martedì 29 settembre 2015

Ma tutto questo Alice non lo sa...



Alice e brucaliffo che la guida a trovare se stessa e sapere cosa volere
Non capisco tutto il clamore che quest’anno la neo eletta Miss Italia ha suscitato nell’opinione pubblica, io credo che invece vada rispettata per aver esternato una sua opinione seppur in maniera goffa e impacciata e che vada ringraziata perché ha ragione Alice, che non ha ancora incontrato il suo brucaliffo e vive ancora nel paese delle meraviglie, ad avere la curiosità di conoscere come sarebbe stato vivere in Italia durante la guerra, come avrebbe vissuto lei, da donna il periodo bellico perché nessuno nella sua giovane età evidentemente le ha mai parlato di tutte quelle donne, tante, che non si sono arrese alla belligeranza, alla barbarie, alla povertà, all'odio, alla loro condizione di donne che le voleva solo madri e mogli e che poi le ha incoraggiate ad avere un ruolo attivo, importante, essenziale che ha permesso a tutti e a tutte di conquistare la libertà, la stessa di cui ancora oggi noi possiamo godere, per poi però essere rilegate nel dimenticatoio della riconoscenza e rimesse, per la maggior parte, nei canoni distintivi “donneschi” e così destinate all'anonimato e all'oblio della storia e dei posteri.



La necessità di ridare il giusto peso alle donne, alla loro presenza  e alle loro gesta  con cui hanno contribuito a fare la storia è reale, niente affatto euristica, esclusiva delle femministe ma un atto dovuto verso la storia stessa che acquisterebbe una nuova dimensione senz'altro più completa;
verso le donne stesse protagoniste reali degli avvenimenti del mondo;
verso tutte noi perché non si pensi che siamo state solo figlie di Eva, rimaste a guardare ed entrate 
nell'avvenire umano solo grazie alla beltà e agli imbellettamenti;
verso gli uomini affinché possano formarsi un’idea diversa da quella di una donna sempre e solo oggetto, vuoi nella storia “storica” ma anche in quella umana che la vede mezzo di ascesa sociale da una parte e oggetto sessuale per il fine maschile nel bene (madre) e nel male (mero oggetto di piacere) 
dall'altra, fraintendimento di una realtà dato anche da questa mancanza  che per molti è tra le concause di quella visione sociale dalla quale scaturisce la violenza sulle donne.


Gli studi sulle donne sono una realtà poco presente in Italia a differenza dell'esteroGli studi "sulle donne", Women's Studies, in Italia  risultano essere poco meno di una sessantina in tutta Italia, per una cifra percentuale che rimane vicina allo zero  per cento rispetto all'intera offerta formativa globale a fronte invece dei più dei mille corsi di Women's Studies attivi negli Stati Uniti. Corsi che qui da noi sono sempre meno ed interessano solo il livello accademico, per non parlare degli sporadici master e degli ancor più esigui dottorati.
Per evitare allora di guardare il dito e perderci la luna, bisognerebbe spostare la discussione su un altro livello e cioè proporre con risolutezza  corsi che diano giustizia alle vicende di tutti e tutte noi, con programmi e libri di testo inclusivi della presenza e del ruolo delle donne a tutti i livelli di insegnamento scolastico, come si spera di trovare nelle linee guida che in questi mesi il MIUR sta preparando per attuare l’art.16 della Legge n. 107, sulla “Buona Scuola”,  così da farci “scoprire” che nel Medioevo c’era un’Eleonora che difendeva la sua Arborea contro le Repubbliche Marinare, ideatrice di un’organizzazione sociale e territoriale sarda durata fino alla prima metà dell’Ottocento;
che in Francia c’era una Caterina che civilizzava con l’uso delle posate, di indumenti intimi e di buone maniere prettamente toscane quello che sarà poi nei secoli avvenire identificato come lo stato della raffinatezza e del bon-ton per antonomasia;
che non ci fu solo una Rivoluzione e la sua Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino ma anche un’ Olympe, ad esempio,  che ci perse la testa per rivendicare l’uguaglianza femminile e lo fece letteralmente;
che le Giardiniere furono quel Risorgimento di tutte e tutti noi;
che una Anna, di origine russa, già rivendicava i diritti delle lavoratrici;
per non parlare di tutte quelle letterate, erudite, scienziate ed artiste (pittrici, musiciste, ceroplaste…), nelle diverse epoche, che incantarono il loro suòl natio e che diedero pregio e divennero orgoglio dei loro contemporanei ma pagine bianche per i posteri; pagine bianche da riempire perché altrimenti… “tutto questo Alice non lo sa”.




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Gli studi di genere riempirebbero pagine bianche lasciate dalla mancanza storiografica



venerdì 24 luglio 2015

Amelia che ci insegnò a volare


Almanacco del 24 Luglio:








Oggi ricorre il 118° anniversario della nascita di Amelia Mary Earhart, nata il 24 luglio del 1897 in Kansas.
Prima aviatrice.

Con il suo coraggio e la sua caparbietà Amelia riuscirà ad andare oltre tutti gli stereotipi della sua epoca, facendosi apprezzare come aviatrice pionieristica a discapito dei fallimenti di altri suoi colleghi uomini.


Scopre l’aviazione a 23 anni accompagnando il padre ad un raduno in California, a Longbeach, nel 1920 dove per la prima volta sale su un aereo per dieci minuti grazie ad un volo turistico. Poco tempo prima ha intrapreso gli studi infermieristici in Canada dove aveva raggiunto la sorella per poi tornare a New York e terminare gli studi da infermiera e prestare la sua professione in un ospedale militare durante la Prima Guerra Mondiale.
Nel 1922, facendo tanti lavori e lavoretti e grazie all'aiuto economico della sorella e della madre, riesce a comprare il suo primo aereo, di seconda mano, un Kinner Airster di colore giallo,  da lei “battezzato” Canarino.

Nel 1928 arriva il suo primo incarico, attraversare l’Atlantico a bordo di un Fokker F7 chiamato “Friendship”con i colleghi Stultz e il meccanico Gordon; arrivano in Galles ma gli elogi sono tutti e solo per lei, la prima donna che abbia mai attraversato l’Oceano, altre tre donne infatti in quell’anno erano morte nello stesso tentativo. Per questa impresa, al suo ritorno,  fu quindi accolta da una parata a New York e fu ricevuta, insieme al resto dell’equipaggio, alla Casa Bianca dal presidente Coolidge.

Scrive un libro su questa esperienza, intitolato "20 Hours - 40 Minutes", pubblicato dall’ editore George Putnam che fino ad allora aveva editato solo opere scritte da Lindbergh. Negli anni scriverà anche altre due opere: "The fun of it" e "Last flight".




Le sfide continuano incessanti e nel 1931 stabilisce il record di altitudine a 5.613 metri, nello stesso anno sposa l’editore Putnam che, nel frattempo, era diventato il suo manager organizzando voli ed apparizioni pubbliche e contribuendo a creare la fama di Amelia.
L’anno dopo è l’unica pilota che, dopo Lindbergh, riesce a compiere la trasvolata in solitaria da Terranova fino in Irlanda, anche se la meta era Parigi ma per problemi di meteo dovette atterrare nella campagna irlandese. Al suo ritorno riceverà la medaglia della Society National Geographic direttamente dal Presidente Hoover. Per Amelia la sua impresa aveva anche dimostrato l’esistenza di pari capacità intellettuali, di coraggio e prontezza tra l’uomo e la donna.


E Amelia sarà anche la prima donna a volare direttamente senza scalo da Los Angeles al New Jersey. Nel 1935, sempre disposta ad osare lì dove altri fallirono, fu la prima in assoluto ad attraversare il Pacifico dalla California sino alle Hawaii.  Diventa così la prima ed unica nell'aviazione fino ad allora ad aver trasvolato in solitaria entrambi gli Oceani.



Amelia Earhart diviene quindi un simbolo importante nell'immaginario popolare oltre che un’ icona di stile che arriverà a disegnare divise per le future  aviatrici, guadagnando due pagine su 'Vogue', e ispirando una linea di valigie e bauli da viaggio nonché una linea di abbigliamento sportivo.

Arriva così il 1937 quando, forte della sua esperienza e capacità, Amelia decide di voler fare il giro del mondo,  parte quindi da Miami, arriva in Sud- America, prosegue in Africa e di lì in Nuova Guinea;ormai le mancano solo 7000 miglia è ormai vicina all'isola dove c’è la guardia costiera ad aspettarla e con cui è in comunicazione da giorni ma Amelia pur  comunicando  la sua vicinanza all'isola parla di un’effettiva incapacità di riuscire a vederla... vani saranno gli ulteriori tentativi della Guardia costiera e le comunicazioni si interromperanno il 2 luglio 1937.


Lo stesso presidente Roosevelt autorizzerà le ricerche dell’aviatrice, spendendo 4 milioni di dollari pur di ritrovarla ma non se ne saprà più nulla…

Nel 2010,  sull'isola di Kiribati o Nikumaroro sono stati ritrovati i resti di una scarpa ‘Oxford’ degli anni ’30, proprio come quelle che indossava Amelia, vecchi trucchi e ossa umane, attribuite all'aviatrice. Incoraggiati da questi ritrovamenti i membri del Gruppo internazionale per il Recupero di Aerei Storici (TIGHAR- International Group for Historic Aircraft Recovery) hanno approntato una nuova spedizione sull'isola convinti che è stata proprio l’ultimo approdo della Earhart in base a quella che è stata ribattezzata “L’ipotesi dell’ isola Gardner” dall’ antico nome dell'isola. Il gruppo di spedizione infatti già nel 2012 aveva rivelato con un sonar onde anomale nell'oceano che potrebbero corrispondere alla forma di una fusoliera, quella dell’aereo della Earhart, la particolarità di questa ennesima spedizione della TIGHAR, che ne ha già fatte 22 in quella zona, è quella, questa volta, di essersi fatta seguire da più di una decina di volontari, turisti paganti che hanno aiutato a perlustrare la vasta foresta dell’isola in cerca di possibili testimonianze dell’aviatrice.



Tante rimangono comunque le teorie, anche le più fantasiose, che riguardano la sua scomparsa, alcune sono fondate su testimonianze secondo le quali Amelia nel suo ultimo viaggio acconsentì a montare sul suo apparecchio macchine fotografiche per svolgere contemporaneamente una spedizione di spionaggio tale però che fu catturata dai giapponesi nelle mani dei quali, morì. Altre teorie, che contraddistinguono più o meno tutte le morti misteriose, la vogliono invece rientrata sotto finto nome in patria, dove è morta anziana e serena  quale una certa Irene Bolan anche se esami specifici hanno sconfessato ogni possibile compatibilità.
Nel 2017 uno speciale della TV History Channel ancora sosteneva di aver trovato in una vecchia foto d'archivio la testimonianza di una Amelia Earhart viva e superstite nelle isole Marshall.

Il Doodle che Google ha dedicato ad Amelia Earhart
Credits: Google
In realtà di Lady Lindy, come veniva chiamata, non si sa più nulla, rimane però il suo esempio di tenacia e coraggio anche per tutte le altre donne, in una lettera al marito scriverà: “Ti prego di sapere che so il rischio che corro, voglio farlo perché ho voglia di farlo. Le donne devono provare a fare le cose esattamente come ci provano gli uomini. Quando falliscono, il loro fallimento deve essere la sfida per altri”.

Numerose le commemorazioni nella filatelia, nei film, l’ultimo del 2009 con l’interpretazione di Hilary Swank, e nei libri. 
A Giugno 2015 è stato tratto un film da alcuni frammenti ritrovati dal figlio del fotografo personale di Amelia che ha tenuto il rullino per più di cinquant'anni chiuso nel suo studio e che ritrae l’aviatrice, il suo copilota e il marito, girato tra il Marzo e il Maggio del 1937, pochi mesi prima quindi della scomparsa di Amelia; da questi frammenti si è ricavato il film intitolato “Gli ultimi scatti di Amelia Earhart” a cui è seguito il libro di una ottantina di pagine scritto da Nicole Swinford.




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Bibliografia:

v   20 Hours - 40 Minutes” , 1928, ed. Putman;
20 Hours – 40 Minutes : Our Flight in the Friendship”, 2003,           Ed. National Geographic.
v   The fun of it”, 1933; 
ristampa del 2006 a cura di Ed. Chicago Review.
v   Last Flight”, 1937;
Last Flight, The world’s foremost woman aviator recounts, in her own words, her last, fateful flight”, 1996, Ed. Crown Trade.


Biografia:

v   Amelia, my courageous sister: biography of Amelia Earhart: True Facts About Her Disappearance”,  1987, di Muriel Earhart Morrissey e Carol L. Osborne; Ed. Osborne Publisher.
v   Letters from Amelia, 1901-1937, 1982,  a cura di  Jean L. Backus, Ed. Beacon Press.




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giovedì 18 giugno 2015

Ernesta, la pittrice patriottica


Almanacco del 18 Giugno:


pittrice patriottica egregia nell'incisione
"Ernesta  Legnani  Bisi",  Eliseo Sala, 1843.



Ernesta Legnani in Bisi, fu un’artista di chiara fama e talento con una formazione accademica,  rara per le donne dell’epoca e una spiccata verve da patriota. Nata a Lugano o, per alcuni a Milano, nel 1788, il 18 Giugno, studiò incisione all’ Accademia di Brera con Giuseppe Longhi ma la sua realizzazione la trovò nella ritrattistica. Abile e dotata vinse nel 1810 il Premio di Disegno della stessa Accademia di Brera dove conobbe anche quello che di lì ad un anno sarebbe diventato suo marito, il Professore di pittura del paesaggio, Giuseppe Bisi, della nota e prestigiosa famiglia di pittori.

L’attività di Ernesta si espletò quindi soprattutto nei ritratti a cui amava dedicarsi specialmente quando come soggetti erano quelle figure da lei amate e stimate come Manzoni e con le quali condivideva anche e soprattutto un legame di velleità indipendentiste, così nacquero amicizie e simpatie tra lei e un’altra pittrice, Bianca Milesi Mijon, che le dedicherà “in pegno di cara e salda amicizia di cinque lustri ” la sua traduzione della biografia  “Prime Lezioni in Quattro tomi di Maria Edgeworth” nel 1834[1]. Un' altra importante amicizia  fu  la più nota Cristina Trivulzio di Belgiojoso, di cui sarà maestra di disegno e di cui eseguirà il ritratto suo e della madre, Vittoria dei Marchesi Gherardini. La sua simpatia per l’indipendenza  italiana la metterà in contatto con numerose delle così dette Giardiniere della Carboneria, tra cui la stessa Bianca Milesi, e con altri numerosi esponenti politici dell’epoca con cui scambierà opinioni, speranze  e rallegramenti, come quando scriverà a Cattaneo, nel 1848: “Venerdì, secondo giorno della nostra liberazione[2] e numerose altre lettere saranno poi scritte negli anni successivi anche dalla figlia maggiore Antonietta che seguirà, non solo a livello artistico, l’impronta della madre. Ernesta e Cattaneo si erano conosciuti durante le lezioni di giurisprudenza del Romagnosi, quando, intorno al 1820-1826, Carlo Cattaneo era ancora  un perfetto sconosciuto ma a quest’epoca risale proprio uno schizzo a carboncino della Busi di Cattaneo[3], firmato dall’autrice già affermata artista.
 
"Gaetana Agnesi", 1812, Ernesta Bisi
Ma come detto Ernesta era anche una fine incisora e infatti per la Pinacoteca del Palazzo Reale di Milano realizzò, su rame, riproduzioni di opere del Palma il Giovane, del Cavedoni, del Paris Borodone, del Francia e di Marco d' Oggiono tra il  1812-33 ma molto apprezzati erano anche i suoi Acquarelli.

Tra le sue opere vanno altresì ricordate le incisioni di Gaetana Agnesi e Vittoria Colonna su disegni di Maria Longhi per illustrare le “Vite e ritratti di illustri italiani” nel 1812.

Proprio in quegli anni tra il 1812 e 1813 Ernesta però aspetta la nascita della sua primogenita: Antonietta che viene alla luce nel 1813 e che come la mamma e il papà sceglierà una vita artistica che sarà però, come visto, più vicina alla sensibilità materna, Antonietta infatti si  dedicherà anch’essa ai ritratti nonché ad una posizione patriottica- indipendentista appunto come la madre Ernesta, scegliendo di ritrarre soprattutto i nobili liberali dell’aristocrazia milanese, quali  ad esempio Dandolo e Morosini.
Antonietta si perfezionerà nonostante abbia studiato con il padre e la madre, direttamente  all’Accademia di Brera sotto la guida di Hayez, che spesso era ospite dei coniugi Bisi e loro amico, la stessa Ernesta lo ritrarrà in uno schizzo a carboncino che è inserito nelle sue “Memorie” del 1849. Di diversa tempra e attitudine invece sarà la secondogenita Fulvia, nata nel 1818,  che, anch’essa dotata di talento artistico, sceglierà invece di seguire le orme del padre dedicandosi ai paesaggi.

Ernesta Bisi, morirà improvvisamente a Milano, il 13 Novembre 1859.






[1] FERRI Conte P.L., CASTRECA- BRUNETTI E., BANDETTINI T., “Biblioteca femminile italiana: raccolta, posseduta e descritta dal Conte Leopoldo Ferri”, 1842, Ed. Tipografia Crescini, pag. 236.
[2] AGLIATI Carlo, “Il Ritratto Carpito di Carlo Cattaneo”, 2002, Ed. CASAGRANDE, pag. 85.
[3] Ivi, pag. 40.



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