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lunedì 29 marzo 2021

Quando il Vesuvio aveva il pennacchio- Rosanna Oliva de Conciliis



Acquarello napoletano
dove il Vesuvio ha ancora il pennacchio


Si sta concludendo questo mese di marzo che, come sappiamo, è il mese dedicato alla Storia delle donne nei paesi anglofoni 
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 Marzo il mese della Storia delle donne
e nel quale si celebra anche la giornata internazionale delle donne, l'8 marzo e proprio di questi giorni è la notizia che per la prima volta una donna ha raggiunto la massima carica diplomatica diventando ambasciatrice a Washington. Mariangela Zappia d'altronde ha nella sua carriera già infranto tanti traguardi come prima donna ambasciatrice alla NATO nel 2014 e come Rappresentante italiana alle Nazioni Unite nel 2018. Ma senza una sentenza di ben cinquant'anni fa neanche questo, che sarà solo il primo traguardo per le donne in diplomazia, sarebbe stato possibile. Con la Sentenza n.33 del 1960 si aprivano infatti anche alle donne le carriere pubbliche precluse loro fino ad allora per atavici stereotipi che non volevano le donne adatte a gestire la cosa pubblica. 

Rosa Oliva neo laureata in Giurisprudenza voleva infatti poter fare il Concorso in Magistratura ma non poté proprio perché scoprì che era chiuso alle donne, di fatto però violando i principi costituzionali sanciti agli Artt. 3  e 51 che sanciscono il divieto generale di discriminazione in base al sesso il primo e di discriminazione riferito proprio alle cariche pubbliche, il secondo.  Dobbiamo a Rosanna Oliva de Conciliis quindi se anche noi oggi e le nostre sorelle, figlie e nipoti possono impegnarsi nella carriera che preferiscono. Ma chi è Rosa Oliva? E' la stessa Rosanna Oliva de Conciliis con il suo libro "Quando il Vesuvio aveva il pennacchio", con la prefazione di Giuliana Cacciapuoti, ha darci modo di scoprirlo. Questo libro ci porta indietro ad una città, Napoli, dove nasce Rosa, Rosanna, che purtroppo non esiste più, appunto quando il Vesuvio aveva il pennacchio, cioè il fumo che usciva ancora dopo l'ultima eruzione del vulcano partenopeo del 1944 che era ben visibile ancora nel secondo dopoguerra come anche altre testimoni della mia famiglia ricordano bene. Ma è un libro che ci porta anche indietro ad un tipo di cultura che non esiste più, come ci racconta Rosanna Oliva de Conciliis, una cultura che veniva tramandata per via orale come il Cunto de li Cunti, quelle fiabe raccontate da generazioni, da nonne a nipoti, a sorelle a fratelli, a zie e zii, proprio quei racconti che accompagnano ogni capitolo del libro come una grande e continua narrazione in realtà qui di eventi e persone che ripercorre la storia di famiglia, anzi delle famiglie, materna e paterna, di Rosanna come probabilmente aveva anche accompagnato la sua infanzia.

Quando il Vesuvio aveva il pennacchio
di Rosanna Oliva de Conciliis
Quella in cui cresce e si forma quindi Rosanna è una città specchio di una società e cultura che non esistono più fatta di relazioni necessariamente strette, interdipendenti in cui ci si formava alla socialità, all'amicizia, alla solidarietà, alla sensibilità per gli altri e per se stessi-e inquadrati in una visione d'insieme non ancora particolaristica. Le famiglie di Rosanna, quella di nobili origini della madre e quella alto borghese del padre, sono tipiche famiglie in cui ci sono tanti parenti, spesso con lo stesso nome per onorare gli avi, con tante zie, zii, cugine e cugini ma anche vicine e vicini di casa, compagni e compagne di scuola con cui si creano relazioni, condivisioni e dove ve se ne creano di nuove. Un luogo, la famiglia nel suo concetto appunto allargato, fatto di luoghi e persone, dove apprendere e formarsi dove l'altro è espressione di noi stesse-i in un sociale condiviso. Forse è questo l'aspetto che ha reso Rosanna Oliva de Conciliis la futura donna che con un semplice gesto non ha accettato lo status quo che penalizzava non solo se stessa ma tutte le donne e che, come ha ricordato il Presidente della Repubblica prima nel suo discorso del'8 marzo per la giornata internazionale della donna, e poi qualche giorno più tardi premiando Rosanna Oliva de Conciliis con la più alta onorificenza della Repubblica Italiana quella di Cavaliere di Gran Croce: "E' stato un piccolo gesto che ha smosso una montagna. L'Italia le deve riconoscenza". 


E la montagna l'ha spostata per tutte noi. Grazie Rosanna Oliva de Conciliis!
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lunedì 1 marzo 2021

La Semplicità Ingannata- Satira per attrice e pupazze sul Lusso d'esser donne- Marta Cuscunà

Marta Cuscunà e le sue ragazze in
La Semplicità Ingannata-
Satira per attrice e pupazze sul Lusso d'esser donne



Era dagli inizi degli anni Ottanta del Novecento che non si vedeva un'opera teatrale ispirata da Arcangela Tarabotti1, spero quindi che presto ci potrà essere di nuovo l'occasione per tutte e tutti noi di poter andare a vedere Marta Cuscunà e le sue “ragazze” dal vivo, perché questo spettacolo è ormai in scena da anni in giro per l'Italia.

Per i più attenti spettatori Marta è stata ospite nella prima puntata del programma Ricomincio da tre su RaiTre, pensato proprio per dare visibilità ad un teatro ingiustamente oscurato da troppo tempo.

La pièce ispirata ad Arcangela Tarabotti si chiama “La Semplicità Ingannata- Satira per attrice e pupazze sul Lusso d'esser donne”, liberamente ispirato alle opere di Arcangela Tarabotti. Seconda tappa di un progetto più ampio che si chiama “Resistenze femminili” di cui 'E' bello vivere liberi!' dedicato alla staffetta partigiana Ondina Pateani è la prima parte e Sorry boys è il terzo atto.

Piacevolmente incuriosita da questa proposta teatrale che inseguivo da anni ne ho parlato con l'autrice Marta Cuscunà in una piacevolissima telefonata di cui vi riporto le mie maggiori curiosità ma purtroppo non le risate!

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Arcangela Tarabotti
Marta, che ha anche un'associazione culturale e un blog , ha incontrato Arcangela Tarabotti durante i suoi studi in Accademia quando le viene chiesto di fare un'improvvisazione su una figura storica locale, consultando il libro di Giovanna Paolin “ Lo spazio del silenzio”, che è stato anche uno dei libri per la mia tesi su Arcangela, ha conosciuto e da subito amato questa donna e scrittrice.

Ma Tarabotti è stata l'ispirazione per occuparsi di un tema in realtà più ampio.


L'opera parla di una bambina, Angela, costretta ad entrare in convento e a diventare monaca così conosciamo la vita del convento che prende forma nelle sembianze del coro formato dalle consorelle di Angela, per dirla con l'autrice il convento diventa 'la stanza tutta per se' per creare un modello sociale alternativo e anti patriarcale.

L'opera infatti non è ecclesiastica né prettamente di denuncia delle monacazioni forzate perché Marta Cuscunà prende a pretesto questa storia, che in realtà sono due, per parlare alle donne di oggi. La vicenda di Arcangela Tarabotti infatti introduce all'esempio di resistenza femminile che un gruppo di monache nel Seicento ha portato davvero avanti a dispetto dell'epoca e della Santa Inquisizione. Dopo uno studio di due anni Marta ha recuperato infatti la storia, e i nomi veri con cui le porta in scena, delle Monache del Convento di Santa Chiara di Udine, un raro esempio di libertà di pensiero.
Dall'incontro di queste due diverse esperienze del femminile simili ma uniche Marta ha creato questo spettacolo partendo, sembra incredibile, dall'attualità.

Era l'epoca, non molti anni fa, in cui tra imprenditori e uomini così detti di successo c'era l'abitudine di scambiarsi ragazze per una o più notti invece che mazzette e denaro contante, questi episodi di cronaca fanno venire in mente a Marta che anche le monache forzate obbedivano a logiche economiche strutturali ad una società patriarcale. Ecco quindi che il loro esempio diventa vissuto attuale capace di parlare anche a noi oggi.
La donna come merce di scambio quindi ma non solo, infatti la storia delle monache udinesi di Santa Chiara si rivela un monito alla solidarietà femminile che viene troppo spesso derisa e misconosciuta, nonostante le pressioni e le minacce infatti nessuna delle consorelle tradirà l'altra e la loro libertà. Foemina foeminae lupior quindi non è un fatto inevitabile, anzi.Sperando quindi di poterla andare a vedere insieme alle sue ragazze al più presto nei teatri italiani, sarà intanto possibile seguirla al Festival delle marionette a Parigi a maggio.





Foto fornite da Marta Cuscunà



1Seicenta-Vita di Arcangela Tarabotti”di Antonella Borina, 1982. Messa in scena al teatro Goldoni di Venezia nel 1982.

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