mercoledì 28 marzo 2018

Virtù più che virili. Le lettere di Beatrice Caetani Cesi (1557-1608)









Come visto con il volume Autografa II 
Qui puoi leggere il post suAutographa II
 sulle scritture di donne come Artemisia Gentileschi, Vittoria Colonna ed altre l'esercizio della scrittura femminile nel Cinquecento non era appunto mero esercizio ma concreto scambio di vedute, sentimenti racconti del vissuto proprio e dei propri cari ma le epistole autografe sono anche fonte di ulteriori spunti storici, sociali e culturali.

La presentazione del libro Virtù più che virili Le lettere di Beatrice Caetani Cesi (1557-1608) a cura di Caterina Fiorani si è svolta alla Biblioteca di Storia Contemporanea in Via Michelangelo Caetani nel palazzo Mattei di Giove che insieme ad altri edifici appartenevano ad un complesso proprio della famiglia Caetani.

Questo libro è il tredicesimo volume edito dalla casa editrice Viella della collana La memoria restituita- Fonti per la storia delle donne, diretta da Marina Caffiero e Manola Ida Venzo e che prende vita da un'iniziativa dell'Archivio di Stato e dell'Università La Sapienza di Roma sulle orme di un progetto del 2001: L'Osservatorio per la scrittura delle donne nel Lazio patrocinato dalla Regione Lazio.

Il volume si occupa di cinquantanove lettere di Beatrice Caetani, di cui quarantotto solo sono autografe, conservate all'Archivio di Stato di Roma. Onorato Caetani, infatti non volle bruciare le lettere di Beatrice che oggi sono quindi potute essere oggetto di studio. In queste lettere Beatrice parla poco dei figli ma lascia spazio comunque all'educazione da impartire mentre parla di suo marito, Angelo Cesi che morirà in Ungheria contro il turco in data ancora sconosciuta tra il 1569 e il 1570, e di lui ne esce il ritratto di un marito violento, violenza di cui tuttavia i suoi parenti sono a conoscenza. Beatrice sposa il Cesi, famiglia nobile molto importante, a diciassette anni. La sua data di nascita è stata finalmente identificata ed è il 1544, bambina dal carattere ribelle non è acquiescente con il suo precettore tuttavia si adegua a corrispondere all'educazione che si confà alla sua classe sociale e alla sua condizione di donna del Cinquecento.
La sua scrittura ci dice molto oltre che della sua vita, degli aspetti intimi, ci rivela anche però un sentore del tempo Beatrice infatti risulta avere confidenza con la scrittura ma usa molte univerbazioni (cioè l'unione grafica di due differenti parole in origine separate) soprattutto all'inizio della sua corrispondenza, molto meno invece saranno nelle ultime, questo denota senz'altro un'evoluzione che però non si nota in altri aspetti come ad esempio il linguaggio d'altronde alle donne veniva insegnato a leggere ma non si insisteva tanto nella scrittura.
Le lettere di Beatrice riportano i canoni dell'epoca, formule di apertura e chiusura ma questa rigidità formale non si riscontra però nei contenuti e nei temi trattati. L'epistolario d'altronde era un mezzo colloquiale e così Beatrice passa dal parlare di un cane bracco ricevuto in regalo ad un aborto per poi tornare a parlare del cane, questa disinvoltura di argomenti senza un filo per noi logico rende allo-a studioso-a di oggi molto difficile l'analisi. Si tratta infatti di un italiano parlato e non è quindi anomalo ritrovare elementi sintattici difficilmente costruiti proprio perché ci si trova di fronte a lettere che surrogavano un colloquio e nel parlato quindi non si può strutturare troppo un pensiero complesso a meno di perdere il filo del discorso.
La lingua usata da Beatrice nelle lettere che come detto sostituiscono un dialogo, è un italiano colorito da elementi regionali si presentano infatti in realtà in quello che si può definire un romanesco antico.
La Porta di Sperlonga
con lo stemma della famiglia Caetani
Il volume è poi introdotto da saggi di Manuel Vaquero Piñeiro che affronta la gestione dei territori della famiglia Caetani evidenziando come questa si sia evoluta con l'ascesa della casata e come altrettanto sia coincisa questa altolocatezza con l'aumento delle spese di 'casta' che hanno poi di fatto portato al lastrico la famiglia. Nel saggio “Terre e acque nella signoria dei Caetani di Sermoneta” Vaquero Piñeiro mette bene in evidenza le capacità gestionali della famiglia Caetani e dei loro sforzi “imprenditoriali” in favore di risorse che producessero una rendita e per incrementare i profitti, risorse che tuttavia non basteranno alla famiglia nel momento di massima ascesa sociale.

L'altro saggio introduttivo è affidato a Rita Cosma con la nota paleografica d'altronde come ricorda la direttrice della collana Marina Caffiero l'idea vincente della collana è proprio quella di far lavorare settori disciplinari diversi, l'archivista con lo storico e il linguista...





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