Non capisco tutto il clamore che quest’anno la neo eletta
Miss Italia ha suscitato nell’opinione pubblica, io credo che invece vada
rispettata per aver esternato una sua opinione seppur in maniera goffa e
impacciata e che vada ringraziata perché ha ragione Alice, che non ha ancora
incontrato il suo brucaliffo e vive ancora nel paese delle meraviglie, ad avere
la curiosità di conoscere come sarebbe stato vivere in Italia durante la
guerra, come avrebbe vissuto lei, da donna il periodo bellico perché nessuno
nella sua giovane età evidentemente le ha mai parlato di tutte quelle donne,
tante, che non si sono arrese alla belligeranza, alla barbarie, alla povertà, all'odio, alla loro condizione di donne che le voleva solo madri e mogli e che
poi le ha incoraggiate ad avere un ruolo attivo, importante, essenziale che ha
permesso a tutti e a tutte di conquistare la libertà, la stessa di cui ancora
oggi noi possiamo godere, per poi però essere rilegate nel dimenticatoio della
riconoscenza e rimesse, per la maggior parte, nei canoni distintivi “donneschi”
e così destinate all'anonimato e all'oblio della storia e dei posteri.
La necessità di ridare il giusto peso alle donne, alla loro
presenza e alle loro gesta con cui hanno contribuito a fare la storia è
reale, niente affatto euristica, esclusiva delle femministe ma un atto dovuto
verso la storia stessa che acquisterebbe una nuova dimensione senz'altro più
completa;
verso le donne stesse protagoniste reali degli avvenimenti del mondo;
verso tutte noi perché non si pensi che siamo state solo figlie di Eva, rimaste a guardare ed entrate nell'avvenire umano solo grazie alla beltà e agli imbellettamenti;
verso gli uomini affinché possano formarsi un’idea diversa da quella di una donna sempre e solo oggetto, vuoi nella storia “storica” ma anche in quella umana che la vede mezzo di ascesa sociale da una parte e oggetto sessuale per il fine maschile nel bene (madre) e nel male (mero oggetto di piacere) dall'altra, fraintendimento di una realtà dato anche da questa mancanza che per molti è tra le concause di quella visione sociale dalla quale scaturisce la violenza sulle donne.
verso le donne stesse protagoniste reali degli avvenimenti del mondo;
verso tutte noi perché non si pensi che siamo state solo figlie di Eva, rimaste a guardare ed entrate nell'avvenire umano solo grazie alla beltà e agli imbellettamenti;
verso gli uomini affinché possano formarsi un’idea diversa da quella di una donna sempre e solo oggetto, vuoi nella storia “storica” ma anche in quella umana che la vede mezzo di ascesa sociale da una parte e oggetto sessuale per il fine maschile nel bene (madre) e nel male (mero oggetto di piacere) dall'altra, fraintendimento di una realtà dato anche da questa mancanza che per molti è tra le concause di quella visione sociale dalla quale scaturisce la violenza sulle donne.
Gli studi "sulle donne", Women's Studies, in
Italia risultano
essere poco meno di una sessantina in tutta Italia, per una cifra percentuale
che rimane vicina allo zero per cento rispetto all'intera offerta formativa globale a
fronte invece dei più dei mille corsi di Women's Studies attivi negli Stati
Uniti. Corsi che qui da noi sono sempre meno ed interessano solo il livello
accademico, per non parlare degli sporadici master e degli ancor più esigui
dottorati.
Per evitare allora di guardare il dito e perderci la luna,
bisognerebbe spostare la discussione su un altro livello e cioè proporre con
risolutezza corsi che diano giustizia
alle vicende di tutti e tutte noi, con programmi e libri di testo inclusivi
della presenza e del ruolo delle donne a tutti i livelli di insegnamento
scolastico, come si spera di trovare nelle linee guida che in questi mesi il
MIUR sta preparando per attuare l’art.16 della Legge n. 107, sulla “Buona Scuola”, così da farci “scoprire” che nel Medioevo
c’era un’Eleonora che difendeva la sua Arborea contro le Repubbliche Marinare,
ideatrice di un’organizzazione sociale e territoriale sarda durata fino alla prima
metà dell’Ottocento;
che in Francia c’era una Caterina che civilizzava con l’uso delle posate, di indumenti intimi e di buone maniere prettamente toscane quello che sarà poi nei secoli avvenire identificato come lo stato della raffinatezza e del bon-ton per antonomasia;
che non ci fu solo una Rivoluzione e la sua Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino ma anche un’ Olympe, ad esempio, che ci perse la testa per rivendicare l’uguaglianza femminile e lo fece letteralmente;
che le Giardiniere furono quel Risorgimento di tutte e tutti noi;
che una Anna, di origine russa, già rivendicava i diritti delle lavoratrici;
per non parlare di tutte quelle letterate, erudite, scienziate ed artiste (pittrici, musiciste, ceroplaste…), nelle diverse epoche, che incantarono il loro suòl natio e che diedero pregio e divennero orgoglio dei loro contemporanei ma pagine bianche per i posteri; pagine bianche da riempire perché altrimenti… “tutto questo Alice non lo sa”.
che in Francia c’era una Caterina che civilizzava con l’uso delle posate, di indumenti intimi e di buone maniere prettamente toscane quello che sarà poi nei secoli avvenire identificato come lo stato della raffinatezza e del bon-ton per antonomasia;
che non ci fu solo una Rivoluzione e la sua Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino ma anche un’ Olympe, ad esempio, che ci perse la testa per rivendicare l’uguaglianza femminile e lo fece letteralmente;
che le Giardiniere furono quel Risorgimento di tutte e tutti noi;
che una Anna, di origine russa, già rivendicava i diritti delle lavoratrici;
per non parlare di tutte quelle letterate, erudite, scienziate ed artiste (pittrici, musiciste, ceroplaste…), nelle diverse epoche, che incantarono il loro suòl natio e che diedero pregio e divennero orgoglio dei loro contemporanei ma pagine bianche per i posteri; pagine bianche da riempire perché altrimenti… “tutto questo Alice non lo sa”.
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