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venerdì 17 novembre 2017
10 anni di Opportunità di Genere
Proprio oggi nel 2007 scrivevo il mio primo post su OG con la voglia di condividere i miei pensieri e tutto quello che facevo, scrivevo o rintracciavo nella vita e nelle storie delle donne. E così sono passati ben dieci anni ma a dirla tutta non li sento affatto, tanta è ancora la voglia e l'entusiasmo di continuare questa avventura iniziata qualche anno poco prima ancora tra i corridoi e le biblioteche universitarie...che dire ancora? Che possano esserci ancora per tutt* tanti anni di Opportunità!.
mercoledì 15 novembre 2017
Mistiche d'Italia- Lucrezia della Genga e le Lucrezie todine
Mistiche d'Italia- Lucrezia della Genga e le Lucrezie todine
Arrivando a Todi tutto colpisce per il suo aspetto antico eppure attuale, accogliente come la sua piazza che ti riporta ad un tempo lontano capace di immergerti in fatti passati facendoti respirare la sua epoca come il Duomo dalla sua imponente scalinata che come un abbraccio ti invita a salire per entrare nel mistero spirituale confortato dai palazzi temporali al suo fianco come il Comune e i suoi grandiosi archi e con la scalinata su cui ti sembra di poter vedere ancora un avo con il suo mantello di feltro che si arrocca sui suoi gradini per questioni di massima urgenza.
E
tra i palazzi dei potenti, religiosi o laici che siano, sta un
piccolo convento che si fatica quasi a trovare se non con caparbia
volontà lo si cerca. E' noto come “Le Lucrezie”.
L'entrata al monastero |
Il Chiostro |
Lucrezia
della Genga, figlia di Simone della Genga, conte della Genga nella
Marca Anconetana, nacque intorno al 1340 e andò in sposa a Federico
Baldino dei conti di Marsciano da cui ebbe un figlio che come
tradizione vuole fu chiamato come il nonno, Baldino.
Proveniente
da Roma ma la cui famiglia era originaria delle Marche, a Roma fondò
un convento presso la chiesa di Santa Maria della Minerva1.
Rimasta
vedova già nel 1400 dopo che perse anche suo figlio a breve distanza
dal marito2,
ebbe problemi con la famiglia dei Conti Marsciano che rivendicavano
indietro la dote. Lucrezia volle investire invece questi averi
creando un monastero che accogliesse le terziarie francescane. Nel
1411 è documentato l'ordine di costruzione di un monastero a Todi.3
L'entrata del monastero |
L'esempio
infatti di San Francesco e di Santa Chiara aveva ispirato molte
seguaci che volevano vivere secondo la regola dei Santi francescani,
in collettività senza prendere i voti e rimanendo nella società in
mezzo ai più bisognosi, come accadde a Foligno con la
Beata Angela, la Magistra Theologorum,
convertitasi dopo aver visitato la tomba di San Francesco nel 1299,
definita addirittura “alter Franciscus”4
e in questo stesso periodo a Beata Angelina, figlia del Conte Giacomo Maresciano5,
cognata di Lucrezia,
che sempre a Foligno nel convento di Sant'Anna diede sede al
terzo ordine francescano regolare nel 1388, riconosciuto
ufficialmente nel 1404 da Papa Bonifacio IX.6
Alcuni
vogliono proprio Angelina tra le prime seguaci di Lucrezia nel
monastero todino allorché in numero di dodici, le donne che
composero il primo nucleo stanziale dell'ordine francescano, si
fermarono a Todi. Lucrezia acquistò un primo nucleo di abitazioni
da cui prese avvio il complesso conventuale: domus seu locus
religiosus.
Figure femminili negli affreschi della Cappella monacale |
Il Chiostro |
Nel
1425, all'età di 84 anni, Lucrezia fece testamento davanti al notaio
Bartolomeo di Guarriscio di Francesco il 28 marzo7
nel quale oltre a citare come eredi i nipoti, i figli del fratello
Contuccio della Genga8,
lasciava gli stabili del monastero alle sue consorelle tra cui sua
sorella Caterina Zuccano
che le succedette alla guida del
monastero nel
14289.
Inizialmente
al monastero fu dato il nome di San Giovanni Battista ma dopo il
lascito di Lucrezia che venne ulteriormente ampliato grazie alle
altre consorelle che acquistarono altri edifici attigui, venne per
tutti e da allora chiamato “Le Lucrezie”.
La piazzetta antistante l'entrata |
Nel 1429 infatti anche le altre consorelle parteciparono attivamente all'ampliamento dello stabile acquistando altre proprietà limitrofe ed ingrandendo così il monastero tanto da riuscire a creare una piazzetta antistante l'arco di entrata.
All'entrata del monastero
si trovava lo strumento emblematico della clausura delle monache: la
Ruota.
Sebbene
inizialmente l'ordine terziario francescano non prevedesse la
clausura nel tempo e soprattutto con il Concilio di Trento questa fu
imposta anche al monastero delle Lucrezie dove la Ruota divenne
quindi strumento di comunicazione con l'esterno. Essa veniva usata
sia per introdurre derrate alimentari sia vestiario e comunicazioni
quando a volte anche infanti che venivano affidati alle cure delle
monache.
La Ruota del monastero delle Lucrezie. |
Dopo
la Controriforma nel 1498, l'importanza della Ruota venne
sottolineata e rafforzata dall'Arcivescovo Angelo Cesi che ne volle
rimarcare l'importanza e anzi chiuse la porta del monastero
dall'esterno in favore di un maggior lavoro della Ruota quale unico
mezzo di contatto con il mondo esterno: “...onde evitare
qualunque inconveniente che fosse in ogni tempo mai potuto
insorgere”10.
La Cappella del monastero, oggi museo lapidario di Todi. |
La
Cappella è rimasta invece dedicata a San Giovanni Battista e
annovera affreschi della prima metà del Seicento ed oggi ospita la
collezione del Museo Lapidario.
I tre ordini del monastero |
Trai suoi
beneficiari si annovera anche Papa Eugenio IV che nella sua impresa
di riformare la chiesa cattolica fece delle concessioni al
monastero11.
Lucrezia
della Genga non sarà ritenuta né santa né beata ma ebbe comunque
il grande merito locale di dare una sede stabile alla congregazione
francescana dell'ordine terziario che presente nella città dal 1298
non aveva mai avuto una residenza permanente che appunto le diede Lucrezia
entro le mura fortificate di Todi da cui ammirare e contemplare la
natura e tutte le sue creature. Scelse infatti un luogo a ridosso
delle mura romane, un po' arroccato che nelle epoche più moderne
soffrirà infatti delle frane che porteranno le monache nel 1700 e
definitivamente nel 1800 a dover abbandonare il monastero per le
importanti lesioni che avevano colpito
Il panorama dal Chiostro del monastero delle Lucrezie |
Il complesso del monastero visto dai giardini Oberdan. |
L'opera
di Lucrezia è oggi ancora importante per tutto il tessuto urbano e
popolare todino; il complesso del Convento delle Lucrezie infatti è
un importante fulcro per la popolazione locale essendo sede del Museo
lapidario nei locali dell'ex cappella conventuale, sede del teatro
detto “nido delle aquile” nel primo ordine mentre nell'ordine
superiore è presente una scuola.
Lucrezia
morì nel 1445.
1Pannello
espositivo Convento Le Lucrezie, Todi.
2www.beatangelinadimarsciano.it consultato 11/11/ 2017
3www.siusa.
archivi.beniculturali.it consultato il 13/11/ 2017
5
Moroni Romano G.,“Dizionario di erudizione storico- eclessiastica
da San Pietro sino ai nostri giorni” Volume 38, Pag. 246, 1844.
6www.beatangelinadimarsciano.it
URL Cit.
7
Pannello espositivo del Convento delle Lucrezie, Todi.
8URL
www.beatangelina Cit.
10Pannello
espositivo del monastero delle Lucrezie, Todi.
11www.siusa.archivi.beniculturali.it
URL Cit.
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martedì 7 novembre 2017
Lo sguardo di Artemisia Gentileschi
Un
anno fa si inaugurava a Roma, "Artemisia Gentileschi e il suo tempo" una delle mostre più importanti
dedicate ad Artemisia Gentileschi perché per la prima volta il
fulcro di tutta l'analisi artistica partiva da lei, era lei infatti
l'artista a cui si sono ispirati altri pittori della sua epoca, a lei
molti allievi hanno dovuto la loro tecnica per la prima volta è
stata lei, la sua arte, ad essere celebrata e ricordata anche nella
maestria altrui quale anello propulsore di artisti a venire.
Artemisia Gentileschi Foto tratta dalla riproduzione del pannello d'entrata, introduttivo alla mostra. |
OG
non poteva perdersi una mostra così e solo ora ma dedica questo post
alle sensazioni e riflessioni di quella visita alla mostra in cui ho
potuto incontrare lo sguardo di Artemisia...
Artemisia
Lomi Gentileschi rappresenta la pittrice più nota di tutti i tempi
ed è tale perché seppe crescere, nonostante una vita che la mise a
dura prova, non solo come donna ma anche come artista, seppe
coniugare l'esperienza esistenziale con quella pittorica.
Spesso la vita privata di Artemisia la condizionò ma sempre riuscì a ricavare del buono dalle nuove situazioni per quanto complicate e a far si che la sua arte seguisse la sua evoluzione.
Spesso la vita privata di Artemisia la condizionò ma sempre riuscì a ricavare del buono dalle nuove situazioni per quanto complicate e a far si che la sua arte seguisse la sua evoluzione.
Artemisia,
nasce a Roma dove uno dei libri più famosi sul suo conto* la vuole
testimone dell'esecuzione di un'altra donna romana con una storia per
alcuni versi simile alla sua: Beatrice Cenci. Una giovane
aristocratica vittima, come tutti gli altri membri della sua
famiglia, della violenza paterna a cui un giorno cercano di porre
fine ma vengono ferocemente accusati e giustiziati, anche Beatrice
condannata alla decapitazione per decisione di Papa Clemente VIII in
realtà interessato non tanto a far giustizia ma ad accaparrarsi gli
averi di questa nobile famiglia romana. Beatrice verrà tenuta in
carcere in attesa dell'esecuzione, la stessa carcere che vedrà
qualche anno dopo la stessa Artemisia reclusa.
E'
già brava Artemisia e la sua 'Susanna e i vecchioni' lo dimostra
apertamente, mostra al mondo la sua bravura con i nudi femminili, una
scena che racconta e che in qualche modo anticipa il suo destino.
Dipinto solo un anno prima dello stupro che subirà, il quadro
infatti narra di una giovane che è sconcertata, impaurita e
infastidita dalle attenzioni di due uomini che la guardano nella sua
totale intimità. L'anno dopo vede Artemisia contro il suo stupratore
Agostino Tassi, famoso pittore anch'egli anzi fin troppo apprezzato
visto che nonostante la condanna all'esilio dalla città eterna,
costata ad Artemisia la reclusione alla Corte Savella e la tortura
per dimostrare la veridicità delle accuse, non sconterà neanche
un giorno grazie all'appoggio dei suoi illustri estimatori e protettori.
Artemisia
quindi si vede costretta da una parte a prendere marito, il
fiorentino Stiattesi, e dall'altra ad abbandonare Roma. Ma come
detto, di necessità virtù, Firenze diventerà per Artemisia
un'opportunità per crescere e farsi un nome, perfezionarsi nel
disegno che non solo sarà comunque ben proporzionato ma anche
giustamente narrativo ed ancora 'Susanna e i vecchioni' nella
versione del 1622 lo dimostra, come lo dimostra la sua ammissione
quale prima donna all'Accademia del Disegno di Firenze.
Artemisia
cerca di superare lo stupro tramite il dipinto che realizza sul tema
di Giuditta e Oloferne proprio l'anno dopo la denuncia in cui però
la protagonista appare essere sempre e comunque lei anche nella
versione di molti anni dopo (quello del 1622 agli Uffizi rispetto
alla versione del 1613 a Capodimonte).
Che
questa scena che sa ridarci così veritiera sia data dai suoi ricordi
di Piazza Tor di Nona quando da bambina assistette alla decapitazione
di Beatrice Cenci? Giuditta forse allora non è solo Artemisia ma è
la vendicatrice di quelle donne che come lei erano state vittime di
violenza maschile che per lei si chiamava Agostino ma che prendeva
nella vita quotidiana di molte donne sue contemporanee, altri nomi e
altre forme come quella che per Beatrice Cenci fu quella di un padre.
E
Artemisia con suo padre, che le insegnò fin da piccola tutti i
segreti tenendola a bottega a lei sola escludendo invece i suoi
fratelli, ebbe anch'essa un rapporto difficile, tormentato dopo il
processo se Artemisia infatti se ne dovette andare da Roma anche
Orazio cercò riparo dall'onta altrove e mentre sua figlia viaggiando
ora di ritorno a Roma, a Venezia, a Napoli ormai era diventata
una pittrice nota ed apprezzata, la potè rivedere solo dopo molti anni
in Inghilterra quando Artemisia accettò di andare dopo le insistenze
del fratello Francesco.
A
Londra Artemisia rivide suo padre, il grande artista ormai al
tramonto dei suoi giorni e talenti, ammalato e affaticato ma pur
sempre artista, impegnato comunque al servizio del Re Carlo I che
anche Artemisia onorò aiutando suo padre negli impegnativi lavori
commissionatigli.
Artemisia
ormai è cittadina del mondo, artista internazionale, affermata
pittrice che non teme più per la sua reputazione tanto meno per
quella artistica quando torna di nuovo in Italia, costretta a fuggire
dopo la decapitazione di Carlo I nel 1640, sceglie di andare nella
città in cui si sente libera, Napoli.
La
sua pittura ormai riflette la sua vita, matura, intensa come i suoi
tratti, ormai Artemisia è affermata, affermatissima e accetta
commissioni su commissioni ma non per se' ma per le sue figlie; sì
perché nel frattempo suo marito è sparito, alla macchia ed è nata
un'altra figlia, tutta sua nessuno tranne lei sa e saprà chi è il
padre. Ma per lei le sue figlie sono uguali, sue e basta e a loro
dedica i suoi ultimi anni di lavoro e di vita per garantire loro,
come sarà, un buon matrimonio e una posizione sociale che le
protegga e le garantisca.
Mostra di Artemisia Gentileschi, pannello espositivo d'entrata |
Artemisia
morirà a Napoli nel 1656 e la sua tomba sarà una fossa comune. A
ricordarla ci pensano però le sue magistrali opere d'arte.
* Il testo a cui mi riferisco è quello ormai "classico" di Alexandra Lapierre.
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