Operaia britannica a lavoro in una fabbrica durante la Grande Guerra. fonte: Wikipedia |
La scorsa settimana si è svolta
alla Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma la presentazione di due
volumi che riguardano la presenza delle donne nella Guerra: “La Grande Guerra delle italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni” a cura di Stefania Bartoloni* e il numero
monografico di ‘Genesis’ XV/1, 2016, la rivista della Società Italiana
delle Storiche, SIS, curata da Roberto Bianchi* e Monica Pacini*: “Donne ‘comuni’ nell’Europa della Grande Guerra”.
All’incontro sono intervenute le storiche Marina d’Amelia**, Alessandra Staderini** ed Emilio Franzina**, coordinati da Rosanna De Longis**.
Entrambi i libri ci ridanno la
differente natura dell’impegno bellico femminile rispetto a quello
internazionale, soprattutto inglese; una differenza che
rispecchia la diversa organizzazione sociale che in Italia vedeva le donne nettamente subordinate agli uomini a differenza invece della situazione degli altri
paesi europei come ad esempio l’Inghilterra. A queste differenze si devono le diverse
conseguenze che ebbe il dopoguerra sulla condizione femminile che se fu propulsivo per
le società già più inclusive, fu nullo o quasi in quella italiana in cui ad esempio le donne ‘comuni’: “In Italia a
differenza che in altri paesi, le donne
comuni non sono in condizioni di fare di più che estendere alla sfera
pubblica mansioni di cura”[1].
E proprio l’aspetto di assistenza nel cause-
study italiano è quello che più emerge nei saggi.
Spesso la maggior parte delle italiane, il ceto umile contadino e urbano, non si schiera a favore della Guerra con quelle èlite interventiste che invece rappresentano nel nostro paese l’associazionismo femminile, da Teresa Labriola, nazionalista, Beatrice Sacchi, maziniana, Margherita Sarfatti, socialista…, che arriveranno a propagandare, almeno in un primo momento, l’intervento armato suscitando il disprezzo delle suffragette inglesi, come chiaramente si ritrova in “La Grande Guerra delle italiane” in cui le attiviste inglesi usano parole mortificanti verso le femministe italiane, lasciate sole alla manifestazione davanti al Milite Ignoto a cui erano state invitate. Insomma una “sorellanza” difficile e controversa le cui difficoltà si evidenzieranno anche oltre il periodo bellico come sottolineato da D’Amelia nel suo intervento[2].
Margherita Sarfatti fonte: Wikipedia |
La Guerra quindi, si chiede
Staderini, è stata un’opportunità di emancipazione per le donne? Come visto l’esperienza
femminile nella Guerra si concretizza, in questi volumi, in un atto per lo più
di cura ed assistenza che perderà d’importanza nel dopoguerra ma, secondo la
storica, è proprio in questo momento che cambia comunque la società mentre a
livello storiografico il salto di qualità è stato fatto con l’interessamento
degli storici a queste tematiche. Come ricordano gli stessi curatori
dell’opera a questa domanda che per
lungo tempo è stata affrontata in Italia e anche all’estero, si è risposto con la
consapevolezza che è “caduta ogni
illusione di giungere a una conclusione univoca”, l’unica realtà nel
rapporto guerra-emancipazione è la ricchezza di nuovi punti di vista che
l’elemento di genere introduce nella
ricerca storica (visione sociale, culturale,…), (classi di età, classe
sociale,…)[3].
Questo viene altrettanto sottolineato anche nell’introduzione de “La Grande Guerra delle italiane” dalla
curatrice Stefania Bartoloni “Negli
ultimi anni il rapporto tra le donne e il conflitto mondiale sembra divenuto
più articolato. La prospettiva offerta dalla storia delle donne e di genere ha
accresciuto la storia della Grande Guerra”.[4] In effetti il volume da lei curato
affronta in modo comparativo da una parte la posizione delle pacifiste,
soprattutto straniere, dall’altra delle interventiste italiane che in nome di
un’unità nazionale, di un sentire comune spinsero per la resistenza belligerante
con la speranza anche di una ricompensa sociale che tardò ad arrivare ed infine
l’ultima parte del volume che affronta proprio gli effetti postumi della
partecipazione femminile alla guerra nella società post-bellica.
Secondo Franzina ci sono ancora poche testimonianze di donne dopo la guerra un po’ per ragioni editoriali, sostanzialmente per la mancanza di un pubblico interessato, ma soprattutto perché per la maggior parte delle donne dell’epoca l’istruzione e quindi la capacità di trasporre in diari la propria esperienza era una abilità ancora per poche. Rimane così in ombra quindi proprio quella storia comune del femminile che andrebbe recuperata ma che per la mancanza di fonti è di difficile investigazione. In questa chiave di straordinarietà si inserisce il saggio in francese di Christine Daringe sul rapporto epistolare intercorso in una famiglia di contadini francesi durante la guerra tra moglie e marito, divenuto un prigioniero. Un’esperienza fattuale ritenuta, da tutti gli storici intervenuti, di difficile riproduzione nella storiografia italiana per le serie difficoltà di reperimento di fonti simili; difficoltà dovuta alle condizioni in cui da una parte erano i detenuti di guerra italiani e dall’altra quelle in cui versavano le famiglie contadine che non favorivano di certo scambi epistolari in una situazione complessiva già molto difficile.
Sita Meyer Campiero, una delle fondatrici delle infermiere volontarie della CRI. Fonte: Bibliografia |
Possiamo concludere con l’auspicio
e l’invito che i curatori delle due opere, Roberto Bianchi e Monica Pacini per “Donne ‘comuni’ nell’Europa della Grande
Guerra”e Stefania Bartoloni per “La
Grande Guerra delle italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni”,
fanno a conclusione delle rispettive introduzioni. Un’esortazione non solo a
studiare ad un livello verticale le relazioni sociali tra i vertici e il popolo
(le élite e masse femminili) ma anche ad approfondire le relazioni interne ai
gruppi (sociali, generazionali, …), così quelle tra i gruppi femminili/
femministi e la politica, l’esercito, le istituzioni dell’epoca per recuperare
la più ampia prospettiva dei fatti nella Guerra e nelle sue conseguenze.
[1] A. Molinari,
“Donne sospese tra pace e guerra”, in
“Donne comuni dell’Europa della Grande
Guerra”, Roma, Ed. Viella, 2016, pag. 64.
[2] Si veda
nello specifico il saggio di Ingrid Sharp “Una
difficile ‘sorellanza’ L’internazionalismo come sfida e impegno
(1914-1924), contenuto in “La Grande
Guerra delle Italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni”, a cura di
Stefania Bartoloni, Roma, Ed. Viella
Libreria Editrice, 2016.
[3] R.
Bianchi “Donne ‘comuni’ nell’Europa della
Grande Guerra. Saggio Introduttivo”, in “Donne ‘comuni’, Op. Cit.,
pag. 12.
[4] S.
Bartoloni, “Introduzione” in “La Grande Guerra delle Italiane”, Op. Cit.
Testi:
- "Donne 'comuni' nell'Europa della Grande Guerra", a cura di Roberto Bianchi e Monica Pacini, Roma, Viella, 2016.
- "La Grande Guerra delle Italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni", a cura di Stefania Bartoloni, Roma, Viella, 2016.
*I Curatori:
Stefania Bartoloni insegna Storia Contemporanea all'Università di Roma Tre.
Roberto Bianchi insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze.
Monica Pacini insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze.
**I Presentatori:
Marina D'Amelia ha insegnato Storia Moderna all'Università Sapienza di Roma.
Alessandra Staderini ha insegnato Storia Contemporanea all'Università di Firenze
Emilio Franzina insegna Storia Contemporanea all'Università di Verona
Rosanna De Logis ha diretto la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma
Testi:
- "Donne 'comuni' nell'Europa della Grande Guerra", a cura di Roberto Bianchi e Monica Pacini, Roma, Viella, 2016.
- "La Grande Guerra delle Italiane. Mobilitazioni, diritti, trasformazioni", a cura di Stefania Bartoloni, Roma, Viella, 2016.
*I Curatori:
Stefania Bartoloni insegna Storia Contemporanea all'Università di Roma Tre.
Roberto Bianchi insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze.
Monica Pacini insegna Storia Contemporanea all'Università di Firenze.
**I Presentatori:
Marina D'Amelia ha insegnato Storia Moderna all'Università Sapienza di Roma.
Alessandra Staderini ha insegnato Storia Contemporanea all'Università di Firenze
Emilio Franzina insegna Storia Contemporanea all'Università di Verona
Rosanna De Logis ha diretto la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma
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