Eccoci arrivati al nostro paese, in questa quarta sezione del lavoro infatti ho raccolto la parte che riguarda l'iter nel nostro paese con alcuni riferimenti legislativi e dati statistici che vi ricordo sono aggiornati al 2007, anno di questa ricerca. Buona lettura.
Dalla
Conferenza di Pechino alle azioni pratiche
di
Silvia Palandri
Italia
Con i movimenti di
protesta femminile-femminista degli anni’60 si assiste, per la
prima volta in modo collettivo, ad una rivendicazione della
condizione delle donne. La sensibilità rispetto a questa visione,
che si esprime anche in una richiesta di riconoscimento di un’
identità corporale della donna, è uno dei capi saldi del movimento
femminista che portò a creare direttivi, associazioni e centri di
donne per le donne che
ebbero il merito di alimentare e sviluppare questa realtà anche e
soprattutto nelle donne stesse. A questa eredità, che non interessa
esclusivamente solo l’Italia, fanno capo le numerose associazioni
che si occupano di far fronte ai bisogni e alle condizioni più
disagiate in cui le donne possono trovarsi; l’azione di numerosi
centri anti-violenza diramati sull’intero territorio nazionale, che
da decenni si occupano di fornire aiuto e sostegno alle donne vittime
di violenza, ne sono un esempio. E proprio questi centri sono
diventati punti di riferimento non solo per le donne che necessitano
di aiuto ma anche per le istituzioni che ne seguono l’operato e se
ne avvalgono quali soggetti qualificati per esperienza e conoscenza,
come l’associazione Le Onde Onlus che fa da catalizzatore nel
progetto nazionale della rete dei centri anti violenza proprio per la
sua pluriennale attività .
Brevi accenni
alla situazione legislativa
A livello giuridico
l’Italia conosce in questo ambito un percorso recente e
frammentato, che parte dagli anni ’70, con la Riforma del Diritto
di Famiglia e l’abolizione, tra le altre cose, dell’autorità
maritale e cioè la facoltà da parte del marito di poter usare mezzi
di correzione nei confronti della propria moglie, l’istituzione
della reciprocità dei diritti e dei doveri tra coniugi e il divieto
di costituzione di dote che sembra essere, almeno nelle intenzioni,
un rigetto di quel valore economico da sempre attribuito alle donne.
Il cammino di
riforme legislative riprende poi negli anni ’90, con la legge n. 66
del 1996 che, per la prima volta, legifera sul tema della violenza
sessuale tramutando il reato, prima ritenuto esclusivamente un atto
contro la morale pubblica, in reato contro la persona riconoscendo
piena soggettività al corpo e alla dignità femminile e con un
Disegno di Legge contro le molestie sessuali presentato nel luglio
dello stesso anno con cui si modifica la procedura penale riguardo le
molestie sessuali, fino ad arrivare alla Legge n. 154 del 2001, che
stabilisce le misure contro la violenza nelle relazioni familiari e
che prevede l’ordine di allontanamento del coniuge violento dal
nucleo familiare. Con tutta una serie di iniziative legislative di
riforme sociali come la legge n. 328 del 2000 per attuare reti di
servizi sociali e la legge n. 228 del 2003 che delinea le misure
contro la tratta delle persone, l’Italia continua il suo lento
cammino nel cercare di rimediare alle sue lacune giuridiche su temi
di importanza e di rilievo sociale che troppo spesso, da molto tempo,
vengono messe in risalto nelle cronache dei giornali italiani e che,
come nel caso della violenza domestica, sembrano scenari
ineluttabili.
Alcuni esempi
pratici
L’Italia, pur non
avendo adottato un Piano d’Azione Nazionale per il contrasto alla
violenza contro le donne, ha comunque realizzato una serie di
interventi molto importanti.
Con l’attuazione,
nel 1998, della “Rete Urbana Anti-Violenza”, che comprende
associazioni, servizi sociali e centri anti-violenza, finanziata dai
fondi europei nell’ambito del progetto “Daphne”, l’Italia è
riuscita a creare una banca dati che testimonia quanto la violenza
sia un fenomeno sociale molto diffuso, che interessa il privato delle
relazioni personali.
La Rete ha il
molteplice scopo di essere un punto di riferimento per coloro che si
occupano di queste tematiche, con funzioni di supporto ai centri
anti-violenza già attivi; di ampliare e sviluppare ulteriormente
questa Rete attraverso un’azione di sensibilizzazione sociale e
professionale rivolta al personale che si trova a contatto con queste
realtà; di costituire un quadro di riferimento da cui attingere
informazioni e riflessioni che permettano di sviluppare delle
politiche specifiche in favore delle donne vittime di violenza e
promuovere una strategia nazionale di intervento e un Piano di Azione
interministeriale per prevenire e contrastare il fenomeno della
violenza contro le donnei.
Come naturale
svolgimento delle politiche in questa direzione è stato attivato nel
marzo 2006 un numero unico anti-violenza, il 1522, con il triplice
obiettivo di essere un punto di riferimento a livello nazionale per
quelle donne bisognose di aiuto e per le istituzioni, ed uno
strumento di risonanza sociale per dare visibilità a questo
problema. Il call center
è attivo 24 ore su 24 e per 365 giorni all’anno, si avvale di
personale qualificato, esclusivamente femminile e supportato da
psicologhe e avvocati, che indirizza le donne in base ai vari servizi
diramati sul territorio locale al più vicino centro, sia di
accoglienza che sanitario o delle forze dell’ordine, in grado di
dare assistenza anche immediata nelle situazioni di emergenza,
seppure, in questo ultimo caso, solo in alcune località specifiche
che riguardano 20 città o distretti socio-sanitari che presentano
strutture già avviate nell’attività di ricezione e aiuto alle
donne vittime di violenza.
E’ stato creato un
portale con una doppia funzione di diffusione delle conoscenze, buone
prassi ed esperienze nella lotta alla violenza contro le donne e una
parte riservata ai fornitori dei servizi alle donne vittime di
violenza, con lo scopo di mettere a loro disposizione strumenti di
supporto alla loro attività.
Tra i progetti
futuri che si vogliono attuare, come ulteriore azione nella
prevenzione e contrasto alla violenza, c’è l’idea di un
Osservatorio Nazionale (la cui creazione è stata approvata
nell’ambito della Finanziaria 2006), concepito come un luogo da cui
monitorare, ma anche coordinare, gli interventi realizzati in questo
ambito da parte di soggetti pubblici, privati, volontari, da cui
ricavare quelle informazioni utili a tutti coloro che operano in
questo settore, in un’ottica di rafforzamento della cooperazione, e
quindi maggiore integrazione, tra istituzioni ed associazioniii
anche allo scopo di colmare la mancanza di un Piano di Azione
Nazionale.
In occasione della
giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, si
è tornati a parlare di questo Osservatorio e di una altrettanto
necessaria adozione di una legge contro la violenza sulle donne che
preveda pene più severe per quelle violenze che abbiano l’aggravante
di genere. E proprio per la fine del 2006 è stata presentata una
proposta di legge sulla violenza domestica, che ora dovrà essere
approvata, che prevede pene più severe e le aggravanti richieste per
reati di violenza di genere e nella fattispecie per le violenze
domestiche ma anche misure di prevenzione, venendo così incontro
alle richieste dei movimenti associativi femminili da anni impegnati
su questo fronte. Tra le misure previste dal disegno di legge
rientrano i piani di protezione delle vittime, la specifica di
livelli minimi di prestazioni a cui le donne vittime di violenze
hanno diritto, le azioni di supporto psicologico, sanitario e
previdenziale e di reinserimento lavorativo per le vittime e la
possibilità, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri di
costituirsi parte civile nei processi per atti discriminatori e per
gli enti erogatori di servizi alle vittime, di intervenire in
giudizio nei processi per violenza, nonché una adeguata formazione
per il personale docente e sanitario e un registro dei centri
anti-violenza presso il Dipartimento per i Diritti e le Pari
Opportunità che permetterà un monitoraggio più efficiente di
questo fenomeno e allo stesso tempo garantirà uno standard
qualitativo dei servizi offerti alle donne vittime di violenzaiii.
Questa proposta di legge indubbiamente fa fare grandi passi in
avanti all’Italia nel cammino verso una più adeguata risposta
sociale, civile e legale ad una realtà sempre più preoccupante.
Un altro caso di
buona prassi in Italia è quella che riguarda le attività promosse
da diversi uomini, che si sono costituiti nell’ Associazione
“Plurale Maschile”, che si occupa di auto-riflessione sui
rapporti tra uomini e donne.
Tra le diverse
iniziative da loro intraprese negli ultimi mesi, c’è stata
l’adozione e la diffusione di una petizione per contrastare la
violenza sulle donne che è stata anche tradotta in lingua spagnola.
Questa iniziativa è nata a fronte dei sempre più numerosi casi di
violenza registrati dalle cronache italiane nell’anno appena
passato e ai quali questo gruppo di uomini non è rimasto
indifferente. Hanno cercato di rintracciarne le cause e denunciato in
primis il ruolo
dell’uomo nell’ambito delle relazioni di genere che sono alla
base della violenza contro le donne.
Questa petizione ha
riscosso molto interesse anche all’estero mentre in Italia, ancora
oggi, si parla poco di iniziative come questa che potrebbero invece
avere un alto valore simbolico e di significazione. Uno degli
obiettivi dell’associazione, per la quale gli uomini devono
soprattutto guardare a se stessi per capire e cambiare, è quello di
promuovere una partecipazione più attiva da parte di questi ad
iniziative come quelle sopra descritte per poter così ampliare e
amplificare le azioni delle istituzioni e delle associazioni e
sensibilizzare di più la popolazione maschile e femminile sulla
realtà delle violenze contro le donne.
Alcuni dati
statistici
L’analisi del
fenomeno della violenza sulle donne è stato affidato da anni
all’Istat il cui primo studio risale al 1997. Una seconda e più
recente rilevazione è avvenuta nel 2002 ma lo studio si è centrato
sull’analisi delle violenze più evidenti quali aggrssioni fisiche
da parte di sconosciuti, molestie sessuali sul luogo di lavoro,
telefonate oscene. L’Istat si è soffermata sull’aspetto del
fenomeno violenza rispetto al sentimento di sicurezza vissuto dai
cittadini,; questa impostazione impoverisce quindi l’apporto che
questo studio avrebbe potuto adre alla conoscenza del fenomeno delle
violenze in ambito domestico. E’ tuttavia importante sottolineare
come sia rilevare la violenza familiare sia molto difficile per la
scrsa propensione delle vittime di parlare dell’accaduto o di
denunciare i propri aggressori quando questi sono i loro mariti o
partner, infatti i dati che emergono dalla ricerca dimostrano che la
maggior parte delle denunce per violenza, nella fattispecie di tipo
sessuale, interessano aggressori sconosciuti dalle vittime, infatti
solo il 22.6% dei tentativi di violenza sessuale e il 18% delle
violenze è commesso da estraneiiv,
si ricava quindi che la maggior parte degli aggressori è conosciuta
dalle vittime e si tratta di mariti, fidanzati, ex partner, amici e
parenti.
Dai dati che si
ricavano si sono individuati cinque gruppi in cui si raggruppano
altrettante tipologie di violenza, quello della violenza domestica
rappresenta un 4,9% sul totale degli altri gruppi. Quello che
tuttavia, nonostante le lacune di questo studio, emerge è che,
spesso, come più volte sottolineato, l’autore delle violenze è il
marito (52,1%) e il luogo dove di frequente avviene la violenza è la
casa della vittima (70,8%).
Questa inchiesta
però presenta il limite di essersi focalizzata sulla violenza e
sulle molestie di tipo sessuale che non possono di certo riguardare
l’intera e complessa realtà del fenomeno della violenza domestica
che quindi non risulta sufficientemente analizzato. Per questo motivo
l’Istat ha effettuato nel 2006 un più recente studio volto proprio
a mettere in luce la violenza nelle sue diverse manifestazioni, ci si
è focalizzati sui diversi aspetti dei maltrattamenti verbali quali
le umiliazioni o gli insulti, psicologici come i ricatti o le
minacce, economici quali le limitazioni dell’uso del denaro
personale e familiare, fisici come schiaffi, pugni, tentativi di
soffocamento, e sessuali quali stupro, rapporti umilianti e
degradanti e molestie sessuali. La base di riferimento per questo
nuovo studio sono state 25.000 donne in una età compresa tra i 16 e
i 70 anni. Queste nuove statistiche tuttavia non sono ancora state
rese disponibili.
Il Ministero
dell’Interno, invece ha reso noto uno studio dell’EURES-ANSA del
2005 sul tema dell’omicidio volontario da cui si apprende che 1
omicidio su 4 in Italia avviene tra le mura domestiche e che il 70%
delle vittime sono donne e in 8 casi su 10 l’autore è un uomo. La
cifra che interessa il nostro paese per l’anno 2005 rispetto agli
omicidi in famiglia è di 138 donne uccise. Mentre per un’analisi
dell’IPSOS in Italia nell’85% dei casi l’autore della violenza
è il marito o il conviventev.
Per poter avere una visione più reale del fenomeno conviene rifarsi ai Centri
Anti-violenza e ai numeri di aiuto telefonico che con la lor attività
sono in grado di fornire un’analisi che si focalizza sulla violenza
in ambito familiare, infatti lo stao civile della persona che più si
riferisce a questi centri è quello di coniugata, tanto che l’età
media di chi usufruisce di questi servizi si attesta tra i 30 e i 40
anni. Mentre il livello di istruzione delle vittime non rappresenta
una caratteristica il chè ci fa capire che è un fenomeno che non
risparmia nessuna classe sociale, si ha infatti una percentuale del
34% a Palermo di donne con un’istruzione di tipo elementare mentre
un 25% a Venezia di donne con un livello medio-alto. Spesso
all’istruzione poi è legata anche l’esistenza di una situazione
professionale ed è indubbio che le donne che non hanno una propria
indipendenza economica o una situazione lavorativa precaria sono
svantaggiate ed hanno più difficoltà a percepire e riconoscere la
violenza come tale, soffrendo evidentemente di dipendenza psicologica
oltre che economica, dal proprio partner e di una scarsa stima di se
stesse.
I centri
anti-violenza quindi rappresentano un importante punto di riferimento
per l’analisi di questo fenomeno che spesso rimane celato
all’interno delle mura domestiche anche se hanno il limite di
riguardare solo coloro che hanno avuto la forza di rivolgersi a
questi centri, importante allora sarà l’azione di raccordo e
collaborazione che l’Osservatorio Nazionale dovrà mettere in
pratica.
i
Sito della rete anti-violenza “Arianna”:
www.antiviolenzadonna.it.
ii
Sito di riferimento per il numero anti-violenza nazionale:
www.cipedipartimentopariopportunita.com.
iii
DDL “Misure di sensibilizzazione e di prevenzione, nonché
repressione dei delitti contro la persona e nell’ambito della
famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed
ogni altra causa di discriminazione”.
iv
Per ogni riferimento si veda il Manuale Liberté
Féminine et Violence contre le femmes,
outils de travail pour des
interventions avec orientations de genre,
2001, consultabile sul sito
www.retepariopportunita.it/Rete_Pari_opportunita/UserFiles/pubblicazioni/urban-cosenza-francese.pdf.
v
Si vedano i dati del Ministero dell’Interno, Dipartimento Pubblica
Sicurezza, “Numero dei delitti che ha come vittime persone
di sesso femminile”, reperibile sul sito
www.pariopportunita.gov.it/DefaultDesktop.aspx?doc=1009.
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