lunedì 24 febbraio 2014

L'educatrice lucchese, patriota attenta al genere



Almanacco del 24 Febbraio:


Illustrazione del romanzo, "La Famiglia del soldato"



Le autrici del periodo pre e subito post unificazione, risultano, ai nostri occhi, da sempre contraddittorie rivendicando un ruolo nuovo per le donne nella società ma con dei limiti per noi incompatibili con l’emancipazione o ponendo l’attenzione a nuove necessità per le donne ma senza rinnegare quelle tradizionali, e Luisa Amalia Paladini non sfugge a queste considerazioni; tocca quindi a noi rilevare nella sua produzione letteraria quanto di progressista nelle sue valutazioni e analisi ci sia. E non possiamo che rimanerne sorpresi.

Luisa Amalia Paladini nasce a Milano il 24 Febbraio 1810, da Francesco Paladini, funzionario ministeriale, e da Caterina Petrocchi. Ancora bambina si stabilisce con la famiglia nella città paterna, Lucca e qui trascorre la maggior parte della vita almeno fino all’età adulta.

Appassionata di poesia si fa notare presto, appena ventenne, con produzioni poetiche composte da lei, per più occasioni, come ad esempio i “Nuovi canti di Luisa Amalia Paladini: offerti alla Guardia civica di Lucca ” o i “Saggi Poetici” in memoria della sua amica, nonché maestra, poeta e letterata Teresa Bandettini.
Scrive per riviste e giornali quali “Il Messaggero delle donne italiane” dove per la prima volta inizia ad occuparsi di tematiche legate all’educazione, un impegno che diventerà presto una realtà professionale ma che caratterizzerà anche sempre più spesso il suo sforzo intellettuale.
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Dirige il giornale “La Polimazia di famiglia”e fonda prima a Lucca, nel 1834 “Il giornale dei fanciulli” e poi a Firenze nel 1863, “L’educazione italiana”, entrambi improntati sul tema della questione educativa dei neo italiani ed italiane.

Inizia, sempre nella sua città, Lucca, anche l’esperienza professionale di educatrice diventando la Sovraintendente agli asili infantili nel 1844, poi verrà chiamata a Firenze nel 1859 a dirigere la Scuola Normale e Sperimentale femminile, che nei moti del 1866 attiverà concretamente anche le allieve, facendo  loro confezionare le camicie per l’esercito rivoluzionario. L’anno seguente diventa Ispettrice generale delle scuole toscane, incarichi che però dovrà tuttavia lasciare poiché le leggi del nuovo Stato non concedono ad una donna queste responsabilità.
Nel 1872 tuttavia viene invitata a Lecce, dal sindaco, conte, Sigismondo Castromediano per affidarle la direzione dell’Educandato femminile “Vittorio Emanuele II”, rinnovandone la didattica e il metodo pedagogico. E a Lecce si spegnerà, improvvisamente, per un male alla gola, nel sonno, il 14 Luglio 1872.


Luisa Amalia Paladini ci testimonia con le sue opere il suo fervore patriottico e la sua attenzione all’educazione da intendersi diversa dall’istruzione e queste vivide caratteristiche del suo pensiero sono imprescindibili dai suoi scritti. I suoi numerosi articoli educativi, spesso convoglieranno in scritti veri e propri, come “Il manuale per le giovanette italiane”, raccolta dei suoi articoli a tema educativo apparsi sul “Messaggero delle donne italiane” o anche le sue riflessioni patriottiche, ma sempre in chiave educativa, confluite nel romanzo “La famiglia del soldato” , apparse sulla rivista “La polimazia di famiglia”.

Convinta patriota non perde occasione per ribadire l’amor di patria necessario quale virtù civile, riscontrabile nei numerosi sonetti e poesie dedicate, come quelle del 1843,  Pel Congresso degli scienziati italiani in Lucca”, in occasione appunto del quinto Congresso degli scienziati italiani tenutosi a Lucca, o anche quelli del 1848 dei “Nuovi canti”, liriche patriottiche per la Guardia Civica Lucchese. E forte sarà il suo richiamo a questa necessaria virtù che non fa languire i costumi, spesso corrotti e contraddittori che Luisa Amalia riscontra nella società di cui fa parte e contro la quale si prefigge proprio il suo sforzo professionale di educatrice, a cui aggiunge, a parer nostro, uno straordinario senso di reciproco rispetto dei sessi, essa infatti parla sempre appellandosi ad entrambi le parti sociali, siano essi genitoriali che educatrici/ori, rilevando una sensibilità ai tempi sconosciuta.
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Essa infatti è fortemente convinta che ognuno debba prendersi la propria responsabilità, fare la propria parte per garantire una crescita equa e prospera per tutti e tutte, e a questo fine non sono avulse le donne, siano esse madri che maestre:
“[…] Padri e madri di famiglia, maestri e maestre, educatori tutti […] Parmi che più dell’arte di educare vi gioverebbe studiare i bisogni dell’età nostra, ripudiarne i vizii, amare immensamente la patria e la famiglia, e nell’esempio più che ne’ precetti […] educare la crescente generazione”.[1]

E dalla sua esperienza, ma anche dai suoi valori, di cui la presenza e il ruolo attivo delle donne sono parte fondante, attinge la sua proposta educativa, non prima però di aver focalizzato quello che a suo avviso non andava nel metodo scolastico e soprattutto averne delineato la causa:
Giova al mio intento ricordare che le scuole infantili non furono maturo frutto di gran concetto formato da una mente filosofica e studiosa[2], poiché la riforma scolastica veniva pedissequamente ripresa dall’estero, dall’esperienza soprattutto inglese e francese ma senza adeguarla ai costumi e soprattutto alle esigenze culturali italiane: “Là si voleva soccorrere alla sola infanzia, e perciò si fecero gli asili infantili, noi avevamo bisogno di educare un popolo, e per questo abbisognano a noi scuole popolari[3],
 Ma quell’opera santa e pietosa doveva necessariamente allargarsi di concetto allora che fu trapiantata in Italia[4], “Quel popolo che fa sue le costumanze straniere cessa di essere nazione”[5], “[…] l’adottare ciecamente ogni parte di quei metodi, […], è stoltezza, è morte del pensiero”.[6][…] E chi più di noi pecca in questo?”[7],
 Un grande studio si pone adesso nell’educare i fanciulli, ma l’educazione italiana dov’è?[8]

E a questa domanda avrebbe risposto un trentennio dopo un’altra donna italiana, Maria Montessori, il cui esempio, e le cui idee pedagogiche e didattiche saranno materia viva forse più all’estero che  nella sua patria. Tuttavia possiamo dire che le idee e le riflessioni di Luisa Amalia troveranno accoglienza, con le dovute differenze, ma anche invece con similitudini, nel pensiero montessoriano, realizzando l’auspicio di una Virginia Woolf che esorta le donne a scrivere, promuovere le proprie idee diventando ciascuna terreno fertile per le idee e proposte dell’altra, ciascuna infatti è ava ispiratrice dell’altra, una passa- testimone tra generazioni che anche senza venire necessariamente in contatto si influenzano, come in un unica grande anima, come un unico grande respiro.
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Luisa Amalia quindi delineata la fragilità del sistema educativo italiano, ritrovata nel gusto degli italiani per le iniziative prese all’estero, una caratteristica dolente ancora purtroppo nella società attuale, registra anche i suoi punti deboli, regalandoci riflessioni da acuta sociologa, educatrice fine e attenta quando anche grazie alle sue doti poetiche riesce a sottolineare i forti limiti pedagogici del sistema scolastico ma regalandoci frasi di una sensibilità commovente: “L’istruzione e l’educazione, tutti lo sanno sono due cose separate affatto[9] ,L’istruzione deve essere soggetta alle regole, l’educazione no; e dal criterio dell’educatore dipende che l’una possa giovare all’altra[10], poiché: “L’educazione vera insegna a vivere, non a languire”, “corregge le male tendenze del cuore seconda le buone, scuote la stuppiditezza, insegna urbanità di modi, insinua con l’esempio affetti generosi e gentili[11], e conclude con una frase di una straordinaria bellezza e verità, seppur pecca, stranamente, di tutelare il genere, a cui sembra sempre invece molto attenta  e rientra in quella visione emancipatrice tuttavia limitata delle autrici di questo periodo che ormai sappiamo caratterizzarle ma che in Luisa Amalia sembra superata in gran parte appellandosi spesso all’uno e l’altro sesso, salvo scivolare a volte appunto ancora in una visione del “maschile valoriale” inglobante tutto il genere. Questa espressione tuttavia, se risulta limitata da un  punto di vista di rispetto espressivo della differenza di genere, racchiude comunque un significato ancora attuale e straordinariamente vero, una lezione ancora valida: “[l’educazione…] ed ha sempre dinanzi agli occhi l’uomo futuro nel
bambino presente[12].
 
Luisa Amalia invece pensa che “Nelle moderne scuole il bambino non vive, ma vegeta a piacer vostro[13] , “Nelle scuole  infantili poco si correggono le male tendenze perché non hanno campo di manifestarle…[14].
Quindi passa a proporre i suoi rimedi: “Le scuole gratuite dovrebbero essere poche, […]. Altre scuole gratuite dovrebbero esserci per quei bambini di poveri artigiani. […] A queste scuole, […], mi piacerebbero aggiunte delle scuole elementari, dove s’ insegnassero le cose più necessarie, come leggere, scrivere, conteggiare, dove si dessero alcune lezioni, […], a’ quei poveri fanciulli dell’uno e dell’altro sesso, che già vanno ad imparare un mestiere[15] e rincara la dose: “[…] Basterebbe per ora assegnare alle lezioni di letteratura, di scritto, e di aritmetica, […], un’ora nella quale potessero convenirvi anche que’ fanciulli e fanciulle, che uscite dalle sale infantili, si spargono per le officine degli artigiani ad impararvi un mestiere […][16].

Per lei la partecipazione sociale, è sì fondamentale ma soprattutto deve essere basata sul merito: “A prebi, a detti uomini, a donne di sicura virtù dovrebbero essere affidate le signorili e le popolari scuole, a uomini e donne che godessero la fiducia e la stima dell’universale[17] .
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Luisa Amalia Paladini giunge a noi tramite le sue opere quale fine osservatrice dei limiti ma anche delle esigenze sociali, e se Historia magistra vitae, noi abbiamo ancora quindi molto da imparare dalle sue lezioni. Per quanto anche lei pecchi a volte di ristrettezze tipiche del suo tempo, che dimostrano solo la sua attinenza con la realtà culturale e sociale della sua epoca, rendendola cittadina perfettamente conforme ai costumi ed usi del suo tempo, ha saputo tuttavia essere attenta ai valori sociali di cui le donne sono una fondamentale componente.
Si rivolge loro sempre direttamente, salvo sporadiche eccezioni tipiche però del suo tempo che non tolgono ampiezza e validità al suo messaggio straordinario di equità, istruzione per tutti e tutte, amore delle cose nazionali, a discapito di pedisseque imitazioni non confacenti lo spirito e le necessità italiane, e una società basata sul merito, un merito necessario a tutte e tutti, a cui le donne devono aspirare congiuntamente agli uomini ma per questo devono avere le stesse armi, dell’educazione e dell’istruzione.

Di lei l’editore delle Stamperia dell’Iride nel “Componimento in morte di Anna Marzano Capialbi da Montelione” voluto dal figlio della defunta, il Cavaliere Vito Capialbi, ci dice che Luisa Amalia Paladini nel sonetto dedicato alla defunta riesce a : “ rintuzzare la baldanza egoistica de’ detrattori del talento femminile, degli orgogliosi nemici della loro istruzione, e più se unita alle molte insigni sue pari, onoranti l’italo suolo, capace a far arrossire delle loro inferiorità molti de’ sedicenti dotti[18].


Opere:

“Saggi poetici”, Lucca, Ed. Giusti, 1839

“Pel Congresso degli scienziati italiani in Lucca”, Ode, Lucca, Ed. Tipografia Rocchi, 1843

“Nuovi canti di Luisa Amalia Paladini: offerti alla Guardia civica di Lucca”, Lucca, Ed. tipi di Giacomo Rocchi e Figli, 1848

“Manuale per le giovinette italiane”, Firenze, Ed. Le Monnier, 1851

“Fior di memoria per le donne gentili. Prose e poesie”, Firenze, Ed. Melchiorri, 1855

“La famiglia del soldato”, Firenze, Ed. Le Monnier, 1859

“Lettere di ottimi autori sopra  cose familiari. Ad uso specialmente delle giovinette italiane”, Firenze, Ed. Le Monnier, 1861




Biografia (più recente):

SIMONETTI Simonetta, “Luisa Amalia Paladini: vita e opere di una donna del Risorgimento”,  Lucca,  Ed. Maria Pacini Fazi, 2012.



[1] LUISA AMALIA PALADINI, “ Fior di memorie per le donne gentili”, Firenze, Ed. Melchiorri, 1855, pag. 103.
[2] Ivi, pag. 90.
[3] Ivi, pag. 92.
[4] Ivi, pag. 91.
[5] Ivi, pag. 97.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Ivi, pag. 87.
[10] Ivi, pag. 88
[11] Ivi, pag.  89.
[12] Ibidem.
[13] Ivi, pag. 88.
[14] Ivi, pag. 89.
[15] Ivi, pag. 93.
[16] Ivi, pag. 97.
[17] Ivi, pag. 86.
[18] AA.VV., “Componimento in morte di Anna Marzano Capialbi da Montelione”, Napoli, Ed. Stamperie dell’ Iride, 1841, pag. 102.

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