lunedì 19 luglio 2021

Paolina Leopardi VI Parte- I lutti e l'eredità


VI parte- I lutti e l'eredità 


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PAOLINA LEOPARDI 
di
ELISABETTA BENUCCI

Intanto il conte Monaldo era sempre più malato. Era infermo da tempo, incapace di lavorare come una volta. Quando le sue forze erano venute meno, stava cercando di portare a termine una monumentale storia di Recanati, opera in quattro o cinque volumi. Il 30 aprile 1847 Monaldo rendeva l’anima a Dio, probabilmente minato da un male incurabile. In quell’occasione, Paolina scrisse la memoria Monaldo Leopardi e i suoi figli , dove pieno di affetto è il ricordo del padre. 


Alla morte di Monaldo, Adelaide fu nominata amministratrice assoluta di tutto il patrimonio. Per la legge del maggiorascato l’erede era Pierfrancesco, dal momento che Giacomo era morto e che Carlo aveva perso ogni diritto a causa delle contrastate nozze con Paolina Mazzagalli. Qualche anno dopo, nel 1849, Carlo intenterà una causa legale contro la famiglia, ma la perderà.

Di lì a poco una serie di lutti terribili funestò la famiglia Leopardi: il 29 settembre 1851 morì il fratello Pierfrancesco, all’età di trentotto anni; dopo pochi mesi, l’8 dicembre, morì l’amata Maria Virginia, la figlia undicenne di Pierfrancesco; il primo ottobre 1852 si spense, all’età di trantasei anni, Cleofe Ferretti, la vedova di Pierfrancesco. Cleofe lasciava due figli: Giacomo (1843-1903) di nove anni e Luigi (1844-1923) di otto. Con la morte di tanti parenti, si venne a creare un nuovo piccolo nucleo familiare, composto da Paolina, dalla madre Adelaide e dai nipoti Giacomo e Luigi. Ma la notte del 2 agosto 1857 Adelaide morì improvvisamente. Si spense nel sonno, all’età di settantanove anni. Erano trascorsi ventanni dalla morte di Giacomo e dieci da quella di Monaldo. Era sopravvissuta a quasi tutti i suoi figli; al suo capezzale erano rimasti soltanto Paolina e, forse, Carlo. Fu sepolta nella chiesa di Santa Maria di Varano, nella medesima tomba dove riposavano Pierfrancesco e Virginia. Sulla lapide, a firma «Paolina figlia non mai consolabile», era incisa questa frase: «Adelaide di Filippo Antici / insigne per pietà ed affetto conjugale / mirabile nel ristorare l’ economia domestica: / con sé avara / premurosissima per la famiglia». Nella lapide non compariva il nome dell’altro figlio ancora in vita, Carlo, che era stato tenuto ai margini della famiglia proprio dalla madre. 


Adelaide era stata senza dubbio la causa principale dell’infelicità di Paolina, ma ne era stata anche la compagna per quasi sessantanni. Tra le due donne si era creato nel tempo un vincolo forte, indefinibile e indecifrabile, fatto di sentimenti contrastanti, di silenzi, di sguardi, di frasi non pronunciate o solo abbozzate. Un sentimento alimentato, oltre che dalla forzata convivenza, da controversie, dolori, miserie, misteri, ricordi. A palazzo Leopardi erano rimaste per diversi anni solo loro due, ed erano le uniche sopravvissute di una vera e propria saga familiare. Per le disposizioni del testamento paterno Paolina era ora l’unica erede usufruttuaria. Nel grande Palazzo di Recanati Paolina rimase insieme ai due nipoti.

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