Un
terribile evento familiare è accaduto la scorsa estate in Italia,
una giovane ragazza pakistana chiamata Hina è stata uccisa dai suoi
cari: suo padre, suo zio e due cognati. Aveva 21 anni e la sua colpa
era quella di non essere una buona musulmana. Voleva infatti vestirsi
in modo occidentale, sposare un ragazzo italiano, insomma era troppo
europea, per cui i suoi parenti hanno pensato di darle una lezione.
Tutta
la sua famiglia, anche sua madre, aveva pianificato l'intero affare:
mentre sua madre con gli altri figli erano in Pakistan, i maschi
della famiglia avrebbero fatto giustizia, quindi Hina è stata uccisa
e seppellita nel giardino di casa.
Per
la prima volta in Italia, la politica, l'opinione pubblica e la
società, tutti hanno capito che c'è stato un problema serio legato
anche all'integrazione degli immigrati. Qualche mese più tardi
ancora in Italia si parlava e discuteva solo di questa vicenda eppure
ad un anno ancora non si sono trovate soluzioni e nulla è stato
fatto di concreto a livello istituzionale.
Una
risposta a questo terribile fatto è venuta da un'associazione
privata, l' ACMID (Associazione della Comunità Marocchina in Italia
delle Donne) che ha attivato un numero gratuito per tutte le donne
arabe in Italia vittime di violenza. Il centralino risponde
direttamente in lingua araba, marocchina, francese e inglese, ed è
sponsorizzato dalla Fondazione Nando Peretti, una fondazione
anch'essa privata, che sostiene questa iniziativa chiamata "Mai
più sola" perché non è stato possibile trovare un
finanziamento pubblico.
Dopo
l'omicidio di Hina ci si augura un cambiamento nelle politiche di
tutela alle donne e in quelle dell'accoglienza, ma fino ad oggi non
sono state messe in atto soluzioni di alcun tipo, quindi la questione
può essere affrontata solo da privati, insomma le donne devono
ancora occuparsi di altre donne.
Tutto
questo mi fa pensare a una frase di Germaine Greer: "Non
abbiamo altra scelta se non girarci e combattere".
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