Victoria Benedictsson, in una rara immagine. |
Vittima della visione
sociale del suo tempo, anche nella evoluta Svezia, fu emblema della
subordinazione che le donne subivano nella loro vita condizionata dagli
stereotipi tra i più classici della visione familiare.
Victoria Bruzelius
nacque a Domme, in Svezia, il 6 Marzo 1850. Giovanissima a venti anni le
viene proposto il matrimonio con un facoltoso anziano, rimasto vedovo con
numerosa prole, in realtà però Victoria ha velleità artistiche e affascinata
dalla pittura vorrebbe diventare pittrice e iscrivesi all’Accademia delle Arti
di Stoccolma ma il padre la costringerà ad abbandonare i suoi sogni e a sposare
Christian Benedictsson.
Si sposa quindi nel 1871 e
ha due figlie, anche se l’ultima muore dopo poche settimane di vita.
E’ superfluo dire quanto la
vita di Victoria le risultasse opprimente, insoddisfacente e priva di stimoli e
interessi.
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La svolta nella sua vita
avviene nel 1881 quando per un incidente al ginocchio è costretta a stare a
riposo nel letto, qui inizia a scrivere il suo diario che racchiude una serie
di racconti, nonché l’idea del suo primo romanzo, per certi versi
autobiografico, che le darà anche una certa notorietà: “Denaro” in cui la protagonista è una ragazza che vuole diventare
pittrice ma viene indotta a sposarsi e a vivere una vita borghese.
Pubblicata nel 1885, l’opera le valse l’attenzione della critica e del pubblico nonché dei primi movimenti femministi che la invitarono a Stoccolma dove fu introdotta nei circoli letterari. Diventerà molto amica di Ellen Key, che spesso la andrà a trovare nel paesino dove Victoria, dopo il matrimonio, si trasferirà, e altre figure emblematiche del movimento femminista, frequenteranno la sua casa come Anna Withlock, che con Ellen Key, dapprima aprirà una scuola sperimentale per ragazze a Stoccolma e poi diventerà una figura di primo piano tra le “suffragette” svedesi.
Pubblicata nel 1885, l’opera le valse l’attenzione della critica e del pubblico nonché dei primi movimenti femministi che la invitarono a Stoccolma dove fu introdotta nei circoli letterari. Diventerà molto amica di Ellen Key, che spesso la andrà a trovare nel paesino dove Victoria, dopo il matrimonio, si trasferirà, e altre figure emblematiche del movimento femminista, frequenteranno la sua casa come Anna Withlock, che con Ellen Key, dapprima aprirà una scuola sperimentale per ragazze a Stoccolma e poi diventerà una figura di primo piano tra le “suffragette” svedesi.
Grazie alla notorietà
acquisita, Victoria comincia a viaggiare per la Scandinavia, quando a
Copenaghen incontra e si innamora del critico letterario Georg Brandes. Per
impressionarlo scrive il suo secondo romanzo, ed ultimo, “La Signora Marianna”, si dice ispirata dal Decamerone di Boccaccio,
che uscirà nel 1886. Il libro narra della protagonista che vive la sua vita
cercando di rendere il suo matrimonio felice e per questo lo plasma secondo i
voleri del marito.
Purtroppo, sembra che il
critico Brandes, almeno secondo una parte della storiografia che si è occupata dell’autrice,
rimase tutt’altro che colpito anzi definì il romanzo come una novella per
signore.
proprietà della Ernst Ahlgren Archives, Lund University Library. |
La Benedictsson, è stata spesso paragonata a George
Eliot, firmava i suoi romanzi con lo pseudonimo maschile di Ernst Ahlgren. E’
ritenuta una fra i maggiori esponenti degli scrittori svedesi, soprattutto
della corrente realista proprio per la capacità di descrivere i suoi personaggi
e la loro realtà; portandoci nella sua epoca in cui ritroviamo quei valori ogni
presenti: la donna non è libera di determinare la propria esistenza ed il
matrimonio è la sua unica e più giusta soddisfazione, come ci descrive in un
tratto di “Denaro”: “E’
impressionante quanto sei infantile” il tono della voce del prete era alquanto
intollerante.
"Sì,
è vero, ma non lo sarò più. Se solo sapessi capire cosa sarò."
"E’
una fortuna che ti voglio parlare di una cosa. Penso che tu non possa essere di
meglio che una moglie di un brav’uomo”[1].
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In effetti in questa prima
opera già si delineano significanti caratteristiche del suo stile; nel romanzo
descrive in modo asciutto e concreto la vita di Selma, che si diletta a leggere
libri di storia, filosofia, romanzi e che vorrebbe diventare un’artista ma che
deve rinunciare ai suoi “piani” per sposarsi:
“[…] ma devo trovare denaro. Vedi,
voglio diventare un’artista- una ritrattista di animali, credo ma naturalmente
non oso parlare di questo per ora, perché costa molto. Devo trovare il denaro
prima.”
“Ma come può funzionare?”
Nel romanzo, il suo primo, riesce a descrivere la
società che molto probabilmente lei
stessa subisce, visto che ha solo 20 anni quando è costretta a sposarsi.
Quando la protagonista torna a casa all’imbrunire accompagnata da un ragazzo del villaggio, suo zio la redarguisce: “ Ma devo dirti che non è davvero accettabile questa cosa, andare in giro per la strada con un uomo a quest’ora del giorno."[3].
Quando la protagonista torna a casa all’imbrunire accompagnata da un ragazzo del villaggio, suo zio la redarguisce: “ Ma devo dirti che non è davvero accettabile questa cosa, andare in giro per la strada con un uomo a quest’ora del giorno."[3].
Ed è proprio la zia, che da brava “madre” interviene
per esercitare quello che le spetta: veicolare la tradizione sociale, educare
su cosa è lecito, opportuno e cosa no: “ Ma
lasciami dire questo Selma,’ cominciò la zia con una voce didascalica, (non
usava mai del tu quando era arrabbiata). “Comincerò dal dirti che è altamente
inappropriato stare fuori a camminare con un giovanotto che ti segue fino a
casa, quando una ragazza è giovane come te, Selma. Un rendez-vous virtuale, un
tête à tête per due!.”[4].
Ma Selma è un’anima candida e per allontanare
da lei ogni malinteso, finisce per scoprire le sue personali
fantasie…professionali:
'Ma ti
assicuro, zia, non ci siamo detti la ben che minima cosa". “Be’, vale a
dire che abbiamo parlato solo di affari”, aggiunse. “Affari?” ripeté la moglie sorpresa,
inorridita, “lui ti ha parlato dei suoi
affari?”,
“Sì. Io gli ho parlato dei miei; che c’è di sbagliato in questo?”
“Sì. Io gli ho parlato dei miei; che c’è di sbagliato in questo?”
“Che vuol
dire “i tuoi affari”?”, domandò secco, lo zio.”.[5]
Ripresa in modo così duro, Selma si sente indifesa
ma ormai è scoperta:
“ Sai, zio,
che la cosa che sapevo fare meglio dei miei amici al Convitto, era disegnare,
così ho pensato che avrei potuto tentare qualcosa per il mio futuro in questo campo”
“Ah-hah."
primo piano del volto di Victoria. |
"Sì.
E così ho pensato che forse lo zio mi avrebbe aiutato ad entrare alla scuola
tecnica di Stoccolma. Insegnano molte cose pratiche lì che ti fanno guadagnare
in un secondo momento. […]"
E Selma, come molte ragazze svedesi, e come la
stessa Victoria messe alla prova dai valori tradizionali si sente una stupida:
“Ma, è così stupido zio?”. Sapeva che si stava
rendendo ridicola con tutto questo, ma oramai le cose erano andate così…”[8]
Selma ormai si avvia verso il suo destino, o meglio
quello che altri hanno deciso per lei, e comincia ad accorgersi che: “E’ completamente diverso per noi donne da
voi uomini’, disse con una serietà alquanto precoce. “Per voi è considerato un
dovere lottare per la vostra indipendenza; per noi è per lo più un
difetto-almeno che non siamo vecchie cameriere. Prima pensavo che ogni cosa
dipendeva dai soldi, ma non è così. Anche se avessi i soldi, non vorrei ancora
che accadesse, per ora. C’ho pensato un po’ sopra, su come fare. si tratta di questo,
viaggiare senza permesso e cercare l’aiuto di qualcuno, ma non funzionerebbe.
L’ho capito solo ora. Mi considererebbero solo una pazza e riderebbero di me.”[9]
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Victoria che già nella sua
vita aveva dovuto adeguarsi ad uno stile esistenziale diverso da quello che
avrebbe voluto, provata da un matrimonio
infelice con un uomo molto più vecchio di lei, con una famiglia non sua,
ben cinque figli su sei erano del precedente matrimonio del marito, cadeva
spesso ammalata; con una salute già cagionevole dovuta sicuramente ad un
malessere esistenziale, tentò il suicidio per ben due volte. Purtroppo nel 1888,
prese l’unica decisione che poté
prendere nella sua vita, decise di sé, al terzo tentativo di suicidio,
purtroppo riuscì a togliersi la vita; quella vita che non le apparteneva, che
non le era mai appartenuta; probabilmente in quei momenti non vedeva più un
futuro per lei, per i suoi “piani”, non riusciva più a vedere uno spiraglio per
i suoi sogni, quello spiraglio con cui sceglie di chiudere “Denaro”, in cui Selma, convinta a
sposarsi con la promessa che il suo maturo sposo si prenderà cura di lei,
vedeva: “ tutti i suoi castelli in aria e
suoi piani riprendere quota…”.[10]
[1]VICTORIA BENEDICTSSON, “Money”, traduzione inglese di Verne
Moberg, 2000, pag. 10, Capitolo III.
[2] Ivi, pag. 13, Capitolo I.
[3] Ivi, pag. 14, Capitolo I.
[4] Ivi, pag. 15, Capitolo I.
[5] Ivi, pag. 16, Capitolo I.
[6] Ivi, pag. 15, Capitolo I.
[7] Ibidem.
[8] Ivi, pag. 16, Capitolo I.
[9] Ivi, pag. 5, Capitolo III.
[10] Ivi, pag. 14, Capitolo III.
Traduzione dall'inglese di Silvia Palandri
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