Questo breve scritto fu il mio tema di presentazione al Corso di Storia delle Donne nell'A.A. 2001/2002 tenuto dalla Professoressa Ginevra Conti Odorisio alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma Tre, il cui titolo all'inizio era "Intervista ad una donna algerina (per scoprire che la situazione italiana di 30 fa non era poi così diversa)" e che fu possibile realizzare grazie alla disponibilità di una mia amica di cui ho mascherato il nome per questioni di discrezione ma che se mi legge ora potrà vedere il risultato di quella chiacchierata anche se dopo un pò di anni!.
Nessun
diritto, questo è quello che paradossalmente è un principio che la
legge stessa sancisce. “La
donna non ha alcun diritto, proprio così
“–
conferma Hamina, una mia amica algerina che ormai vive in Italia da
anni. Ci siamo
conosciute in Algeria nel periodo in cui vivevo lì.
“La donna non ha
diritti, in caso di divorzio, ad esempio, non le spetta nulla se non
i vestiti che ha addosso, se non ha più nessuno della sua famiglia
d’origine dove tornare rimane in mezzo ad una strada con i suoi
figli perché se sono minorenni vengono affidati a lei anche se non
ha nulla neanche un tetto sotto al quale stare e lì, sai bene anche
tu, le famiglie sono numerose, si hanno tantissimi figli anche
11-13!”.
In effetti, questa è una realtà pressoché sconosciuta almeno che
non si conosca bene la situazione algerina, infatti, il Diritto di
Famiglia prevede solo per il marito il diritto di domicilio e ancora,
in caso di morte del marito alla donna spetta la metà riservata ad
un uomo, qualunque sia il suo apporto al patrimonio comune, e se ci
sono uomini che concorrono con lei all’eredità succede che arriva
a prendere meno dei parenti collaterali maschi del marito e questo
vale naturalmente anche per le figlie.
“Sì, e a volte in
queste situazioni escono fuori altre mogli, perché anche se il
Corano prevede che l’uomo informi la prima moglie dell’intenzione
di voler sposare un’altra perché questa può non acconsentire e
quindi il marito sarebbe tenuto a divorziare dalla prima moglie per
poi poter sposare l’altra, questo non avviene mai e molte, con il
fatto che non c’è obbligo di convivenza sotto lo stesso tetto, non
sanno che esistono altre moglie, l’una ignora l’esistenza
dell’altra o delle altre! ”.
Senza
tener poi conto del diritto unilaterale di divorzio riconosciuto
appunto solo allo sposo per semplice volontà del marito ovvero il
ripudio. (art.48).
“Per non parlare
poi–
aggiunge ancora – del
fatto che la donna non ha una libertà propria, per uscire deve
essere sempre accompagnata da un elemento maschile che sia il padre,
il fratello, il marito o il figlio e deve chiedere in ogni caso
sempre prima il permesso e questo vale anche per una donna di 60 anni
anche solo per poter andare a fare la spesa”.
In effetti, il Diritto di
Famiglia prevede il dovere di obbedienza al marito in pratica la
legge dà il potere al marito di impedire alla moglie qualsiasi
attività, lavorativa e non, al di fuori della famiglia. E ancora, si
sancisce che la tutela dei figli è a carico del padre anche se alla
madre è riconosciuto l’affidamento che in pratica, però, si
traduce nel dover chiedere l’autorizzazione al marito per poter
iscrivere i figli a scuola o per consentire interventi chirurgici
senza questo permesso, infatti, la donna non può autonomamente
decidere ed agire.
Questa realtà mi
catapulta a non tanti anni fa quando anche da noi, in Italia, i
diritti delle donne non erano tutelati, realtà soprattutto del sud
dove la moglie non poteva condividere la tavola con il marito durante
i pasti e dove non si poteva uscire se non accompagnate, ma questa
riflessione mi porta anche a sperare che, così come da noi, anche in
Algeria si possano apportare riforme che tutelino le donne anche se
in quella realtà ci sono problematiche diverse che complicano il
cammino di libertà che qui, invece, non erano presenti, sto parlando
della religione. Per l’Islam infatti la donna è una regina, la
regina del focolare, della famiglia, della casa peccato però che non
abbia il diritto di averne una.
P.S. Ho trovato nelle varie stesure anche questo altro capoverso che poi decisi di togliere ma che ora voglio riaccorpare al tutto per gli stessi motivi che allora mi fecero decidere di toglierlo, la sua intimità: una mia riflessione dell'epoca sulle Algerine.
Se vi può sembrare strano oggi questa mia ulteriore evidenziatura a mia parziale discolpa dico che mi riferisco alla mia esperienza negli anni '90 in cui eravamo ben lontani da una dimestichezza con queste realtà che oggi per ovvi motivi anche di cronaca ci è invece così vicina e visto la data ero anche molto giovane per cui forse molte impressioni possono sembrare enfatizzate e magari lo sono anche ma non per me a quei tempi.
Se vi può sembrare strano oggi questa mia ulteriore evidenziatura a mia parziale discolpa dico che mi riferisco alla mia esperienza negli anni '90 in cui eravamo ben lontani da una dimestichezza con queste realtà che oggi per ovvi motivi anche di cronaca ci è invece così vicina e visto la data ero anche molto giovane per cui forse molte impressioni possono sembrare enfatizzate e magari lo sono anche ma non per me a quei tempi.
Questa la situazione in Algeria, che ho potuto conoscere
e confutare con i miei occhi nel periodo in cui ho abitato ad Algeri
che, anzi, forse, offre situazioni più “felici” di quelle che si
potrebbero trovare nei tanti paesini della sua periferia.
I ricordi che ho di queste donne sono contornati da
molto affetto, mi ricordo che
un
aspetto che mi colpì della donna algerina fu la sua fierezza, una
dignità che ogni donna ha negli occhi, al di là della sua
condizione, dei suoi problemi, che indubbiamente devono essere
affrontati, al di là dei problemi economici di un paese che combatte
contro se stesso, contro una parte del suo tessuto malato che infetta
la società stessa con il terrorismo oggi purtroppo tanto di moda ma
che è presente già da anni, tanti, troppi in questa terra dai
tramonti rosso fuoco, dai cieli dalle cromature intense, dal mare blu
profondo amato perfino
dagli
antichi Romani che qui fondarono un loro “villaggio
turistico”
nell’affascinante Tipaza; per tutto questo, quello che sento è di
dover ringraziare queste donne che nella loro disperazione hanno la
forza di scendere in piazza apertamente contro il terrorismo, che
sfidando le minacce inviate loro a casa andando a lavorare
contravvenendo ai diktat dei terroristi, che rifiutano di indossare
lo schador per non rinunciare ancora una volta alla loro femminilità,
una bellezza che possiamo ritrovare guardandole fisse negli occhi.
Occhi intensi come loro, donne d’Algeri, donne fiere della loro
cultura, la stessa che nega loro di esistere. Le donne d’Algeri
sono questo, sono anche tutto questo ed è proprio questo quello che
mi è rimasto di loro.
Non è possibile a mio avviso poter dare una definizione
ma piuttosto mi sento di voler fare un elogio pieno di affetto e di
nostalgia per una terra che in fondo sento anche un po’ mia.
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