mercoledì 4 settembre 2013

Donne d'Algeri


Questo breve scritto fu il mio tema di presentazione al Corso di Storia delle Donne nell'A.A. 2001/2002 tenuto dalla Professoressa Ginevra Conti Odorisio alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma Tre, il cui titolo all'inizio era "Intervista ad una donna algerina (per scoprire che la situazione italiana di 30 fa non era poi così diversa)" e che fu possibile realizzare grazie alla disponibilità di una mia amica di cui ho mascherato il nome per questioni di discrezione ma che se mi legge ora potrà vedere il risultato di quella chiacchierata anche se dopo un pò di anni!.


Nessun diritto, questo è quello che paradossalmente è un principio che la legge stessa sancisce. La donna non ha alcun diritto, proprio così – conferma Hamina, una mia amica algerina che ormai vive in Italia da anni. Ci siamo conosciute in Algeria nel periodo in cui vivevo lì.
La donna non ha diritti, in caso di divorzio, ad esempio, non le spetta nulla se non i vestiti che ha addosso, se non ha più nessuno della sua famiglia d’origine dove tornare rimane in mezzo ad una strada con i suoi figli perché se sono minorenni vengono affidati a lei anche se non ha nulla neanche un tetto sotto al quale stare e lì, sai bene anche tu, le famiglie sono numerose, si hanno tantissimi figli anche 11-13!. In effetti, questa è una realtà pressoché sconosciuta almeno che non si conosca bene la situazione algerina, infatti, il Diritto di Famiglia prevede solo per il marito il diritto di domicilio e ancora, in caso di morte del marito alla donna spetta la metà riservata ad un uomo, qualunque sia il suo apporto al patrimonio comune, e se ci sono uomini che concorrono con lei all’eredità succede che arriva a prendere meno dei parenti collaterali maschi del marito e questo vale naturalmente anche per le figlie.
Sì, e a volte in queste situazioni escono fuori altre mogli, perché anche se il Corano prevede che l’uomo informi la prima moglie dell’intenzione di voler sposare un’altra perché questa può non acconsentire e quindi il marito sarebbe tenuto a divorziare dalla prima moglie per poi poter sposare l’altra, questo non avviene mai e molte, con il fatto che non c’è obbligo di convivenza sotto lo stesso tetto, non sanno che esistono altre moglie, l’una ignora l’esistenza dell’altra o delle altre! .
Senza tener poi conto del diritto unilaterale di divorzio riconosciuto appunto solo allo sposo per semplice volontà del marito ovvero il ripudio. (art.48).
Per non parlare poi– aggiunge ancora – del fatto che la donna non ha una libertà propria, per uscire deve essere sempre accompagnata da un elemento maschile che sia il padre, il fratello, il marito o il figlio e deve chiedere in ogni caso sempre prima il permesso e questo vale anche per una donna di 60 anni anche solo per poter andare a fare la spesa.

In effetti, il Diritto di Famiglia prevede il dovere di obbedienza al marito in pratica la legge dà il potere al marito di impedire alla moglie qualsiasi attività, lavorativa e non, al di fuori della famiglia. E ancora, si sancisce che la tutela dei figli è a carico del padre anche se alla madre è riconosciuto l’affidamento che in pratica, però, si traduce nel dover chiedere l’autorizzazione al marito per poter iscrivere i figli a scuola o per consentire interventi chirurgici senza questo permesso, infatti, la donna non può autonomamente decidere ed agire.


Questa realtà mi catapulta a non tanti anni fa quando anche da noi, in Italia, i diritti delle donne non erano tutelati, realtà soprattutto del sud dove la moglie non poteva condividere la tavola con il marito durante i pasti e dove non si poteva uscire se non accompagnate, ma questa riflessione mi porta anche a sperare che, così come da noi, anche in Algeria si possano apportare riforme che tutelino le donne anche se in quella realtà ci sono problematiche diverse che complicano il cammino di libertà che qui, invece, non erano presenti, sto parlando della religione. Per l’Islam infatti la donna è una regina, la regina del focolare, della famiglia, della casa peccato però che non abbia il diritto di averne una.  

P.S. Ho trovato nelle varie stesure anche questo altro capoverso che poi decisi di togliere ma che ora voglio riaccorpare al tutto per gli stessi motivi che allora mi fecero decidere di toglierlo, la sua intimità: una mia riflessione dell'epoca sulle Algerine.
Se vi può sembrare strano oggi questa mia ulteriore evidenziatura a mia parziale discolpa dico che mi riferisco alla mia esperienza negli anni '90 in cui eravamo ben lontani da una dimestichezza con queste realtà che oggi per ovvi motivi anche di cronaca ci è invece così vicina e visto la data ero anche molto giovane per cui forse molte impressioni possono sembrare enfatizzate e magari lo sono anche ma non per me a quei tempi.

Questa la situazione in Algeria, che ho potuto conoscere e confutare con i miei occhi nel periodo in cui ho abitato ad Algeri che, anzi, forse, offre situazioni più “felici” di quelle che si potrebbero trovare nei tanti paesini della sua periferia.
I ricordi che ho di queste donne sono contornati da molto affetto, mi ricordo che
un aspetto che mi colpì della donna algerina fu la sua fierezza, una dignità che ogni donna ha negli occhi, al di là della sua condizione, dei suoi problemi, che indubbiamente devono essere affrontati, al di là dei problemi economici di un paese che combatte contro se stesso, contro una parte del suo tessuto malato che infetta la società stessa con il terrorismo oggi purtroppo tanto di moda ma che è presente già da anni, tanti, troppi in questa terra dai tramonti rosso fuoco, dai cieli dalle cromature intense, dal mare blu profondo amato perfino dagli antichi Romani che qui fondarono un loro “villaggio turistico” nell’affascinante Tipaza; per tutto questo, quello che sento è di dover ringraziare queste donne che nella loro disperazione hanno la forza di scendere in piazza apertamente contro il terrorismo, che sfidando le minacce inviate loro a casa andando a lavorare contravvenendo ai diktat dei terroristi, che rifiutano di indossare lo schador per non rinunciare ancora una volta alla loro femminilità, una bellezza che possiamo ritrovare guardandole fisse negli occhi. Occhi intensi come loro, donne d’Algeri, donne fiere della loro cultura, la stessa che nega loro di esistere. Le donne d’Algeri sono questo, sono anche tutto questo ed è proprio questo quello che mi è rimasto di loro.
Non è possibile a mio avviso poter dare una definizione ma piuttosto mi sento di voler fare un elogio pieno di affetto e di nostalgia per una terra che in fondo sento anche un po’ mia.  

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