Siamo nell’Italia dell’Ottocento quando fervente era l’interesse
per l’educazione e importante l’impegno di chi vi si interessava. Le sorrelle
Agazzi furono tra queste, il loro metodo sarà apprezzato e diffuso. Siamo
infatti in un periodo di proposte e modelli poi attuati che vede ancor prima Luisa
Amalia Palladini, poi Maria Montesssori e appunto anche Rosa e Calorina Agazzi. Tutte
con delle loro specificità educative nate dalla loro esperienza, patriottica l’una,
scientifica l’altra, empirica le ultime due.
Rosa Agazzi nasce il 26 Marzo a Volongo in provincia di
Cremona nel 1866 da una normalissima famiglia, dal papà artigiano,
Achille, e dalla mamma Angela. Ebbe i primi rudimenti educativi grazie ad uno
zio prete per poi frequentare la scuola elementare di Volongo e in seguito la
scuola di perfezionamento in vista di
frequentare la scuola Normale a Brescia che
la preparerà ad intraprendere la professione di insegnante nel 1870 in un
paesino del bresciano, insieme con la sorella Carolina. E proprio dalla loro
diretta esperienza nell’insegnamento presero poi lo spunto per proporre una
loro nuova esperienza d’istruzione soprattutto per le classi dell’asilo.
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Rosa i primi anni si trova ad insegnare in una scuola elementare, con classi affollate anche da quasi cento alunne/i, scarse condizioni igieniche, carenza di
materiale didattico e in un ambiente poco aerato e insalubre. Una situazione molto diffusa anche nel resto dell' Italia.
Basandosi probabilmente sull'esperienza fröbeliana, aveva frequentato
infatti un corso, Rosa Agazzi rielabora in base alla sua
esperienza gli aspetti del gioco e della
spontaneità di questo metodo che si era diffuso in Italia ma che nella sua
esperienza vedeva essersi ridotto in aspetti astratti che nella pratica non
aiutavano i bambini e le bambine. In uno dei suoi testi affermerà infatti proprio l’esigenza di
modificare il metodo di Fröbel.
Il suo metodo, condiviso con la sorella anch'essa maestra, prevedeva un’educazione che partiva
dalla bambina e dal bambino, dall’attenzione e al rispetto di questa/o. Quindi la loro idea
vedeva sì il gioco ma come momento esperienziale, c’erano lezioni di vita
pratica, con esercizi atti a stimolare ma sempre in modo autonomo le reazioni
dei bambini e delle bambine tramite gli oggetti veri della vita quotidiana, con il così
detto “Museo delle cianfrusaglie” che raccoglieva oggetti all’apparenza privi
di senso, come bottoni, cappelli, fili, tutti quegli oggetti che Rosa aveva
notato i bambini e le bambine portavano da casa per giocarci spontaneamente, questi oggetti venivano collezionati ed ordinati secondo un criterio, insieme agli oggetti che invece
si producevano in classe. Rosa li fece diventare elementi attivi dell’esperienza
educativa, cosi insieme agli esercizi pratici in cui rientravano, ed erano fondamentali, il canto, il disegno spontaneo con cui esprimere il proprio mondo interiore ed il giardinaggio con cui l’educatrice esortava anche
riflessioni religiose sul Creato e allo stesso tempo permetteva alle bambine e ai bambini un
rapporto diretto con la natura, con il terreno, una esperienza ritenuta
fondamentale nel percorso formativo agazziniano poiché avvicinava il bambino e la bambina a
Dio, gli permetteva di toccare la terra, di sporcarsi, di fare quelle esperienze
con la materia di cui a questa età infantile si ha bisogno e in più permetteva di concentrarsi comunque su un lavoro ed apprezzare la natura. Poi però c’era anche il
linguaggio, che veniva coltivato anche a livello dialettale, riscoprendo il
ruolo della fiaba tradizionale.
Poi c’erano le lezioni di sviluppo di vita sensoriale, con
esercizi dedicati allo sport, e gli esercizi di socievolezza, infatti i bambini e le bambine imparavano a vivere insieme in un ambiente che doveva essere armonico, pulito
ed esteticamente bello, poiché ordinato e proporzionato. Doveva essere un
ambiente che richiamasse la familiarità poiché era importante il rapporto che
doveva instaurarsi tra le bambine, i bambini e l’adulto, l’educatore, che doveva stimolarli al
confronto e quindi doveva richiamare quell’ambiente che più li tranquillizza come la casa, la famiglia. La maestra, che ormai si doveva
definire educatrice, doveva sostituirsi per quelle ore alla figura della mamma,
da qui gli asili presero il nome di scuole materne.
Quindi anche il ruolo delle insegnati cambiò, si chiamarono educatrici e dovevano avere una preparazione specifica, dovevano avere una vocazione, entusiasmo, una grande capacità di osservazione per intervenire, senza sovrastare il bambino o la bambina, a seconda delle esigenze dei singoli bimbi e bimbe, stando attente a non sostituirsi a loro ma lasciandoli liberi/e nelle loro reazioni agli stimoli, inoltre dovevano sapersi organizzare e pensare la lezione nelle sue attività quotidiane, non dovevano quindi improvvisare, come spesso succedeva invece nella realtà scolastica dell'epoca. Diventava di conseguenza poi importante anche il rapporto tra la scuola e la famiglia, poiché il bambino o la bambina doveva poter continuare la sua esperienza anche in casa, con la famiglia, nasceva quindi una collaborazione tra le due primarie istituzioni socializzanti ed educative della società.
TUTTI I CONTENUTI DEI POST SONO SOTTO COPYRIGHTQuindi anche il ruolo delle insegnati cambiò, si chiamarono educatrici e dovevano avere una preparazione specifica, dovevano avere una vocazione, entusiasmo, una grande capacità di osservazione per intervenire, senza sovrastare il bambino o la bambina, a seconda delle esigenze dei singoli bimbi e bimbe, stando attente a non sostituirsi a loro ma lasciandoli liberi/e nelle loro reazioni agli stimoli, inoltre dovevano sapersi organizzare e pensare la lezione nelle sue attività quotidiane, non dovevano quindi improvvisare, come spesso succedeva invece nella realtà scolastica dell'epoca. Diventava di conseguenza poi importante anche il rapporto tra la scuola e la famiglia, poiché il bambino o la bambina doveva poter continuare la sua esperienza anche in casa, con la famiglia, nasceva quindi una collaborazione tra le due primarie istituzioni socializzanti ed educative della società.
L’ambiente inoltre doveva essere armonioso, pulito, e a portata di bimbo e bimba per
stimolare il saper fare, e soprattutto il fare da sé. Tavoli, sedie,
attaccapanni... tutto doveva essere alla loro portata poiché fondamentale in
questa nuova metodica educativa è proprio stimolare i bambini e le bambine a saper fare da
soli senza però tralasciare la socievolezza infatti con gli esercizi preposti
tipo il far allacciare il bavaglino dal bambino più grande a quello più piccolo
o far insegnare direttamente dalla bambina che già sa fare una determinata cosa a
quella nuova che non sa, nasce la figura del/la bambino/a tutore e di quello/a distributore.
Ma l’educazione del bambino e della bambina passa anche per quella
spirituale per cui doveva essere informato/a ed “abituato/a” alla religione
parlandogli/le delle festività che di volta in volta interessavano quel periodo
dell’anno.
Bisognava rivolgersi alla bambina o al bambino per educarla/o al sentimento
tramite riflessioni stimolate dalla maestra anche tramite gesti di cortesia. L' educazione morale veniva invece stimolata grazie a regole di pulizia, igiene
personale e dell’ambiente, con l’ordine e con palese disapprovazione dei
comportamenti scorretti, ma c’era anche l'educazione fisica e quella religiosa.
Il metodo delle sorelle Agazzi prevedeva una formazione completa
della bambina e del bambino per educare una futura persona adulta che era stata istruita alla bellezza
intesa come armonia data dall' igiene personale, dell’ambiente in cui si vive, attenta a se stessa ma anche agli altri, perché ha imparato a prendersene cura, alla natura e alla
spiritualità.
Questa nuova idea di intendere l’educazione ebbe successo in
Italia, e il loro asilo, di Montiano, divenne un riferimento per tutto il
paese, tanto che nella circolare ministeriale del 1914 in cui si vedevano
chiari riferimenti alla nuova metodica agazziniana, gli asili vengono definiti
per la prima volta in modo ufficiale con il termine di scuole materne.
Ma con il periodo fascista Rosa e la sorella furono messe a riposo anche se continuarono la loro azione divulgatrice tenendo incontri e corsi di formazione soprattutto a Brescia. Tanto che sul finire della seconda guerra mondiale il loro sistema si era diffuso anche all’estero, soprattutto in Svizzera, Spagna, Belgio, Germania, Romania, e addirittura in Sud Africa.
Ma con il periodo fascista Rosa e la sorella furono messe a riposo anche se continuarono la loro azione divulgatrice tenendo incontri e corsi di formazione soprattutto a Brescia. Tanto che sul finire della seconda guerra mondiale il loro sistema si era diffuso anche all’estero, soprattutto in Svizzera, Spagna, Belgio, Germania, Romania, e addirittura in Sud Africa.
Subito dopo la guerra Rosa tornò nel suo paese di origine, Volongo, dove riprese la sua professione di educatrice nella locale scuola
materna. Dopo aver ricevuto la medaglia d’argento dei Benemeriti dell’istruzione
e la Stella d’oro al merito della scuola nel 1941, fu nominata anche Ispettrice
Onoraria della scuola materna dal Presidente della Repubblica.
Morirà nel 1951, il 9 Gennaio nel suo paesino di Volongo.
Opere:
¨“L'abbicì del
canto educativo”, 1908;
¨“La lingua parlata”, 1910;
¨“Bimbi, cantate!”, 1911,
¨“Come intendo il museo didattico nell'educazione dell'infanzia e della fanciullezza”, 1922
¨“Guida per le educatrici dell'infanzia”, 1932
¨“Note di critica didattica”, 1942.
¨“La lingua parlata”, 1910;
¨“Bimbi, cantate!”, 1911,
¨“Come intendo il museo didattico nell'educazione dell'infanzia e della fanciullezza”, 1922
¨“Guida per le educatrici dell'infanzia”, 1932
¨“Note di critica didattica”, 1942.
Bibliografia (più recente):
¨BORGHI. B. Q., a cura di “Coro di bimbi a Mompiano. La didattica del canto in
Rosa Agazzi”, Ed-. Junior,
2001;
¨DALLE FRATTE G., a cura di “Azione educativa,
formazione professionale, comunità. Le tracce agazziane”, Ed. Junior, 2001;
¨MACCHIETTI S. S., a cura di
“Alle origini
dell'esperienza agazziana: sottolineature e discorsi”, Ed. Junior, 2001;
¨PAPARELLA N., a cura di “Infanzia
apprendimento creatività”, Ed. Junior, 2001;
¨MAROLLA A., ROSSETTO T., a
cura di “La Scuola Agazziana tra presente
e futuro”, Ed. Junior, 2002;
¨ALTEA Francesco, “Il metodo di Rosa e Carolina Agazzi”, Ed. Armando, 2011.
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Che bei perrsonaggi e che belle storie che ci racconti sempre... non conoscevo la storia delle sorelle Agazzi, e fa strano pensare a questo adesso, quando le scuole sono chiuse e i bambini, diciamocelo onestamente, un po' messi da parte.
RispondiEliminaGrazie per il tuo grande lavoro di ricerca!
Una curiosità che non sapevo proprio. Grazie per avermi fatto conoscere questa signora
RispondiEliminaGrazie Letizia! Sono contenta che ti abbia interessato la sua storia ed è bello vedere riconosciuto il proprio lavoro ti ringrazio tantissimo.A prssto
RispondiEliminaGrazie a te Silvia. A presto
RispondiEliminaMolto interessante la storia di questo personaggio che, devo ammetterlo, non conoscevo affatto. L'idea più bella ed originale credo sia stata quella di raccogliere le "cianfrusaglie" usate dai bambini per giocare
RispondiEliminaDavvero interessante leggere questo articolo sinceramente non ne conoscevo l'origine.
RispondiEliminaLeggendo la biografia della prima educatrice italiana in senso stretto, sono rimasta colpita dalla sua straordinaria capacità di trasformare anche le "cianfrusaglie" in uno strumento didattico. Oggi infatti diamo per scontato l'uso di tali oggetti a fini educativi. Invece per quei tempi e considerata la difficile situazione della realtà scolastica italiana le idee delle Agazzi erano davvero innovative e all'avanguardia.
RispondiEliminaMaria Domenica
Conoscevo le sorelle Agazzi perché ho seguito lo studio di pedagogia di mio figlio, davvero innovatrici. Grazie per il tuo articolo, interessante e completo.
RispondiEliminaEcco, denuncio la mia ignoranza. Ho letto sulla Montessori, ho "studiato" il suo metodo, apprezzandolo e riproducendolo negli spazi abitativi dei più piccoli, ma ignoravo l'esistenza delle sorelle Agazzi. La storia a volte è strana. Si scorda di alcuni personaggi che hanno invece dato e speso molto, senza rendere loro "giustizia". Ho trovato davvero molto interessante leggerti ed ho imparato qualcosa di nuovo e nutrito la mia curiosità.
RispondiEliminaRosanna grazie mille
RispondiEliminaMaria Domenica sì devo dirti che documentandomi sugli studi e proposte delle sorelle Agazzi ho trovato straordinario anche io le loro proposte anche per il contesto socio-economico in cui cercarono di operare.
RispondiEliminaFantastic Nonna non sapevo che si potessero ancora studiare questi modelli educativi...evviva!
RispondiEliminaGrazie Vittoria! Purtroppo accade spesso quando si tratta di donne non si sa come ma vengono ahimè dimenticate anche se hanno apportato grandi benefici all' intera società.
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