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martedì 27 agosto 2019

Eleonora d'Arborea Bas - La prima Giudicessa di Arborea


Eleonora d'Arborea Bas, Giudicessa di Arborea




Eleonora d'Arborea Bas si proclama Giudicessa di Arborea nel 1383.

Quando suo padre, Mariano IV, viene eletto giudice d'Arborea nel 1347, le guerre tra pisani e genovesi per il possesso dell'isola erano terminate già nel 1284 con la battaglia della Meloria, in cui la Repubblica pisana aveva sostanzialmente perso il suo dominio in favore dei genovesi e soprattutto degli aragonesi che dopo l'accordo con Papa Bonifacio VIII, in cambio di un loro disimpegno in Sicilia nella disputa con gli Angioini, erano stati investiti del Regno di Sardegna. 
Il porto di Livorno
 di fronte la Torre della Memoria
dove avvenne la battaglia
tra pisani e genovesi.

La nuova dominazione spagnola non impiegò molto a voler imporre una sua organizzazione, elargendo a valenziani e catalani nuove terre e titoli che non tenevano conto degli antichi privilegi e tradizioni.

Mariano IV decide quindi di combattere “lo straniero” e difendere gli usi e costumi, nonché le antiche organizzazioni territoriali, ingaggiando una battaglia contro gli aragonesi. Si allea per questo con i Doria, la famiglia genovese presente sull'isola con importanti possedimenti terrieri. 

Le numerose vittorie di Mariano però iniziano a preoccupare lo stesso alleato genovese e la loro alleanza viene meno quando Brancaleone Doria decide di passare dalla parte degli Aragonesi.


La mancanza di una salda alleanza che non si basasse sulla sola strategia fu risolta dal figlio di Mariano IV, Ugone III, quando gli succedette dopo la sua morte nel 1376.

Ugone decide infatti di far sposare sua sorella Eleonora con il Signore di Longodoro, Brancaleone Doria.

Le nozze si celebrarono intorno al 1376 e da quel momento Eleonora diventa la domina di questa alleanza politico-familiare.



Nozze di Eleonora d'Arborea con Brancaleone Doria,
 Antonio Benini. Credit Wikipedia.
E' una madre attenta all'educazione dei figli, segue l'economia della casa, riceve i numerosi contadini e servi che quotidianamente chiedono udienza, fa le veci del marito quando è assente e nel 1383 si proclama Giudicessa d'Arborea.
Suo fratello Ugone III infatti è stato ucciso ad Oristano e il Regno d'Arborea rischia di essere vulnerabile a sommosse interne e all'attacco degli spagnoli. Invocando l'antico diritto regio per cui una donna poteva succedere al padre o al fratello, si porta sul campo di battaglia.
A cavallo si sposta sul vasto territorio per evitare sommosse e rappresaglie, reclama il Regno d'Arborea per suo figlio Federico e vuole che, in modo pacifico questa volta, anche la Spagna lo riconosca e lo accetti legittimamente.

C'è bisogno quindi di un'ambasciata fidata anche per gli spagnoli e chi meglio di suo marito Brancaleone? La famiglia genovese dei Doria anche dopo il matrimonio con Eleonora era rimasta infatti fedele agli Aragonesi, preferendo una posizione neutrale.


Brancaleone si decide quindi a partire alla volta del Re di Spagna che lo accoglie con tutti gli onori. Ma mentre Brancaleone è occupato nel suo viaggio diplomatico, Eleonora non sta ferma ad aspettare.
A capo delle sue milizie difende intanto il suo territorio e conquista castelli e fortezze, costringendo gli spagnoli a rinchiudersi e resistere.

Le sue gesta però non mancano di arrivare puntualmente al Re spagnolo che ora iniziava a dubitare della fedeltà di Brancaleone il quale viene sempre più attenzionato fino ad essere imprigionato.

Eleonora riceve quindi una proposta di scambio: avere indietro suo marito in cambio di suo figlio Federico che sarebbe dovuto crescere alla corte spagnola. Brancaleone stesso avrebbe portato alla moglie l'ambasciata e, per il resto, però avrebbe dimorato, in custodia, nel Castello di Cagliari. 
Il Castello di
Eleonora d' Arborea,
Sanluri.
credit: wikipedia

Nel frattempo Eleonora però aveva riconquistato Oristano, punito gli assassini del fratello e ristabilito l'antica legge ed organizzazione del Regno. Riunita la Corona de Logu, l'assemblea elettiva, le aveva fatto giurare fedeltà al figlio Federico di cui ne aveva assunto la reggenza.

Quando l'anno seguente finalmente Brancaleone propone le condizioni di scambio, Eleonora rifiuta categoricamente di consegnare suo figlio Federico di fatto già investito come futuro sovrano.

Lo scontro d'armi diventa inevitabile. Il re di Spagna pur avendo come ostaggio Brancaleone però si rende conto che non conviene uno scontro diretto, infatti Eleonora nel frattempo aveva riconquistato gran parte del territorio isolano e agli spagnoli non rimanevano che Cagliari ed Alghero. In effetti Eleonora costrinse gli aragonesi ad una dura resistenza asserragliati nel Castello di Cagliari che veniva sorvegliato e depredato in continuazione. Una strategia di attacco e indebolimento che non sfociò mai in guerra aperta, per volontà del re spagnolo, ma che durò ben due anni.

Pietro Alfonso d'Aragona
detto il Cerimonioso
Nel 1836 Eleonora decise quindi di far evadere il marito ma il progetto viene scoperto e la resa diventa l'unica soluzione.
Mentre si trattano le condizioni della pace che in realtà riconoscevano molte delle istanze che Eleonora reclamava per il popolo, le leggi e le tradizioni della sua terra, il re Pietro IV, il Cerimonioso, muore. Gli succede il figlio Giovanni che rivede al rialzo tutte le clausole tra cui la liberazione di Brancaleone Doria condizionata alla piena applicazione delle altre che a differenza del precedente patto risultavano questa volta estremamente dure per Eleonora e il suo feudo.

Eleonora doveva anche restituire tutti i castelli armati e riarredati con i soldi della famiglia Doria prima di riconsegnarli agli aragonesi. Doveva sciogliere il popolo dal giuramento al figlio e pagare il censo feudale dai tempi di suo padre.

Il Regno d'Arborea inoltre veniva riconfermato alle loro concessioni ma se non ci fossero stati eredi, Federico infatti nel frattempo era morto ed era rimasto solo il secondogenito Mariano, il territorio doveva tornare al sovrano spagnolo.

La Pace di Cagliari fu firmata nel 1388.


il Giudicato d'Arborea
L'anno seguente il re di Spagna concede a Violante Carroz, contessa spagnola, la Contea di Chirra, un vasto territorio confinante con il Regno d'Arborea. Questo gesto riaccende malcontenti tra Eleonora e il re spagnolo perché la contea per legge sarebbe dovuta tornare al re che invece preferì darla ad una donna, la figlia di un suo fedelissimo e moglie di un suo esecutore.

Eleonora dopo aver rimostrato ufficialmente le sue contrarietà al re, si muove sul campo.
Dai monti della Barbagia fino al mare di Ogliastra smuove la popolazione che l'acclamava festante, riconquistando i territori persi; di nuovo agli spagnoli non rimangono che Cagliari e Alghero.

Il re spagnolo nonostante avesse proclamato nel 1392 Eleonora e Brancaleone ribelli e condannati a morte, non si decide però a mandare un contingente sull'isola per ristabilire la pace e con lo scoppio di nuovi tumulti in Sicilia perde ancora più tempo che Eleonora sfrutta tutto a suo vantaggio.

Decisa a riunificare l'isola sotto il suo casato, riorganizza politicamente, amministrativamente, giuridicamente il suo territorio. Riprende il progetto di suo padre Mariano IV ma lo modernizza. Scrive una nuova Carta de Logu nel 1395.

La Carta mette per iscritto gli antichi usi e tradizioni locali a cui tuttavia Eleonora non manca di dare una sua personale impronta “riformatrice”.

Stabilisce che le pene previste sia in caso di questioni pubbliche o tra privati siano stabilite da un'autorità pubblica, vietando un accordo di risarcimento privato. Le pene fisiche invece sono previste solo per i casi più gravi come quello di omicidio o lesa maestà.

Introduce il concetto di intenzionalità del reato commesso e quindi la differenza tra dolo e colpa.

Su tutto c'è la volontà di instaurare un principio di sovranità che regoli la pratica privata per quanto antica con l'obiettivo di formare una nazione sarda.

Particolare attenzione pone anche alla condizione femminile, istituisce infatti la comunione dei beni nel matrimonio, la salvaguardia della moglie e dei figli dal marito pignorato e soprattutto riconosce alla donna libertà di rifiutare un matrimonio riparatore dopo una violenza sessuale.

Riorganizzato così il suo territorio Eleonora prosegue la sua battaglia contro gli spagnoli che nel frattempo erano impegnati anche sul fronte siciliano.

Re Giovanni era da parte sua invece sempre più distante dai suoi impegni politici e preferiva cercare rifugio tra i balli di corte e la vita mondana e invece di organizzare una spedizione in terra sarda si sposta a Maiorca dove rimane vittima di una battuta di caccia. Gli succede il fratello Martino che è determinato a risolvere la 'questione sarda'.

Nel frattempo però sull'isola scoppia la peste di cui la stessa Eleonora rimane vittima, morendo intorno al 1404.
Quando nel 1409 gli aragonesi impongono il loro dominio sull'isola, applicano la Carta de Logu su tutto il territorio.

L'opera amministrativa di Eleonora d'Arborea Bas rimarrà in vigore fino al 1800 quando solo il codice promulgato da Carlo Felice la sostituirà definitivamente.

Per più di quattrocento anni Eleonora continuò a governare la sua isola, realizzando il sogno della sua casata: Nos Elionora per issa gratia de Deus Iudicissa d' Arborea, Comtissa de Gociano e biscontissa de Basso.


Ritratto di Eleonora d'Arborea,
Antonio Caboni, 1881.
Credit: Wikipedia


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Eleonora d'Arborea prima Giudicessa













COPYRIGHT dei contenuti dove non diversamente specificato

giovedì 15 agosto 2019

lunedì 5 agosto 2019

Sperlonga- La sua storia al femminile






Sperlonga è una ridente cittadina a sud della regione Lazio, oggi rinomata località turistica che vanta lontane e prestigiose origini che risalirebbero agli Spartani che qui fondarono un primo nucleo abitativo denominato Amyclae.
Con gli antichi Romani divenne sede di riposo imperiale e nel Rinascimento testimone, con la limitrofa zona di Fondi, di importanti avvenimenti storico-politici. Oggi ha trovato nuova vita nella vocazione vacanziera. La sua storia si lega ad alcune figure di donne, come la Contessa di Fondi Giulia Gonzaga Colonna e soprattutto alla rivolta femminile delle sue abitanti che si opposero alla dispersione di importanti reperti archeologici oggi convogliati in un importante museo locale.

Stemma della famiglia Caetani
presente sulle Porte della cittadina.
Unica testimonianza delle antiche mura
fatte costruire dalla famiglia.
Fino al 1400, Sperlonga rientrava nei possedimenti territoriali della nota famiglia romana dei Caetani quando Ladislao I d'Angiò, futuro Re di Napoli, la sottrasse ad Onorato Caetani. In effetti questa località rimarrà per secoli sotto l'influsso del Regno delle Due Sicilie e ancora oggi è largamente apprezzata e conosciuta dai vacanzieri campani infatti solo nel ventennio fascista Sperlonga sarà annessa al Lazio nella provincia della Littoria, oggi Latina.

Simbolo della cittadina è la possente Torre a picco sul mare, Torre Truglia fatta costruire nel 1532 dal barone di Carduccio e Sperlonga, Carduccio Gattola, commissario di Ladislao I.

La necessità sempre più impellente di difendere il territorio derivava infatti dal bisogno di arginare l'offensiva turca nel Mediterraneo. Già dal XV secolo infatti gli attacchi dei turchi si erano fatti sempre più decisi e preoccupanti tanto che i vari sovrani europei con il Papa si erano alleati contro il turco dando vita nel tempo a Leghe ed Ordini con lo scopo preciso di fermarlo in Europa, come ad esempio l'Ordine del Drago nato dall'iniziativa tra Sigismondo di Lussemburgo, Alfonso d'Aragona e Scandeberg d'Albania.
Qui Puoi leggere il post su
 Beatrice Caetani
Ancora un secolo dopo l'Europa si trovava a doversi difendere dai turchi- ottomani e a fianco del Papa si ritrovarono vari aristocratici tra cui Enrico Caetani che nel 1596 partì per la Polonia come legato papale per intessere un'alleanza diplomatica con la Transilvania e la Polonia in chiave anti-turca. Oppure ancora Angelo Cesi, marito di Beatrice Caetani 1, che morirà proprio in battaglia in Ungheria nel 1569-70. 

I Caetani come visto furono i signori anche di Sperlonga dove proprio per delimitare le incursioni turche costruirono delle mura cittadine di cui oggi però restano solo le porte di accesso. La popolazione infatti pur vivendo nella cittadina arroccata era soggetta a frequenti scorribande da parte dei corsari che depredavano e rapivano la popolazione, soprattutto donne. Di queste scorrerie se ne conserva memoria in alcuni murales presenti su di una casa dell'antico borgo.

Proprio per rapire, si dice, una donna il corsaro Bey di Algeri al soldo dei turchi il famoso Barbarossa, Khair Ad-Din, arrivò fin qui per Giulia Gonzaga Colonna, Contessa di Fondi avendo sposato Vespasiano Colonna nel 1526. La sua dimora, il Castello di Fondi, oggi Museo civico archeologico, divenne un importante ritrovo di artisti, poeti, letterati. Giulia infatti oltre ad essere molto bella era anche molto colta come si addiceva alla sua casata, i Gonzaga appunto. Fu una sovrana amata, apprezzata e stimata dagli artisti di corte e la sua fama arrivò perfino al di là del Mediterraneo se il Barbarossa cercò di rapirla per farne un omaggio a Solimano I.
Giulia Gonzaga Colonna, Tiziano  xvi secolo,
collezione privata.
Tuttavia il corsaro non riuscì nell'impresa e a farne le spese fu proprio il territorio di Sperlonga, la sua popolazione e il suo simbolo, la Torre Truglia che fu distrutta dal Barbarossa nel 1534.

Ricostruita nel 1611 fu di nuovo danneggiata dai turchi nel 1623, ricostruita infine nel'700 dopo l'Unità d'Italia nel 1862 divenne un'importante avamposto militare e in seguito fino al 1969 comando della Guardia di Finanza, oggi è sede del Centro educazione dell'ambiente marino del Parco naturale regionale 'Riviera d'Ulisse'.

La Torre Truglia si basa su un'antica torre romana che serviva come punto di comunicazione, infatti l'Imperatore Tiberio aveva probabilmente ereditato dal nonno una villa in questa località, sua mamma Livia infatti era nata a Fondi; Tiberio aveva poi pensato anche ad attrezzare una grotta per i suoi pranzi estivi con giochi d'acqua e gruppi scultorei e la torre romana, sui cui resti sarà costruita torre Truglia, serviva per informarlo della situazione politica del suo Impero, già allora un poco in subbuglio, quando dovette abbandonare questa villa per un crollo scegliendo come dimora Capri.

I reperti e la grotta, oggi visitabile, furono ritrovati nel 1957 durante i lavori per ristrutturare la Via Flacca, già destinati ai principali musei capitolini rimasero invece sul territorio grazie alla determinazione delle sperlongane.
I camion da Roma per prelevare i reperti erano già giunti sul territorio ed erano pronti a ripartire dopo aver preso il carico ma le donne del luogo si posero difronte, molte di loro si finsero incinte e bloccarono il passaggio, come riporta uno scrittore testimone quell'ottobre in quel momento a Sperlonga che chiese a una di quelle donne, tutte vestite di nero, cosa accadesse ed essa rispose “Vogliono portar via le petre nostre2. Queste donne infatti capirono l'importanza per il loro territorio di quei ritrovamenti e li difesero con tenacia. Alla 'rivolta femminile' delle donne di Sperlonga si deve quindi l'incapacità dei camion di muoversi per portare, e disperdere, quei beni preziosi che appartenevano al territorio e alla sua popolazione e strenuamente difesi dalle donne tanto che nel 1963 lo Stato si vide costretto a creare proprio a Sperlonga il Museo archeologico Nazionale e l'Area archeologica di Sperlonga, che oggi risulta essere, esclusi i musei della Capitale, tra i poli museali più visitati della regione.


1 Caterina Fiorani (a cura di), 'Virtù più che virili- Le lettere familiari di Beatrice Caetani Cesi (1557-1608)' , 2017, Roma, Viella.


2  Marisa de' Spagnolis, 'L'Antologia Omerica di Sperlonga Storia di una grande scoperta archeologica' , 2017, Gaeta, Ali Ribelli edizioni, pag. 73.





Bibliografia:

M. de' Spagnolis, "L'Antologia Omerica di Sperlonga Storia di una grande scoperta archeologica' , 2017, Gaeta, Ali Ribelli edizioni.

C. Fiorani (A cura di),  'Virtù più che virili- Le lettere familiari di Beatrice Caetani Cesi (1557-1608)' , 2017, Roma, Viella.

P. Bertelli, 'Giulia Gonzaga: L'immagine di una Signora del Rinascimento Un approccio iconografico',  pdf consultato il 05/08/2019.












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