-finds
3 Sabatini
A., “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua
italiana”, estratto da “Il sessismo nella lingua
italiana” a cura di A. Sabatini, Presidenza del Consiglio dei
Ministri e Commissione Nazionale per la Parità e le Pari
Opportunità tra uomo e donna, 1987.
4 L'associazione
di giornaliste Gi.ULiA da anni rivendica la necessità di un
linguaggio di genere per la categoria giornalistica; a luglio del
2014 ha presentato una guida, curata da Cecilia Robustelli, in
collaborazione con l'Accademia della Crusca su “Donne,
grammatica e media”:
http://www.accademiadellacrusca.it/sites/www.accademiadellacrusca.it/files/page/2014/12/19/donne_grammatica_media.pdf
http://www.accademiadellacrusca.it/sites/www.accademiadellacrusca.it/files/page/2014/12/19/donne_grammatica_media.pdf
5 Per
una più ampia considerazione dell'immagine della donna in tv e nei
mass media in Italia e all'estero, si veda l'articolo: http://www.ingenere.it/articoli/il-gender-gap-dellinformazione
6 Si
veda a tal proposito il documento “Monitoraggio sulla
rappresentazione femminile 2015” dell' Osservatorio di Pavia
http://www.osservatorio.it/rai-monitoraggio-sulla-rappresentazione-femminile-2015/
7 Patrizia
Violi è Professora ordinaria di Semiotica all'Università di Bologna.
8 Sabatini
A., “Raccomandazioni per un uso non sessista della
lingua italiana”, estratto da “Il sessismo nella lingua
italiana” a cura di A.
Sabatini, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Commissione
Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità tra uomo e donna,
1987.
9 Giuliana Giusti è Professora ordinaria di
Linguistica all'Università di Venezia Ca' Foscari.
10 Si vedano i tanti richiami anche da parte dell'Accademia della Crusca, come ad esempio:
10 Si vedano i tanti richiami anche da parte dell'Accademia della Crusca, come ad esempio:
http://www.accademiadellacrusca.it/it/tema-del-mese/infermiera-s-ingegnera
http://www.accademiadellacrusca.it/it/comunicato-stampa/crusca-risponde-ministro-ministra
http://www.accademiadellacrusca.it/it/comunicato-stampa/crusca-risponde-ministro-ministra
e il volume di Cecilia Robustelli “Sindaco e sindaca: il
linguaggio di genere” , volume n.4 della collana “l'Italiano,
conoscere e usare una lingua formidabile” dell'accademia della Crusca in collaborazione con il Gruppo GEDI (La Repubblica, La Stampa...); in
edicola dal 14/10/2017.
o
L'Enciclopedia Italiana Treccani:
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