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lunedì 11 ottobre 2021

Il Global Gender Gap e il mito dei Paesi Nordici- Francesca Vitelli


Il Global Gender Gap e il mito dei Paesi Nordici

di Francesca Vitelli 

Presidente di EnterprisinGirls, Associazione nazionale di imprenditrici e libere professioniste

 

L’ Islanda va alle urne e - per una manciata di ore - sembra che il numero delle elette superi quello degli eletti, poi il riconteggio dei voti ridimensiona il numero e le donne elette tornano ad essere meno degli uomini, di poco, lo stacco è minimo. Ma se i risultati avessero mostrato una maggioranza di donne elette cosa sarebbe cambiato? Il Global Gender Gap elaborato dal World Economic Forum vede, nel 2021, al primo posto l'Islanda seguita dalla Finlandia. Per trovare l'Italia bisogna far precipitare il cursore lungo la colonna giù fino al 63simo posto. Il mito dei Paesi nordici lo abbiamo coltivato leggendo - negli anni - le statistiche, era un po’ come lo scudetto del campionato calcistico, si sapeva già chi lo avrebbe vinto, se la battevano in pochi.  Fondamentale è partire da un assunto: il Global Gender Gap si propone di stilare una classifica dei Paesi in base alla parità di condizione tra gli uomini e le donne e non di porre in cima quelli in cui le donne vivono meglio. Sembra scontato, basta leggere dice qualcuno, ma non lo è, ribadirlo aiuta a focalizzare l’argomento. Altrettanto importante è tener presente che stiamo leggendo una elaborazione basata su dati forniti dai singoli Stati che scelgono i loro set di indicatori, le modalità di rilevazione, di trattamento e di analisi dei dati, le fondamenta della costruzione sono, pertanto, poggiate su un terreno scivoloso perché eterogeneo. Il sistema, inoltre, è regolato dall’attribuzione di punteggi che risulta penalizzante per alcune nazioni, è il caso dell’Italia dove il maggior numero di ragazze laureate - in tempi brevi e con ottimi risultati – non può spostare la bilancia più di un tot facendo da contrappeso alla scarsa presenza di donne in ruoli istituzionali.

Il terreno scelto dal World Economic Forum è suddiviso in aree di indagine chiamate dimensioni latenti composte da indicatori elementari. Le dimensioni latenti sono: partecipazione e opportunità economiche, educazione – nel senso inglese del termine quindi istruzione, salute e presenza nell’agone politico. È tanto evidente, a guardar bene, la scivolosità, che simulando un ricalcolo che tenga presente alcune delle eterogeneità il risultato scompiglia la classifica. I numeri, le statistiche, vanno interpretate e la ricerca sul campo - arricchita dal confronto con i soggetti che vi operano - aiuta a comprendere. In Islanda e Finlandia c'è il maggior numero di donne elette e questo le fa svettare in cima però... però vanno considerati altri indicatori - come i contratti di lavoro atipici e il ricorso al part time, i percorsi e le progressioni di carriera, i casi di violenza domestica, la presenza di migranti - e non bisogna dimenticare la ponderazione rispetto alla popolazione. Già la popolazione, l’Islanda ha 369.000 abitanti, la Finlandia 5.538.000[1] e l’Italia 59.258.000 [2].

Di ritorno da un seminario tenutosi ad Helsinki, nell’ambito di un progetto Erasmus sullo scambio di buone prassi in materia di parità di genere, una domanda mi si è parata innanzi: data l'alta percentuale di donne che ricoprono ruoli istituzionali e la contenuta numerosità della popolazione non dovremmo, in Finlandia, aspettarci una maggior capacità di incisività da parte delle donne nelle politica? Non dovremmo trovarci di fronte a un mercato del lavoro caratterizzato da minor segregazione - verticale e orizzontale - femminile?  

Se hai la possibilità di scendere in campo ad osservare, ascoltare, intervistare e approfondire puoi scoprire dinamiche, caratteristiche e monoliticità che aiutano a comprendere. Incontrare alcune delle attrici istituzionali  - e non -  dell’ambito del mercato del lavoro, dell’associazionismo, del supporto ai migranti, dell’assistenza alle vittime di violenza domestica di Finlandia, Italia, Francia, Romania e Olanda ha significato aggiungere una lente attraverso la quale guardare al campionato del Global Gender Gap, campionato che ha l’indubbio merito di aver posto sul tavolo la parità di genere intesa come driver di sviluppo. Non è cosa da donne, è roba economica. Parlarne significa ragionare su punti di PIL. 

Ho deciso, perciò, nelle mie giornate finlandesi di tracciare un ideale perimetro dato dal rapporto tra l’estensione territoriale[3] e la popolosità entro il quale considerare variabili chiave come la legislazione vigente nei settori d’interesse, il livello di infrastrutturazione del territorio, la natura e la misura dello sviluppo delle aree metropolitane e di quelle periferiche, la tipologia di servizi sociali, la presenza di soggetti del Terzo settore, la mobilità sociale e il/i modello culturale prevalente di riferimento.

Allontanando il punto d’osservazione, inserendo una lente altra di lettura e ascoltando le esperienze concrete la fotografia è cambiata, la classifica si è rimescolata e se non vinciamo la coppa, per quanto mi riguarda, non meritiamo neanche il 63esimo posto. Questo non vuol dire che in Italia abbiamo raggiunto la parità di genere, il traguardo rimane lontano, ma ci sono aspetti sui quali non siamo così indietro come si potrebbe pensare guardando la classifica. Penso, ad esempio, all’obbligo dell’adozione del bilancio di genere[4], alla vivacità del dibattito sul linguaggio di genere, al proliferare di iniziative e la nascita di comitati, associazioni e organismi informali che approfondiscono e divulgano aspetti legati al dibattito di genere e alla collettiva, meticolosa, attenta opera di “scavo” che scrittrici, giornaliste, ricercatrici e cultrici della materia stanno compiendo per riportare alla luce la vita e la storia di donne sepolte sotto la polvere dei secoli. Scienziate, musiciste, compositrici, pittrici, scultrici, danzatrici, atlete, architette, poete, scrittrici, drammaturghe, giornaliste, esploratrici, botaniche, inventrici, attiviste politiche, amministratrici della giustizia, filosofe, astronome, matematiche, guerriere e donne che - in ogni ambito e settore - hanno compiuto scelte coraggiose e contro corrente sostenute dalla tenacia e la determinazione stanno emergendo dall’oblio in cui erano state relegate. C’è una pattuglia di donne competenti che impegna tempo, energia e risorse per restituire memoria e dignità ad altre donne. A questo pensavo quando in aereo ritornavo dal Nord Europa. Abbiamo molto lavoro da fare ma tante sono le persone, le idee e i progetti in movimento. La parità di genere è un percorso da fare insieme con tutte/i coloro che vogliono partecipare a un processo di cambiamento culturale, un processo dinamico che richiede tempo, pazienza, costanza, competenza, passione e concretezza.

 

 



[1] Fonte: GlobalGeografia.com

[2] Fonte: ISTAT

[3] 102.775 Km², 338.462 Km²,Italia 302.067,75 Km²,

[4] introdotto con la legge n. 15 del 2014 era già stato introdotto in Puglia con la legge Regionale per le pari opportunità n. 7 del 21/03/2007 "Norme per le politiche di genere e i servizi di conciliazione vita-lavoro in Puglia"

 

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