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domenica 24 dicembre 2017
domenica 17 dicembre 2017
Dieci anni di Opportunità
Per festeggiare i dieci anni di Opportunità di Genere, ad un mese dall'anniversario, esce l'e-book dei blog, sia italiano che il blog in inglese. Potrete trovare i post migliori di tutti questi anni, dall'inizio, 2007, fino ad oggi con tanti contenuti inediti. Infatti alle rubriche dell'Almanacco, agli Articoli...ho affiancato gli Aggiornamenti a novembre 2017. Questo ha arricchito i contenuti ma soprattutto fornisce un quadro, credo, interessante su come alcune tematiche di genere si siano sviluppate, a volte inviluppate, nel nostro paese e non solo, motivo per cui ho deciso appunto di creare questo e-book.
Lo trovate su Amazon. Per rispetto al tempo dedicato alla stesura, formattazione e aggiornamento dei contenuti il prezzo è di 0,99 euro ma spesso lo metterò, ogni volta che amazon me lo consentirà, scaricabile gratuitamente...stay tuned!.
venerdì 17 novembre 2017
10 anni di Opportunità di Genere
Proprio oggi nel 2007 scrivevo il mio primo post su OG con la voglia di condividere i miei pensieri e tutto quello che facevo, scrivevo o rintracciavo nella vita e nelle storie delle donne. E così sono passati ben dieci anni ma a dirla tutta non li sento affatto, tanta è ancora la voglia e l'entusiasmo di continuare questa avventura iniziata qualche anno poco prima ancora tra i corridoi e le biblioteche universitarie...che dire ancora? Che possano esserci ancora per tutt* tanti anni di Opportunità!.
mercoledì 15 novembre 2017
Mistiche d'Italia- Lucrezia della Genga e le Lucrezie todine
Mistiche d'Italia- Lucrezia della Genga e le Lucrezie todine
Arrivando a Todi tutto colpisce per il suo aspetto antico eppure attuale, accogliente come la sua piazza che ti riporta ad un tempo lontano capace di immergerti in fatti passati facendoti respirare la sua epoca come il Duomo dalla sua imponente scalinata che come un abbraccio ti invita a salire per entrare nel mistero spirituale confortato dai palazzi temporali al suo fianco come il Comune e i suoi grandiosi archi e con la scalinata su cui ti sembra di poter vedere ancora un avo con il suo mantello di feltro che si arrocca sui suoi gradini per questioni di massima urgenza.
E
tra i palazzi dei potenti, religiosi o laici che siano, sta un
piccolo convento che si fatica quasi a trovare se non con caparbia
volontà lo si cerca. E' noto come “Le Lucrezie”.
L'entrata al monastero |
Il Chiostro |
Lucrezia
della Genga, figlia di Simone della Genga, conte della Genga nella
Marca Anconetana, nacque intorno al 1340 e andò in sposa a Federico
Baldino dei conti di Marsciano da cui ebbe un figlio che come
tradizione vuole fu chiamato come il nonno, Baldino.
Proveniente
da Roma ma la cui famiglia era originaria delle Marche, a Roma fondò
un convento presso la chiesa di Santa Maria della Minerva1.
Rimasta
vedova già nel 1400 dopo che perse anche suo figlio a breve distanza
dal marito2,
ebbe problemi con la famiglia dei Conti Marsciano che rivendicavano
indietro la dote. Lucrezia volle investire invece questi averi
creando un monastero che accogliesse le terziarie francescane. Nel
1411 è documentato l'ordine di costruzione di un monastero a Todi.3
L'entrata del monastero |
L'esempio
infatti di San Francesco e di Santa Chiara aveva ispirato molte
seguaci che volevano vivere secondo la regola dei Santi francescani,
in collettività senza prendere i voti e rimanendo nella società in
mezzo ai più bisognosi, come accadde a Foligno con la
Beata Angela, la Magistra Theologorum,
convertitasi dopo aver visitato la tomba di San Francesco nel 1299,
definita addirittura “alter Franciscus”4
e in questo stesso periodo a Beata Angelina, figlia del Conte Giacomo Maresciano5,
cognata di Lucrezia,
che sempre a Foligno nel convento di Sant'Anna diede sede al
terzo ordine francescano regolare nel 1388, riconosciuto
ufficialmente nel 1404 da Papa Bonifacio IX.6
Alcuni
vogliono proprio Angelina tra le prime seguaci di Lucrezia nel
monastero todino allorché in numero di dodici, le donne che
composero il primo nucleo stanziale dell'ordine francescano, si
fermarono a Todi. Lucrezia acquistò un primo nucleo di abitazioni
da cui prese avvio il complesso conventuale: domus seu locus
religiosus.
Figure femminili negli affreschi della Cappella monacale |
Il Chiostro |
Nel
1425, all'età di 84 anni, Lucrezia fece testamento davanti al notaio
Bartolomeo di Guarriscio di Francesco il 28 marzo7
nel quale oltre a citare come eredi i nipoti, i figli del fratello
Contuccio della Genga8,
lasciava gli stabili del monastero alle sue consorelle tra cui sua
sorella Caterina Zuccano
che le succedette alla guida del
monastero nel
14289.
Inizialmente
al monastero fu dato il nome di San Giovanni Battista ma dopo il
lascito di Lucrezia che venne ulteriormente ampliato grazie alle
altre consorelle che acquistarono altri edifici attigui, venne per
tutti e da allora chiamato “Le Lucrezie”.
La piazzetta antistante l'entrata |
Nel 1429 infatti anche le altre consorelle parteciparono attivamente all'ampliamento dello stabile acquistando altre proprietà limitrofe ed ingrandendo così il monastero tanto da riuscire a creare una piazzetta antistante l'arco di entrata.
All'entrata del monastero
si trovava lo strumento emblematico della clausura delle monache: la
Ruota.
Sebbene
inizialmente l'ordine terziario francescano non prevedesse la
clausura nel tempo e soprattutto con il Concilio di Trento questa fu
imposta anche al monastero delle Lucrezie dove la Ruota divenne
quindi strumento di comunicazione con l'esterno. Essa veniva usata
sia per introdurre derrate alimentari sia vestiario e comunicazioni
quando a volte anche infanti che venivano affidati alle cure delle
monache.
La Ruota del monastero delle Lucrezie. |
Dopo
la Controriforma nel 1498, l'importanza della Ruota venne
sottolineata e rafforzata dall'Arcivescovo Angelo Cesi che ne volle
rimarcare l'importanza e anzi chiuse la porta del monastero
dall'esterno in favore di un maggior lavoro della Ruota quale unico
mezzo di contatto con il mondo esterno: “...onde evitare
qualunque inconveniente che fosse in ogni tempo mai potuto
insorgere”10.
La Cappella del monastero, oggi museo lapidario di Todi. |
La
Cappella è rimasta invece dedicata a San Giovanni Battista e
annovera affreschi della prima metà del Seicento ed oggi ospita la
collezione del Museo Lapidario.
I tre ordini del monastero |
Trai suoi
beneficiari si annovera anche Papa Eugenio IV che nella sua impresa
di riformare la chiesa cattolica fece delle concessioni al
monastero11.
Lucrezia
della Genga non sarà ritenuta né santa né beata ma ebbe comunque
il grande merito locale di dare una sede stabile alla congregazione
francescana dell'ordine terziario che presente nella città dal 1298
non aveva mai avuto una residenza permanente che appunto le diede Lucrezia
entro le mura fortificate di Todi da cui ammirare e contemplare la
natura e tutte le sue creature. Scelse infatti un luogo a ridosso
delle mura romane, un po' arroccato che nelle epoche più moderne
soffrirà infatti delle frane che porteranno le monache nel 1700 e
definitivamente nel 1800 a dover abbandonare il monastero per le
importanti lesioni che avevano colpito
Il panorama dal Chiostro del monastero delle Lucrezie |
Il complesso del monastero visto dai giardini Oberdan. |
L'opera
di Lucrezia è oggi ancora importante per tutto il tessuto urbano e
popolare todino; il complesso del Convento delle Lucrezie infatti è
un importante fulcro per la popolazione locale essendo sede del Museo
lapidario nei locali dell'ex cappella conventuale, sede del teatro
detto “nido delle aquile” nel primo ordine mentre nell'ordine
superiore è presente una scuola.
Lucrezia
morì nel 1445.
1Pannello
espositivo Convento Le Lucrezie, Todi.
2www.beatangelinadimarsciano.it consultato 11/11/ 2017
3www.siusa.
archivi.beniculturali.it consultato il 13/11/ 2017
5
Moroni Romano G.,“Dizionario di erudizione storico- eclessiastica
da San Pietro sino ai nostri giorni” Volume 38, Pag. 246, 1844.
6www.beatangelinadimarsciano.it
URL Cit.
7
Pannello espositivo del Convento delle Lucrezie, Todi.
8URL
www.beatangelina Cit.
10Pannello
espositivo del monastero delle Lucrezie, Todi.
11www.siusa.archivi.beniculturali.it
URL Cit.
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martedì 7 novembre 2017
Lo sguardo di Artemisia Gentileschi
Un
anno fa si inaugurava a Roma, "Artemisia Gentileschi e il suo tempo" una delle mostre più importanti
dedicate ad Artemisia Gentileschi perché per la prima volta il
fulcro di tutta l'analisi artistica partiva da lei, era lei infatti
l'artista a cui si sono ispirati altri pittori della sua epoca, a lei
molti allievi hanno dovuto la loro tecnica per la prima volta è
stata lei, la sua arte, ad essere celebrata e ricordata anche nella
maestria altrui quale anello propulsore di artisti a venire.
Artemisia Gentileschi Foto tratta dalla riproduzione del pannello d'entrata, introduttivo alla mostra. |
OG
non poteva perdersi una mostra così e solo ora ma dedica questo post
alle sensazioni e riflessioni di quella visita alla mostra in cui ho
potuto incontrare lo sguardo di Artemisia...
Artemisia
Lomi Gentileschi rappresenta la pittrice più nota di tutti i tempi
ed è tale perché seppe crescere, nonostante una vita che la mise a
dura prova, non solo come donna ma anche come artista, seppe
coniugare l'esperienza esistenziale con quella pittorica.
Spesso la vita privata di Artemisia la condizionò ma sempre riuscì a ricavare del buono dalle nuove situazioni per quanto complicate e a far si che la sua arte seguisse la sua evoluzione.
Spesso la vita privata di Artemisia la condizionò ma sempre riuscì a ricavare del buono dalle nuove situazioni per quanto complicate e a far si che la sua arte seguisse la sua evoluzione.
Artemisia,
nasce a Roma dove uno dei libri più famosi sul suo conto* la vuole
testimone dell'esecuzione di un'altra donna romana con una storia per
alcuni versi simile alla sua: Beatrice Cenci. Una giovane
aristocratica vittima, come tutti gli altri membri della sua
famiglia, della violenza paterna a cui un giorno cercano di porre
fine ma vengono ferocemente accusati e giustiziati, anche Beatrice
condannata alla decapitazione per decisione di Papa Clemente VIII in
realtà interessato non tanto a far giustizia ma ad accaparrarsi gli
averi di questa nobile famiglia romana. Beatrice verrà tenuta in
carcere in attesa dell'esecuzione, la stessa carcere che vedrà
qualche anno dopo la stessa Artemisia reclusa.
E'
già brava Artemisia e la sua 'Susanna e i vecchioni' lo dimostra
apertamente, mostra al mondo la sua bravura con i nudi femminili, una
scena che racconta e che in qualche modo anticipa il suo destino.
Dipinto solo un anno prima dello stupro che subirà, il quadro
infatti narra di una giovane che è sconcertata, impaurita e
infastidita dalle attenzioni di due uomini che la guardano nella sua
totale intimità. L'anno dopo vede Artemisia contro il suo stupratore
Agostino Tassi, famoso pittore anch'egli anzi fin troppo apprezzato
visto che nonostante la condanna all'esilio dalla città eterna,
costata ad Artemisia la reclusione alla Corte Savella e la tortura
per dimostrare la veridicità delle accuse, non sconterà neanche
un giorno grazie all'appoggio dei suoi illustri estimatori e protettori.
Artemisia
quindi si vede costretta da una parte a prendere marito, il
fiorentino Stiattesi, e dall'altra ad abbandonare Roma. Ma come
detto, di necessità virtù, Firenze diventerà per Artemisia
un'opportunità per crescere e farsi un nome, perfezionarsi nel
disegno che non solo sarà comunque ben proporzionato ma anche
giustamente narrativo ed ancora 'Susanna e i vecchioni' nella
versione del 1622 lo dimostra, come lo dimostra la sua ammissione
quale prima donna all'Accademia del Disegno di Firenze.
Artemisia
cerca di superare lo stupro tramite il dipinto che realizza sul tema
di Giuditta e Oloferne proprio l'anno dopo la denuncia in cui però
la protagonista appare essere sempre e comunque lei anche nella
versione di molti anni dopo (quello del 1622 agli Uffizi rispetto
alla versione del 1613 a Capodimonte).
Che
questa scena che sa ridarci così veritiera sia data dai suoi ricordi
di Piazza Tor di Nona quando da bambina assistette alla decapitazione
di Beatrice Cenci? Giuditta forse allora non è solo Artemisia ma è
la vendicatrice di quelle donne che come lei erano state vittime di
violenza maschile che per lei si chiamava Agostino ma che prendeva
nella vita quotidiana di molte donne sue contemporanee, altri nomi e
altre forme come quella che per Beatrice Cenci fu quella di un padre.
E
Artemisia con suo padre, che le insegnò fin da piccola tutti i
segreti tenendola a bottega a lei sola escludendo invece i suoi
fratelli, ebbe anch'essa un rapporto difficile, tormentato dopo il
processo se Artemisia infatti se ne dovette andare da Roma anche
Orazio cercò riparo dall'onta altrove e mentre sua figlia viaggiando
ora di ritorno a Roma, a Venezia, a Napoli ormai era diventata
una pittrice nota ed apprezzata, la potè rivedere solo dopo molti anni
in Inghilterra quando Artemisia accettò di andare dopo le insistenze
del fratello Francesco.
A
Londra Artemisia rivide suo padre, il grande artista ormai al
tramonto dei suoi giorni e talenti, ammalato e affaticato ma pur
sempre artista, impegnato comunque al servizio del Re Carlo I che
anche Artemisia onorò aiutando suo padre negli impegnativi lavori
commissionatigli.
Artemisia
ormai è cittadina del mondo, artista internazionale, affermata
pittrice che non teme più per la sua reputazione tanto meno per
quella artistica quando torna di nuovo in Italia, costretta a fuggire
dopo la decapitazione di Carlo I nel 1640, sceglie di andare nella
città in cui si sente libera, Napoli.
La
sua pittura ormai riflette la sua vita, matura, intensa come i suoi
tratti, ormai Artemisia è affermata, affermatissima e accetta
commissioni su commissioni ma non per se' ma per le sue figlie; sì
perché nel frattempo suo marito è sparito, alla macchia ed è nata
un'altra figlia, tutta sua nessuno tranne lei sa e saprà chi è il
padre. Ma per lei le sue figlie sono uguali, sue e basta e a loro
dedica i suoi ultimi anni di lavoro e di vita per garantire loro,
come sarà, un buon matrimonio e una posizione sociale che le
protegga e le garantisca.
Mostra di Artemisia Gentileschi, pannello espositivo d'entrata |
Artemisia
morirà a Napoli nel 1656 e la sua tomba sarà una fossa comune. A
ricordarla ci pensano però le sue magistrali opere d'arte.
* Il testo a cui mi riferisco è quello ormai "classico" di Alexandra Lapierre.
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lunedì 30 ottobre 2017
Margaret Fuller- L'uomo contro gli uomini. La donna contro le donne. La grande causa.
L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La Grande Causa di Margaret Fuller ha un formato molto curato, si presenta come
un libretto ma lo è tuttavia solo nell'aspetto, racchiude infatti un
grande testo dai contenuti dirompenti, oggi e ancor di più allora,
nell'800, stupefacentemente moderni tanto che alcune sue prospettive sono ancora lontane dall'essere recepite ed applicate.
Questo testo è
qui tradotto, con molta cura e attenzione anche al lessico di genere, da Giuseppe Sofo,
per la prima volta in italiano.
Qui puoi leggere il post sul film |
Questo suo scritto, basato appunto sulle lezioni bostoniane, diventerà un testo di riferimento anche per Elisabeth Cady Stanton e compagne, alla base del Congresso di Seneca Fall del 1849.
E' considerato quindi il primo manifesto femminista americano. Un manifesto che a tutt'oggi presenta aspetti ancora attuali per le tematiche e gli spunti di riflessione e indagine che è in grado di suscitare.
Margaret Fuller analizza sì la condizione femminile, e non solo di quella statunitense ma anche di quella europea e dell'antichità, ricavandone non tanto i motivi culturali di assoggettamento, quanto le misure con le quali questa situazione può, e deve, evolversi affinché le donne stesse siano in grado di emanciparsi.
Quella di cui parla Fuller non è tuttavia una lotta da intraprendere contro il nemico- uomo ma bensì una crescita personale che la donna deve fare, un continuo lavoro da fare con se stesse per acquisire fiducia personale nelle proprie capacità, una presa di coscienza della donna: “la società dovrà essere educata e modificata da chi parla con autorità, non con rabbia e fretta”1.
Fuller quindi auspica un'emancipazione della donna non con modalità violente, rabbiose ma con la fermezza di chi ha chiaro chi è e cosa vuole né dal voler però essere come un uomo “Se fossero libere (le donne), da sviluppare a pieno la forza e la bellezza propria delle donne, non desidererebbero mai essere uomini o come gli uomini"2.
La vera difficoltà secondo Margaret è proprio come arrivare a questo obiettivo: “la difficoltà sta nel portare al punto di sviluppare naturalmente il rispetto di se stesse e la domanda è come ottenere questo risultato”3.
Le donne infatti “nella schiavitù, la schiavitù riconosciuta, le donne sono alla pari con gli uomini”4 la donna è schiava quindi al pari dell'uomo ma perciò “come l'amico dell'uomo nero ritiene che un uomo non possa tenere un altro in prigionia, l'amico della donna dovrebbe ritenere che l'uomo non può per diritto, porre restrizioni alla donna neanche se con buone intenzioni”5.
Fuller ritiene quindi che la donna si trovi nella stessa condizione di schiavitù che condiziona l'esistenza dei neri e delle nere e auspica una liberazione per entrambi, alle donne augura “di crescere come essere, di percepire come intelletto, di vivere liberamente come anima e, una volta priva di impedimenti, di sfruttare a pieno le facoltà che le furono assegnate”6. E incalza “le donne devono smetterla di rivolgere agli uomini le loro richieste e di essere influenzate da loro, ma ritirarsi in se stesse, ed esplorare le fondamenta dell'esistenza finché non trovano il loro segreto originale. Allora quando riemergeranno, rinnovate e battezzate, sapranno come trasformare i rifiuti in oro”7 quindi “lasciate che si liberi dalla pressione delle altre menti e che mediti in una solitudine illibata”8.
La grandezza del suo pensiero investe però anche l'uomo perché come visto per Margaret Fuller l'uomo non è un nemico ma piuttosto un compagno che è anch'esso condizionato e limitato “anch'essi subiscono il giogo della schiavitù dell'abitudine”9 infatti, continua “si può dire che neanche l'uomo abbia una vera opportunità, le sue energie sono represse e distorte dall'intervento di ostacoli artificiali ma egli ha creato da solo quegli ostacoli”10 perchè se è vero che “per quanto compiuta solo in maniera imperfetta, (l'idea dell'uomo) lo è stata comunque molto più dell'idea della donna...”11.
Analizza il matrimonio e delinea vari tipi di rapporti familiari presenti e auspicabili tra uomo e donna, fino a regalarci una sorprendente analisi sulla natura stessa del maschile e del femminile che risulta più moderna della concezione che é attualmente percepita o considerata.
Quindi la donna ma anche l'uomo devono evolversi in un continuo miglioramento di se stessi, da qui il titolo dell'opera, alla ricerca delle proprie inclinazioni e coltivando l'intelletto in una costante ricerca personale, un percorso che porta alla vera realizzazione personale ed intellettuale di ogni anima, esplicitata nella libertà, così che “il Divino ascenderebbe nella natura a un'altezza ignota per la storia delle epoche passate...per generare un'incantevole armonia”12, “ci sarebbe armonia nella varietà, accordo nella differenza”13.
Margaret Fuller d'altronde non voleva altro se non che la donna camminasse da sola “evitando di prendere cammini che non siano rischiarati dai suoi raggi. La vorrei libera dal compromesso, dalla compiacenza, dall'impotenza, perchè la vorrei abbastanza capace e forte da amare un essere e tutti gli esseri, nella pienezza e non nella povertà dell'esistenza”14.
Vedeva un mondo in cui “ogni barriera fosse abbattuta. Vorremmo che ogni strada, ogni percorso, fosse libero e aperto per la donna quanto lo è per l'uomo”15 perchè infatti “quando gli uomini cominciano a rendersi conto che non tutti gli uomini hanno avuto le stesse opportunità, essi sono propensi a dire che nessuna donna ha avuto una vera opportunità”16.
L'autrice Margaret Fuller: Nell'introduzione, affidata a Maristella Lippolis troviamo delineata la figura di questa straordinaria donna, straordinaria perché quello che fece nella sua vita, e forse anche come finirla, lo scelse lei.
Il
ritratto, appassionato e affettuoso, che ci regala Lippolis delinea
una donna che ha lottato per scegliere e che rivendica la stessa
libertà di scelta per ogni donna. Rifiuta infatti il ruolo di brava
donna di casa perché ama lo studio e la letteratura e quando rimane
orfana di padre, ed è l'unica a poter provvedere ai suoi fratelli e
a sua madre, diventa maestra e insegna ad altre donne nella scuola di
Almos Bronson Alcott, il papà di Louisa May Alcott, ma le continue
aspettative che sua madre le addossa la spingono ancora di più a
cercare una sua realizzazione personale, dopo anni di aiuti alla
famiglia.
Viaggia
e lascia i suoi ricordi in un'opera per la quale entra nelle sale
della Biblioteca di Harvard, prima volta per una donna, e si
documenta sui libri di viaggio.
Negli
anni 1840 abbraccia a Boston la fede trascendentalista e diventa
redattrice del suo organo di stampa, il giornale The Deal per
il quale pubblica numerosi contributi tra cui quello che sarà la
base del suo grande successo “Women of the Nineteeth Century”
in cui teorizza l'autodeterminazione femminile17.
Un concetto anche oggi assai lontano dal realizzarsi. In poche
settimane l'opera è esaurita e deve essere ristampate più e più
volte.
Margaret
viene incaricata dal New York Tribune di occuparsi di cronaca e inchieste, diventando la prima giornalista
a mantenersi con il proprio lavoro. Viene nominata reporter estera,
prima donna, e mandata a Londra, Parigi dove diventerà amica di
Mazzini e poi a Roma allo scoppio della rivoluzione del '48.
A questa sua esperienza dobbiamo ciò che ci rimane delle cronache di quei giorni concitati, di lotte e sangue che devastarono Roma.
A questa sua esperienza dobbiamo ciò che ci rimane delle cronache di quei giorni concitati, di lotte e sangue che devastarono Roma.
Ma
proprio in questi giorni di violenza e morte Margaret invece conosce
l'amore, l'aristocratico Angelo Ossoli che rinnegando le sue radici
aristocratiche aveva scelto di far parte della Guardia civile e
difendere la Repubblica. Dalla loro unione nasce Angelino e forse si
sposano ma i continui scontri rendono chiaro che ormai la Repubblica non sopravvive e avendo
anche difficoltà economiche, i due decidono di imbarcarsi per gli
Stati Uniti. Lascia quindi la direzione dell'ospedale
Fatebenifratelli di Roma a cui era stata nominata da Mazzini stesso e
da Cristina di Belgioioso.
Con
il marito e il figlio si imbarca quindi verso la sua patria natìa ma
il destino non è affatto clemente e la nave commerciale sulla quale
avevano rimediato un passaggio ben più economico delle navi di
linea, a pochi metri dal porto di New York, affonda dopo essersi
incagliato.
Annega
così Margaret Fuller a poche onde dall'approdo, dalla salvezza,
ingoiata dalle acque di un oceano che non lasciano scampo neanche a
suo marito e a suo figlio, né all'ultima sua creatura: Le
Cronache Romane.
Muore
a quarant'anni, vittima di un destino che l'ha resa grande,
indimenticabile e nonostante tutto comunque padrona del suo destino
se, come raccontano alcuni testimoni, negli ultimi momenti della sua
vita rimase bloccata come colta da rassegnazione e d'altronde essa
stessa più volte appellandosi alle altre donne, sosteneva che era un
impegno di tutte quello di impegnarsi ciascuna per la propria parte;
e la sua, lei, la fece egregiamente:
“Quante volte ancora dovrò raccontare su questo fatto, se vivrò ancora, cosa che non desidero affatto poiché sono molto stanca di battermi contro ingiustizie enormi; desidererei invece che qualche altra donna più giovane e forte di me si facesse avanti per dire ciò che andrebbe detto, o meglio ancora per fare ciò che andrebbe fatto”18...
“Quante volte ancora dovrò raccontare su questo fatto, se vivrò ancora, cosa che non desidero affatto poiché sono molto stanca di battermi contro ingiustizie enormi; desidererei invece che qualche altra donna più giovane e forte di me si facesse avanti per dire ciò che andrebbe detto, o meglio ancora per fare ciò che andrebbe fatto”18...
Note
__________________________________
__________________________________
1Margaret
Fuller, L'uomo contro gli uomini, la donna contro le donne. La
Grande Causa, a cura di Maristella Lippolis, traduzione di
Giuseppe Sofo, Ortica editrice, 2016, pag.89.
2Pag.
76.
3Pag.
61.
4Pag.
76.
5Ibidem.
6Pag.57.
7Pag.
119.
8Pag.120.
9Pag.
118.
10Pag.
67.
11Pag.
43.
12Pag.
56.
13Pag.
71.
14Pagg.
117-118
15Pag.
56.
16Pag.
43.
17Pag.
10.
venerdì 27 ottobre 2017
Un film di una donna a settimana per un anno?#52
#52 Angeli d'Acciaio
Si
conclude con il cinquantaduesimo film la rubrica di OG “un film
di una donna a settimana per un anno”, ispirata alla campagna
#52FilmsbyWomen della Women Film Festival, WIF.
Un
anno fa l'inizio, e non sembra proprio passato così tanto, e
concludiamo riprendendo il filo iniziale con questo film, capostipite
un po' del genere, sulle rivendicazioni dei diritti delle donne.
Nato per la tv americana, per la regia di Katja Von Garner e sceneggiato da Sally Robinson, è uscito nel 2004 e ha fatto incetta di premi tra cui miglior attrice non protagonista e nomination come miglior film tv.
Nato per la tv americana, per la regia di Katja Von Garner e sceneggiato da Sally Robinson, è uscito nel 2004 e ha fatto incetta di premi tra cui miglior attrice non protagonista e nomination come miglior film tv.
Nel
cast attrici del calibro di Hilary Swank che sfiora il Golden Globe
Award come miglior attrice protagonista, che poi vinse l'Oscar per
Million Dollar Baby, Anjelica Huston, miglior attrice non
protagonista, Frances O' Connor e Patrick Dempsey.
Trama:
Siamo negli Stati Uniti nei primi del'900 e le donne stanno ancora
cercando di farsi prendere sul serio dalla politica che, rimasta
indifferente alle rivendicazioni ottocentesche delle donne per il
suffragio femminile, ha da tempo invece riconosciuto diritti alle persone
di colore.
Una
nuova generazione di suffragette si fa avanti cercando inizialmente
di coordinare un'azione con la “vecchia guardia” di femministe
come Carrie Chapman Catt. Presto però le differenze di approccio
alla rivendicazione per il diritto di voto delle donne saranno tali per cui le “nuove leve”,
capeggiate da Alice Paul, Hilary Swank, creeranno una loro base e
movimento: il Partito Nazionale delle Donne- National Women's Party, nel 1916.
Alice Paul infatti usa mezzi ritenuti troppo aggressivi
da Carrie Chapman, fondatrice della Associazione Nazionale per il
Suffragio delle Donne Americane- NAWSA : cortei, manifestazioni,
dimostrazioni con volontarie da ogni parte del paese e perfino
amazzoni a cavallo che sconcertano l'ala più tradizionalista del
movimento convinta ancora dei mezzi “classici” delle petizioni e
raccolte firme.
Alice Paul e Lucy Burns iniziano invece un
picchetto costante e organizzato davanti alla Casa Bianca finché il
presidente Wilson non decide di porre fine con la forza della polizia
a queste manifestazioni che scatenano risse e sommosse. Le
suffragette infatti vengono derise, insultate, malmenate mentre la
polizia fa finta di non vedere le violenze.
Le
attiviste vengono arrestate per occupazione di suolo pubblico ma una
volta in prigione subiscono vessazioni e soprusi e quando la stessa
Alice Paul finisce dentro, la situazione degenera ulteriormente.
Alice
inizia lo sciopero della fame, seguita dalle sue compagne, a questo
punto la direzione penitenziaria, dopo metterla in isolamento nel
reparto di malattie mentali, la alimenta a forza con sondini che dal
naso raggiungono lo stomaco, provocando lacerazioni evidenti sul
corpo di Alice e delle sue compagne.
Aiutata
da una secondina però le violenze del carcere arrivano sui giornali
nazionali, che le rinominano sì angeli ma dalle mascelle d'acciaio
(titolo originale) e lo scandalo è inevitabile, anche lo scoppio
della Guerra non riuscirà a metterlo in secondo piano, anzi la
condizione femminile è ormai mutata proprio in base alla guerra e
questa è una realtà ormai evidente per tutta la
società...finalmente, seppur fino all'ultimo voto, nel 1920 le
statunitensi ottengono il diritto di voto, con grande soddisfazione
anche delle suffragette più tradizionaliste.
Scelto
perché: questo film come detto è stato il capostipite anche del più
recente “Suffragette”, ambientato durante le rivendicazioni
politiche inglesi, che tanto ha colpito l'opinione pubblica e
rilanciato anche in questi ultimi tempi il tema sui diritti delle
donne.
Credits: screenshot by opportunitàdiGenereOg in base all'art. 70 Legge sulla protezione diritto d'autore 633/41 e successive modifiche |
OG
ci teneva quindi, dopo aver iniziato proprio con Suffragette questo
percorso cinematografico dedicato alle donne, a concludere con una
sorta di fil rouge ideale anche perché “Angeli d'acciaio”
ha ispirato proprio l'esperienza e la nascita di Opportunità di
Genere fin dai tempi universitari. Notate affinità cromatiche? Non
sono affatto casuali, i colori di OG furono proprio ispirati da
quelli delle suffragette di Alice Paul.
Titolo:
Angeli d'Acciaio
Titolo
originale: Iron Jawed Angels
Anno:
2004
Durata:
123 min.
Nazionalità:
USA
Regia:
Katja Von Garnier
Sceneggiatura:
Sally Robinson
Cast:
Hillary Swank, Angelica Hudston, Francis O' Connor, Patrick Dempsey.
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